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Le colombe superano i falchi nella comunità ebraica
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Un recente sondaggio fa ritenere che, nei confronti del Medio Oriente, fra gli ebrei americani prevalga una visione molto più pacifista di quanto normalmente si pensi, con ampie maggioranze che si dichiarano a favore dell’uso della diplomazia con l’Iran e che auspicano il ritiro delle forze USA dall’Iraq.

Inoltre gli ebrei americani preferiscono di gran lunga Barack Obama piuttosto che John McCain nella corsa alla presidenza, stando ai risultati di un sondaggio pubblicati mercoledì scorso dal gruppo di patrocinio ebraico J Street.

E mentre Washington si prepara per un importante summit, la prossima settimana, ospitato dal pastore “falco” John Hagee dei Cristiani Uniti per Israele (CUFI), i sondaggi rivelano che gli ebrei americani sono fortemente scettici verso alleanze politiche con gruppi della destra evangelica, come appunto il CUFI.

Secondo Jim Gerstein di Gerstein/Agne, che ha condotto il sondaggio: “C’è una forte divergenza fra l’atteggiamento degli ebrei americani e la saggezza convenzionale circa il ruolo dell’America nel conflitto arabo-israeliano.”

Gli ottocento ebrei intervistati hanno fortemente disapprovato la politica medio-orientale dell’amministrazione di George W. Bush. L’83% disapprovava tutta l’attività di Bush, contro il 16% che la approvava; gli intervistati, inoltre, hanno disapprovato la condotta della guerra in Iraq con una percentuale di 79 a 21; 61 ritengono inoltre che Israele abbia perso in sicurezza, contro 25 che non lo credono.

Il sondaggio ha anche evidenziato un diffuso consenso ad un ruolo attivo degli USA nel processo di pace arabo-israeliano, con un 87% a sostegno di tale ruolo ed un sentimento del 70% che gli USA dovrebbero spingere entrambe le parti a raggiungere i compromessi necessari per raggiungere la pace.

Il 75% degli intervistati ritiene che la soluzione di due stati sia indispensabile per rafforzare la sicurezza di Israele, e il 72% ritiene che tale soluzione sia altrettanto importante per la sicurezza degli USA. Inoltre il 50% si è detto fortemente d’accordo con l’affermazione che “Israele può ottenere una vera sicurezza soltanto attraverso gli accordi di pace”, contro il 34% che hanno dichiarato invece il proprio forte accordo con l’affermazione che “Israele può ottenere una vera sicurezza soltanto se manterrà la propria superiorità militare”.

Relativamente all’Iran il 69% del campione intervistato ha dichiarato di sentirsi maggiormente orientato verso un candidato che respingesse l’equazione di Bush della diplomazia con la pacificazione, e richiedevano invece “una diplomazia forte e dura” con l’Iran, mentre soltanto il 21% del campione si è dichiarato contrario.

Relativamente ad un’azione militare contro l’Iran gli orientamenti sono stati invece abbastanza ambigui: un 48% degli intervistati ha detto di essere maggiormente incline a votare un candidato le cui posizioni comprendessero anche l’attaccare l’Iran ove proseguisse il programma nucleare, o di sostenere un attacco preventivo israeliano; il 41% si è invece dichiarato contrario.

Infine è risultato anche prevalere il consenso al ritiro delle truppe USA dall’Iraq, con un consenso di 64 contro 28.

Non sorprenderà quindi, date queste premesse e la loro storia elettorale pregressa, che gli ebrei americani si stiano decisamente orientando verso il Senatore Obama come presidente. Il 62% si è dichiarato favorevole, a fronte di un 32% favorevole al Senatore Mccain.

In ogni modo il sostegno ad Israele non si trova in posizione particolarmente alta nella lista delle priorità degli intervistati. Solo l’8% ha messo Israele fra i due punti per loro più importanti delle prossime elezioni, collocandolo così al settimo posto della lista; ben più importante è stata ritenuta l’economia, da parte del 55%, e la guerra in Iraq, da parte del 33%.

Questo sondaggio arriva in un momento critico per le elezioni di fine anno. Gli ebrei sono solo circa il 2% della popolazione USA, ma la loro altissima partecipazione al voto ne fa quasi raddoppiare il potere elettorale. Sono inoltre concentrarti in vari stati “pendolo”, come la Pennsylvania, l’Ohio, il New Jersey, la Florida e l’Illinois, che potrebbero verosimilmente decidere un’elezione molto combattuta. Infine la contribuzione dei finanziatori ebrei ai candidati democratici è tradizionalmente molto alta, totalizzando, per esempio, quasi una volta e mezzo i contributi totali ricevuti dai candidati democratici al Senato nell’ultima tornata elettorale.

I risultati che emergono da questo sondaggio potrebbero quindi rivelarsi importanti nel contribuire a dare forma alle posizioni dei candidati durante la sessione elettorale, smentendo la diffusa opinione che tutti gli ebrei abbiano posizione dure circa la politica in Medio Oriente. Secondo alcuni critici questa percezione deriva in parte dall’influenza del “falco” AIPAC (Comitato Americano per gli Affari Pubblici in Israele) nell’orientare la politica di Israele.

J Street, il gruppo che ha comunicato i risultati di questo sondaggio, è stato fondato nell’aprile scorso in gran parte sulla convinzione che la visione maggiormente pacifista di moltissimi ebrei americani era completamente trascurata da Washington.

Jeremy Ben Ami, direttore esecutivo di J Street, ha dichiarato: “Il sondaggio conferma semplicemente l’impressione che avevamo ricavato che i rappresentanti eletti abbiano male interpretato il pensiero della comunità ebraica in quanto non sono andati più in là di dei membri più rumorosi ed influenti della comunità.”

Il sondaggio giunge in un momento particolarmente significativo a Washington, mentre la città si prepara per la riunione della prossima settimana, ospitata dal CUFI, il gruppo della destra evangelica che fa capo al pastore John Hagee.

Il pensiero di Hagee ha suscitato notevoli controversie, fino a provocare la rinuncia di John McCain di rinunciare, all’inizio di quest’anno, all’appoggio del religioso. In mezzo a varii argomenti Hagee ha anche affermato che i cristiani dovrebbero perseguire l’obiettivo di una Israele non divisa, ed il confronto (armato) con l’Iran come necessaria pre-condizione per l’avvento dell’Armaggedon, e che Hitler era un “cacciatore” voluto biblicamente, necessario al fine di obbligare gli ebrei ad insediarsi in Israele.

Inoltre Hagee ha mantenuto collegamenti con l’AIPAC (nel 2006 ha dichiarato al Jerusalem Post che lui vedeva il CUFI come “una versione cristiana dell’AIPAC”) e con i principali “falchi” israeliani, come il senatore Joseph Liebermann, che dovrà tenere il discorso d’apertura alla riunione del CUFI il prossimo 22 luglio.

Nell’ambito della vasta comunità ebrea americana il sondaggio di J Street ha rilevato pochissima simpatia per Hagee ed il suo gruppo. Il 51% del campione intervistato ha dichiarato di avere un’impressione negativa del CUFI ancor prima di averne ricevuto alcuna informazione, contro un 19% che ne aveva avuto impressione positiva.

Dopo aver ascoltato la descrizione delle politiche del CUFI per Israele il 78% degli intervistato ha espresso parere che i leaders e le istituzioni ebraiche non dovrebbero avere alcuna forma di alleanza con tale gruppo.

Daniel Luban – Inter Press Service

Tradotto per EFFEDIEFFE.com da Arrigo de Angeli

Fonte
AntiWar.com
  |  17/7/2008

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