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New York: attentato «false flop»
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Quattro «terroristi islamici». Nel cuore di New York, un’altra volta. Avevano già messo un ordigno esplosivo davanti a una sinagoga nel quartiere di lusso ebraico. Solo che l’ordigno non è esploso perchè l’esplosivo, plastico C-4, era «inerte». Ed era stato fornito ai terroristi islamici (tre dei quali cittadini americani e pregiudicati), insieme a un falso missile (i quattro volevano tirar giù anche un aereo militare) da un agente dell’FBI che aveva «infiltrato il gruppo». L’FBI controllava la cellula terroristica da un anno insieme «ad altre agenzie».

Il falso ordigno «è stato fabbricato da tecnici dell’FBI nei laboratori dell’FBI; nessun pericolo che scoppiasse, anche se a vederlo pareva proprio una bomba», ha detto Richard Falkenrath, il vice-capo dell’antiterrorismo della NY Police Department.

Nessuno dei quattro ha un nome musulmano: il presunto capo si chiama James Cromitie (45 anni), gli altri sono Onta e David Williams e Laguerre Payen. Frequentavano una moschea di Newburgh, nel Bronx. Il solo musulmano è l’informatore dell’FBI: Shahed Hussain, 52 anni, proprietario di un motel. Costretto a diventare informatore nel 2002 dopo un reato minore anzi minimo (come traduttore dell’Ufficio patenti, aiutava gli immigrati a passare gli esami di guida), per evitare l’espulsione in Pakistan, che gli uomini dell’FBI gli minacciavano.

E’ stato Hussein a recitare la parte di quello che cercava un missile da spalla per abbattere un aereo; aveva molti soldi, datigli dall’FBI.

Che dire? Come dietrologi semi-professionali, confessiamo un senso di offesa, e un certo sconforto: troppo facile vedere la trama. Facile intuire che ci sono voluti decine di funzionari di «agenzie», e che hanno dovuto faticare un anno intero, per convincere quattro piccoli delinquenti di periferia (il loro look li rivela) a interrompere il lucroso mestieraccio di pusher per farsi «terroristi islamici».

Ideologizzarli non dev’essere stato facile, e nemmeno eccitarli fino a indurli a passare all’azione, a comprare dall’agente  provocatore FBI il supposto esplosivo, onde poi farsi arrestare dagli agenti dell’FBI.

L’evento ricorda troppo da vicino l’avventura dei «Sette di Miami» (Miami Seven), beccati nel 2006 come terroristi islamici. Membri quasi tutti haitiani di una piccola setta, che si credeva islamica ma invece è un miscuglio molto americano-New Age, «Seas of David», erano stati avvicinati da un agente dell’FBI che si era rivelato loro come «un emissario di Al Qaeda» e propose loro un attentato.

Il santone-guru del gruppo non disse nè sì nè no: il cosiddetto «uomo di Al Qaeda» era pieno di quattrini, e ne prometteva parecchi altri se facevano saltare la Sears Tower di Chicago. Cominciò col chiedere una videocamera nuova (bisogna riprendere i luoghi dell’attentato, Bin Laden non fa così?) e l’uomo di Al Qaeda la fornì. Perbacco, era un oggetto di un certo pregio, specie per poveri baraccati dei quartieri negri di Miami. C’era da ricavarne qualcosa, dall’emissario di Al Qaeda.

Per convincerlo che facevano sul serio (scrisse poi il New York Times) i Miami Seven presero a vestire  turbanti e uniformi paramilitari, a fare turni di guardia davanti al magazzino abbandonato che era il loro tempio e dove abitavano, persino a fare esercitazioni belliche in piena notte: ai vicini esterrefatti, spiegavano che avevano «votato le loro vite ad Allah».

I terroristi principianti chiesero al «contatto di Al Qaeda» i necessari scarponi anfibi per la guerriglia: il guru in persona consegnò all’arabo la lista delle misure dei piedi dei suoi soldati. «Faremo una guerra terrestre in piena regola», disse il capo al munifico pagatore. Ma quello voleva abbattere la Sears Tower a Chicago. E’ lontana, da Miami. Vorremmo anche veicoli  fuoristrada, giubbotti anti-proiettile, visori  notturni, radio e fucili mitragliatori, disse il capo. Promesso, disse l’altro. Ci servono anche 50 mila dollari: in contanti, insistè il guru. Appena tirate giù la tower vi pago, promise l’uomo di Al Qaeda. Accidenti, bisognava proprio farlo, pensò il guru che non aveva mai visto tanti soldi in vita sua.

Purtroppo, i Miami Seven sono stati arrestati prima di mettere a segno il loro orribile disegno, e proprio dall’agente di Al Qaeda che li aveva contattati e dai suoi colleghi dell’FBI. Dispiace sapere che, dopo essere stati assolti in due processi (la provocazione dell’FBI contava pur qualcosa) i Miami Seven sono stati condannati da un terzo processo nel 2008. Adesso sono passati alla storia per sempre come «terroristi islamici su suolo americano».

Perchè questo è lo scopo anche del false flop di New York: «Questo dimostra che terroristi cresciuti in casa (homegrown terrorists) sono oggi una minaccia reale, più che i terroristi stranieri», ha strillato la conduttrice dello Early Show della CBS, nel dare l’elettrizzante «breaking news».

E questo alle sette del mattino: è stato il segnale. Durante tutto il giorno, i media americani hanno fatto tanto rumore sull’attentato non avvenuto, saturando tutti i telegiornali e tutte le prime pagine con titoloni cubitali, che l’esplosione del C-4 (se fosse stato vero) sarebbe stata sovrastata dal clamore mediatico. Tutto per inserire bene nelle teste degli americani alcune nozioni-base:

«Il pauroso progetto di far saltare una casa di preghiera ebraica con ciò che i terroristi credevano esplosivo C-4 è una drammatica prova che i pericoli del fanatismo islamico non sono superati, e che gli ebrei americani devono tenere alta la guardia»: comunicato del Simon Wiesenthal Center.

«E’ stata una indagine (dell’FBI) lunga e ben pianificata, che mostra quanto è reale la minaccia di terroristi nati in casa»: deputato di New York Peter King.

«Questo ultimo attentato alle nostre libertà dimostra che le minacce alla sicurezza della patria (homeland security) contro New York sono purtroppo del tutto reali, e sottolineo che dobbiamo restare vigilanti nei nostri sforzi di prevenzione del terrorismo»: Michael Bloomberg, sindaco e miliardario ebreo di New York.

Questa ultima dichiarazione è la più rivelatrice. Obama viene accusato dalla destra ebraica e dai repubblicani di smantellare il sistema di sicurezza messo in atto da Bush, leggi liberticide, extraordinary renditions e torture comprese. Per coincidenza, l’FBI ha sventato l’attentato che aveva provocato proprio nelle ore in cui - mentre Obama dichiarava nella sede degli Archivi Nazionali (cioè nel luogo dove è conservato l’originale della Costituzione) che l’amministrazione Bush era «uscita dalla retta via» calpestando il diritto, le leggi e le istituzioni della liberty con la scusa della lotta al terrorismo - Dick Cheney era all’American Enterprise (il covo di Perle, Wolfowitz, Leeden eccetera, l’ultima ridotta neocon) a fare un contro-discorso sul ben noto tema: le torture «hanno salvato migliaia di vite americane», consentendo di sventare attentati. Obama «mette in pericolo la sicurezza degli americani», rinunciando alle misure d’eccezione. Obama è colpevole perchè ha rivelato alcune cose e foto sulle torture a Guantanamo, e con ciò «danneggia la nazione». Inoltre «non dice tutta la verità» (ossia: non dice che i democratici erano d’accordo), lo sfido a dire tutta la verità...

Un contro-discorso presidenziale, quasi un colpo di Stato, volto a sfidare Obama (che non può dire «tutta» la verità, sennò il suo stesso partito gli si rivolta contro) e a screditarlo come molle. Un attacco senza precedenti, da parte di un ex-vicepresidente, nella storia USA.

E’ chiaro che la falsa bomba falso-islamica dell’FBI serviva a rafforzare gli argomenti (diciamo) di Dick Cheney: vedete che il pericolo è sempre qui? Abbiate paura, americani! Obama non vi protegge!

Il fatto è che, in quanto ad attentati islamici, Cheney e i neocon hanno saputo far di meglio. Cos’è successo? Gli è mancato il cuore di diroccare una sinagoga?

Volevano dare un segnale ad Obama, più probabilmente: attento, siamo ancora capaci di fare un false flag che ti travolgerà (e di fatto, neocon e Netanyahu si comportano come se Obama avesse i giorni contati). Si sono accontentati, per ora, di fare un «false-flop».



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