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L’abominio della desolazione e l’accecante falsa ubbidienza
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Nell’ultimo mio articolo «Dai sacrifici antichi ai massacri attuali», concludo, all’insegna degli articoli precedenti, sulla realtà di una situazione mondiale di estrema cecità e ingiustizia, che nel piano religioso richiama i tempi finali della massima desolazione che è profetizzata nelle Sacre Scritture e confermate dal Signore stesso.

Si tratta della profezia di Daniele legata alla sospensione del Sacrificio perpetuo, corrispondente all’abominio della desolazione nel Luogo santo, e che rappresenta un attacco finale alla Fede; alla Verità stessa.

Infatti, il mio scritto voleva evidenziare quanto la Chiesa ha sempre insegnato: la centralità del Sacrificio di amore del Salvatore, non solo nelle questioni religiose, ma in ogni decisiva questione umana. Poiché esse dipendono da una mentalità dominante, se a questa manca il senso del sacrificio personale per amore del vero e del bene, manca tutto quel che conta per giustificare una vita degna d’essere vissuta. E ho legato questa mancanza alle ingiustizie e massacri perpetrati da quanti del Sacrificio divino hanno preso le distanze da secoli. E quando non si sacrifica a Dio per le proprie colpe, si cade nella colpa di sacrificare altri per i propri ideali ovvero idoli di possesso e di dominio; dalla cecità riguardo alla Vittima divina si passa a fare vittime il prossimo, in nome di divinità oscure.

Si pensi ai sacrifici umani Maia e ad altri. Ma anche nella società presente con l’aborto e le guerre di sterminio non dichiarati, che coinvolgono le coscienze di un vastissimo mondo.

Quindi, in questo tremendo frangente storico siamo a questi moti abominevoli, ma legalizzati e equipaggiati per la sua applicazione. Sarà forse una coincidenza che ciò corrisponda nel mondo spirituale a una turpe manipolazione del Santo Sacrificio Eucaristico?

Se il fedele capisce l’inestimabile importanza di questo Mistero, anche per la formazione della retta coscienza dei popoli, non dovrebbe dubitarvi; è evento profetizzato con l’autorità di Gesù Cristo stesso. Ma tant’è, oggi sembra che queste sono parole grosse, l’importante è seguire quanto farà quel tribuno di Baraq, che proclama apertamente la libertà dell’aborto e la dignità dei matrimoni omo. Libertà e dignità omologate in termini simili nei documenti del Vaticano II. Sì perché se uno è libero e degno comunque scelga di agire di fronte alla Religione e perciò a Dio, perché diamine non lo dev’essere riguardo ai prodotti e alle pratiche personali per il suo divinizzato «carpe diem»?

Un desolante «pensiero» ormai divenuto globale.

A questo punto sorge un grave dubbio: i detti «cristiani» odierni e i Cattolici di sempre hanno la stessa fede nello stesso DIO?

Certo tutti hanno lo stesso Dio; cristiani, mussulmani, ebrei, gnostici e anche atei. Dio è Signore dell’universo, ma la questione è sapere chi crede in Dio come Egli si è rivelato e perciò Lo ascolta e ubbidisce. Altrimenti si crede in un dio secondo le proprie idee tradizionaloidi o timori superstiziosi, come se fosse «capace» di conoscere Dio da sé, magari dire come deve agire e pensare per non far arrabbiare don Mazzi o angosciare il santo Paolo VI di cupa memoria.

E se a questo siamo, figuriamoci se non si è pronti a dei «ritocchi» illuminati al Suo antiquato Sacrificio, divenuto ormai incomprensibile per una rigogliosa gioventù emancipata perfino dalla propria coscienza; quella sconosciuta!

Ma fermiamoci qui per passare all’idea opposta, di quelli che per paura di perdere il treno ufficiale della «nuova coscienza della Chiesa», come la chiamava il «Santo subito», aderiscono a un concetto d’ubbidienza più legato agli orari di tali ferrovie che ad ogni logica e morale.

Il concetto d’ubbidienza secondo San Tommaso e la Chiesa

Si deve riconoscere che molti aspetti del pensiero kantiano suonano famigliari all’udito cattolico. Il culto del dovere, il fulcro della religione messo nella pratica dei mandamenti e nel più scrupoloso moralismo, la grazia vista soprattutto come aiuto al buon comportamento e rimedio per combattere le passioni e i vizi. Il vanto dell’ubbidienza alle autorità che quando sono religiose, si fa perfino cieca, e poi la fede vista come se provenisse dall’ubbidienza e ancora il detto: «Dio da sempre la grazia a chi fa quel che può», il che è semipelagiano e corrisponde al principio kantiano: devi, dunque puoi. Tutto ciò è il midollo che costituisce il cattolico secondo il modello di giudizio preconciliare.

Tanti, sorpresi, si domanderanno: ma non è cosi che si deve essere?

Il che è la riprova della giusta descrizione. Quando si ricorderà perciò che la grazia santificante e la fede teologale sono il legame da cui tutto il resto dipende, si vede sollevare subito il sospetto di protestantesimo. Sospetto questo che crescerà ancora verso una certezza quando si spiegherà che la grazia è una nuova creazione; nuova nascita dell’uomo per la partecipazione della propria vita alla vita divina. e che la fede, luce infusa nell’intelligenza, e un testimonium veritatis dato in modo immediato da Dio nel cuore del fedele per il quale lui si rende capace di discernere infalibiliter la verità dogmatica dall’eterodossia.

Perciò non è proprio l’autorità del magistero ecclesiastico la ragione formale della fede, ma è la fede la ragione formale dell’accettazione dei legittimi insegnamenti magisteriali.

Nella prima tesi si avrebbe soltanto una fede umana che, anche se avesse per oggetto la verità rivelata, non sarebbe la fede soprannaturale che è l’unica che salva.

Quel che oggi sembra un’enormità se non un’empietà per molti cattolici - tanto le coscienze sono state avvelenate da una mentalità forgiata da principi estranei al cristianesimo, altro non è che la vera dottrina come è stata magistralmente insegnata dal Principe dei Dottori, San Tommaso d’Aquino, in quel luminoso «Catechismo» per la fede, che è la Summa. L’ubbidienza come virtù morale, può passare da virtuosa a viziosa o falsa se solo conserva la corteccia, però senza un contenuto fedele. Infatti, poiché ad ogni virtù corrisponde un vizio, il suo contrario, succede che una cosa buona può degenerare in cattiva.

Perciò si deve ubbidire, come insegna San Pietro, primo a Dio che agli uomini, quando questi vogliono essere ubbiditi come se fossero voci di Dio, ma contrariando il Vangelo di Dio, a Chi ogni cosa è assolutamente soggetta, in tutto e sempre e da tutti, oltre le proprie libertà. Altrimenti, si ha la falsa obbedienza che conculca la verità, sulla quale tutto si regge e senza la quale niente ha valore.

Detto tutto questo e precisato che il crollo spirituale del mondo odierno non risulta da una visione personale e soggettiva, ma da un fatto storico oggettivo e controllabile da chiunque abbia un minimo di senso logico e morale, riproduco in seguito per intero la lettera di un lettore che la Direzione ha fatto la cortesia di mandarmi.

Giudichi il lettore perché la differenza tra me e lui è in questa sua miopia storica e nel concetto strabico dell’ubbidienza (per cui usa un CCC conciliare pieno di assurdi ed eresie); per il resto il suo scritto riproduce testi cattolici di peso.

Non sono essi stessi a spiegare che le questioni suscitate non sono per niente personali?

Lo giudichi il lettore di buona formazione e volontà.

From Domenico C.
Sent: martedì 20 gennaio 2009 11.04
To: info@effedieffe.com
Subject: Abominio desolazione

«Gentile Direttore,
mi permetto di esortarla a fare attenzione - nella sacrosanta vis polemica che la anima - alle interpretazioni ‘disinvolte’ e troppo personali del dettato biblico; l’immensa stima che ho per lei non impedisce di vedere che lei (e molti degli autori di questo sito, a partire dal signor Arai) siete piuttosto carenti di quella virtù che si chiama ‘obbedienza’ (l’altra faccia della fede: non dimentichi che ‘Non abbiate paura: io ho vinto il mondo!’).
Non possiamo sapere il livello di menzogna e mistificazione religiosa che l’anticristo attuerà, ma il Signore ci ha promesso - a meno di davvero sconvolgenti prodigi infernali - che sarà inevitabile la distinzione fra noi e il Figlio della perdizione e pertanto l’individuazione del vero Pietro sarà sempre possibile quale roccia cui riferirci nei futuri tempi terribili.
E anche adesso Pietro è Benedetto XVI.
Non altri.
Le allego un testo a mio parere chiarificatore, per sua e nostra edificazione.
Saluti
»
 
«Una riflessione approfondita merita certamente la menzione dell’abominio posto nel luogo santo, che si presenta agli occhi del lettore come una indicazione dal carattere piuttosto ermetico.
Non è comunque difficile risalire alla natura di questa realtà preannunciata da Gesù, anche se è difficile poter dire a che cosa storicamente potrà corrispondere. L’espressione utilizzata da Cristo è inserita nel suo discorso escatologico come una citazione del libro di Daniele, e proprio da questo bisogna partire per cercare il senso di questa immagine profetica. Il punto di riferimento è costituito esattamente da Daniele 9,27: ‘Egli stringerà una forte alleanza con molti… farà cessare il sacrificio e l’offerta; sull’ala del tempio porrà l’abominio della desolazione e ciò sarà fino alla fine’. Il Concilio di Trento dà una precisa interpretazione di questo versetto: riprendendo il tema dell’Anticristo per due volte, nella sessione del 6 agosto 1547 e in quella del 10 dicembre 1551.
I due testi non differiscono sostanzialmente nel contenuto: punto di partenza di entrambi è il mistero dell’Eucaristia. Facendo leva sulla pericope di Daniele relativa alla introduzione nel Tempio dell’abominio della desolazione, il Concilio afferma che vi si annuncia la presenza nella Chiesa dell’Anticristo, un uomo sinistro che sorgerà nella fase finale della storia dell’umanità e che, analogamente alla durata del ministero pubblico di Gesù, godrà di un potere tirannico per un periodo di circa tre anni e mezzo (ossia lo spazio di metà settimana citato dal verso 27, dove un giorno corrisponde a un anno). Trento si preoccupa di sottolineare, in entrambi i testi in questione, un particolare relativo al sacramento dell’Eucaristia: l’Anticristo metterà in atto una persecuzione contro i cristiani che culminerà nella proibizione di celebrare pubblicamente il sacrificio cristiano.
 
Nella prospettiva conciliare l’abominio della desolazione profetizzato da Daniele altro non sarebbe che il regno stesso dell’antagonista di Cristo che, in una parodia dell’Incarnazione, presenterà se stesso come l’autentica divinità a cui si deve il culto, negando di conseguenza ogni valore alle istituzioni cristiane e, in particolare, al sacramento dell’Eucaristia. Il significato basilare del testo di Daniele ha un preciso riferimento storico, che risale all’epoca della dominazione ellenistica sulla Palestina. Antioco IV Epifane voleva trasformare Gerusalemme in un centro culturale come Atene e Alessandria, cancellando le usanze ebraiche e il culto giudaico.
Egli giunse persino a introdurre nel Tempio di Gerusalemme una statua di Giove capitolino, una profanazione spudorata che non era mai avvenuta in questi termini nella storia di Israele e che parve intollerabile alle frange più osservanti del giudaismo. Il senso letterale dell’abominio della desolazione va perciò ricercato in quell’idolo introdotto nel Tempio. Nelle parole di Gesù, tuttavia, l’abominio della desolazione ha pure un significato profetico, capace di riferirsi a un fatto non ancora accaduto e che avrà luogo alla fine dei tempi. In questo secondo livello, a cui Cristo conduce intenzionalmente l’attività interpretante dei suoi discepoli, il ‘luogo santo’ non è più il Tempio di Gerusalemme, che peraltro non riveste oramai alcun ruolo religioso per la comunità cristiana. Il luogo santo adesso è la Chiesa. Cristo intende dire che, alla fine dei tempi, prima del suo ritorno glorioso, nella Chiesa avverrà qualcosa di simile all’ntroduzione di un idolo, come quell’antico abominio della desolazione. In cosa poi esso esattamente consista, non è facile dirlo.
Si può solo ipotizzare. Se il Concilio di Trento identifica questo idolo con lo spirito falsificatore dell’anticristo, e se il Catechismo della Chiesa cattolica, come vedremo, parla di una impostura religiosa degli ultimi tempi, allora, probabilmente, questo idolo innalzato nel luogo sacro (la Chiesa) sarà Cristo stesso ma annunciato in modo alterato; sarà un vangelo svuotato del suo contenuto soprannaturale; sarà un’esperienza cristiana completa nei suoi comportamenti e ritualismi esterni, ma priva della sua forza interiore di rinascita; in una parola: sarà la grande apostasia degli ultimi tempi, in cui il cristianesimo non sarà né negato né contraddetto, ma sarà vissuto meccanicamente come un ingranaggio privo di vita: ‘con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la forza interiore’ (2 Tm 3,5). Esso costituirà uno dei segnali della vicinanza del ritorno di Cristo. Riteniamo che al di là di questo per ora non si possa andare; ad ogni modo, i passi biblici relativi agli eventi finali saranno molto più chiari solo alla luce dei fatti che si svolgeranno, e che i cristiani allora viventi saranno chiamati a leggere e interpretare correttamente. Cediamo ancora una volta la parola al Catechismo della Chiesa cattolica, che descrive così gli eventi finali della nostra storia: ‘Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti… il mistero dell’iniquità si svelerà sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’anticristo’ (CCC numero 676). Il testo è così chiaro che quasi non necessita di commento, e in certo senso contiene gli elementi più essenziali per l’individuazione dell’abominio della desolazione innalzato nel luogo sacro, come segno dei tempi finali. Il cammino storico della Chiesa non va considerato come un movimento trionfale verso la definitiva vittoria, ma va visto piuttosto come una replica della vita del Gesù storico, il quale va verso la vita definitiva passando attraverso la solitudine e il dolore del Venerdì Santo; la Chiesa, suo Corpo terrestre, dovrà anch’essa patire il suo Getsemani e la sua crocifissione, prima di entrare nella gloria definitiva della celeste Gerusalemme. Il Giuda che consegnerà la Chiesa ai suoi aguzzini sarà lo spirito dell’anticristo, che provocherà una generalizzata apostasia, a causa della quale il cristianesimo resterà in piedi solo nelle sue forme esterne, rimanendo svuotato della sua forza rinnovatrice, e sarà proprio questa quell’impostura religiosa di cui si fa cenno al numero 676 del CCC e quell’abominio della desolazione annunciato direttamente da Gesù. Il medesimo numero del Catechismo sembra prevedere, prima del ritorno di Cristo, oltre a una generale apostasia, anche una persecuzione cruenta contro i cristiani, come si percepisce dietro l’espressione di apertura: ‘Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti…’; lo scuotimento della fede potrà essere probabilmente una prova dolorosa (una persecuzione?), giacché l’apostasia non scuote la fede, ma la uccide come in una eutanasia.
Nel discorso escatologico di Gesù, le persecuzioni cruente sono comunque previste nel quadro degli eventi finali, e forse il CCC allude proprio a questo. Lo spirito dell’anticristo, che provocherà una generalizzata apostasia, a causa della quale il cristianesimo resterà in piedi solo nelle sue forme esterne, rimanendo svuotato della sua forza rinnovatrice, e sarà proprio questa l’impostura religiosa di cui si fa cenno al numero 676 del CCC e quell’abominio della desolazione annunciato direttamente da Gesù. Il medesimo numero del Catechismo sembra prevedere, prima del ritorno di Cristo, oltre a una generale apostasia, anche una persecuzione cruenta contro i cristiani, come si percepisce dietro l’espressione di apertura: ‘Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti…’
».

Fin qui il lettore che dice, «riteniamo che al di là di questo [proiettare il tutto in un futuro remoto] per ora non si possa andare [ma ci vede?]; ad ogni modo, i passi biblici relativi agli eventi finali saranno molto più chiari solo alla luce dei fatti che si volgeranno, e che i cristiani allora viventi saranno chiamati a leggere e interpretare correttamente [da chi?]. Cediamo ancora una volta la parola al CCC...».

Anche noi, ma per leggerlo e interpretarlo correttamente, il che sembra impossibile alla luce della Fede cattolica.

Il 24 giugno 1985 i capi conciliari approvano il documento ufficiale del Vaticano di invito ai cristiani affinché, insieme con gli ebrei, «preparino il mondo alla venuta del Messia». Invito che sarà inserito nel «nuovo catechismo» (numero 840) perché Giovanni Paolo II prepara l’unione delle «religioni», specialmente quella dei «fratelli maggiori»!

Infatti, il Signore è venuto per convertire i popoli, prima di tutti il popolo eletto a riceverLo. Ma in questo nuovo catechismo conciliare (CCC), ispirato alla Nostra Aetate, c’è non solo l’apologia dei farisei, ma al numero 840 si arriva a dire che: «Quando si considera il futuro, il popolo di Dio dell’Antica Alleanza e il nuovo popolo di Dio tendono a fini analoghi: l’attesa della venuta (o del ritorno) del Messia».

La Fede nella venuta di Cristo e quella del Suo rifiuto avrebbero fini analoghi! Quindi la conversione degli ebrei non farebbe parte della dottrina di Cristo secondo il «nuovo cristianesimo ecumenista»!

Se queste non sono proprio quelle imposture religiose estreme di cui parla lo stesso lettore, ci sarebbe da domandare cosa ci si deve aspettare: forse un anticristo che sputi fuoco dalla bocca e fumo dalle narici?

Non sarebbe meglio credere a monsignor Lefebvre che, dopo aver costatato che in Vaticano siedono quelli che non riconoscono, ma scoronano la Verità, si è deciso a consacrare quattro vescovi perché «in Vaticano ci sono degli anticristi»?

La notizia è che - Benedetto XVI ha deciso di revocare la scomunica ai quattro vescovi consacrati da Lefebvre nel 1988. Il decreto, che il Pontefice ha già firmato, sarà pubblicato entro la fine della settimana.

Ma la questione è: questo atto, che pare unilaterale, come si pone riguardo ai giudizi e all’atto giustificato dell’arcivescovo Lefebvre, compiuti per non essere revocati in eterno?

Arai Daniele


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