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L’Italia sotto amministrazione controllata
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«È stata la settimana in cui la democrazia è morta in Europa»: nessun giornale dell’eurozona, men che meno Il Corriere e La Repubblica, ha postato questo titolo. È un importante giornale inglese, il Telegraph, a trarre le conclusioni politiche della settimana che ha visto il salvataggio della Grecia e la messa in amministrazione controllata dell’Italia. (This was the week that European democracy died)

A firma di Janet Daley, l’articolo punta il dito sul tacito diktat dell’oligarchia eurocratica, a sua volta gestita dall’oligarchia bancaria, nel silenzio complice dell’oligarchia mediatica.

«La stabilità dellunione trionfalmente esposta a Bruxelles», scrive, «avrà il potere di approvare o disapprovare i bilanci di previsione degli Stati delleuro (ossia di vagliare e vigilare su di essi) prima che essi siano sottoposti ai parlamenti eletti da questi Paesi».

«In altre parole», continua la commentatrice inglese,

«i parlamenti che hanno il mandato diretto dalle loro popolazioni, e rispondono ad esse, non controlleranno le più essenziali funzioni di governo: le decisioni di tassare e spendere (...). Ogni potere effettivo sulla politica fiscale sarà sottratto dalle mani dei capi nazionali. E se, in quanto elettore, non puoi influenzare le politiche di tassazione e di spesa, per cosa precisamente voti?».

Parole limpide e chiare. Dispiace non averle lette in lingua italiana – e nemmeno francese, spagnola, portoghese. Continuiamo la lettura:

«È ironico constatare come tra questi popoli espropriati della democrazia risorgano gli odii che lUnione Europea era nata per seppellire».

I greci in rivolta alzano cartelli dove la Merkel appare in divisa nazista, scritte che dicono: « Dachau 1933», «Arbeit macht Frei», «Griekenland 2011», «Unsere Sklaverei gibt euch die Freiheit».

La Grecia fu occupata dai soldati del Reich negli anni ‘40, e la politica bellica tedesca era di finanziare la guerra a spese degli occupati: la Grecia, già di per sè sull’orlo della povertà, fu ridotta alla fame, alla morte e al terrore. L’odio nutrito da questi ricordi rinasce.

Commenta Evans Pritchard, sempre sul Telegraph:

«Non voglio essere anti-tedesco, perchè la Germania è la prima vittima di questa tragedia monetaria. Ma certe cose succedono quando si vuol inserire frasi come capacità di controllo sul camponei testi del vertice UE. Gli ispettori europei stanno per aprire un ufficio doccupazione ad Atene per assicurare la piena applicazione dei programmi di austerità. La Grecia è spogliata di ogni finzione di sovranità, ridotta di nuovo a un sangiaccato (ottomano)». (The two halves of the eurozone are locked in a broken marriage)

An anti-austerity protester carries a banner that reads in German,Troika-Merkel, out of Greece!
  An anti-austerity protester carries a banner that reads in German, "Troika-Merkel, out of Greece!"
Il Portogallo non è mai stato occupato dai tedeschi. Ma oggi è sotto l’amministrazione controllata congiunta della UE e del Fondo Monetario, e il leader socialista locale Carvalho da Silva parla di «stato di occupazione». L’occupazione con altri mezzi. Il Portogallo non ha fatto la cicala irresponsabile come la casta italiana, ha pagato i suoi debiti; sotto l’unione monetaria, con l’euro ultra-forte, la sua bilancia dei conti correnti, che era attiva, è passata a un passivo pari al 104% del PIL, e il debito totale è al 350%. Ciò di cui il Portogallo ha bisogno è una pura e semplice svalutazione del 40% rispetto all’euro, ossia alla moneta tedesca. Poichè gli è vietato farlo, è costretto a svalutare allinterno: invece della moneta, svaluta (ossia taglia) salari, pensioni, sanità, Stato sociale.

Anche in Italia, con il consueto sovraccarico di stupidità incivile, i media eccitano la rabbia contro Sarkozy e i suoi sorrisini scambiati con la Merkel, la tedesca inscopabile (Berlusca dixit). Sono gli stessi media che, in odio al Cavaliere, salutano il commissariamento di Berlusconi a cui lo sottopone l’eurocrazia, anzi salutano come salvatori tutti gli esponenti e i potenti non-eletti:
Napolitano, Draghi-Goldman Sachs, i cinesi che ci faranno prestiti...

La lettera-diktat firmata Trichet (e stilata da Draghi) è salutata in odio al Berlusconi, e nessuno qui nota che essa esige austerità feroci – le stesse austerità che, nella lotta politica interna, vengono addebitate a Tremonti, a Sacconi. Nessuno, poi, che noti che la diagnosi è sbagliata (a favore dei banchieri creditori). L’Italia ha un attivo primario, l’Italia ha il tasso d’indebitamento privato più basso, l’Italia non riesce a crescere per un solo motivo: perchè ha la moneta sbagliata, il marco tedesco.

La Spagna ha raggiunto il 21,5% di disoccupazione, ormai sono 1,4 milioni di famiglie in cui nessun membro ha un lavoro. Il motivo è lo stesso. Obbedendo stoicamente alla diagnosi dei banchieri, la Spagna taglia e taglia ancora. Non gli ha facilitato il doloroso compito il fatto che la BCE di Trichet ha aumentato i tassi (rincarando il denaro) per stroncare un’inflazione immaginaria (i banchieri temono l’inflazione, in quanto creditori, perchè svaluta i loro crediti) e mentre le banche stringono i loro prestiti all’economia reale. Anche la Spagna ha bisogno di una sola cosa: un’altra moneta.

Ma l’oligarchia eurocratica che ha costruito lEuropa nell’ombra, ha trascurato apposta di fabbricarne la porta d’uscita.

Roma avrebbe oggi il compito storico di mettersi alla guida di questi Stati-vittime, di unificarli per sottrarli (magari con una Euro-Sud, e non senza minacciare il ripudio del debito colossale italiota, in ogni caso di strappare una sua ristrutturazione) al tallone delle oligarchie e degli amministratori fallimentari.

Inutile sperarlo, Berlusconi è troppo piccolo per questo momento: in più s’è ciucciato il cervello, e divorato ogni possibile credibilità e autorità, letteralmente a puttane; anche sull’orlo dell’abisso, si occupa solo di se stesso, s’è aggiudicato le concessioni dei giochi d’azzardo online per risolvere i problemi di liquidità della sua Mondadori (vedi ultimo Report); e che dire di Bossi il decerebrato, di Bersani? Non c’è speranza da alcuna parte nella nostra caduta verso il Sudamerica.

E il lato tragico è che le opinioni pubbliche, per quanto rese ottuse e di corta veduta dai loro media, fanno la diagnosi giusta (italiani a parte). Non solo i greci si ribellano ai controllori tedeschi; gli stessi tedeschi si rifiutano di «pagare i costi sociali dei Paesi-cicala che vivono sopra i loro mezzi», in altre parole non vogliono una solidarietà ultra-nazionale che li farebbe cadere nello stato di Paese debitore inaffidabile, dopo sacrifici, tagli e austerità salariali disciplinatamente accettati. La Francia, in questa stabilità dellUnione che non ha mai voluto (e a cui ha votato contro in un referendum) sta per perdere la sua AAA, cadere nel buco dell’inaffidabilità; e voterà per la destra anti-europeista di Marine Le Pen.

Tutto un dibattersi goffo e cieco, agitato da odii viscerali che si credevano sepolti, come accade a popoli che non trovano i loro interpreti a rappresentarli, i loro delegati politici leali.

Tutto inutile: le oligarchie minoritarie continuano imperterrite – anzi approfittano della crisi – verso il loro super-Stato sovrannazionale ma senza sovranità, la federazione di burocrati e banchieri auspicata da Rockefeller negli anni ‘70. E i media, così pronti a denunciare i conflitti d’interesse di Berlusconi, non notano il conflitto enorme d’interesse per cui oggi, a capo della Banca Centrale Europea, hanno messo un dirigente di Goldman Sachs.

C’è solo il giornale britannico Telegraph a scrivere:

«Questo super Stato transnazionate è dello stesso genere delle follie utopistiche, innaturali e astoriche che si tentò di imporre alle generazioni precedenti dEuropa. La sua dottrina di cooperazione è solo coercizione con altri mezzi. Essa si fonda su un credo inflessibile e conformità obbligata, come tutti gli inizi dei movimenti politici che sono sfociati, in passato, nel totalitarismo e nel terrore. La sola speranza è che la gran massa dei popoli, contrariamente ai loro leader politici, sembrano capirlo. Resta da vedere se dovranno scendere nelle strade per farsi ascoltare».



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