Il Lussemburgo non accetta zingari
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Viviane Reading, la Commissaria UE alla Giustizia, Diritti Fondamentali e Cittadinanza, è lussemburghese. Notoriamente, ha accusato di razzismo semi-nazista il governo Sarkozy per la deportazione di qualche migliaio di rom (pagati per tornare in Romania e Bulgaria). Sarkozy, invelenito, ha rimbeccato alla Commissaria di prenderseli lei, i Rom, in Lussemburgo.

La battuta è sembrata di cattivo gusto. Però l’idea non è malaccio: d’accordo, il granducato di Lussemburgo che ha più banche e società anonime che abitanti, però qualche migliaio di zingari se li può accollare, facendo la sua parte in nome dei diritti fondamentali. Ma l’aria offesa della Reding (e del suo protettore Josè Manuel Barroso, il mai-votato-epperò-inamovibile presidente UE) è stata poi seguita da uno strano silenzio su questo punto. Rispettato dalla solita stampa.

Ora il giornalista Marc Cohen (Viviane Reding, une Européenne modèle) rivela che in Lussemburgo non esiste un problema-rom. Non è mai stato espulso nessuno zingaro. Per il semplice motivo che nessuno zingaro, per legge, può entrare in Lussemburgo. La legge, che è del 2006 ed è stata rinnovata per altri tre anni a partire dal 2009, vieta l’entrata nel Paese delle banche agli zingari in cerca di lavoro, a meno che, s’intende, non ne abbiano già uno.

Ovviamente, per delicatezza verso i diritti fondamentali, nella norma lussemburghese non si parla di rom. Si parla di cittadini bulgari e rumeni: l’entrata è vietata equanimemente a tutti loro.

Esattamente come ne La Fattoria degli animali di Orwell, in Europa Schengen è uguale per tutti, ma alcuni sono più uguali degli altri.

Maurizio Blondet





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