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Su Battiato e altre eresie
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Un lettore scrive a Blondet:

«E’ scritto nei Vangeli che saremo perseguitati in Suo nome, ma quali siano le vie che possano portare a tanto non mi sono chiare. Carissimo Blondet, lei ha giustamente sottolineato come la genesi di certe meccaniche del male affondi le sue radici nel pensiero della Tradizione. Purtroppo non ho potuto recuperare il suo rarissimo, introvabilissimo Adelphi della dissoluzione. Quindi le mie riflessioni si basano solo su certe approfondite recensioni che ho trovato sul web.

La materia della riflessione che vado a proporle è il Messaggio subliminale, e lo farò partendo da considerazioni personali su due opere.

 Pietrangelo Buttafuoco
   Pietrangelo Buttafuoco
Pietrangelo Buttafuoco ha esordito con il suo romanzo Lultima del diavolo che lei di certo conoscerà. Il suo pensiero, che affonda le radici nella Tradizione, appariva chiaro già fin dal suo Cabaret Voltaire (e qui, mi viene in mentre il Candido di Sciascia, Adelphi, che in sua presenza non merita commenti ulteriori). Buttafuoco sostiene fermamente la presenza del male, la necessità della sconfitta del male. Lo cito perché per me è stato motivo di sorpresa vedere come Buttafuoco sia tanto vicino a Franco Battiato. Si potrebbe commentare, sulla falsariga delle Sue riflessioni, che entrambi affondino le radici nel pensiero della Tradizione. Ma a mio avviso non è propriamente la Tradizione a nutrire le meccaniche del male, tanto più invece lo è il sovvertimento di quel pensiero. Un sovvertimento di cui ho l’impressione di scorgere le dinamiche. Su questo vorrei confrontarmi con lei.

Io credo che tutti quelli che vedono in Battiato sentimenti della Tradizione si sbagliano e, anzi, siano vittime inconsapevoli dei suoi Stratagemmi. Buttafuoco credo sia tra queste vittime. Diceva il Buddha che l’ego può sovvertire tutto a suo uso e consumo, persino l’idea del sacro. Questo è ciò che fa Battiato, giocando su questo sottilissimo confine. I suoi testi sono come un Libro Parallelo (per dirla con Manganelli) che procede sulla falsariga dei Libri sacri, ma capovolgendone sottilmente il significato, l’ordine.

A tal proposito propongo qui una breve riflessione sulla canzone di Battiato La cura. Scelgo questa canzone perché è quella che ho più studiato ed è, a mio avviso, quella più facilmente indagabile a causa dell’alto tasso di ambivalenza dei suoi significati (talmente alto da esser

totalmente frainteso dalle sensibilità delle persone comuni). Questa canzone è considerata da tutti una preghiera del Signore Creatore verso la sua creatura, una sorta di cifrario di formule consolatorie dette da Dio all’uomo, per curarlo. Incollo qui il testo e successivamente continuo con alcune riflessioni.

La cura


Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
,

dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.

Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,

dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi dumore,

dalle ossessioni delle tue manie.

Supererò le correnti gravitazionali,

lo spazio e la luce

per non farti invecchiare.

E guarirai da tutte le malattie,

perché sei un essere speciale,

ed io, avrò cura di te.

Vagavo per i campi del Tennessee

(come vi ero arrivato, chissà).

Non hai fiori bianchi per me?

Più veloci di aquile i miei sogni

attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.

Percorreremo assieme le vie che portano allessenza.

I profumi damore inebrieranno i nostri corpi,

la bonaccia dagosto non calmerà i nostri sensi.

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.

Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.

Supererò le correnti gravitazionali,

lo spazio e la luce per non farti invecchiare.

TI salverò da ogni malinconia,

perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...

io sì, che avrò cura di te.


L’unico essere che nella storia dell’uomo la Tradizione si è rappresentata come chi ha superato le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce, le ossessioni e le malattie, che conosce le leggi del mondo, e che fa tutto questo per farne dono all’uomo non è Dio, bensì Prometeo, Lucifero. Dio non porta la luce all’uomo. Dio stesso ha creato la luce. Dio è oltre la luce eppure la compenetra. Dio non ci rende immortali in questa vita, non ce la rende più facile, non ha cura di noi. Dio lascia il libero arbitrio, la libertà di agire e ci sostiene solo se noi lo vogliamo ardentemente.


Non ci sono doni che Dio può fare, per il semplice fatto che è già tutto donato. Non c’è libertà che Dio ci può dare, per il semplice fatto che ce l’ha già data (ricordo il gladiatore schiavo che si sente libero nell’arena, dopo aver scoperto Dio. E trova nella morte, non nell’immortalità, l’espressione della sua libertà).

Dio non ci salverà, ci ha già salvati, ecc...

La parte criptica della canzone è questa:

Vagavo per i campi del Tennessee

(come vi ero arrivato, chissà).

Non hai fiori bianchi per me?

Più veloci di aquile i miei sogni

attraversano il mare.

Qui non parla Lucifero, bensì il cantante Battiato, il suo io. Qui parla colui a cui la canzone/preghiera è rivolta. Battiato è nel Tennessee, non sa come vi è arrivato. Questa parte è interessante, perché in un blog lessi che Battiato, in un momento di smarrimento, imprecava contro Sgalambro (forse è lui che ha corrotto il suo animo?). Battiato poi chiede (a Lucifero?) fiori bianchi, per l’esattezza credo possano essere della specie Sagitta Latifolia (questa pianta è tipica americana. Il nome rimanda a Sagitter, simbolicamente collegato al fuoco e la sottospecie latifolia ha delle foglie con una strana forma che ricorda molto la posizione ribaltata del corpo di Cristo in croce).

Riguardo le aquile non ho molto da dire. Ma credo che nell’immagine dell’aquila, nella sua ambivalenza di interpretazioni, si nasconda un altro stratagemma. Qui raffigura di certo il potere dei sogni umani, l’infinito estendersi dei nostri desideri: forse la superbia. Ma lei mi insegna che l’aquila può avere anche un significato cristologico ben più nobile.

Le scrivo queste mie riflessioni, nella speranza di trovare luoghi di discussione con lei. Inoltre noto che molti personaggi della cultura ruotano intorno agli Adelphi, soprattutto qui in Sicilia.

In Sicilia, oltre ad essere la casa d'elezione di F.Battiato, c'è anche la Fondazione Sciascia e su molti esponenti della cultura catanese si vocifera molto, si dicono cose incredibili e spesso raccapriccianti. Si dice, ad esempio, che a tutt'oggi i sotterranei della facoltà di Lettere, l'ex Monastero dei Benedettini, siano utilizzati per praticare messe nere.

Mi piacerebbe ricevere da lei qualche riflessione in merito. Ad esempio vorrei capire di più su Sciascia. E’ un personaggio che mi è sempre sembrato ambiguo e ambigui mi sembrano quelli che si occupano di studiarlo e tramandarlo. Oppure vorrei capire su Manganelli. Anche lui ambiguo.

Anche su Buttafuoco vorrei sapere di più. Il perché del suo rapporto con Battiato. Forse ignora tutto questo? O forse bluffa? Non capisco.

Le scrivo anche, caro Blondet, perché come lei potrà immaginare, non posso parlare con tutti di queste cose: molti mi prenderebbero per pazzo e/o mi allontanerebbero per paura. Spero che questa mia lettere non risulti sgradita o di disturbo. Spero anche in una sua risposta, in un segno che mi suggerisca delle misure su cui continuare il mio percorso.


Con i miei migliori pensieri

Un lettore»


Caro lettore, anzitutto complimenti per l’interpretazione della canzone di Battiato. E’ evidente che Dio non promette, quaggiù, di proteggerci dalle ingiustizie, di non farci invecchiare, di guarirci da tutte le malattie; non ha protetto Suo Figlio che, fatto uomo, s’è assoggettato all’ingiustizia e al supplizio. Ed è questa la risposta che ci ha dato quando Lo accusiamo di non proteggerci dai mali dell’aldiquà: Io stesso sono con voi nei carceri, negli ospedali, sulle croci.

Sì, la protezione di cui canta Battiato è quella promessa da Lucifero nell’Eden ai primi due: Sarete come dèi. E la cura, è quella che per l’umanità consiglia il Grande Inquisitore di Dostojevski, quando incarcera Cristo tornato sulla terra e Gli dice: gli uomini, povere pecorelle, non possono sopportare la verità; ancor meno la Tua. E vanno curati e protetti dalla verità.

E’ anche la promessa, se vogliamo, del mondo contemporaneo: uomo, ti allevio tutti i dolori, curerò il cancro (con Veronesi) la vita che la mia scienza e tecnica ti darà sarà solo piacere e godimento, senza più dolore: c’è il Viagra, ci sono le morfine, c’è l’eutanasia... La morte è dolce, con la tecnica. Non pensare più alla morte, sii lieto, sano, palestrato e felice. Non prepararti all’ultimo trapasso, ci penseremo noi con la morfina.

Ma in più, Battiato – mi sembra chiaro – è perfettamente cosciente che quello che parla nella sua canzone è Lucifero. Se lo stia pregando o smascherando, non so decidere. Lo stesso valga per Buttafuoco, e per gli esponenti della cultura catanese di cui mi parli. Sta a loro, dopotutto, salvarsi o dannarsi. Tu fai bene, con i tuoi amici, a metterne in rilievo le ambiguità e a cercare di sottrarli alle loro fascinazioni.

Cerca però anche tu di non restarne affascinato. Ti dico questo perchè in Sicilia esiste un’antica tendenza umana, forse risalente ad Empedocle e ad Eraclito, forse nascente da una terra vulcanica e potente di sole, di assumere o cercare un sacro forte e primordiale, panteista-archetipico. Che è una cosa fascinante, energica, ma – tesa alla potenza – facilmente deviante dallo scopo della vera Tradizione.

Naturalmente, c’è anche molta massoneria esoterica, che attrae quel certo genere di spiriti energici, siciliani al modo antico, e poi li perde – esattamente come sospetti tu.

Ti dico questo perchè ne ho avuto, decenni fa, esperienza diretta. Persone forti, anche stimabili, inserite in una Tradizione, che praticavano speciali esercizi onde trasformare il proprio corpo da piombo in oro, ovviamente in una visione pitagorico-nietzschiana di al di là del bene e del male. Aderire al loro gruppo operativo richiedeva il formale rifiuto del Cristo e della fede cattolica, perchè – spiegarono – si trattava di entrare in una diversa eggregore, se vogliamo comunione di santi... Gentilmente, declinai l’invito.

Decenni dopo ho incontrato uno di questi uomini che avevo ammirato. Gli avevano diagnosticato il cancro, ed era terrorizzato; e tuttavia, ancora confabulava di Pitagora, Nietsche, yoga della potenza, di vera Tradizione, che evidentemente non gli erano servite a molto (il corpo non era diventato immortale)... E forse stava rendendosi solo sordo all’ultimo richiamo inviatogli dall’Amore, l’ultimo invito ad entrare per quella Porta che è Cristo, e – siine certo, nessuno maestro ha mai affermato come lui Io sono la Porta – soltanto Cristo.

Proprio a te siciliano, ricordo – anche se spero non ce ne sia bisogno – che affondare il proprio pensiero nelle radici della Tradizione non garantisce affatto da deviazioni. Anzi. Proprio qui sono pericoli estremi, in certo senso inaccessibili ai comuni peccatori.

Soprattutto, pensa allo spaventoso disinganno che ci coglierà nell’ultimo giorno, quando ci sarà detto: hai cercato dappertutto la Tradizione, il guado, il mezzo di salvazione, e avevi qui presente l’Eucarestia, la Presenza Reale. Avevi l’impotenza del Crocifisso che non è più padrone di muovere un braccio, un dito un piede, nè di proteggersi il torace dai colpi, offerto a tutte le ingiurie; e non hai visto che in questa impotenza, in questa totale accettata rinuncia a sè, è la Porta iniziatica che dicevi di cercare.

Hai perso il tuo
tempo, ci sentiremo dire, e di tempo non ce ne sarà più, e vedremno, noi ingannati disingannati, unirsi all’indicibile e terribile Amore le anime umili che hanno creduto a quell’Impotente che – secondo la intelligenza umana – non era capace di salvare se stesso, e si sono gettate tra quelle Sua braccia inchiodate, che non poteva, non voleva chiudere.


Maurizio Blondet


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