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L'ucraina Non Ha Superato L'esame
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Quello che ha combinato l'Ucraina in occasione della crisi del gas supera ogni immaginazione. Ecco un elenco dei "risultati" raggiunti dai nipotini di Dontsov e Bandera (1):
 
- un indebitamento con la Russia per l'ammontare di 2 miliardi di dollari;
 
- l'ignoramento del problema dell'aumento del prezzo da parte della Russia, in una situazione in cui il prezzo di favore praticato all'Ucraina è un insulto alle più elementari regole economiche;
 
- il furto del gas;
 
- la chiusura dei rubinetti delle reti di trasporto verso ovest e verso sud, con l'effetto di tagliare l'afflusso di gas a diversi paesi quasi al 100%; tutto nel quadro di una ritorsione verso la Russia; gli interessi dei paesi privati del gas per colpa dell'Ucraina (e che onestamente per questo gas pagano secondo gli accordi), sono ad essa del tutto indifferenti, poiché, avendo accumulato riserve, può ricattare la Russia e l'Europa ancora per mesi;
 
- la firma di un accordo con la Russia comprendente la nomina di una commissione di esperti con il compito di controllare il transito del gas, salvo poi introdurre arbitrariamente "correzioni" da cui l'Ucraina è stata costretta a rinunciare dopo l'intervento delle controparti;
 
- la decisione di bloccare il transito ripreso dalla Russia in virtù della stipula dell'accordo.
 
 In questo contesto è fondamentale il comportamento della politica polacca. Le reazioni del Ministero degli Esteri sono state quanto più corrette e improntate alla calma. Difatti la Polonia non ha il minimo interesse nell'immischiarsi in un conflitto provocato dai nazionalisti ucraini. Ed anzi sarebbe ora il momento ottimale per entrare nell'area del "Gasdotto Baltico". Presumo che nel Ministero degli Esteri polacco si prenda seriamente in considerazione l'idea.
 
Risulta fin troppo chiaro che dietro al prolungamento forzato del conflitto russo-ucraino vi fossero i neoconservatori-sionisti americani, bramosi di lasciare in eredità a Barack Obama una situazione complicata ad arte (a questo mira l'accordo, firmato all'ultimo momento dall'amministrazione Bush, di partnenariato strategico con l'Ucraina). I vari Kristol e compagnia non dormono...
 
Il conflitto del gas ispira anche alcune riflessioni di natura generale riguardo allo stato ucraino come tale. Ecco, l'Ucraina, oggi lo si può affermare con una forte dose di certezza, non ha superato l'esame come stato civilizzato. Non solo è uno stato di fatto spezzato fra una parte orientale e una occidentale, guidate da sistemi di valori divergenti, che attingono a differenti visioni della storia - dove la parte occidentale russofoba, bisogna sottolinearlo chiaramente, attinge alla peggiore tradizione nazionale filo-nazista e collaborazionista, glorificando non solo l'ideologia criminale di Dmytro Dontsov, ma anche le formazioni fattualmente responsabili di crimini durante la Seconda Guerra Mondiale, come l'UPA e le SS Galizien, cui vengono eretti monumenti sotto lo sguardo compiacente di Jushchenko - e che parlano lingue diverse; non solo è uno stato in cui da molti mesi le istituzioni (parlamento, governo) non funzionano e sono la semplice caricatura delle istituzioni corrispondenti dei stati civilizzati, ma è uno stato che alla luce del sole pratica il furto a livello internazionale, contravvenendo agli accordi firmati.

Infatti, come scriveva in maniera profetica Roman Dmowski (2) nel 1931 in "Il mondo postbellico e la Polonia", "...non esiste forza umana capace di impedire che un'Ucraina staccata dalla Russia, e trasformata in stato indipendente, diventi un'assembramento di affaristi da tutto il mondo, di banditi e organizzatori di ogni sorta di prostituzione [...]. L'Ucraina diverrebbe un ascesso nel cuore dell'Europa, il cui vicinato sarebbe per noi funesto. Per una nazione come la nostra è meglio avere come vicino uno stato potente, per quanto perfino molto ostile, che un bordello internazionale. Quelli che sognano la creazione di una nazione ucraina culturale, sana e forte, che maturi in un proprio stato, si convincerebbero ben presto di avere, invece del proprio stato, un mercato internazionale, e invece di un sano sviluppo, un rapido avanzamento della dissoluzione e della corruzione."
 
Ora qualche parola sulla Russia e la Polonia, da rivolgere alle teste calde dei russofobi di professione nostrani (vedi il Presidente Kaczynski). Si è accusato la Russia di ricatto politico e di volontà di compensare le perdite subite dall'economia russa con la crisi mondiale, a scapito dell'Ucraina. Gli accusatori non prendono o non vogliono prendere in considerazione un elemento essenziale di questo conflitto, cioè le gravi perdite subite dalla Russia a causa del mancato afflusso di gas in base agli accordi stabiliti. Così dunque, contrariamente alle suggestioni dei russofobi, l'adempimento degli obblighi importa alla Russia proprio per motivi economici! Qualcuno ha forse sentito parlare di problemi della Finlandia, quasi completamente dipendente dal gas russo? Ma anche la Polonia è qui a dimostrare il comportamento assolutamente 'fair' della Russia - l'aumento dell'afflusso di gas attraverso la Bielorussia è stato la prova dell'onesto adempimento da parte russa degli obblighi sottoscritti verso la Polonia. E che cosa avremmo fatto senza il gasdotto bielorusso? Fortunatamente è stata chiusa la bocca (o forse essi stessi hanno preferito tacere) agli idioti che blaterano, schiamazzando, della "tirannia" di Lukashenko e di altre fandonie.
 
Naturalmente la Russia, in seguito al conflitto, ottiene un potente argomento politico a favore della costruzione del gasdotto baltico. E se non riusciremo a convincerla a costruire il gasdotto "Jamal II", l'unica soluzione da parte nostra sarà la richiesta di accesso proprio al gasdotto nordico. Sempre meglio che sia un gasdotto russo-polacco-tedesco che esclusivamente russo-tedesco. Poteva andare meglio, poteva andare diversamente, ma se non è possibile ottenere tutto ciò che si vorrebbe, occorre sfruttare il massimo dei vantaggi con un accordo concreto, riducendo al minimo le perdite. Dobbiamo comunque lodare il premier Tusk per come si è comportato durante il conflitto del gas, con la speranza che il buonsenso e la ragione non smettano di assisterlo. Ciò ovviamente non cancella l'enorme sbaglio compiuto dal governo quando ha accettato di ospitare l'impianto antimissilistico USA.
 
L'EUROPA NON VUOLE LA GUERRA

 
L'Europa non vuole conflitti di lunga durata con la Russia, poiché l'Europa apprezza, giustamente, la pace. Una Polonia che esacerbasse lo scontro sul fronte orientale (come vorrebbe la cricca del presidente Kaczynski) diverrebbe un partner poco serio, ed anzi non desiderato. Tale situazione potrebbe portare le menti meno raffinate a concludere che, anche nell'ambito dei rapporti con la Russia, sia un bene che la Polonia, cattolica e tradizionale, battagli con l'Unione Europea - questo prodotto, lo sappiamo, massonico-giudaico ed anticristiano. Ma al contrario, non è così. Perché qui non si tratta dell'Unione come creatura unitaria, bensì della politica degli STATI europei.
 
I segnali lanciati dall'UE non lasciano dubbi - a novembre la Commissione Europea ha deciso, come era prevedibile, il rinnovo dei colloqui con la Russia (anche qui per fortuna il governo polacco ha evitato, nonostante le pressioni di Kaczynski, di rimanere sul campo di battaglia in compagnia, assai dubbia, del protettorato neoconservatore lituano). Barroso ha detto inequivocabilmente: "meglio avere la Russia dalla propria parte nella lotta alla crisi, nella questione del riscaldamento climatico, nel problema iraniano. una nuova guerra fredda è l'ultima cosa che ci serve".
 
Gli ha fatto eco lo stesso presidente francese Sarkozy, quando ha sostenuto che "l'Europa e la Russia hanno un comune interesse a lavorare insieme, soprattutto in questo momento storico non abbiamo bisogno di conflitti, divisioni o guerra". Barroso e sarkozy non dicono niente di speciale. Non si tratta di simpatia filorussa dei paesi dell'UE. E' semplicemente calcolo politico basato sull'esperienza dei vecchi stati europei - stati che, soddisfatti della stabilizzazione degli ultimi decenni, non hanno intenzione di metterla a repentaglio solo perché un certo gruppo politico in Polonia (quello del presidente) pensa ancora con categorie mentali del XIX secolo. Ci sono poi esempi particolari. Alcune dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi e dei membri del suo governo stanno a dimostrare l'enorme comprensione della questione orientale da parte dell'attuale amministrazione italiana. Berlusconi, dipinto dai media come un vecchio playboy circondato da uno stuolo di donne, dimostra di essere un politico serio, che in maniera esemplare persegue la ragion di stato del suo paese. Il premier italiano sa che la Russia ha una serie di accordi firmati sull'energia con la Grecia e la Serbia, e sa anche che l'Adriatico e lo Ionio non sono particolarmente larghi. Nella prospettiva di una civile cooperazione con la Russia Berlusconi vede anche una possibilità di sviluppo per le imprese italiane, con tutte le positive conseguenze per la società del suo paese. E' in questo modo che oggi si attua una reale e moderna politica nazionale.

IL TEMPO DELLE SCELTE

Il mondo europeo e occidentale tende oggi alla creazione di un comune sistema di sicurezza, comprendente gli USA, l'UE e la Russia. Se negli Stati Uniti la ragione, come speriamo, prevarrà e i falchi neoconservatori-sionisti verranno definitivamente esclusi dalle scelte che impegnano la potenza nordamericana, possiamo attenderci che la creazione di un tale sistema di sicurezza abbia prospettive di successo. Speriamo che la questione dello "scudo antimissile" si risolva con la rinuncia della nuova amministrazione americana. La Polonia potrebbe, con un po' di immaginazione, con la sua tradizione millenaria, condurre una politica che ne faccia il ponte fra l'Ovest e l'Est, come elemento sovrano, e al contempo stabilizzatore, del continente europeo. Non dobbiamo diventare la nuova "Germania Ovest", la lancia dell'occidente puntata contro la Russia.
 
Nel nostro cortile di casa orientale, la politica antirussa della cerchia presidenziale, col suo ridicolo codazzo di "alleati" (Lituania, Lettonia, Estonia, Ucraina, Georgia, tutti peraltro più o meno con nostalgie filonaziste... Complimenti alla "politica storica" del nostro Presidente...) sprofonderà in breve tempo. E' inevitabile. Nel frattempo, aspettando la sua definitiva sconfitta, dobbiamo fare in modo che tale politica non arrechi troppi danni alla Polonia, oltre quelli già subiti. Perché sia effettivamente così, bisogna che si realizzi uno dei due scenari - o il Presidente desisterà spontaneamente (ciò che è poco probabile, poiché la russofobia costituisce la sua idée fixe), oppure il governo di Tusk, resistendo alla pressione del Presidente, riuscirà a dominare tale politica. Una situazione di conflitto interno sulle scelte fondamentali di politica estera è quanto mai vantaggiosa per le forze ostili alla Polonia, e quanto più deleteria per la Polonia stessa. La storia degli ultimi 250 anni ce lo insegna. E' tempo che la cerchia del Presidente e lui stesso lo capiscano.
 
Adam Śmiech

Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Emanuele Ciabattini

Fonte >  www.jednodniowka.pl




Note del traduttore

 
1) Dmytro Dontsov (1883-1873) fu l'ideologo dell'estremismo nazionalistico ucraino, antirusso ed antipolacco.
Stepan Bandera (1909-1959) ne proseguì l'opera fra le due guerre mondiali, traghettando l'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) su posizioni filonaziste, che si tradussero, fra il 1939 e il 1945, nella politica di collaborazione con la Germania hitleriania.
2) Roman Dmowski (1864-1939), politico, uomo di stato e scrittore polacco, fondatore, ideologo e guida della moderna destra nazionale polacca, comunemente denominata "Nazionaldemocrazia" ("Narodowa Demokracja") o "Campo Nazionale" ("Oboz Narodowy"). Nemico di ogni messianismo romantico, fu il creatore del moderno realismo politico polacco e formulò la concezione di nuova "etica nazionale". Difensore intransigente dell'identità occidentale e cattolica della Polonia - il cui "spazio vitale" giudicò essere ad ovest nei territori occupati dalla Prussia - sostenne dal 1905 un orientamento geopolitico filorusso, postulando la riunione di tutte le terre polacche sotto lo scettro dello zar, primo passo verso la futura indipendenza. Reputò infatti l'abbraccio dell'impero zarista come il male minore per i polacchi rispetto alla politica di germanizzazione, ed intravide nella futura sconfitta della Germania guglielmina la 'conditio sine qua non' della rinascita della Polonia, di cui egli stesso fu l'artefice alla fine della Prima Guerra Mondiale. Nel 1917 fondò a Parigi il Comitato Nazionale Polacco, riconosciuto dalle potenze alleate come governo legittimo nonostante la campagna promossa dalle organizzazioni ebraiche inglesi e americane, ostili a Dmowski. Questi fu firmatario, a nome della Polonia, del Trattato di Versailles.
Salvo un brevissimo periodo in cui fu Ministro degli Esteri (1923) non detenne cariche ufficiali nella nuova Repubblica polacca. Avversario del maresciallo Pilsudski e delle sue concezioni federaliste, sostenne il carattere nazionale e cattolico dello Stato polacco. Dopo il 1926, in opposizione al colpo di stato anti-nazionalista di Pilsudski, guidò il "Campo della Grande Polonia", formazione della destra nazionale che guadagnò il consenso di larghissini strati della popolazione. Continuò fino alla morte la sua opera di scrittore e pubblicista politico del "Campo Nazionale".
Grande attenzione dedicò alla questione giudaica, avvertita come problema nazionale ed internazionale di portata epocale, e all'influenza della massoneria. Amico del nazionalista italiano Enrico Corradini, guardò con simpatia alle realizzazioni del fascismo mussoliniano. Sebbene giudicasse con favore alcuni aspetti della "rivoluzione nazionale" hitleriana, scorse nella politica nazista di espansione ad est un pericolo mortale per la Polonia ed un elemento di irriducibile ostilità tra i due paesi. Considerò il complesso statale russo, al di là dell'ideologia comunista che informava la dirigenza sovietica, come fattore ineliminabile della vita internazionale, e ne auspicò il progressivo abbandono del bolscevismo e l'approdo ad una politica nazionale. Vide nel liberalismo di stampo anglosassone un pericolo non meno grave del comunismo per tutta la civiltà europea e cristiana.
Scrittore fecondo, dotato di limpidissima capacità di analisi e di una prosa cristallina, apprezzato anche all'estero come una delle migliori menti dell'epoca, produsse opere di grande impatto, che ancora oggi non mancano di avvincere per la freschezza intellettuale ed il senso della realtà che rivelano.
La concezione dell'interesse nazionale polacco quale base del nuovo patriottismo antiromantico, la definizione del carattere cattolico e occidentale della Polonia come suo ineliminabile fondamento civilizzatore inscritto nel retaggio culturale di Roma, e l'esigenza per le future generazioni polacche di costruire un rapporto positivo con la Russia  - considerata nel suo carattere permanente di nazione, destinata prima o poi a liberarsi dal comunismo  - sono gli elementi caratterizzanti del suo pensiero lasciati in eredità ai posteri.


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