Sdoganare il Genocidio (JHVH lo ordina, e giova anche al Mercato globale)
Stampa
  Text size
Come già sapete, è apparso sul Times of Israel in articolo che propugna il genocidio dei palestinesi di Gaza. Il Times of Israel non è un giornale estremista, è una importante pubblicazione online con edizioni in inglese, francese, arabo e cinese, finanziato Seth Klarman, un miliardario giudeo americani che dice di essere contrario al movimento dei coloni che si insediano illegalmente sulle terre palestinesi, e vi lavorano molti giornalisti usciti da Haaretz, il quotidiano più «progressista» sulla piazza ebraica. Proprio questa «normalità» dimostra come la «soluzione finale» stia diventando mainstream.

L’autore, Yochanan Gordon, è un giornalista figlio di un altro importante giornalista giudeo-americano, Larry Gordon, che ha le stesse idee del figlio. Il titolo dell’opinione postata da Gordon figlio è «When genocide is permissible» – Quando il genocidio è ammissibile.

Qualche frase:

«Hamas ha dichiarato esplicitamente che idealizza la morte tanto quanto Israele celebra la vita. Quale altro modo c’è di trattare nemici di tale natura salvo che obliterarli completamente?».

«... Non è nemmeno loro colpa, la falsità e la menzogna sono parte del loro stesso tessuto, ciò è quello che sono e non cambieranno mai. Nonostante la loro propensione a mentire» (sono così di razza, malvagi e inferiori, non li si può migliorare).

«...La triste realtà è che Israele lo capisce, ma le sue mani sono legate dai leader della politica mondiale» (la comunità internazionale permette letteralmente tutto ai giudei, eppure si lamentano che «gli legano le mani»- significa: non permettono ancora il genocidio).

«Abbiamo stabilito che è responsabilità di ogni Stato assicurare la sicurezza e incolumità del suo popolo. Se i leader politici e militari giungono alla conclusione che il solo modo di ottenere questo fine, di avere la calma attraverso il genocidio, è dunque permissibile ottenere questi responsabili fini?». (L’interrogativo per fare un’affermazione è un tipico lemma biblico-talmudico. Es. Caino: «Sono forse il custode di mio fratello?»).

D’accordo, il post del piccolo Gordon è stato ritirato. Ma lo stesso giorno, lo stesso giornale online ha pubblicato un’opinione di Irwing Blank, un ex direttore amministrativo di dell’organizzazione Bnai Zion, che ha asseverato: «D-o ha richiesto che Saul (o il Primo Ministro) entri in battaglia con gli Amaleciti (Hamas e i suoi partner belluini) e li distrugga totalmente, fino all’ultimo bambino, bue o pecora» — rivelando, con questa citazione del I Libro di Samuele (15-18), la legittimazione biblica dei genocidi che gli ebrei commettono.

Anche questo post poi è stato semi-ritirato.

Ma poco importa, dal momento che anche Moshe Feiglin, vice-presidente della Knesset (il parlamento), esponente del Likud, il partito al Governo, ha postato sulla sua pagina Facebook il 1° agosto un intero programma di concentramento e sterminio dei palestinesi:

«1 –Definire il compito: Conquista dell’intera striscia di Gaza l’annichilimento di tutte le forze combattenti e loro sostenitori.

2 – Definire il fine strategico: Trasformare Gaza in una Jaffa, una fiorente città israeliana con un numero minimo di civili ostili

«3 – Definire l’appropriata cornice morale per i nostri soldati: Guai ai maleficenti, e guai ai loro vicini».

Alla luce di questi punti, per Feiglin, «Israele deve fare quanto segue:

«Lo IDF designerà certe aree aperte sul confine del Sinai, adiacenti al mare, in cui la popolazione civile verrà concentrata in attendamenti (...) La fornitura di elettricità ed acqua sarà interrotta. Le aree prima popolate saranno bombardate col massimo volume di fuoco. L’intera infrastruttura di Hamas, civile e militare, i suoi mezzi di comunicazione e logistica, saranno distrutti interamente dalle fondamenta (...) I nidi di resistenza saranno sterminati (...) Finita la battaglia, la legge di Israele sarà estesa a coprire l’intera striscia di gaza, le gente (i coloni ebrei) espulsa da Gush Katif sarà invitata a tornare nei suoi insediamenti, Gaza e i suoi sobborghi saranno ricostruiti come un vero centro turistico e commerciale israeliano».

Ciò perché, dice il deputato Feiglin,

«Questo è il nostro Paese – nostro esclusivamente, compresa Gaza. Non ci sono due Stati, non ci sono due popoli. C’è un solo Stato per un solo popolo».

Così finalmente è chiaro: la favola dei «due Stati», a cui la cosiddetta comunità internazionale ha finto di credere, anche mantenendo per anni ben pagati mediatori (tipo Tony Blair) è liquidata.

Una patetica delegazione di parlamentari italiani, in visita in Israele, è andato dall’ex presidente Shimon Peres in cui la nostra retorica mediatica di sinistra vede «il vecchio uomo di pace», solo per scoprire che Peres «è quasi più a destra di Netanyahu» sulla decisione di «finire il lavoro» su Gaza. Hanno scoperto che «il 90% degli israeliani approva il massacro», che «l’espansione delle colonie (ebraiche) in Cisgiordania indebolisce e delegittima il solo leader palestinese con cui si può trattare, il moderato Abu Mazen»; scoprono che è in corso «la disumanizzazione dell’avversario». Patetici.

«Questo Paese è esclusivamente nostro, Gaza inclusa», non è l’uscita di qualche blogger di frangia; è la politica israeliana – e lo è stata fin dall’inizio. Solo, prima non si poteva dirlo.

Un anno fa un ex capo dello Shin Beth, Yuval Dishkin, e il suo successore Yaakov Peri, si lamentarono in questi termini: Israele vince le battaglie e perde le guerra, e perché? Perché ha solo tattica ma non strategia. I successivi Governi non ci hanno mai dato direttive: reprimere, uccidere, intercettare, tormentare, arrestare sospetti va bene, ma per quale scopo finale? «Non sapevamo in che direzione andare», ha confidato Peri a Le Monde il 23 marzo 2013: «Era sempre tattica, senza visione strategica».

La direttiva inconfessata

Il fatto è che la direttiva strategica non poteva essere enunciata. Essendo – puramente e semplicemente – il genocidio dei palestinesi che abitavano la «terra santa», non doveva essere confessata: come si dice, «i tempi non erano maturi». C’era la «comunità internazionale» con la sua «morale umanitaria» che «legava le mani», che frenava la «completa vittoria». Sicché, Israele ha usato solo la tattica: una tattica che aveva lo scopo di non poter mai giungere ad alcuna soluzione politica («Non c’è nessuno con cui trattare», oppure «Non si tratta coi terroristi» ) ed intanto sussurrare, logorare, portare alla disperazione i palestinesi, mentre chiudeva quasi due milioni di arabi civilissimi dietro un muro alto dieci metri, li sottoponeva a «cura dimagrante» contandogli i rifornimenti a livello di pura sopravvivenza, periodicamente li bombardava onde ridurre a macerie le loro case e azzerare le sue installazioni, approfittando per compiere stragi immotivate di civili ed esecuzioni di massa (l’ultima è stata documentata da The Daily Beast): e negli intervalli fra i conflitti procedendo ad esecuzioni mirate. E contemporaneamente, la popolazione ebraica si è montata contro quel nemico al di là del muro, invisibile ma molesto come un rimorso inconfessato, che ogni tanto (così gli raccontano) lancia razzi (che non hanno alcun effetto) «sulle nostre case»: sono così fastidiosi, sono scarafaggi in una bottiglia, occupano la nostra terra, Israele ha diritto di difendersi, Israele ha diritto di vivere con sicurezza. Senza dimenticare il continuo smangiare di territori palestinesi anche in Cisgiordania, le «colonie» ebraiche continuamente espanse là dove dovrebbero un giorno abitare con il loro staterello i palestinesi.

Ultimamente i militari giudei hanno escogitato l’imposizione – ai prigionieri del Lager di Gaza – di una «zona cuscinetto» di 3 chilometri dal muro; ogni prigioniero che vi si avvicina viene fulminato, è la «sicurezza» che Giuda ritiene necessaria per contrastare i tunnel e i razzi di Hamas... e così, ha ridotto il già miserando spazio a disposizione dei detenuti del Lager di ben il 44%. Basta ancora una strizzata, e quelli non avranno più dove andare.



Col tempo, tutta la comunità internazionale ammette che «l’occupazione israeliana dei palestinesi è insostenibile». È un luogo comune. Accade che Israele sia, per una volta d’accordo: è insostenibile. Non possiamo continuare così. Se ci imponete di cessare i bombardamenti adesso, fra un anno Hamas tornerà ad attaccarci... vedete anche voi che la soluzione finale si impone da sé.

Il fatto che la parola «genocidio» venga infine pronunciata sui media ebraici, significa che il genocidio (ha ragione il giovane Gordon) è permissibile. Come scrive del resto Gordon padre, direttore di cinque giornali ebraici a New York, la si pianti con la finzione di distinguere Hamas «terrorista» dai civili palestinesi di Gaza:

«Innocenti civili a Gaza? Ecco il tema più gonfiato ed esagerato. I capi di Hamas sono in clandestinità o all’estero. Chi obbliga gli abitanti a conservare razzi nelle loro (devastate) stanze? Civili innocenti e missili immagazzinati in case sono due cose difficili da tenere insieme».

Dunque è la colpa collettiva; dunque giustificata la punizione collettiva. Pulizia etnica. Soluzione finale. «Facciamo di Gaza un parcheggio», sono battute che hanno sempre più cittadinanza in Israele e, di conseguenza, in USA – e presto, quindi, in Occidente.

Il genocidio verrà in qualche modo praticabile. Accettabile, accettato. Se non legalizzato, almeno depenalizzato. Come soluzione «permissibile» a livello globale, ovunque ci sia da «proteggere Israele» o «espandere la democrazia».

Non so come, ma si farà. Chi di noi avrebbe potuto prevedere, dieci anni fa, che il transessualismo sarebbe divenuto uno «stile di vita» tutelato per legge, che coppie di pederasti potessero adottare bambini, e alle elementari avrebbero istruito i bambini sui «generi»? Eppure oggi la maggioranza degli elettorati occidentali è d’accordo. La droga è in via di depenalizzazione, l’eutanasia è legalizzabile per referendum (il 76% degli italiani sono a favore). Insomma, basta un’adeguata campagna e ciò che era delitto, o aveva una cattiva fama, diventa «permissibile».

Chi avrebbe detto, vent’anni fa, che nel diritto di guerra americano sarebbe entrata la tortura come metodo permissibile? Eppure Obama l’altro giorno ha ammesso che dall’11 settembre in poi «we did torture some folks», («abbiamo torturato della gente»), usando la parola più blanda e casuale per i torturati: «some folks», che ricorda l’allegro congedo nei cartoni animati della Warner Bros: «That’s all folks!», «È tutto ragazzi!» – e nessuno s’è rivoltato, nessuna o opinione pubblica ha trovato rivoltante questo modo.



E chi avrebbe potuto anche solo immaginare che il diritto americano avrebbe dato ragione ad un fondo avvoltoio, un privato speculatore, contro uno Stato sovrano? Eppure è accaduto all’Argentina. Come le invasioni sotto falsi pretesti e con la scusa vergognosa di «espandere la democrazia», come l’aborto legale (che cinquant’anni fa sarebbe stato inconcepibile ed oggi è inconcepibile che qualche passatista lo voglia vietare), è tutto un «maturare della mentalità», «una «maggiore apertura delle menti» prima legate da un bigotto oscurantismo, è tutto un progredire ed evolvere del diritto: quello privato come quello internazionale.

Dal momento che la potente lobby ebraica desidera sia permissibile, il genocidio lo diverrà, vedrete.

Non so se ricordate il Rapporto Goldstone: quello che un giudice ebreo sudafricano rispettatissimo, nominato ispettore dall’Onu, firmò, documentando i crimini contro i civili compiuti da Israele durante l’operazione Piombo Fuso. La lobby è riuscito a seppellirlo, lo stesso Goldstone hacchiesto perdono agli ebrei ed ha ritrattato, e Benjamin Netanyahu ha chiesto al Palazzo di Vetro di «buttare quel documento nel cestino della Storia».

Del resto, nel passato, già genocidi di matrice ebraica (l’Holodmor in Ucraina, il genocidio degli armeni nella Turchia dominata dal putsch dei Giovani Turchi dunmeh) sono stati messi nelle discariche, dimenticate della storia, poco rilevati, quasi è vietato parlare a loro proposito di genocidio... Lo sterminio (e spopolamento della Vandea) operato dai giacobini, la strage dei cattolici dei massoni in Messico sono praticamente cancellati; le atrocità genocide anglosassoni contro i pellerossa, i Boeri, gli aborigeni australiani, i massacri dei Sepoys in India, sono tutte simpatiche vicissitudini sulla via del progresso, emancipazione, democrazia, pluralismo e diritti umani. Il complesso più pericoloso dell’americanismo è la sua incapacità di concepirsi colpevole e di concepire la propria disfatta (militare, politica, morale): il guaio è che questa indefettibilità e incolpevolezza è stata introiettata dai popoli soggetti: noi continuiamo a credere davvero che, ancora, costoro stiamo difendendo «i valori occidentali», «i nostri valori», persino – incredibile – «i nostri valori giude-cristiani». Siamo pronti ad accettare anche questo, come abbiamo accettato la legge contro l’omofobia, o per dire, i trapianti (con relativo traffico d’organi), la depenalizzazione del consumo di droga, e tutto il resto.

In Ucraina già se ne parla in tv

Forse saprete già anche questa: qualche giorno fa, alla tv ucraina Hromadske TV, un giornalista di nome Bogdan Butkevich ha parlato dell’utilità, una volta riconquistato il Donbass, di eliminarvi un milione e mezzo di persone «che non servono assolutamente a niente».



Butkvich ha parlato da giornalista economico. Il Donbass è una regione con un’industria obsoleta del carbone e siderurgica, dipendente in tutto dai rapporti industriali e commerciali con la Russia. Nella «liberalizzazione» sperata, futura e caldeggiata dagli USA e dagli eurocrati, si avrà un enorme eccesso di manodopera. Come rendere più efficiente, competitiva sul piano globale l’economia del nuovo Donbass?

«Il Donbass ha una quantità di gravi problemi, e il principale è che è gravemente sovrappopolata, con persone che non servono assolutamente a niente. Dovete credermi, so di cosa parlo. Se per esempio prendiamo la oblast di Donetsk, ha circa 4 milioni di abitanti, di cui almeno 1,5 milioni sono superflui. È quello che intendo: non abbiamo bisogno di ‘capire’ il Donbass, dobbiamo capire l’interesse nazionale ucraino. Il Donbass deve essere sfruttato come risorsa, qual è. Non ho la ricetta facile, ma la cosa più importante da fare è che c’è gente che va semplicemente uccisa».

La Hromadske TV non è una piccola stazione di fanatici neonazisti. È finanziata direttamente dall’Ambasciata USA e dall’Ambasciata olandese a Kiev, nonché dallo International Renaissance Fund, che appartiene a George Soros. Quello che colpisce nella parlata del giornalista è il tono raziocinante, pratico, concreto: esprime il suo proposito con tranquilla coscienza, è legittimato dall’ideologia generale del liberismo globalizzante e totale, il pensiero unico egemone. Come la Microsoft annuncia il licenziamento di 18 mila dipendenti e Wall Street festeggia questa limatura dei costi che ne aumenta i valori azionari, così l’eliminazione di un milione e mezzo di russofoni renderà più competitiva la regione, più efficiente e capace di reggersi nel capitalismo globale. Lo sterminio è pratico e favorisce l’economia di mercato. A Wall Street lo chiamano downsizing.

Come in Israele, anche in Ucraina i politici si sono pronunciati nello stesso senso. Yulia Tymoshenko, la bionda ex prima ministra, poco tempo fa è stata udita, fuori onda, mentre esprimeva il desiderio di «sterminarli tutti (i russofoni del Donetsk) con la bomba atomica. Fa parte dei discorsi dei circoli nazionalisti governativi a Kiev quello sulla necessaria «purificazione etnica», se del caso mediante «sterilizzazione». Secondo il grande giornalista Robert Parry (che scoprì lo scandalo Iran-Contra negli anni ’80 per l’Associated Press), in Ucraina c’è «un prurito di genocidio».

«Le operazioni ‘antiterrorismo’ contro i ribelli dell’Ucraina orientale si stanno conformando in modo tale da degenerare da atrocità occasionali a pulizia etnica e genocidio. È già una guerra cattiva che sopprime una minoranza etnica con l’uso di mezzi militari, completa di riferimento alla popolazione bersagliata come insetti e animali».

E su scala globale, il numero di bocche inutili, non impiegabili dall’economia più competitiva della storia – e ormai estesa al mondo – si valuta a miliardi. Non è certo un caso se 85 persone nel mondo hanno una ricchezza superiore quella dei 3,5 miliardi di esseri umani sul gradino più basso: è l’efficienza capitalista che non sa più che farsene della manodopera poco competitiva di interi popoli. Il capitalismo terminale è una gigantesca idrovora che risucchia la ricchezza dai miliardi di poveri al un centinaio di ricchi e strapotenti. Non ha bisogno di tanti uomini. Basta niente perché in quei loro altissimi salotti, si giudichi che quelle miserevoli rendite, pensioncine, redditi marginali e lavori superflui con cui sopravvivono i 3,5 miliardi sottostanti, possono essere utilmente risparmiate. Del resto, anche nella periferica Italia Casaleggio ha ventilato questa pratica necessità: ridurre la popolazione di 4 miliardi.

Sì, decisamente, i tempi sono maturi.

Vedrete, fra poco, sdoganeranno il genocidio. In quale forma di preciso non so; ma lo legalizzeranno, o almeno condoneranno – come già lo scusano e condonano ai giudei. E voi lo accetterete, come avete già accettato tutto il resto.




L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.