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Charlie Hebdo: Israele ha saputo prima
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«Amchai Stein, vice-direttore della tv israeliana Channel 1 per combinazione si trovava sul posto ed ha catturato le immagini»: così si legge nel titolo di testa del video che segnaliamo. Sono le immagini dei due commandos in nero che hanno fatto la strage a Charlie Hebdo. Purtroppo il video è già stato tolto di mezzo ma si può ancora trovare qui.

Perché Stein fosse lì, non è spiegato. Nella disgrazia, è una bella fortuna: così l’orribile fatto è stato documentato; e una fortuna anche per il fortunato giornalista ebreo della tv ebraica di Stato, Amchai Stein, che deve anche aver guadagnato un po’ con i diritti d’autore sul video in esclusiva che ha ripreso dal tetto. L’ha fatto col telefonino? Forse. Solo che nel video vedete che ad un certo punto (a 0.22-24) la scena sembra tagliata e in dissolvenza: c’è stato un montaggio, per un motivo sconosciuto si è voluto sorvolare su una scena. Forse allora non era uno smartphone, ma una telecamera? Piazzata su treppiede, visto come è ferma la ripresa, senza i tremolii di uno smartphone tenuto in mano?

Fatto sta che il giornalista Stein si trovava sul tetto proprio mentre, sotto di lui, gli assassini uscivano e uno di loro finiva il polizotto a terra. È una fortuna.

Non mi spingo a condividere i sospetti dei commentatori che sia tutta una finta («Dov’è il sangue?» del poliziotto ucciso; gli esperti vedono che il colpo è stato mancato, una nuvoletta di polvere sul marciapiede un po’ più avanti lo rivelerebbe); mi sembra più indicativa la presenza di un furgone a nolo parcheggiata proprio lì: un consueto posto d’osservazione perfettamente mimetizzato per i servizi, quali che siano.

Altri piccoli particolari gustosi pur nella tragedia: la catena televisiva i24 (l’equivalente israeliano di SkyNews 24), ha annunciato che i due assalitori erano francesi di origine algerina fin dalle ore 15, molto prima di tutti gli altri media. Il sito JSS, un web magazine ebraico che dà notizie in francese (JSS sta per il nome del fondatore, Jonathan Simon Sellem) dà addirittura i nomi dei due ricercati franco-algerini, prima che lo facciano i media francesi. E adesso sappiamo che sono proprio loro, i due fratelli Kouachi, franco-algerini, piccoli delinquenti ora braccati dalle preponderanti forze di polizia....

È presto per dirlo, ma giurerei che non si faranno prendere vivi, gli agenti dovranno ammazzarli. Come Mohammed Merah, il presunto stragista di una scuola rabbinica a Tolosa nel 2012, che ha dovuto essere ammazzato dalle teste di cuoio perché non si arrendeva.

O forse si faranno saltare gridando Allahu Akbar!, come già quelli della strage del metrò di Atocha, in Spagna.

Certo è che la polizia francese si sta dando molto da fare. E fa molta scena, come dimostra la foto seguente, scattata a Reims:



È un franco tiratore della polizia, circondato da giovani curiosi ed oziosi. Non ci dev’essere tanto pericolo che qualche terrorista spari rispondendo al cecchino, se la folla non viene fatta sgombrare.

Alan Dershowitz
  Alan Dershowitz
Interessante conoscere il parere di Alan Dershowitz, l’avvocato ebreo americano ultra-neocon e filo israeliano. Secondo lui «la Francia raccoglie quel che ha seminato», perché «è uno dei peggiori Paesi nel ricompensare il terrorismo» (sic). «I francesi non hanno mai preso parte alla campagna internazionale contro il terrorismo. Sono il problema, non la soluzione».

Questo Dershowitz esprime il comune sentire delle classi dirigenti israeliane. A sentirlo, si potrebbe persino concludere che qualche Stato estero, munito di specialisti dell’assassinio, ha punito i francesi perché sono molli verso l’Islam.

Piacerà sapere che questa è anche la tesi di Thierry Meyssan: anche lui convinto che la strage di Parigi sia un false flag «con mandanti probabili a Washington»; rievoca che fu Washington, il 6 febbraio 2014, a convocare i Ministri degli Esteri di Germania, Francia, Italia, Polonia e Regno Unito per elevare la questione dei jihadisti europei che tornavano dalla Siria ed Iraq a questione di sicurezza nazionale. Solo da quel momento i media europei hanno cominciato a gettare l’allarme, e le autorità preso a indagare... a modo loro. Alcune più, alcune meno. Forse a tal punto da essere sgradite a Washington, e meritare una punizione per mano di jihadisti tornanti.

Ché poi, se ci si chiede come mai tanti giovani franco-maghrebini tornano armati e incattiviti dalle jihad, Tony Cartalucci, fa un elenco di tutte le volte che la politica francese ha formato, armato, addestrato, finanziato e spedito a combattere nutriti drappelli di terroristi islamici in Nord Africa e Medio Oriente, per rovesciare Assad o Gheddafi.

Giugno 2011: la Francia fornisce armi ai ribelli della Libia violando l’embargo dell’ONU che vieta di armare le parti di una guerra civile. Parigi si giustificò; forniva «fucili d’assalto perché i ribelli si proteggessero dalle truppe di Gheddafi». Lo scrisse il Telegraph.

2012: la Francia spinge per armare i ribelli siriani, e il Governo di Parigi briga presso la UE perché sia levato l’embargo europeo contro la fornitura d’armi ai belligeranti. Lo spiegò la BBC.

Marzo 2013: Hollande fa un drammatico appello a Bruxelles: tutta l’Europa si unisca a Francia e Regno Unito per armare i ribelli che si devono proteggere da Assad ed instaurare la demokrazia in Siria. Lo ha riportato il Guardian.

Agosto 2014: Hollande dichiara che ha mandato armamenti ai ribelli siriani che stanno difendendosi dai massacri di Assad. La spedizione è avvenuta «qualche mese fa», ha precisato.

Non è solo la Francia, del resto. In settembre, Harakat Hazm, un gruppo di ribelli che aveva ricevuto un carico di armi anti-carro dagli USA, si lamenta che gli americani hanno cominciato a bombardarlo. S’intende che tutti questi gruppi armati dagli occidentali in Libia come in Siria hanno giurato fedeltà ad al Qaeda o a Daesh e al suo califfo.

Davvero non si capisce cosa abbia Dershowitz (o chi parla attraverso di lui) da lamentarsi dei francesi: hanno fatto molto, per il terrorismo islamico che combatte i nemici di Sion.

Ed infine riporto un fatto riferito da giornali israeliani. Non so come e quanto si colleghi alla strage di Charlie Hebdo, ma la notizia è questa: Avigdor Liberman, Ministro degli Esteri israeliano, ha incontrato segretamente a Parigi – il 25 dicembre, Natale – «un arabo di alto livello». Identificato dapprima come Mohammed Dahlan, un capo di Fatah rivale di Mahmud Abbas, il capo dell’Autorità Palestinese, la sua identità è stata poi smentita.

Mohammed Dahlan
  Mohammed Dahlan
Il punto è che, dopo che l’incontro era avvenuto al lussuoso Hotel Raphael di Parigi, Il Primo Ministro Netanyahu ha mandato ad Abbas una comunicazione segreta in cui diceva ad Abbas che l’incontro di Parigi non era da lui autorizzato e non rappresentava la volontà politica del Governo israeliano. Dahlan è un personaggio accusato di corruzione di aver parte nell’assassinio di Arafat, lo storico capo dell’OLP; assassinio di cui nessuno oserà accusare gli israeliani, anche se non mancano indizi in questo senso. Dahlan vive oggi da emigrato di lusso negli Emirati...

Sembra di intravvedere per un attimo un intreccio dei doppi e tripli giochi israeliani. Se la strage di Parigi avesse a che fare con questo incontro smentito o non autorizzato, potrebbe avere un altro significato. Oltre a quello di punire i francesi che fanno la lotta al terrorismo come vogliono loro, o di fomentare la guerra interna fra francesi mussulmani ed anti-musulmani, nel quadro dello scontro di civiltà ordinato a Washington.

O era Israele?



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