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Come prevenire la bomba di Teheran
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Il viaggio in Medio Oriente di Bush è stato una mossa strategica. Come Tel Aviv, pure Washington ha fiutato il pericolo. Nel frattempo i soldati italiani...
La rivoluzione di Hezbollah in Libano è un vulcano che inizia a eruttare, la prima guerra espansionistica dell'Iran nell'ambito dei paesi arabi.


Lo dicono e lo intendono, non è retorica né cerimoniale, ma autentico conflitto. George W. Bush nella visita della scorsa settimana ha detto drammaticamente agli israeliani: «Sappiamo che siete solo 7 milioni, ma quando si tratta di confrontarvi con il terrorismo e il male siete 307 milioni, perché l'America è al vostro fianco».

E poi: «Masada non cadrà mai più, e l'America è con voi». E ancora: «Gli sforzi per parlare con Ahmadinejad sono pari a quelli di pacificare Hitler prima della Seconda guerra mondiale».

Mentre Bush il 15 e il 16 marzo pronunciava queste parole in Israele, nelle stesse ore un missile Grad di fabbricazione iraniana cadeva sul porto di Ashkelon e distruggeva un centro commerciale facendo una ventina di feriti, di cui tre molto gravi. Poco prima un missile Kassam aveva ucciso una donna in un kibbutz. Intanto Mahmoud Ahmadinejad, presidente iraniano, si faceva vivo: «Certa gente crede (visitando Israele) di rinforzare un regime che si sta disintegrando... Celebrare il compleanno di un morto non migliorerà la sua salute. Bush, le tue accuse (all'Iran di interferire in Libano, ndr) ci rendono felici perché mostrano quanto sei debole e sconfitto. E ci confermano che sei destinato a estinguerti ».

A questa esegesi mortuaria si associa l'ambasciatore siriano negli Usa, Imad Mu-stafa, mentre nega che fosse un reattore nucleare la struttura distrutta da Israele: «A volte mi stupisce che il mio nemico sia così primitivo, superficiale e stupido... Questa storia causerà due esplosioni, una interna e una esterna».

Questa aggressione verbale avviene nei giorni della rivoluzione di Hezbollah in Libano, un vulcano che comincia a eruttare in pieno Medio Oriente, la prima guerra espansionistica dell'Iran nell'ambito dei paesi arabi. Intanto, sempre in questi giorni, Osama Bin Laden si è fatto vivo lanciando minacce a Israele e al mondo occidentale in genere, e garantendo così una presenza sunnita in questa nuova fase della jihad che stringe Israele fra due confini iraniani, quello controllato a nord da Hezbollah e quello a sud, a Gaza, controllato da Hamas.

Bush ha cercato di alzare il muro di difesa stringendo, in una visita successiva a quella in Israele, un nuovo accordo con l'Arabia Saudita. Ottenuto finalmente dopo parecchie insistenze dal re Abdullah l'aumento della produzione di petrolio (l'Iran non è contento), Bush ha ceduto alla sua richiesta di aiutare Riad a costruire una centrale nucleare per l'energia pacifica.

Il viaggio di Bush in Medio Oriente di fatto, sotto l'apparenza di una rituale visita di congratulazioni per i 60 anni di Israele e poi di omaggio ai suoi amici sauditi e al summit di Sharm el-Sheik, è stato un giro strategico di cui la frase chiave l'ha pronunciata il premier israeliano Ehud Ol-mert, dopo la visita di Bush, quando ha detto: «Siamo sulla stessa pagina, sentiamo ambedue il pericolo e capiamo che è richiesta un'azione tangibile per prevenire la bomba iraniana».

Nuove prove importanti del progresso iraniano, si dice, sono state messe sul tavolo di Bush e il presidente ha dimostrato che le sue intenzioni sono concrete. Anonimi funzionari del governo israeliano si spingono a immaginare un'azione militare prima della fine del mandato alla Casa Bianca.

Nella cittadina di El-Zaharani, in Libano meridionale, alcuni leader operativi di Hezbollah, Hamas, Saif al-Adel (Al Qae-da) e rappresentanti dei servizi iraniani e siriani si sono riuniti per stabilire come comportarsi verso le truppe dell'Unifil, soffermandosi sulle dichiarazioni del governo italiano di supporto a Israele e di impegno nella guerra contro il terrorismo. Anche noi siamo sulla stessa pagina.

Fiamma Nirenstein

Fonte >
  Panorama

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