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L’italiano, un ignorante indaffarato
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Siamo abituati a valutare il grado di progresso di una società civile con l’unico parametro che oggi ci viene propinato, ovvero attraverso i consumi.
La nostra società post moderna è caratterizzata dal dominio dei consumatori.
Sono loro i nuovi ricchi, beneficiari della gigantesca disponibilità di beni di consumo di massa.
Per contro i non consumatori, i nuovi poveri, gli esclusi dal godimento di questi beni, sono le nuove «classi pericolose» oggetto di diffidenza ed esclusione.

Si prenda per esempio quel fatto di cronaca accaduto qualche mese fa in una scuola del milanese dove una bambina, accusata ingiustamente di aver fatto un disegno che richiamava atti sessuali è stata allontanata dai genitori per mesi, rei di aver compiuto queste perversioni.
Si è scoperto che questa infamante accusa era ricaduta sulla famiglia della bambina solo perché meno abbiente rispetto alle altre.
Si scoprì in seguito che questo disegno era stato fatto invece da una bambina di una famiglia «bene» ed il tutto fu archiviato, dopo questa scoperta, come gioco innocente.

Non c’è da stupirsi allora del perché ormai le persone, invece di combattere i ricchi, come fino a poco tempo fa accadeva tramite la lotta di classe, ora li debbano imitare ed uguagliare pena l’esclusione sociale delle loro generazioni future.
A queste persone non resta che apparire più consumatori dei consumatori riversandosi nei discount che fanno vivere loro l’illusione di appartenere ad una società omologata nei suoi ceti e classi più di quanto non sia in realtà.
Si tratta di un’illusione che si estende inevitabilmente anche in un altro campo in cui val la pena di addentrarsi per vedere il livello reale di progresso della nostra società ossia quello ludico, quello spazio in altri termini lasciato a disposizione per essere riempito dalle occupazioni che più gratificano le persone evolute ossia quello culturale.

Davanti a tanta rapidità con cui la cultura è potuta diventare di massa viene spontaneo chiedersi se questa opportunità è stata parimenti coltivata.
La prima impressione è che nonostante l’espansione di questa volgarizzazione culturale il grosso della gente si è istruito solo nei riguardi della vita privata delle stelle della televisione, del cinema, dei protagonisti del gossip o della cronaca nera.
Basta prendere i più famosi quotidiani on line per constatare che le notizie più importanti sono quelle scandalistiche, a riprova del fatto che il popolino vuole identificarsi con la starlette di turno o il ragazzo (padre come Fini) sullo yacht.
E allora viene la tentazione di verificare questi sconsolanti giudizi.

Ebbene, le ultime indagini statistiche confermano che il popolo italiano si contraddistingue per un’impressionante ignoranza.
Secondo l’Istat oltre il 22% degli italiani dall’età scolare in su non legge assolutamente nulla, né libri, né giornali, né periodici: in particolare questo vale per il 33% dei ragazzi tra i 6 ed i 13 anni e per il 34% degli adulti oltre i 55 anni.
Il 40% dei ragazzi tra i 14 ed i 24 anni ha dichiarato di non essere per nulla interessato a leggere.
Non meraviglia che più del 21% degli italiani non abbiano neppure un libro in casa.
Nel complesso ciò vuol dire che circa un italiano su quattro non è raggiunto da nessuno dei mezzi moderni di comunicazione.

Contemporaneamente si è potuto accertare che una stessa percentuale di italiani usa e capisce solo il proprio dialetto: dunque una fetta consistente di cittadini si trova in uno stato di quasi totale ignoranza di qualsiasi evento accaduto fuori dalla memoria o della piazza del proprio municipio.
In mezzo a questi dati sconfortanti ne emerge uno interessante ma al tempo stesso indice di fattori sociali importanti.
La fascia più istruita, quella dei laureati che arriva al 10%-11% sul totale della popolazione (ma solo se si includono i sessantenni), affermano di non aver tempo né voglia di leggere.
Ma allora il cosiddetto tempo libero, quel tempo che potremmo investire per formarci negli ambiti che spesso più ci addicono è un sogno o una realtà?
La società, così tecnologicamente avanzata ha realmente affrancato l’uomo liberandolo da quel lavoro manuale e duro rendendolo più libero di elevarsi o di divertirsi?

Mi viene in mente un libro di un sociologo francese, Daniel Mothé, che si intitola «L’utopia del tempo libero».
L’autore sostiene che in una società «ammalata di disoccupazione» (e gli ultimi dati rilevati sul suo andamento lo confermano) com’è quella attuale, il timore di perdere il lavoro ha il sopravvento sopra qualunque altro pensiero ed in tali circostanze il tempo libero diventa un’utopia.
Non solo.
Nel mondo post moderno anche le attività che si possono svolgere nel poco tempo libero sono diventate elemento di divisione sociale.
Da una parte i ricchi consumatori, dall’altra i poveri non consumatori che nell’illusione di mantenere lo stesso standard dei primi rinunciano sempre più al proprio tempo libero lavorando sempre maggiormente con il seguente risultato: oggi si può accedere ai benefici del tempo libero quanto più si lavora per elevare il proprio reddito.
Tuttavia il tempo che resta loro per godersi questi scampoli di benessere sono così ristretti ed iper costosi che le persone si trovano ancora più frustrate alla conclusione dei loro blitz nelle beauty farm tanto reclamizzate.
La società consumistica si è organizzata in modo tale da togliere alla quasi totalità delle persone l’unica cosa che un essere umano ha: la propria vita.

Se poi analizziamo il comportamento di queste persone scopriamo un altro fattore: che esse sono individualiste ed egoiste.
L’ho potuto verificare nelle aziende ma penso sia la stessa cosa in altri settori come banche, assicurazioni, ecc. dove vale la regola che ho battezzato «dell’abbronzatura» (in un mio articolo ne ho elaborata un’altra sulla cilindrata dell’auto) ovvero: l’indice di abbronzatura cresce al crescere della cafonaggine, dell’individualismo e dell’egoismo.
Dunque ci sono ottime ragioni per dire che l’apologia del tempo libero non è altro che un incitamento al lavoro che va costantemente presidiato per scacciare o controllare gli avvoltoi circostanti ( leggi colleghi).

Almeno finche durerà il clima di insicurezza, di precarietà, un’inflazione spaventosa, minacce alla salute e via di seguito il tempo libero resterà per la quasi totalità delle persone un’utopia, che come tale non si avvererà mai.

Ingegner Polastri Ludovico

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