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Sacra Scrittura, errore e Finkelstein
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Premetto l’ovvietà: il cattolico, in quanto tale, deve utilizzare al massimo facoltà e poteri propri, i talenti ricevuti da Dio; la fede autentica passa per un cammino di purificazione, sublimazione ed ascesi, che porta l’uomo ad usare tutto il potenziale del suo essere, per poi divenire trasformato in Dio per partecipazione, attraverso l’intervento della Grazia, divina e, pertanto, soprannaturale e metarazionale (1). Questo postula l’uso della ragione e del razionale, senza negare nulla.

La verità non spaventa il cristiano. L’indagine scientifica e storica, quindi, tanto meno.

Sulla possibilità di appurare la veridicità storica della Bibbia attraverso ritrovamenti archeologici, niente da eccepire, anche se la liceità della critica biblica, è sempre da vedere subordinatamente, alla Tradizione della Chiesa. Per quanto incredibile, alla lunga, la Chiesa non ricevette smentite sulle sagge posizioni su cui si assise. Anche sul caso Galilei si dovette attendere molto l’esibizione delle prove che lo scienziato non fornì durante il processo; assenza di prove che fu il vero motivo della condanna della sua tesi (all’epoca, appunto, solo ipotesi).

Mi meraviglio, tuttavia, che molto spesso si sia critici - noi cattolici - nei confronti di alcune prese di posizioni della cosiddetta scienza ufficiale, che sono evidentemente ideologizzate (evoluzionismo e quant’altro) e poi, al contempo, ci si senta in obbligo di doversi giustificare di fronte ai messaggi nascosti nelle pietre e negli scavi di esegeti ed archeologi, come se tale scienza fosse immune da ogni errore e suscettibile di alcuna futura possibile revisione. Ci si dice o ci si vanta implicitamente revisionisti (forse negazionisti, di molto del gergo comune) e poi forse ci si prostra al Moloch di turno, solo perché apparentemente fuori dal coro sionista.

Non discuto le posizioni di Finkelstein (mi riservo di farlo, dopo aver studiato a fondo la questione) mi domando soltanto se il gioco rabbinico di interpretare gli eventi a proprio uso e consumo, adattando idolatricamente l’immagine di Dio alla nostra, non sia forse la mano nascosta che subdola comanda le mosse di tali risultanze: affermare che Israele appartenga agli ebrei, perché da sempre!, sono stati lì, mi sembra altrettanto fondante pretese rivendicazioni territoriali, quanto l’affermare tale titolo di provenienza divina! Anzi! Dirò di più: a me sembra assolutamente più pregnante spostare il fondamento giuridico della terra di Israele su un dato storico (che si ritiene non più controvertibile!) piuttosto che ricollegarlo a pretese promesse divine, oramai poco credibili in questo mondo altamente secolarizzato. E’ vero! In apparenza Israele rigetta questa materialistica versione dei fatti; ma forse, quel che esce dalla porta, rientra dalla finestra. Non andrò oltre.

Veniamo alla sacra Scrittura e a come noi, cattolici, dobbiamo leggerla. La lettera uccide e lo Spirito dà la vita. Quindi, leggere il sacro testo, prescindendo dall’Autorità dello Spirito che attesta al nostro spirito, ci porta già fuori i canoni di una corretta interpretazione del messaggio. La mediazione della Chiesa e della sua docenza costituisce un dato assolutamente fondante. Leggerò e capirò la Scrittura, alla luce dei santi Padri e della Tradizione ecclesiastica; fuori da queste ipotesi, trova spazio il devastante soggettivismo protestante, essenzialmente nichilista. Papa Paolo IV (Professio Fidei Tridentina, 13 novembre 1564) decretò: «Accolgo la Sacra Scrittura secondo quel senso che tenne e che tiene per fermo la Chiesa (…) né mai la riceverò o la interpreterò se non secondo il consenso unanime dei Padri» (DS 1863).

Ora, alla domanda: la Sacra Bibbia (complessivamente intesa) è un testo dal valore storico? Che spazio c’è nell’inerranza (assenza d’errore) biblica per i dati storici riportati nei racconti dell’autore sacro? Attenzione! L’inerranza suppone l’assenza di errore nella parola di Dio contenuta nella Bibbia, non anche il modo d’interpretarla e di comprenderla (qui l’infallibilità è della Chiesa, secondo i canoni conseuti).

Il Concilio di Trento (1546) ha consacrato definitivamente ed infallibilmente l’ordine e la numerazione dei Libri Sacri o canonici. I primi cinque sono considerati Storici (il Pentateuco, 1380 avanti Cristo). Sostenere, quindi, la non storicità del sacro Testo è non conforme alla fede cattolica (fermo restando che il senso ultimo non posso darlo da me, ma devo recepirlo dalla Chiesa). Del resto, la nostra religione è religione dell’Incarnazione. Questo è il tratto distintivo che caratterizza il confidare cristiano da ogni altra credenza esistente sul pianeta. L’Incarnazione postula una veridicità totale del messaggio rivelato, che discende dal Cielo e prende carne. Le altre fedi non conoscono questa discesa: la manifestazione indù (avatar) è da intendersi più correttamente come una presa di coscienza del divino latente nell’uomo, piuttosto che una Rivelazione dell’Increato alla sua creatura (similmente per il resto dei culti d’Oriente).

Nell’Islam (come nell’ebraismo) l’Incarnazione è un affronto impensabile alla trascendenza divina. Questo, perché «non hanno conosciuto Te, Padre né il Figlio tuo»; conoscenza vera solo nell’amore. Ora l’unità inscindibile tra Vecchio Testamento e Nuovo Testamento, il primo, figura e pedagogo (Galati, III, 24) postula necessariamente il secondo, che lo illumina e lo compie con la piena e perfetta Rivelazione di Cristo (Ebrei, I, 1-2). Sant’Agostino scriveva: «nel Vecchio Testamento si nasconde il Nuovo Testamento e nel Nuovo Testamento si manifesta apertamente il Vecchio Testamento» (Quaest. In Haept., II, 73).

Leggere in tal senso quanto scrisse Benedetto XV (2) in merito, può essere illuminante:

«Non importa nulla affermare che lo Spirito Santo ha assunto degli uomini come strumenti per scrivere, come se qualche errore potesse sfuggire non già allautore primario ma agli ispirati scrittori. Infatti, con il suo potere soprannaturale Egli tanto li stimolò e li sospinse a scrivere, tanto li assistette mentre scrivevano, in modo che essi concepissero rettamente, volessero scrivere fedelmente ed esprimessero con infallibile verità tutte quelle cose e solo quelle che Egli voleva; diversamente Egli non sarebbe lautore di tutta la Sacra Scrittura. Le parole del Nostro Predecessore non lasciano adito ad alcun motivo di dubbio o di tergiversazione, tuttavia, Venerabili Fratelli, è doloroso rilevare che non sono mancati, non solo fra gli estranei, ma anche tra i figli della Chiesa cattolica e - strazio ancor più grande per il Nostro cuore - perfino tra il clero e i maestri delle Scienze sacre, spiriti che con fiducia orgogliosa nel proprio criterio di giudizio, apertamente rifiutarono o attaccarono subdolamente su questo punto il magistero della Chiesa. Certamente Noi approviamo lintenzione di coloro che, desiderosi per sé e per gli altri, di liberare il Testo Sacro dalle sue difficoltà, ricercano, con lappoggio di tutti i dati della scienza e della critica, nuovi modi e nuovi metodi per risolverle; ma essi falliranno miseramente nella loro impresa, se trascureranno le direttive del Nostro Predecessore e se oltrepasseranno i limiti precisi indicati dai Santi Padri. Ora lopinione di alcuni moderni non si preoccupa affatto di queste prescrizioni e di questi limiti; distinguendo nella Sacra Scrittura un duplice elemento, uno principale o religioso, e uno secondario o profano, essi accettano,, il fatto che lispirazione si riveli in tutte le proposizioni ed anche in tutte le parole della Bibbia, ma ne restringono e ne limitano gli effetti, a partire dallimmunità dellerrore e dallassoluta veracità, limitata al solo elemento principale o religioso. Secondo loro, Dio non si preoccupa e non insegna personalmente nella Scrittura se non ciò che riguarda la religione: il resto ha rapporto con le scienze profane e non ha altra utilità, per la dottrina rivelata, che quella di servire da involucro esteriore alla verità divina. Dio permette soltanto che esso vi sia, e labbandona alle deboli facoltà dello scrittore. Perciò non vi è nulla di strano se la Bibbia presenta, nelle questioni fisiche, storiche e in altre di simile argomento, passaggi piuttosto frequenti che non è possibile conciliare con gli attuali progressi delle scienze. Alcuni sostengono che queste opinioni erronee non sono affatto in contrasto con le prescrizioni del Nostro Predecessore, avendo egli dichiarato che in materia di fenomeni naturali, lautore sacro ha parlato secondo le apparenze esteriori, suscettibili quindi dinganno. Quanto questa affermazione sia temeraria e menzognera, lo provano manifestamente le stesse parole del Pontefice. Lapparenza esteriore delle cose - ha dichiarato molto saggiamente Leone XIII, seguendo Agostino e Tommaso dAquino - deve essere tenuta in una certa considerazione; ma questo principio non può suscitare il minimo sospetto di errore nella Sacra Scrittura: poiché la sana filosofia asserisce come cosa sicura che i sensi, nella percezione immediata delle cose, oggetto vero di conoscenza, non si ingannano affatto. Inoltre il Nostro Predecessore, dopo aver negato ogni distinzione e ogni possibilità di equivoco tra quello che è lelemento principale e lelemento secondario, dimostra chiaramente il gravissimo errore di coloro i quali ritengono che pergiudicare della verità delle proposizioni bisogna senza dubbio ricercare ciò che Dio ha detto, ma più ancora valutare il motivo che Lo ha indotto a parlare’. Leone XIII precisa ancora che lispirazione divina è presente in tutte le parti della Bibbia, senza selezione né distinzione alcuna, e che è impossibile che anche il minimo errore si sia introdotto nel testo ispirato: ‘Sarebbe un errore molto grave restringere lispirazione divina solo a determinate parti della Sacra Scrittura, o ammettere che lo stesso autore sacro abbia potuto ingannarsi’. E non sono meno discordi dalla dottrina della Chiesa, confermata dallautorità di Girolamo e degli altri Padri, quelli che ritengono che le parti storiche delle Scritture si appoggiano non sulla verità assoluta dei fatti, ma soltanto sulla loro verità relativa’, come essi la chiamano, e sul modo volgarmente comune di pensare. Per sostenere questa teoria essi non temono di richiamarsi alle stesse parole del Papa Leone XIII, il quale avrebbe affermato che i princìpi ammessi in materia di fenomeni naturali possono essere portati in campo storico. Come nellordine fisico gli scrittori sacri hanno parlato seguendo le apparenze, così - essi pretendono - quando si trattava di riportare avvenimenti non perfettamente noti, li hanno riferiti come apparivano fissati secondo lopinione comune del popolo o le relazioni inesatte di altri testimoni; inoltre essi non hanno citato le fonti delle loro informazioni, e non hanno garantito personalmente le narrazioni attinte da altri autori. A che confutare più a lungo una teoria veramente ingiuriosa per il Nostro Predecessore, e nello stesso tempo falsa e piena di errore? Quale rapporto, infatti, vi è tra i fenomeni naturali e la storia?Le scienze fisiche si occupano di oggetti che colpiscono i sensi e devono quindi concordare con i fenomeni come essi appaiono; la storia, invece, narrazione di fatti, deve (ed è questa la sua legge principale) coincidere con questi fatti, come realmente si sono verificati. Se si accettasse la teoria di costoro, come sarebbe possibile conservare alla narrazione sacra quella verità, immune da ogni falsità, che, come il Nostro Predecessore dichiara in tutto il contesto della sua Enciclica, non si deve affatto menomare? Anzi, quando egli afferma che vé interesse a trasportare nella storia e nelle scienze affini i princìpi che valgono per le scienze fisiche, non intende stabilire una legge generale e assoluta, ma indicare semplicemente un metodo uniforme da seguire, per confutare le obiezioni fallaci degli avversari e difendere contro i loro attacchi la verità storica della Sacra Scrittura. Almeno i sostenitori di queste innovazioni si fermassero qui; invece essi giungono al punto dinvocare il Dottore di Stridone per difendere la loro opinione, attribuendogli di avere dichiarato che bisogna mantenere lesattezza e lordine dei fatti storici nella Bibbiaprendendo per regola non la realtà obiettiva ma lopinione dei contemporanei, che veniva così a costituire la vera legge della storia. Come sono abili a trasformare in loro favore le parole di Girolamo! Ma non è possibile avere dubbi sul suo esatto pensiero: egli non afferma che nellesposizione dei fatti lo scrittore sacro si appropria di una falsa credenza popolare a proposito di dati che ignora, ma dice soltanto che nella designazione delle persone e degli oggetti egli usa il linguaggio corrente. Così, quando uno scrittore chiama San Giuseppepadre di Gesù’, indica chiaramente in tutto il corso della sua narrazione come intenda questo nome dipadre’. Secondo Girolamo, ‘la vera legge della storiarichiede che nellimpiego delle denominazioni lo scrittore si attenga, dopo avere eliminato ogni pericolo di errore, al modo generale di esprimersi; poiché luso è larbitro e il regolatore del linguaggio. E che? Forse che il nostro Dottore non pone sullo stesso piano i fatti riportati dalla Bibbia e i dogmi nei quali è necessario credere, se si vuol raggiungere la salvezza eterna? Ecco infatti ciò che leggiamo nel suo Commentario sulla Lettera a Filemone: ‘Quanto a me, ecco ciò che penso: uno crede in Dio creatore: ciò non gli sarebbe possibile segli non credesse alla verità di tutto ciò che la Scrittura riporta riguardo ai suoi Santi’. E compila una lunghissima serie di citazioni tratte dallAntico Testamento, concludendo: ‘Chiunque rifiuti di prestar fede a tutti questi fatti e a tutti gli altri, senza eccezione alcuna, riguardanti i Santi, non potrà credere al Dio dei Santi’. Girolamo si trova quindi in perfetto accordo con Agostino, il quale, interprete del sentimento comune di tutta lantichità, così scriveva: ‘Noi crediamo tutto ciò che la Sacra Scrittura, posta al supremo culmine dellautorità dalle testimonianze sicure e venerabili della verità, ci attesta riguardo ad Enoch, ad Elia e a Mosè. Così se noi crediamo che il Verbo è nato dalla Vergine Maria, non è per il fatto chEgli non avrebbe potuto trovare altro mezzo per assumere una forma realmente incarnata, e per manifestarsi agli uomini (come sosteneva Fausto) ma perché così è detto in quella Scrittura, alla quale dobbiamo prestar fede se vogliamo rimanere cristiani e salvarci’».

Dirò a conclusione di tutto questo: pensare ad una Scrittura ispirata da Dio, come ad una sorta di campagna promozionale e politica del sovrano dominatore di turno, è ridurre Dio ad un patetico diplomatico, il quale cerca il mezzuccio, il compromesso per parlare coi suoi figli. Non così Dio è, né vive, né così fu il Figlio di Dio incarnato. Gesù non accettò mai il compromesso; fu proprio Lui, integerrimo, a convalidare le affermazioni dell’Antico Testamento, senza mai negare nulla! Era il suo argomento forte contro i farisei!

Quindi? Che dovremmo arguirne: che Cristo si sbagliava o che mentiva per etichetta o perbenismo o per semplice ipocrisia o convenienza? Eppure di fronte alla sua estrema chiarezza ebbero a dire che il suo era un linguaggio duro! La sua risposta fu tutt’altro che diplomatica: Volete andarvene anche voi?! Tu solo hai parole di vita eterna! o Resto, e voi?

Stefano Maria Chiari


- - - oOo - - -

Risponde Blondet:

Non ho tempo adesso di replicare a fondo a queste pagine di Chiari. Solo sulle battute polemiche contro di me:

«Mi meraviglio, tuttavia, che molto spesso si sia critici - noi cattolici - nei confronti di alcune prese di posizioni della cosiddetta scienza ufficiale’, che sono evidentemente ideologizzate’ (evoluzionismo e quantaltro) e poi, al contempo, ci si senta in obbligo di doversi giustificaredi fronte ai messaggi nascosti nelle pietre e negli scavi di esegeti ed archeologi, come se tale scienza fosse immune da ogni errore e suscettibile di alcuna futura possibile revisione».

C’è qui il solito equivoco, sempre più frequente data la crescente mancanza di basi scientifiche, di scambiare scienza con scientismo. L’evoluzionismo è scientismo, ma per confutarlo si richiede scienza (e gli evoluzionisti reprimono le ricerche scientifiche che lo smentiscono). La scienza, in questo caso archeologica, non ha bisogno di atti di fede previa: ma bisogna capirne a fondo i metodi, gli strumenti sempre più esatti e complessi, il rigore, per potere eventualmente confutarla. Non ho bisogno di sentirmi ripetere che le verità scientifiche sono provvisorie; ma esse hanno ragggiunto tuttavia certezze comprovabili, che sono un patrimonio ormai comune. Affermare oggi che la terra è piatta, significa essere ridicoli.

Allo stesso modo, sarebbe assurdo rigettare i metodi della Polizia scientifica (che anche l’archeologia adotta) per esempio sull’identificazione di persone tramite il DNA; metodi che sono oggi sufficienti, nei tribunali, per condannare o assolvere; dunque capaci di accertare una verità. Va bene, non sarà la Verità ultima, nè pretende di esserlo, ma è la verità sufficiente cui aderisce la ragione umana. Una volta raggiunta, è cogente per la ragione.

L’atteggiamento di Chiari è fideismo puro – sto con la storia biblica come vera, anche se smentita da fatti certi – che non è fede. Del resto, ho visto che la fede cattolica di Chiari comprende anche l’adesione alla numerologia kabbalistica, e ai giochi talmudici di lettere ebraiche sacre, di cui ha dato prova nel precedente articolo per trovare significati nascosti nelle Scritture. Mi sembra una forma di scientismo magico molto più depassé dell’evoluzionismo, e nato negli stetl moldavi o polacchi.

Il resto del pezzo è la ripetizione della dottrina cattolica vigente sulla veridicità storica della Bibbia. Lo ringrazio, la conoscevo. Ma quel che voglio dire è che questa bella riaffermazione, oggi, non è la soluzione. E’ il problema, e la Chiesa se ne accorgerà (se ne sta accorgendo).

Perchè non si tratta solo che «la Bibbia presenta, nelle questioni fisiche, storiche e in altre di simile argomento, passaggi piuttosto frequenti che non è possibile conciliare con gli attuali progressi delle scienze», nè di imprecisioni storiche come quelle, poniamo, di Erodoto o Tucidide, dovuti alla coscienza dell’epoca degli estensori.

Quel che ha scoperto l’archeologia coi suoi nuovi rigorosi metodi è qualcosa di molto più grave: che l’Antico Testamento è un Falso Testamento, creato per ben precisi e ormai identificati motivi politici tra il 7mo e il 5 secolo, non molto dissimili da quelli del sionismo odierno. E’ un po’ come la Donazione di Costantino, il documento con cui Costantino dava alla Chiesa il potere temporale sull’Europa e le insegne imperiali; citato come veridico ancora dalla Bolla Inter Caetera di Papa Alessandro VI nel 1493 (un dogma di fede?) nel 1440 fu dimostrato falso e apocrifo dal Valla con i metodi filologici.

L’archeologia moderna è una connessione mirata di molte scienze – non solo filologia, ma paleografia, linguistica, prospezione aerea, radiografia, elettroluminescenza, stratigrafia, epigrafia, analisi delle ossa e dei tessuti animali, vegetali e umani, e chi più ne ha più ne metta. Temo che sia vicino il tempo in cui credere alla storicità di Enoch e di Mosè sarà come credere, ancor oggi, alla Constantini Donatione.

E’ questo che mi preoccupa.


Maurizio Blondet




1)
Grazia soprannaturale, in quanto intervento divino sull’uomo ab extra (senza entrare nella vexata quaestio della grazia naturale o soprannaturale).
2)
Da http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xv/encyclicals/documents/hf_ben-xv_enc_15091920_spiritus-paraclitus_it.html


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