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Kouchner: basta con l’assedio di Gaza
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GAZA: «Chiediamo che l’assedio a Gaza sia tolto, che ci sia libero movimento di persone e merci»: l’ha detto Bernard Kouchner, il ministro francese degli Esteri (1).
In visita a Gerusalemme, Kouchnen ha visitato però prima la città palestinese cisgiordana di Betlemme, ed ha dichiarato: «E’ una città simbolo: una città circondata da muri orrendi».
Ha avuto un colloquio con John Holmes, il coordinatore degli aiuti ONU per l’emergenza, che da tempo grida della catastrofe umanitaria provocata dal blocco.
Inascoltato, di solito.
Ma stavolta Kouchner l’ha ascoltato.

«La situazione economica e umanitaria a Gaza è particolarmente cattiva», ha dichiarato al giornale arabo Al-Quds, evidentemente riecheggiando le preoccupazioni di Holmes: «L’assedio colpisce direttamente l’intera economia e le condizioni di vita».
Non ha detto che la «cura dimagrante» ordinata da Israele, che dura da nove mesi, cioè come ritorsione per la vittoria elettorale di Hamas, equivale ad una punizione collettiva di tutta una popolazione, ciò che è definito crimine di guerra dalle convenzioni internazionali.
Ma è comunque qualcosa, dopo tanto complice silenzio europeo.

Le dichiarazioni di Kouchner seguono le invocazioni del re di Giordania e del dittatore egiziano Mubarak: che nel corso di un incontro bilaterale a Sharm el-Sheik, hanno invocato la levata dell’assedio, ed hanno esortato Israele a «porre fine alle sua operazioni militari che costano vite civili innocenti».

Proprio poche ore prima dell’arrivo del ministro francese, otto palestinesi (un presunto militante jihadista e la sua famiglia, donne e bambini) sono stati massacrati da un raid di aerei da caccia. Israele ha negato di aver condotto l’operazione.
Dev’essere stata Al Qaeda.

Ancora più significativo, Kouchner ha chiesto che Israele blocchi gli insediamenti che continua a costruire su terreni palestinesi anche nella Cisgiordania «amica» perché guidata da Abu Mazen, l’anti-Hamas.
Da pochi giorni il governo Olmert ha dato mandato a cinque ditte private di espandere la «colonia» ebraica di Har Homa, a Gerusalemme Est, occupando altre zone di quella parte della città che i palestinesi sperano diventare la capitale del loro futuro Stato.

«Non si dirà mai abbastanza che gli insediamenti sono un ostacolo alla pace», ha detto Kouchner, ed ha chiesto che Israele lasci riaprire le istituzioni palestinesi a Gerusalemme Est che ha chiuso, fra cui la Camera di Commercio.
E’ la prima volta che un ministro europeo mostra di aver avuto notizia dell’atroce blocco della fame che uccide la gente di Gaza, e lo denuncia.

Ha visitato ostentatamente l’ospedale della Santa Famiglia a Betlemme, tenuto da eroiche suore francesi, e constatato esplicitamente (da medico) che dei 1.350 neonati lì ricoverati, il 13% necessitano di cure intensive per sottonutrizione, e denutrizione delle madri.
Non che questo cambi molto.

Lo stesso Kouchner, nonostante i rituali appelli alle «due parti» (l’armatissima e la disarmata) a «costruire un clima di fiducia» e a «riprendere il processo di pace» (di Annapolis), s’è concentrato - da vecchio médecin sans frontières - su alcune iniziative limitate, ma pratiche e urgenti.
Per esempio: la costruzione di una stazione di trattamento delle acque fognarie di Gaza, a Beit Layla.
Per sostituire l’attuale stazione, super-satura, che minaccia di inquinare la falda freatica, e pagata da fondi europei.

Ma questa iniziativa è bloccata: Israele non fa arrivare a Gaza il cemento necessario alla costruzione.
Il giorno dopo il ministro della Guerra Ehud Barak ha promesso di autorizzare l’entrata di 40 tonnellate di cemento nella striscia di Gaza.


1) Cécile Hennion, «Bernard Kouchner mesure les limites du dialogue israélo-palestinien».
Le Monde, 18 febbraio 2008.
2) Roee Nahmias, «Jordan, Egypt demand end to Gaza siege», Ynet.news, 16 febbraio 2008

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