>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
dogman.jpg
L’uomo discende dal cane?
Stampa
  Text size
Avete mai veramente osservato come giocano fra loro i cani? A me è capitato ieri di vederne due su un prato, e mi sarebbe piaciuto mostrarli ai lettori evoluzionisti.

Lo spettacolo è affascinante: non solo pochi animali sono così «espressivi», ma c’è di più: pochi animali giocano anche da adulti, e credo pochissimi sono in grado di «fare finta». I cani, fra loro giocano ad aggredirsi, «facendo finta», un po’ come un bambino gioca alla guerra facendo ta-ta-ta con la bocca per far finta di sparare con un mitragliatore. I due animali si inseguono, si danno la caccia a turno, si saltano addosso. Ma tutto, assolutamente tutto il loro linguaggio del corpo - la posizione e il movimento della coda e delle orecchie, la speciale vivacità, i suoni che emettono - tutto avverte il compagno: «Sto facendo finta». E tutto con una espressività così «esagerata», da essere inequivocabile anche per noi uomini, che non conosciamo la lingua dei cani. A guardarli, si ha l’impressione che ridano.

Il processo mentale del «fare finta per gioco» è, ammettiamolo, alquanto complesso: implica insieme la conoscenza della realtà e la presa di distanza da essa, il «linguaggio» dell’aggressione (anch’esso inequivocabile: zanne scoperte, abbaio-ringhio, pelo ritto sulla groppa) e la sua negazione attraverso la parodia, la comicità. Ciò è particolarmente improbabile nel cane che, notoriamente, è sempre limpido e leale, non sa nascondere il suo stato (avete presente un cane che si sente in colpa? O umiliato? Non è per caso che diciamo di un uomo «se n’è andato con la coda tra le gambe»).

La parodia canina consiste nel fare, da adulti, movimenti da cuccioli. Il mantenimento di caratteri infantili in età adulta (si chiama neotenia) è tipico dell’uomo, ed è ritenuto un elemento essenziale per la capacità di imparare cose nuove anche in età matura. Il cane l’ha mutuato dalla sua antichissima frequentazione con l’uomo?

Il lupo o lo sciacallo - la versione selvaggia dei canidi - non sono altrettanto «espressivi»; o meglio, sono espressivi in un modo diverso, comprensibile più tra loro che verso di noi: la lingua dei lupi e degli sciacalli è per lupi e sciacalli. Gli etologi la devono, in qualche modo, imparare. Invece quella del cane è aperta e chiara. Gliel’abbiamo insegnata noi? O è stato lui a insegnarcela?

O forse, ci siamo addestrati ed educati a vicenda. Perchè il rapporto uomo-cane è diverso da quello nostro con ogni altri animale, profondamente più intimo e familiare: è quasi una simbiosi.

Come sapete, Conrad Lorenz ha elaborato un’ipotesi di come cominciò questa millenaria amicizia. Gruppi umani primordiali, maschi armati, si dedicano alla caccia; poichè hanno un certo successo, un branco di lupi (o sciacalli) comincia a seguirli a distanza: perchè quando i cacciatori uomini macellano le prede, lasciano sempre qualche ossame e carcassa da rodere - e i canidi sono essenzialmente «scavengers», animali-spazzini, che si nutrono di carogne. A poco a poco, si stabilisce un rapporto fra cacciatori.

Qualcuno della banda umana può aver gettato alla torma, che si tiene a prudente distanza, un pezzo particolarmente succulento; il branco canino-sciacallesco può aver cominciato a collaborare attivamente alla caccia, facendo da battitore - stanando la selvaggina e orientandola con latrati verso la banda umana, per avere poi «diritto» ai resti. Quale dei due eventi sia avvenuto prima è impossibile dire; in caccia come in guerra, certe amicizie, certe intese e certe gerarchie si stabiliscono da sole, senza bisogno di imporle.

Nel branco canino, la gerarchia e la sua specifica lealtà nobiliare, del resto, esistono già: il capo-branco non è solo il maschio più feroce che si accaparra tutte le femmine, è quello che si fa carico del gruppo, la guida, che (per così dire) si prende la responsabilità. Nel gruppo umano ci sarà stato qualche gerarchia simile - a meno che gli uomini non l’abbiano appresa imitando gli sciacalli e i lupi, loro compagni di caccia, loro totem. Antichissime notti nella savana.

Gli uomini si accampano, forse ancora non sanno accendere il fuoco. La torma canina si accampa anch’essa, ma lontano - c’è ancora molta diffidenza. Si vedono i loro occhi di sciacalli luccicare nel buio.

Gli uomini non tardano a sentire questa presenza vigile come una garanzia: nessuna belva potrà più sorprenderli, perchè la torma darà l’allarme molto prima, con tutti i sensi acutissimi e ansiosamente svegli.Il cane, sostiene Lorenz, ha fatto all’uomo il regalo del sonno. Il sonno di cui ha bisogno l’uomo: non quello breve e sempre interrotto degli animali in perpetuo allarme, ma quello profondo e continuo, abbandonato fiduciosamente nel buio. Solo quel sonno è adeguato al cervello dell’uomo, e comincia a nutrirlo. Solo quel sonno viene visitato da sogni e da divinità. Solo il lungo sonno dona all’uomo l’immenso «mondo interiore» - che è il vero ambiente umano, la sua «nicchia ecologica» immateriale.

I selvatici non possono avere che un mondo interiore rudimentale; il mondo esterno inchioda troppo la loro attenzione, essi vivono in perpetuo senso di pericolo, letteralmente «fuori di sè» dall’ansia - per questo i loro sensi sono più acuti dei nostri, perchè sono tesi allo spasimo. L’uomo invece, grazie al cane, può cessare di «essere fuori di sè» per entrare invece in se stesso, «immedesimarsi».

La tecnologia non può cominciare, senza mondo interiore. Prima, le armi sono quelle naturali, la pietra e il randello. Solo «immedesimandosi», astraendosi dall’esterno, l’uomo comincia a riflettere come scheggiare la pietra, come trasformare il bastone in lancia o in ascia; o a progettare un arco.

Da quel mondo vengono anche i terrori che l’animale non conosce, la coscienza della morte, i dèmoni e i poteri spaventosi e forse fantastici dell’invisibile. La luce della metafisica e del mito comincia così. Grazie al cane.
Notte dopo notte, il branco riposa sempre più vicino alla banda umana. Un qualche cucciolo sarà stato abbrancato da un cucciolo umano; avranno giocato, avranno cominciato a «far finta». E l’affinità è diventata simbiosi, amicizia, commovente lealtà (dei cani) verso il signore-capo. Di quei giochi fra infanti preistorici, chiunque abbia un cane gode i segni anche oggi.

Esempio: tra loro, i lupi non si guardano negli occhi - è segnale di aggressione, perlomeno un atto di sfida o di maleducazione nel galateo canino - ma il barboncino, quando il suo padrone si ferma sul marciapiede per fare due chiacchiere col vicino, alza la testa e lo guarda in faccia: vuol capire dall’espressione dell’uomo qual è la sua intenzione. Riconosce l’espressione dalla faccia, e lui stesso - con l’uomo - dà un altro significato al fissare dritto negli occhi: ha dunque imparato un’altra lingua, un altro galateo. Quello umano.

Un altro esempio: siete seduti in poltrona, e il vostro cagnolino da appartamento vi sta sulle ginocchia sonnecchiando. In che modo ci sta? Col sedere (area vulnerabile) rivolta verso di voi (ha l’assoluta fiducia che non lo addenterete lì, e vi affida il didietro) e con le fauci (le sue armi) rivolte verso l’esterno. Ha formato con voi una fortezza, un mini-branco accampato ma pronto all’attacco, vi difende contro il mondo esterno. Un minimo rumore sulle scale, e drizza le orecchie. Un attimo dopo, si lascia accarezzare nella pancia, «fa il bambino».

Quanto ha imparato da noi, e quanto noi - i nostri antenati - hanno imparato da lui? Chissà. Qualunque sia stata la sua «nicchia ecologica» originaria - la savana o la steppa - oggi, la nicchia ecologica del cane è l’uomo. Ogni altro animale domestico - bovini e ovini, cavalli e cammelli e gatti - è infinitamente meno «addomesticato» del cane. Tutti al suo confronto restano dei semo-selvatici. Nessuno ha comportamenti tanto vari e flessibili e funzionali, collaborativi: da pastore, da slitta, da punta, da tana, da guardia.

Apparentemente, il cane è stato «predisposto» per l’uomo. Mentre le scimmie, di cui saremmo parenti, sono confinate ad una zona climatica tropicale (portate nei nostri climi, si ammalano di tbc e di polmonite), il cane è a fianco dell’uomo dovunque: tira la sua slitta sulla neve oltre il circolo polare, si accoccola davanti alle capanne dei Masai nella calura africana. Pochissimi altri animali sono capaci di questa latitudine ambientale e climatica.

Fra questi, non a caso, il cavallo: altro animale funzionale che sembra «nato per l’uomo», paradossale «antilope militare» – pauroso, ombroso e timido come un’antilope, può galoppare alla carica col suo padrone fra scoppi di cannonate e tiri di mitragliatrice - e non è solo addestramento; è che ha una sua generosa nobiltà, conosce l’obbedienza e la gerarchia del comando. E’ un erbivoro feudale, aristocratico. Come il cane, per quanto abbia paura, non se la squaglia davanti a un nemico più grosso, resta a difendere il padrone.

Per questo il regime sovietico fece uccidere tutti i cani: la polizia politica, nei suoi arresti notturni, non voleva trovare un difensore così irriducibile accanto all’uomo che era venuta ad arrestare, così sordo alle ragioni del partito - e della viltà. I vicini di casa umani chiudevano la porta, al suono di quegli stivali, e tacevano tremando; il più ridicolo volpino avrebbe latrato, addentato alla disperata anche il più massiccio agente in giaccone di cuoio nero e armato di pistola; il regime non poteva sopportare una simile lealtà.

Il cavallo condivide col cane un’altra caratteristica quasi unica: l’immensa variabilità somatica. Ci sono pony piccoli come porcellini e cavalli da tiro di Pomerania alti due metri al garrese. Ci sono cihuahua ed alani, bassotti e levrieri, volpini e pastori tedeschi: non sembrano nemmeno della stessa specie e invece sono tutti interfertili, hanno lo stesso patrimonio genetico.

Non c’è qui alcuna «evoluzione»: il DNA canino (come quello del cavallo in misura un poco inferiore) dispone di certi relais, di interruttori che possono essere «accesi» o «spenti», il che rende possibile agli allevatori creare tanti tipi di cani diversi per dimensione, forma e funzione - cosa molto meno fattibile con pecore e bovini, per non parlare di leoni zebre e antilopi, non-addomesticabili. La variabilità del cane, come la sua flessibilità psichica, è fin dall’inizio determinata nel patrimonio genetico.

Insomma, voglio dire: se proprio bisogna supporre una discendenza dell’uomo da un animale, non penserei all’australopiteco o a qualunque altra scimmia. Mi pare più probabile che discendiamo dai cani: non in senso materiale-genetico ovviamente, ma in senso affettivo, educatico, e in fondo, spirituale. E non è lo spirituale quello che fa di un uomo l’uomo?

Il cane non ha spirito (così dicono), ma ha un cuore leale. E lo dà al suo padrone senza riserve, per la vita e per la morte. Ci ha insegnato almeno quanto abbiamo insegnato a lui: è il nostro modello - a cui siamo sempre inferiori - in amicizia e lealtà, in coraggio e cordiale concordia.
Quando «fa finta», lui, è solo per giocare.

Non sarà scientifico, ma ringrazio Dio di averci fatto discendere dal cane. Le scimmie, non le ho mai capite.


Home  >  Scienze                                                                                             Back to top


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità