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Blondet e Copertino, in fondo, dicono le stesse cose
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Sono stato fuori due giorni per un impegno e solo ora, domenica 18 sera, leggo l’articolo che mi Blondet mi ha dedicato, insieme ai lettori di EFFEDIEFFE. Un amico me lo aveva ieri segnalato ma non avendo con me il portatile non ho potuto leggerlo. Ringrazio per la stima che nutre per me e per aver preso in seria considerazione quanto ho scritto nel mio articolo su «il martirio di Gaza».

Blondet sa che la stima è reciproca. Già stamani, al telefono, mi ha spiegato succintamente il suo argomentare e come già gli ho detto, e lo confermo ora dopo aver letto l’articolo, in fondo stiamo, e non da ora, dicendo esattamente le stesse cose.

Rivolgo l’invito, non certo a Blondet che lo ha letto attentamente, ma soprattutto ai lettori di EFFEDIEFFE, in particolare a coloro che hanno giustamente ben commentato il suo articolo, di riprendere il mio e verificare se, come detto, non stiamo davvero dicendo le medesime cose. Mi sia Permesso di riassumerle qui succintamente, anche per puntualizzare.

Mi sembra di aver affermato senza infingimenti:

- che Israele sta violando ogni legge internazionale;
- che Israele sta commettendo un crimine contro l’umanità, nascondendosi dietro a quanto a suo tempo hanno subito gli ebrei;
- che Israele sta così usando la memoria storica, oltretutto artatamente rielaborata in chiave «teologica», per scopi politici (credo di essere stato forse tra i primi in Italia ad introdurre il concetto di «teologia dell’olocausto» rilevando come da parte ebraica sia stato letteralmente inventato un neo-culto, sostitutivo di quello cristiano - Auschwitz al posto del Calvario -, imposto tra l’altro a Stati, quelli occidentali, che da almeno due secoli, osteggiando per questo la Chiesa, hanno fatto della loro pretesa «laicità» un sacra bandiera: ma evidentemente tale laicità fa eccezione per l’«unica religione rimasta», quasi che, anzi senza quasi, tutta la laicizzazione sia servita soltanto alla «talmudizzazione» delle istituzioni pubbliche);
- che Israele ha assunto a Gaza il ruolo che i nazisti ebbero nel ghetto di Varsavia laddove i palestinesi hanno assunto, purtroppo, quello delle vittime dell’epoca;
- che Israele merita una condanna senza attenuanti da parte della Comunità internazionale,
che Olmert, Barack, la Livni, e compagnia bella, meritano una Norimberga (ed ho aggiunto che proprio nel fatto dell’eventuale istituzione di un Tribunale Penale Internazionale per i loro crimini si parrà la «nobiltà» dell’Occidente così fiero del suo liberalismo e normativismo: ben sapendo di affermare implicitamente che l’Occidente non è nobile e che il liberalismo è un mero flatus vocis proprio perché nessun Tribunale verrà istituito);
- che i dirigenti della comunità ebraica italiana, Di Segni, Pacifici, Gattegna, sono persone degne di ogni riprovazione morale e sociale per il loro indegno atteggiamento di questi giorni e di sempre (non credo che dire al Di Segni che fare la prima donna sulle pagine nazionali, accusando tra l’altro la Chiesa, invece di tacere e pregare, sia un parlare dimesso o timorato verso le «autorità del tempio»: ho cercato in questo di seguire l’esempio di Cristo che ci invita a parlare con un «si, si, no, no»);
- che, con Ariel Toaff, ebreo, bisogna lavorare per smitizzare l’immagine «sacrale» che il giudaismo post-biblico ha saputo costruire (perché è solo una costruzione mitica) di sé imponendola, come il nuovo idola tribus, all’intera opinione pubblica mondiale;
- che molti cristiani oggi hanno un infondato ed ingiustificato timore reverenziale verso la sinagoga ed ho ricordato, invece, come i Padri della Chiesa quel timore non lo avevano e che il conflitto fu aperto proprio dalla Sinagoga e non da noi cristiani (tra l’altro non ho risparmiato critiche a certi «cattolici tradizionalisti» o, come dice  Blondet, «cattolici con la C maiuscola» pronti, a giudicare dalle loro parole, a partire per la «crociata» e che poi però rimangono comodamente seduti in poltrona);
- che molti cristiani temono l’islam senza rendersi conto né dei crimini dello Stato di Israele né della sfida teologica loro lanciata dal giudaismo post-biblico;
- che i palestinesi hanno il diritto di essere rispettati come uomini e come popolo e che ogni ragione è dalla loro parte (sono d’accordo che si sta permettendo ad Israele quel che non si permetterebbe a nessuno Stato al mondo).

Detto fermamente e chiaramente questo, ho cercato anche di spiegare i motivi profondi del perché uno Stato possa giungere a tanto. E non mi sono fermato soltanto all’aspetto «politico» relativo al sionismo (lo sappiamo tutti che è una ideologia razzista) ma ho cercato di sondare le pulsioni messianiche che sono dietro il sionismo.

E qui ho messo in evidenza che si tratta di un messianismo a-cristiano, dunque che il giudaismo post-biblico è cosa assolutamente diversa dall’ebraismo di Gesù Cristo. Aggiungendo che solo quest’ultimo è quello vero, in continuità con la Rivelazione che da Adamo giunge fino a Lui, passando per Abramo.

E questo si è reso necessario proprio per due motivi:

- far capire ai «cristianucci timorati della sinagoga», compresi molti tradizionalisti, che il giudaismo attuale non ha NULLA a che vedere con la Fede in Cristo e che solo in essa, non nel giudaismo della sinagoga, continua il vero ebraismo di Abramo («Prima che Abramo fosse, Io sono»);
- far capire a certi «selvaggi con il telefonino» che a volte postano commenti tra il delirante e l’esilarante che il marcionismo è l’errore opposto al talmudismo ma ad esso, segretamente, complementare.

Ho detto che gli ebrei sono da amare e che Cristo era ebreo, ma non nel senso semplicistico di tanti che mandano ogni giorno mail a Blondet per ricordargli quelle che sono ovvietà.

Gli ebrei sono da condannare (popolo di dura cervice: per usare il linguaggio dei Profeti d’Israele e di San Paolo, ebreo) ma anche al tempo stesso da perdonare come li ha perdonati Cristo in Croce («Padre perdona loro perché non sanno quel che fanno»).

Ecco questo è il senso vero della misericordia da portare loro. Li si deve giudicare e amare come si giudicano ed amano tutti gli altri uomini, perché come tutti gli altri anche loro sono peccatori: e questo, quello del trattarli nella condanna e nel perdono come qualunque uomo o popolo, è tra l’altro un modo per togliere loro ogni pretesa di essere «speciali» ancora oggi.

Poi ho detto che ci sono ebrei, persino talmudici, dal cuore puro che si dissociano dalla paranoia razzista di certi settori del mondo religioso ebraico attuale e dai crimini di Israele. Ho presente molti articoli di Blondet, rintracciabili su questo sito, un esempio per tutti, perché ancora evidente nel settore «free», quello intitolato «Ebrei coraggiosi».

Ho presente la storia da Blondet raccontata di rabbi Aschermann, dei Rabbis for Human Rights, che si prende cura degli oliveti dei palestinesi ai quali è vietato l’accesso e che li difende contro i piani regolatori a base razziale del comune di Gerusalemme. Ed ho presente anche la meravigliosa appendice al suo indispensabile «I Fanatici dell’Apocalisse - l’ultimo assalto a Gerusalemme», che mi ha fatto scoprire l’esistenza dei Neturei Karta: rabbini talmudici ma sulla via dell’Amore che porta a Cristo, benché loro non lo sappiano ancora.

Ecco: come è riscontrabile Maurizio ed io abbiamo detto le stesse cose, anche in merito al fatto che non distinguere è sciocco e che imputare a tutto un popolo le colpe di uno Stato o di una mentalità religiosa fanatica non è giusto. Il principio della responsabilità collettiva è proprio quello che loro applicano ai palestinesi, ai tedeschi, a chiunque. Ed è un principio che la civiltà giuridica nata dal Cristianesimo non può tollerare, anche se oggi, con riferimento al dramma della Terra Santa, l’occidente «talmudizzato» lo ha del tutto dimenticato [sul Corsera di oggi, Angelo Panebianco ciancia ancora di Hamas che avrebbe usato i civili palestinesi come scudi umani, sorvolando sul fatto che in un’area di 40 kmq nella quale si accalca un milione e mezzo di persone, tra i quali poche centinaia di militanti di Hamas, parlare di nascondimento è ipocrita e che piuttosto è, appunto, criminale, come ha fatto Israele, sparare nel mucchio. Sempre sul Corsera, oggi, Gian Antonio Stella, che è uomo contro la «casta» ma giornalista «utile idiota» della più influente delle lobby, lamentava di diffuso pregiudizio contro il sionismo e lo Stato di Israele].

Sento, purtroppo, che nel mondo va crescendo a dismisura l’odio e la violenza. Ne sono davvero preoccupato, perché, la storia lo insegna, questa, dell’odio, è la strada che porta alle tragedie. Ed una tragedia degna di tale nome, oggi non potrebbe che essere globale.

Mi riferisco in primis all’odio teorico e pratico dei sionisti, ma anche a tanto odio incapace di distinguere e che fa di tutt’erba un fascio. Ed è purtroppo questo, «l’odio che non è capace di distinguere», che, purtroppo, vedo salire anche in tanti post a commento dei nostri articoli (di Blondet, dei miei e degli altri collaboratori). Articoli che sono a tutt’altro finalizzati, ossia a denunciare i crimini genocidari in atto in Palestina e coloro che se ne rendono complici anche semplicemente appoggiando le decisioni di un governo criminale, ma non certamente ad accusare indiscriminatamente chi non è responsabile di quei crimini.

Ogni volta che qualcuno mi dice «Blondet è un antisemita» gli sbatto in faccia proprio uno di quegli articoli che ho sopra richiamato o l’ultima parte del suo «I Fanatici dell’Apocalisse», invitandolo a informarsi, su quanto uno scrittore effettivamente dice, prima di sentenziare stupidaggini magari per sentito dire.

Spesso ricordo ai detrattori di Blondet che una persona che pratica il culto della Divina Misericordia, di suor Faustina Kowalska, non è un fanatico ma soltanto un cristiano che cerca di essere degno di Gesù Cristo e di camminare con Lui nella via della Sua misericordia, giustizia ed amore. E che da qui, solo da qui, deriva tutto il duro, il giustamente duro, sdegno del cristiano Blondet nei confronti dei crimini di Israele, inteso come Stato, e delle follie pseudo-messianiche dell’Israele post-biblico.

Non mi è difficile replicare ai detrattori di Blondet: perché il suo sdegno cristiano è esattamente il mio stesso sdegno. Invece le persone intelligenti apprezzano Maurizio Blondet, ed il suo coraggio, perché lo leggono con attenzione.

Come sa, l’ho detto per telefono, un cattedratico (lui sa chi è) dopo aver letto il suo magnifico articolo (lì, a mio giudizio, ha superato se stesso) «Il buon samaritano norvegese e altre parabole» ha scritto quanto segue: «Voglio che si sappia che come povero cristiano sono del tutto d’accordo con quel ‘provocatore’ di Blondet, specie a proposito della faccenda del Buon Samaritano e del medico norvegese, forse luterano o forse ateo, che sta facendo quello che io vecchio barone e trombone cattolico che scrive comodamente al computer di una casa piena di libri e ben riscaldata non ha il coraggio di fare. Voglio anche che si sappia che io sono un miserabile vigliacco perchè non ho il coraggio di gridare la verità sui tetti per paura di offendere il presidente X, il professor Y, il monsignor Z, il rabbino W, il direttore J, l’imprenditore K; perchè ho paura di mettere in gioco la mia rispettabilità di fine studioso e di rispettabile insegnante; e tutto ciò mentre Gesù che è morto per noi in questo momento è a Gaza, esattamente come nel ‘44 era ad Auschwitz, e non ci sono balle che tengano, e Lui si fa crocifiggere di nuovo per tutti noi e noi siamo qui a spaccare il capello in quattro. Ma sappiamo che Quel Giorno Dio non ci chiederà conto dei libri che abbiamo scritto, delle belle parole che abbiamo speso, delle buone intenzioni che avevamo, ma ci dirà: ‘Ero bambino a Gaza, e mi facevano a pezzi a suon di bombe, e tu non ti sei nemmeno curato di conoscere il mio nome; ero ferito a Gaza, e da te non ho ricevuto nemmeno un cerotto emostatico; ero una donna sepolta dalle macerie a Gaza, e tu non sei venuto a raspare fra i detriti a tirarmi fuori; ero un vecchio cui facevano mancare cibo acqua e medicine a Gaza, ed era capodanno, e tu bevevi champagne’. Questo ci dirà il Signore Dio degli eserciti, quel giorno; questo ci dirà il Dio della Gloria, e non terrà conto non solo dei nostri soldi o dei nostri titoli accademici o del fatto che abbiamo degli amici ministri, ma nemmeno delle nostre poche misere e pelose opere buone, nemmeno delle Messe che abbiamo preso e delle volte che abbiamo gridato ‘Christus vincit!’, nemmeno delle nostre dotte cognizioni teologiche e mistiche, perché il delitto che per viltà stiamo commettendo è infame e senza nome. Gli assassini uccidono: ma noi siamo peggiori perchè non siamo né caldi né freddi: per questo, come sta scritto, Dio ci vomiterà dalla sua bocca. Così è: purtroppo».

Come può vedere Maurizio non siamo soli a pensarla allo stesso modo. E per quanto riguarda il nostro povero scrivere e parlare ma non operare, sì!, hanno ragione Blondet ed il cattedratico in questione. Siamo, di questo, tutti colpevoli e «Quel giorno» non ci saranno scuse che tengono perché è sulla Carità, sull’Amore che saremo giudicati.

Non ci resta che sperare nella Sua Misericordia. Anche in questo conveniamo. Spero che convengano anche tutti i lettori.

Luigi Copertino


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