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Da Brescia a Mumbai, la «fabbrica» dei terroristi
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Qualcuno ricorda la brillante operazione degli inquirenti italiani, che il 22 novembre ha smantellato una cellula terrorista islamica che si nascondeva a Brescia? Due pakistani, padre e figlio, gestori di un’agenzia di money transfer, la Madina Trading, arrestati; la loro agenzia sotto sequestro. La notizia è grossa, e infatti appare su tutti i media: i due sono in combutta con i terroristi islamici che il 26-29 novembre 2008 hanno commesso la strage di Mumbai (195 morti).

Un titolo a caso (questa è la Nazione):

«Strage di Mumbai, base italiana ‘Così finanziavano i terroristi’ Brescia, arrestati padre e figlio pachistani. Soldi spediti il giorno degli attentati».

L’articolo: «… Nella notte, i due titolari, Mohammad Yaqub Janjua, 60 anni, e il figlio Aamer, 31, pachistani, sono finiti in carcere per favoreggiamento e attività finanziaria abusiva. Avrebbero, in sostanza, offerto un appoggio logistico ai terroristi che tra il 26 e il 29 novembre 2008 fecero strage a Mumbai, in India: 195 morti e 304 feriti. Il 25 novembre, il giorno prima che a Mumbai si scatenasse l’inferno, i due pachistani, utilizzando l’identità di Javaid Iqbal, un connazionale che risiede regolarmente a Barcellona ed è risultato del tutto estraneo ai fatti, avrebbero effettuato dalla loro agenzia una rimessa di denaro, 229 dollari, che ha consentito di attivare le utenze telefoniche usate dai terroristi. (...) I titolari dell’agenzia - ha ricordato nella conferenza stampa in Questura il capo della Digos, Stefano Fonsi - hanno sempre dichiarato la regolarità dell’operazione, confermando l’esistenza di Javaid Iqbal a Brescia come cliente abituale di cui però non erano in grado di fornire elementi utili all'identificazione».

Le indagini della Digos, coordinate dal sostituto procuratore Antonio Chiappani, iniziate nel dicembre scorso, sono arrivate a una diversa conclusione.

«La rimessa - ha spiegato infatti Fonsi - è stata effettuata dagli stessi titolari della ‘Madina’ perché commissionata, tramite il sistema Hawala, da due residenti in Pakistan identificati dalle indagini. L’agenzia dal 2006 al 2008 ha utilizzato oltre 300 volte il nome di Javaid Iqbal per effettuare transazioni di denaro verso Paesi esteri, per una cifra complesssiva di circa 400mila euro.

(...) Un arresto per i legami con la strage di Mumbai è stato effettuato anche negli Stati Uniti, a Chicago, dall’FBI. Si tratta di un cittadino americano di 49 anni di origine pachistana».

Dunque il terrorismo islamico più feroce aveva una base italiana, direttamente implicata nella strage avvenuta nella lontana India. C’è davvero da tremare: siamo circondati da musulmani che ci scavano la fossa sotto i piedi... E l’aura resta, perchè  nessuno dei grandi media nazionali ha raccontato com’è andata a finire la brillante operazione. L’ha raccontata soltanto Bresciaoggi, giornale molto locale, il 12 dicembre:

«Brescia. Tornano liberi Mohammad Yaqub Janjua e Aamer Yaqub Janjua, padre e figlio gestori del Madina Trading di corso Garibaldi, arrestati per ‘favoreggiamento’ per aver effettuato il 25 novembre 2008 una rimessa di denaro servita per attivare le schede telefoniche VoIP poi usate dai terroristi pakistani che tra il 26 e il 29 novembre fecero una strage a Mumbai uccidendo 195 persone. La rimessa di denaro era stata effettuata a nome di un ignaro connazionale, che non aveva disposto alcun pagamento e il 25 novembre dello scorso anno non era nemmeno a Brescia. Il tribunale del riesame ieri mattina ha accolto la richiesta di scarcerazione presentata per padre e figlio dal difensore avvocato Alberto Bordone».

Scarcerati per non aver commesso il fatto. Senza una parola di scusa. Dopo che la loro agenzia, che dava loro da vivere, è stata sequestrata. Se fossi in loro, forse anch’io nutrirei un certo malanimo verso l’Italia.

E se questo fosse il modo con cui ci fabbrichiamo da soli i terroristi? E’ incredibile quanti pochi immigrati musulmani siano terroristi, dopo questi trattamenti.




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Mohammad Yacub Janjua davanti al suo negozietto




Invece, si aggrava la situazione del terrorista americano arrestato dall’FBI a Chicago in coincidenza con l’arresto a Brescia. L’americano di origine pakistana, di nome David Headley, era un informatore dell’FBI e della DIA che si era infiltrato nell’organizzazione clandestina Lashkar-e-Taeba (LeT). Grazie al suo passaporto USA, otteneva facilmente i visti d’entrata, ed era entrato in India più volte: a Mumbai è restato fino a due settimane prima della strage.

«Gli inquirenti indiani sono furiosi con le agenzie d’intelligence USA», scrive il times di Londra, «che non condividono quel che sanno su Headley. La sensazione in India è che gli USA non sono trasparenti», dice B. Raman, un ex capo dell’antiterrorismo del controspionaggio indiano, RAW (Research and Analysis Wing). Gli indiani hanno appurato che Headey «ha passato mesi a controllare i dettagli (del futuro attentato) nella capitale commerciale indiana, usando il suo nome anglicizzato e il suo aspetto occidentale per frequentare ambienti sociali alti, attori di Bollywood e persino facendosi passare per ebreo». (Mumbai terror suspect David Headley was ‘rogue US secret agent’)

L’infiltrato si faceva passare per ebreo. E perchè? Magari, facilita certe azioni? Apre certe porte? Come quelle di Nariman House, chiuse ai non-ebrei? Nariman House, a Mumbai, è l’ostello tenuto dalla setta Lubavitcher per ospitare viaggiatori ebrei ortodossi, situato nel quartiere di lusso di Mumbai, a pochi metri dagli alberghi di extralusso in cui i «terroristi islamici» hanno compiuto la loro strage.

Strano posto, quell’ostello. Che appare molto centrale nelle ore della strage. Il 28 dicembre 2008 la CBC News, ossia il TG della TV canadese, parla al telefono con il giornalista indiano Arun Asthahana, che sta seguendo gli eventi sul posto, e si sente dire che «alcuni dei terroristi hanno preso alloggio all’ostello già 15 giorni prima della sparatoria. Avevano lì una quantità di munizioni, armi e cibo».


Che alcuni dei terroristi siano stati alloggiati nell’ostello dei Lubavitcher è fuori dubbio ormai. Si dirà poi che questi terroristi sono arrivati a Nariman House e si sono fatti ospitare «fingendosi studenti della Malaysia». Ma la cosa sembra alquanto improbabile: i Lubavitcher sono - come dire - fra i più esclusivisti dei settari giudaici, e non danno stanze se non a giudei parimenti religiosi. Non certo a malaysiani, che sono pure musulmani. (Reign of violence in Mumbai ends as authorities seize hotel)

Difatti, la polizia di Mumbai «sta cercando di capire come mai stanze della Nariman House siano state affittate a non-ebrei. La polizia ha sequestrato i registri dell’ostello per verifica». Lo dice il Times of India.

Un altro rispettato giornale indiano, Mid-Day, scrisse allora:

«E’ strano il ruolo che la Nariman House ha giocato nell’intero dramma dell’attacco. La notte scorsa, i residenti (dell’ostello) hanno ordinato quasi 100 chili di carne ed altri cibi, abbastanza per nutrire un esercito, diciamo una quantità di gente per venti giorni. Subito dopo (questo acquisto), una decina di estremisti hano preso alloggio lì, il che ovviamente  indica che il cibo e la carne era stata ordinata in vista della loro visita, dice un poliziotto».

Un altro giornale indiano, DNA India, conferma l’eccezionale acquisto di provviste:

«I terroristi sono arrivati a Colaba mercoledì sera», dice Mukund Shelke, che tiene una bottega di alimentari al mercato di Colaba: «Prima di stabilirsi a Nariman House hanno comprato abbastanza cibo per tre giorni». «Hanno comprato due scatoloni di pollo e liquori per 24 mila rupie in due negozi di Colaba», conferma un altro abitante della zona, Joseph D’Mello».

Qui ci sono discrepanze nelle testimonianze: sono stati i gestori di Nariman House (come pare dire la polizia) a comprare le provviste, oppure gli stessi terroristi, prima di insediarsi nell’ostello? Ma certo è che l’acquisto di liquori non sembra tipico di terroristi islamici. Anzi, pardon: ricordiamoci di Mohammed Atta e dei suoi complici, che passarono in un night americano la notte prima del loro suicidio, consumando superalcoolici per 200 dollari. I martiri di Allah lo fanno. Sempre.

Secondo varie testimonianze, alquanto imprecise perchè i testimoni si sono trovati coinvolti nella sparatoria, i terroristi sono arrivati via mare con battelli. Ma allora: erano già lì a Nariman House, oppure no? O per mare sono arrivati rinforzi? Qualche testimonianza dice: sono arrivati per mare e si sono divisi in due gruppi; due uomini sono andati dritti dritti nella reception dell’ostello gestito dai Chabad-Lubavitcher. Altri testimoni dicono che, appena sbarcati, tutti i terroristi si sono diretti a Nariman House.

Lo riporta il già citato Mid-Day:

Mumbai: (...) mercoledì alle 21,40 il ricco quartiere di Mumbai Sud è stato aggredito da terroristi in dodici diversi luoghi, fra cui una stazione TV, uno snodo ferroviario, e due dei più lussiosi alberghi, il Taj Mahal e l’Oberoi Trident. Ventiquatt’ore dopo l’attenzione è concentrata su questi due hotel, e su un piccolo anonimo edificio, a pochi metri del Taj Mahal. Questo edificio di cinque piani, che è sede di una «guest house» per viaggiatori di nazionalità israeliana, appare sempre più essere stato il covo degli estremisti.

«Ho visto sei o sette battelli approdare mercoledì sera, da cui una decina di persone hanno scaricato diversi bagagli, che a più riprese hanno poi introdotto nell’ostello», ha dichiarato Vitthal Tandel, un pescatore della zona. «L’edificio dispone di diverse camere ed è usato come pensione per viaggiatori, per lo più israeliani. Non so come si chiami. Virendra Ghunawat, un giornalista televisivo che copre la sparatoria di Nariman House dal primo momento, dice che anche i poliziotti sono molto abbottonati sui dettagli».

La circostanza è semi-confermata dal New York Times:

mumbai_1.jpg«Una volta sbarcati di fronte al battello del signor Dhanur (un altro pescatore), erano solo a tre isolati di distanza dalla Nariman House, un edificio di cinque piani che ospita un centro ebraico gestito da un giovane rabbino, Gavriel Holtzberg, e da sua moglie Rivka, venuti da New York. Ma l’attentato non sembra essere stato originato lì...».

Il britannico Guardian però riconferma: Un funzionario di polizia che s’è imbattuto negli sparatori mentre entravano nel centro ebraico ha detto al Guardian che gli aggressori erano «bianchi». Ha dichiarato: «Sono entrato nell’edificio, e sono rimasto colpito perchè erano bianchi; io mi aspettavo che avessero il nostro stesso aspetto. Mi hanno sparato tre colpi, io ho risposto sparandone dieci».

Numerosi altri testimoni dichiarano che gli sparatori erano bianchi, e persino di capelli chiari. Più tardi prevarrà la versione seguente: i terroristi islamici hanno occupato Nariman House con la forza e preso ostaggi i residenti.

Ma il DNA India, a botta calda, ha raccontato:

«Vari abitanti della zona sostengono che i sospetti controllavano i movimenti della polizia da una televisione all’interno di Nariman House. Quando i TG hanno dato la notizia-flash che alti funzionari della polizia (indiana) erano rimasti uccisi, abbiamo sentito una gran gridare dalla casa (Nariman House). Sembrava che festeggiassero», dice Anand Raorane, un singore che abita nell’edificio dirimpetto a Nariman House.

mumbai_3.jpgUno degli alti ufficiali uccisi era Hemant Karare, divenuto famoso per le inchieste che stava conducendo su un carico di esplosivi usati a scopo terroristico, in cui erano coinvolti alti ufficiali dell’esercito e politici. Che un uomo d’esperienza come Karare (che oltretutto si vide indossare il giubbotto antiproiettile agli inizi dell’attacco) potesse restare ucciso, è più che dubbio. Si dice che sia caduto in una specie di imboscata, alcuni giornali hanno parlato di una sua eliminazione volontaria. Perchè dovevano esultare per la sua morte dei terroristi pakistani?

Mentre gli agenti indiani assediavano Nariman House dove a quanto pare gli estremisti erano asserragliati, un funzionario israeliano del vicino consolato viene arrestato mentre cerca di penetrare nell’ostello Lubavitcher, L’individuo dirà di essere stato chiamato al telefono dal gestore dell’ostello, rabbi Gavriel Holtzberg, che gli aveva detto di essere sotto attacco. Lo scrisse il Jerusalm Post.

Ma perchè un addetto consolare cercava di entrare nell’ostello strapieno di «terroristi islamici» senza dirlo alla polizia, tanto da suscitare  sospetti e farsi arrestare? Che cosa poteva fare, da solo, contro un gruppo armato ed omicida?

Un notiziario ebraico dirà che le autorità indiane hanno rifiutato l’offerta israeliana di dare una mano durante l’attacco:

«Gerusalemme, 28 novembre. L’India ha lasciato cadere l’offerta di Israele di mandare i suoi commandos d’elite a Mumbai, dove un centro ebraico è stato preso nell’attacco terroristico che ha fino ad ora fatto 160 vittime». Tutti gli ebrei presi ostaggio risulteranno uccisi, ma così sfigurati da non essere facilmente riconoscibili - e i loro corpi verranno rimpatriati in Israele in gran fretta e in bare sigillate. Soltanto il figlio del gestore di Nariman House, il piccolo Moshe Holtzberg di due anni, si salverà: lo porterà in salvo la sua baby-sitter ebrea, Sandra Samuel, non si capisce se scappata dalla casa per una sua ardita iniziativa oppure mandata fuori prima da papà Holtzberg.


Ma quanti erano i terroristi asserragliati a Neriman House, e quanti erano i loro ostaggi? Secondo la polizia, quelli venuti per mare erano una quindicina.

Secondo il Times:


«Almeno cinque terroristi armati sono sfuggiti alla carneficina di Mumbai e possono colpire di nuovo, come dimostra un video apparso ieri che mostra la cattura del solo membro della banda sopravvissuto. Tuttavia, un peschereccio indiano dirottato ed usato dagli sparatori aveva a bordo equipaggiamento per 15 persone, quando è stato scoperto all’approdo, il che fa ritenere che diversi sparatori siano ancora uccel di bosco». «Abbiamo trovato quindici giubbotti antivento, e 15 spazzolini da denti (sic)», dice una fonte della polizia, «è possibile che siano in fuga altri terroristi».

I pakistani e gli indiani non usano spazzolini da denti al modo occidentale, ma legnetti appositi che si sfilacciano facilmente, e che si comprano in ogni botteguccia.

Alla fine dell’assedio, dentro Nariman House sono stati trovati sei cadaveri di ostaggi. Secondo altre informazioni, c’erano cinque corpi di ostaggi e due di terroristi. Non si saprà mai di preciso.

Il già citato DNA India ha però scritto mentre l’evento era in corso: «I sei terroristi che hanno preso in ostaggio una famiglia ebrea a Nariman House possono combattere per tre giorni almeno senza doversi preoccupare di cosa mangiare».

Quanto a Yahoo News, il suo corrispondente locale scrisse:

«Dal punto di osservazione dei franchi tiratori (indiani) Black Cat, posso vedere le finestre infrante di Nariman House. La coppia proprietaria dell’edificio è ebrea, il che ha dato adito alle voci, correnti tutto il giorno, che “gli israeliani” sono coinvolti in qualche modo nell’attacco. Le altre persone nell’edificio, fra cui un bambino con un berrettino rosa, erano state tenute in ostaggio ma sono state liberate giovedì mattina. L’ultima persona a lasciare l’edificio è una giovane donna (la baby sitter?), la quale ha detto alle autorità che i soli ostaggi rimasti dentro sono la coppia proprietaria (il rabbino e sua moglie), da cui non viene un rumore nè un movimento fin dalla notte scorsa. Alle cinque del pomeriggio si è ritenuto che fossero morti, e i commandos Black Cat hanno fatto irruzione mezz’ora più tardi, sparando... Alle 9.30 di sera la sparatoria continua, e non è chiaro se i quattro o cinque sospetti all’interno sono stati uccisi o catturati».

Il New York Times darà poi le generalità degli ostaggi uccisi.

«Preso d'assalto il centro ebraico, morti 6 ostaggi»

«Ufficiali israeliani e Lubavitch anziani hanno confermato che sei ostaggi sono stati trovati morti all'interno del centro. C'erano Rabbi Gavriel Holtzberg, 29 anni, di Brooklyn e sua moglie Rivka, 28, emissari Lubavitch a Mumbai che avevano aperto la Nariman House; un altro rabbino da Brooklyn che viveva in Israele, Leibish Teitelbaum; Bentzion Chroman, un israelo-americano con doppia cittadinanza; una donna israeliana non identificata; e un altra donna non identificata, secondo quando riportato da Rabbi Zalman Shmotkin, cronista Lubavitch di Brooklyn e l'Associated Press».

Il Jerusalem Post dirà che forse, alcuni degli ostaggi sono stati uccisi dai commmandos indiani durante l’irruzione. E’ sempre difficile distinguere fra ostaggi bianchi di Brooklyn e terroristi bianchi.

Le forze indiane potrebbero aver ucciso alcuni ostaggi:

«Il raid del commando indiano lanciatosi nel tentativo di salvare le vite degli ostaggi israeliani e ebrei alla Chabad House di Mumbai,  potrebbe aver ucciso
inavvertitamente uno o più ostaggi, ha detto il Jerusalem Post domenica».

Ma in conclusione, che cosa è vermente successo a Nariman House? La sola persona che può dare un resoconto dei fatti è la baby sitter Sandra Samuel. Gli inquirenti indiani ardono dal desiderio di interrogarla.

Ma ecco la breaking News del Jerusalem Post:

«La baby sitter che ha salvato il piccolo Moshe Holtzer è attesa in Israele». E’ salita sull’aereo inviato dalla Israel Air Force per caricare le bare delle sue vittime Lubavitcher. Il ministro degli Esteri isareliano Tzipi Livni ha fatto forti pressioni sul governo indiano perchè lasciassero partire la ragazza. Niente interrogatorio.




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I giornali diranno poi che la baby sitter Sandra Samuel non è ebrea, ma che il governo israeliano le ha concesso di vivere in Israele per sempre come «gesto gentile». «Sandra Samuel ha fatto la scelta, stupefacente ed ammirevole, di abbandonare la propria famiglia per vivere in Israele con il piccolo Moshe», scriverà The India Telegraph: Sandra ha trovato una nuova patria.

E naturalmente, nessuna autopsia per i corpi degli ebrei presuntivamente uccisi a Nariman House: «Israele ha chiesto alle autorità indiane di non condurre l’esame post-mortem sui suoi cittadini uccisi nell’assedio a Nariman House, adducendo motivi “di privacy e di religione”». (Israel home for Moshe nanny)

Gli israeliani se ne sono andati, portandosi via i loro misteri e i corpi non identificati. All’India è rimasto un solo terrorista vivente, Ajmal Qasab, quel ragazzo che è apparso in video con il braccialettino arancione da indù, ma che era un pakistano. Un pakistano del Kashmir che nel 2006, mentre era in visita in Nepal, fu sequestrato da non identificate forze di sicurezza nepalesi (ossia indiane): per riapparire due anni dopo con il mitra e il braccialettino, unico sicuramente «non bianco» di questa tragedia.



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Addestrato da chi? Per quale scopo? E’ l’Oswald della situazione? (Mumbai Terror: So Who Really Trained Ajmal Kasab?!)

Certo è che esiste da qualche parte una gran fabbrica di terroristi islamici.

Maurizio Blondet


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