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Tarek Aziz verso il patibolo. E tutti zitti
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Da tre settimane Tarek Aziz, il vice primo ministro di Saddam, è stato trasferito di carcere: dalla prigione americana di Camp Cropper  alla periferia di Baghdad, dov’era chiuso da cinque anni, è stato consegnato  alla «giustizia» del nuovo regime iracheno, sciita e collaborazionista. Ora è nella prigione di Ai-Kaemia, sotto quella (dicimo così) giurisdizione.

Ciò fa temere prossima l’esecuzione del prigioniero. Probabilmente, George W. Bush vuol coronare la sua magnifica presidenza con questa impiccagione extra-legale («Mission accomplished»). Nel silenzio complice o vile di tutti i media occidentali e dell’intera Europa, e delle sue «radici cristiane», che affondano in Vaticano.

Rompe il silenzio vile Hans von Spoeneck, già coordinatore delle Nazioni Unite in Iraq, anche a nome dell’attuale coordinatore, Denis Halliday. Solo Rèseau Voltaire ha pubblicato la lettera del diplomatico. Eccone la traduzione:

«Nel 2003 il vice-primo ministro iracheno Tarek Aziz si è consegnato alle truppe d’occupazione. Sono trascorsi cinque anni. Per tutti questi anni è stato tenuto in isolamento cellulare dai militari americani a Camp Cropper, periferia di Baghdad - incarcerato in violazione del diritto internazionale.

Ciò è durato finchè la Croce Rossa Internazionale ha avuto il permesso di visitare sporadicamente Tarek Aziz ed altri prigionieri politici;due settimane fa (la lettera è datata 8 dicembre, ndr.) Tarez Aziz è stato tradotto dalla prigione sotto amministrazione USA nel penitenziario della corte suprema irachena nel distretto Al-Kaemia di Baghdad.

Il 13 novembre Bill Brammell, segretario di Stato al ministero degli Affari Esteri britannici, ha scritto una lettera a Claire Short, deputata al parlamento ed ex ministro dello Sviluppo nel governo di Tony Bllair. Ha segnalato che Tarek Aziz ‘ha completo accesso ai suoi consiglieri giuridici (e) i suoi avvocati hanno diritto di visita alla Corte Suprema e nelle istituzioni penitenziarie americane’.  Secondo questa lettera, la sua famiglia ha diritto di visita finchè Tarek Aziz è stato ritenuto nella prigione americana.

Ciò è in contrasto con le informazioni che ho ricevuto da Ziad Aziz, il figlio maggiore di Tarek Aziz. Egli segnala che ‘nessuno della nostra famiglia ha visto mio padre dal maggio 2006’.
Aggiunge che nessuno della Croce Rossa Internazionale ha avuto la possibilità di rendergli visita negli ultimi otto mesi: ‘Gli ho inviato due mesi fa due pacchi che non sono ad oggi ancora arrivati’.

In verità le norme  fondamentali delle convenzioni di Ginevra sono negate a Tarek Aziz. Il mio predecessore a Baghdad come coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per l’Iraq, Denis Halliday ed io, abbiamo a più riprese richiesto la liberazione di Tarek Aziz. Non lo facciamo in spregio al processo giuridico ma perchè Tarek Aziz, diabetico e malato di cuore, ha problemi di salute che minacciano la sua vita. Dovrebbe essere affidato alla famiglia mentre il suo caso è nuovamente giudicato davanti alla Corte Suprema irachena.

I media hanno ben poco preso nota del nostro passo. L’aver ricordato che Tarek Aziz è detenuto da anni senza accusa e in violazione delle leggi non ha cambiato nulla.

Denis Halliday ed io ci siamo rivolti anche a James Baker, segretario di Stato della prima amministrazione Bush. Baker ed Aziz dirigevano le rispettive delegazioni durante i colloqui del gennaio 1991 a Ginevra, per tentar di evitare quel che sboccò nella seconda guerra del Golfo. A quell’epoca, Aziz era un visitatore importante e benvenuto a Washington. Halliday ed io pensavamo che Baker avesse il coraggio delle sue opinioni, l’integrità e l’onestà di comportarsi da statista e intervenire presso il governo Bush su una base umanitaria. Ci ingannavamo. James Baker ci ha respinti.

Con una lettera al futuro presidente Barack Obama, Ziad Aziz, il figlio maggiore di Tarek Aziz, ha chiesto che suo padre sia trattato umanamente. In questo momento Tarek Aziz è imprigionato dalla Corte Suprema irachena in una segreta dove attende il processo al buio e al freddo.

Noi abbiamo conosciuto Tarek Aziz perchè ci ha aiutato nel programa petrolio-contro-cibo, e con lui abbiamo a lungo collaborato per ottenere il massimo da questo programma di sopravvivenza, sostenuto in modo insufficiente dal Consiglio di Sicurezza. Una volta di più Denis Halliday ed io preghiamo gli Stati Uniti e le autorità irachene di dimostrare umanità verso un uomo malato, che è da ritenere innocente finchè non sia riconosciuto colpevole di delitto.

Hans von Spoeneck - Coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per l’Iraq, 1998-2000»

Che dire?

In tanta viltà, onore al nobile von Spoeneck. Ed onore - dovunque sia stato rinchiuso - a Muntather Al-Zaidi, il giornalista che ha lanciato le sue due scarpe contro Bush, chiamandolo col titolo che merita: «Cane!».

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Muntather Al-Zaidi ha 28 anni, e lavora per la TV Al-Baghdadia, una TV che è insieme non-settaria (dunque laica) e contro l’occupazione. Laureato alla Università di Baghdad in giornalismo, Al-Zaidi è stato attivo nell’Unione Studentesca - Federazione Irachena sotto il regime di Saddam, prima del 2003. Dopo la «liberazione», è stato uno dei tanti sequestrati, umiliati e torturati. E’ poi tornato a lavorare per Al-Baghdadia e, come si è visto, le prove non l’hanno piegato. Ha avuto il coraggio di fare quel che avrebbero dovuto fare, da almeno cinque anni, centinaia di giornalisti del civile Occidente.

Con il suo gesto, da Enrico Toti iracheno, li ha - ci ha - svergognati tutti. Persino il suo gesto è stato dapprima censurato dai media; non fosse stato per Layla Al-Sheikhly, l’animosa giornalista di Al Jazeera che è stata l’unica a riportare la scena integralmente, i media presenti avevano diffuso il lancio, ma cancellato il grido, insulto così significativo tra i musulmani: «Ya Kalb!», «Cane!».

L’America imperiale precipita in un turbine di delitti, genocidi; nella tortura e tra menzogne e scandali, nella bancarotta economica che è insieme rovina morale, ed ora anche nel ridicolo. Il Cielo non le ha concesso nemmeno l’altezza tragica della Caduta, del Goetterdammerung.

Il preteso Impero del Bene meritava il registro che compete alla sua bassezza ipocrita: il farsesco. Bush ha rivelato finalmente un’abilità, quella di schivare i corpi contundenti lanciatigli: segno di un costante esercizio, prova di «fitness» molto americana e, insieme, di un americanissimo Ridolini  delle torte in faccia. In ogni caso, la scarpa di Al-Zaidi non ha mancato bersaglio: ha preso la bandiera americana retrostante.

Ho pensato ai 70 milioni di americani, «cristiani rinati», ultra-patriottici espositori di quella bandiera disonorata dalla pratica della tortura, dalle detenzioni senza processo e dalle esecuzioni senza sentenza; sono loro, teleguidati dai loro tele-predicatori, che hanno voluto tutto questo. Col loro voto, per accelerare l’Armageddon e la Seconda Venuta di Cristo, hanno creduto necessario stare dalla parte di Israele e delle sue nefandezze, convinti di stare partecipando alla battaglia finale dalla parte del Bene Assoluto. Da buoni protestanti, essi vedono nel successo economico il segno della predilezione divina.

Adesso che a milioni perdono il lavoro, la pensione, i risparmi accumulati in portafogli azionari affidati a colossali truffatori che hanno applaudito come eroi, si accorgeranno che l’Armageddon è qui, che è molto sgradevole, e li coglie nell’armata sbagliata?

Spero che albeggi in loro il dubbio di avere militato tra le Forze delle Tenebre. La sciagura è sempre un richiamo della Misericordia divina, un appello alla conversione. Speriamo che non si ostinino nel male, come la gente di dura cervice che hanno servito. Preghiamo per loro, travolti da un Armageddon sceneggiato da Stanlio e Ollio.

E speriamo sommessamente che il Papa si decida ad unire la sua voce a quella di von Spoeneck. Potrebbe arrischiarsi a chiedere: di che cosa precisamente è colpevole Tarek Aziz, cristiano? Di cosa che non abbia commesso Bush, e l’America con lui?

Perchè secondo Human Right Watch, in vent’anni il regime di Saddam ha provocato la morte di 250-290 mila oppositori; ma la liberazione americana, in soli cinque anni, ha presieduto al massacro di 1,2 milioni di iracheni, senza contare l’eccidio silenzioso prodotto dall’uranio impoverito, che si aggrava con gli anni. I dati, Santità, vengono da ORB, una nota agenzia britannica di sondaggi, che opera in Iraq: radici cristiane, eccome. Come il neo-cattolico Tony Blair.


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