Si chiama USA, è quasi l’URSS...
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Qualche lettore ha messo in dubbio l’asserzione che la spesa militare degli Stati Uniti supera quello delle altre cinque potenze militari più grandi addizionate. Naturalmente basta consultare Wikipedia, che riporta i dati del SIPRI (Stockholm Peace Research Institute), ritenuto di autorità indiscussa in questo genere di valutazioni.

  
Nel sito indicato, si vedrà che la Cina – di cui la propaganda americana suole denunciare «le crescenti spese militari» – nel 2009 ha speso meno di un settimo degli Usa: 99 miliardi di dollari, contro 663 miliardi. Si vede anche che la spesa militare della Russia (di cui alcuni lettori tendono a sopravvalutare la potenza) è inferiore a quella della Francia. O del Regno Unito. C’è di peggio: la crescita mostruosa della spesa militare Usa negli ultimi anni. Spesa tendente all’esponenziale, che aumenta incoercibile nonostante i tagli annunciati di continuo dal governo, e quelli effettivamente fatti.

Si noti l’aumento verticale dal 2002: l’entrata nella guerra globale al terrorismo preconizzata dai neocon e innescata dall’11 Settembre. Se si ritiene (come il sottoscritto) che quel mega-attentato fu un false-flag creato dai poteri americani come pretesto per la militarizzazione estremate il bellicismo globale in atto, c’è da pensare...

La somiglianza con l’Urss degli ultimi anni salta all’occhio. Anche l’Armata Rossa, sotto la guida del suo stratega principe dell’epoca, il maresciallo Ogarkov (scomparso nel ‘94) si lanciò in un rafforzamento immane dell’apparato militare, contando (come aveva teorizzato) di «sferrare e vincere una guerra nucleare», ossia di lanciare il primo colpo atomico ed uscirne relativamente indenne – mentre la dottrina precedente vedeva l’armamento atomico come «deterrente», il cui uso era minacciato solo se l’avversario cominciava per primo, per fargli pagare l’avventura con la sua propria estinzione: era dottrina comune fra i due blocchi che nessuno potesse «vincere» una guerra nucleare.

La dottrina Ogarkov ha portato agli immensi sommergibili atomici al titanio oggi abbandonati e stillanti olii radioattivi in qualche porto dalle parti di Arkangelsk, ai giganteschi bombardieri intercontinentali dismessi, ai missili balistici a testate multiple, tutto arsenale oggi insostenibile; addirittura il raddoppio delle fabbriche strategiche di produzione di armamenti in profondità nel territorio sovietico e sotterranee, ora deserte. Come una tartaruga gigante o un dinosauro corazzato, l’Unione Sovietica si ispessì la corazza a tal punto, dal soffocarci dentro.

L’armamento infatti – come ammonì Eisenhower nel suo memorabile discorso d’addio, 1961 (1) – è spesa sterile, che divora risorse alla società e al suo sviluppo: ogni missile significa un ospedale in meno, una scuola o un asilo che non saranno costruiti, un ponte stradale a cui si dovrà rinunciare. L’Urss, la cui dimensione economica era pari allora a quella del Messico, non poteva farcela ad armarsi come gli Usa: Gorbaciov dovette scendere a patti, cambiare linea (e determinare il crollo del sistema socialista). L’economia statunitense è immensamente più grossa, e quindi può permettersi il prelievo gigantesco che il settore militare estrae dal settore civile. Ma fino a quando potrà? Quando raggiunge il limite? Perché un limite esiste.

Secondo un geniale osservatore, la super-potenza militare americana può essere chiamata con un altro nome: «La più drammatica bolla finanziaria di tutti i tempi, la bolla del complesso militare-industriale». E come le altre bolle finanziarie americane, anche può scoppiare. Anzi forse si sta già afflosciando. Perché insostenibile.

Bisogna considerare che la spesa militare è solo una parte della «bolla». Oltre al complesso militare, grava sul popolo americano un immane complesso d’intelligence e spionaggio, oltre ad un immane complesso di polizia e sicurezza interna. Sono decine di agenzie di spionaggio; è la NSA (National Security Agency) che, come abbiamo appreso solo recentemente, spia tutto e tutti in tutto il mondo, intercetta milioni di telefonate, fruga nelle mail, si insinua negli smartphone e controlla le nostre ricerche sul Web. Con stanziamenti miliardari, migliaia di dipendenti tenuti al segreto e capaci di stilare contratti con miriadi di imprese formalmente private a cui esternalizzano i «servizi» di ascolto.

Dopo l’11 settembre e col pretesto di combattere i terroristi, il presidente «Dubya» Bush ha creato qualcosa che la società americana prima non conosceva: un ministero «per la sicurezza della Patria» (Homeland Security) che fin dal nome e nella funzione evoca il NKVD, Commissariato di popolo per la sicurezza interna, che Stalin fondò nel 1933, affidandone la direzione a Genrich Jagoda (un J) per i controllo e repressione delle deviazioni ideologiche e dei «sabotatori» interni. Affidato nel 2005 a Michel Chertoff (un noto J con doppia cittadinanza israeliana e che era procuratore a New York il giorno dell’11 Settembre), costui l’ha enormemente ampliato assoggettando ad esso tutte le agenzie prima autonome della sicurezza: FEMA (disastri naturali), apparati di protezione contro la guerra nucleare, sorveglianza portuale, aeroporti, «cybersecurity», polizie locali, in tutto 22 agenzie diverse. Tutto col pretesto di «proteggere la popolazione dai terroristi». Una quantità di attività, da quel momento, coperte da segreto militare – o para-militare – e un potere illimitato di intrusione nella vita intima dei cittadini, con la scusa di «mantener sicura l’America», Keeping America Safe. I dipendenti del Dipartimento dell’Homeland Security sono oggi 250 mila. Ma l’insieme della spesa è difficile da accertare; si sa solo che va molto oltre il finanziamento del Dipartimento in senso stretto.

L’analista Paul Rosenberg ha provato a valutare l’insieme delle spese per la sorveglianza interna, eufemisticamente detta Sicurezza della Patria:



Non è tanto la cifra assoluta che conta, tanto più che si ferma al 2005 – anche se va notato che già la sicurezza interna (cioè per spiare i propri cittadini) costa un decimo delle spese del Pentagono, e da sola supera quel che la Cina spende per le sue forze armate – ma l’andamento.

L’andamento è esponenziale. I grafici esponenziali indicano quasi sempre fenomeni patologici: la crescita del cancro, la diffusione dei decessi per cause cardio-circolatorie nelle società avanzate... Soprattutto, indicano processi insostenibili: che la linea del costo possa raggiungere l’infinito a cui tende è, ovviamente, impossibile. È la bolla che sta per scoppiare.

Il guaio è che troppi interessi costituiti hanno bisogno di far durare la bolla. Il sistema di militarizzazione e sorveglianza configura, in Usa, quello che la Casta è in Italia: da noi sono i pubblici parassiti inadempienti e inamovibili che risucchiano la ricchezza del Paese, là sono quelli che dipendono dal sistema militare o poliziesco o di spionaggio. Una Casta moltiplicata a dimensioni «americane». Milioni di soldati stipendiati in carriera e mercenari (contractors) di aziende private. Migliaia di dipendenti civili (solo quelli del Pentagono sono 50 mila). Dipendenti delle grandi industrie pseudo-private della Difesa, Boeing, Lockheed, Raytheon (razzi), General Dynamics eccetera, che hanno sostanzialmente un solo cliente (il Pentagono) e come sola prospettiva di crescita, l’aumento dei costi d’intervento bellico e quindi la prosecuzione ad infinitum della «guerra al terrorismo globale». Senza contar che mega-corporations civili, come IBM e la telefonica AT&T, hanno pure ricchi contratti con la Difesa e una collaborazione annosa coi militari. Ci sono aziende che prosperano su vari contratti pubblici per lo spionaggio interno: Edward Snowden, che ha rivelato lo scandalo delle intercettazioni totali NSA, era un dipendente ditta Booz Allen Hamilton, che forniva tecnologia informatica alla CIA e alla NSA. Google e AOL saranno ditte private, ma prestano servizio alle intercettazioni pubbliche per «tener l’America sicura». Sono tutte ditte patriottiche. Stelle-strisce sventolanti.

Aggiungeteci i controllori che vi palpano ossessivamente e aprono le vostre valige negli aeroporti statunitensi sospettando in voi un terrorista che nasconde esplosivo nella scarpe, mutande o reggipetto: malpagati, dipendenti di ditte «private» ma in divisa sotto contratto della Homeland Security. Chiunque sia stato per qualche tempo in Usa ha avuto modo di stupirsi della militarizzazione diffusa della società: il vicino di casa che lavora per il Pentagono o «è stato nella CIA», attività di cui tace assolutamente con voi. Il professore universitario che collabora con qualche servizio. Il soggettista cinematografico di Hollywood che si fa suggerire i plot dalla CIA , le produzioni di Hollywood che si fanno prestare materiale bellico «courtesy of Pentagon» per fil di cui esaltano le eroiche imprese militari… Fino al vicinato che vi denuncia alla polizia se avete un’auto parcheggiata male sul vialetto del suburbio, o con insegne commerciali non ammesse. Per non parlare della quantità di mestieri apparentemente civili che vestono i dipendenti in qualche uniforme, dai portinai ai camerieri.. E la polizia? O meglio, le polizie, la federale, la locale, gli sceriffi, quelli del traffico. Superate il limite di velocità in un rettilineo 500 miglia da una qualunque cittadina nel deserto del Nevada? Immediatamente compare l’auto della polizia a sirene spiegate (a volte l’elicottero) , vi piomba addosso e vi multa. Ma peggio: vi tratta come un potenziale criminale armato ed assassino ricercato: dovete allargare le gambe e poggiare le braccia sull’auto mentre vi palpano, la borsetta di vostra moglie aperta e il contenuto gettato a terra... Questa efficienza o onnipresenza ha un costo. E viene insieme ad una sorveglianza abusiva e continua, e sempre più violenta, del cittadino: pochi sanno che ogni giorno, in Usa, hanno luogo 135 irruzioni in case private da parte di gruppi di poliziotti addestrati, su mezzi blindati e pesantemente armati (SWAT Teams), tipo questo:



Irruzioni con sfondamento di porte e lancio di bombe-flash, lacrimogeni a talora raffiche di proiettili veri, operazioni spesso seguite con entusiasmo dalle tv locali, che ovviamente stanno con le forze «dell’ordine», cosiddette. La pesante militarizzazione della polizia anche nelle più piccole cittadine è cosa nota e poco discussa in America. Come effetto collaterale, non stupisce che gli Usa abbiano il più alto tasso di incarcerazioni del mondo, 2,5 milioni di cittadini, la più grande popolazione carceraria della storia dopo i fasti del Gulag sovietico: ed anche i prigionieri sono in uniforme, a sottolineare la loro militarizzazione. Con una differenza: sempre più, le carceri sono private sotto contratto pubblico. Quello che in URSS era concentrazionismo di Stato, qui è business per profitto. Altri stipendi, altri «posti di lavoro». Altri interessi alla continuazione dello status quo.

Che di più? Mettiamoci i politici o direttamente pagati dagli interessi industriali-militari per le loro campagne elettorali, o nella cui circoscrizione sorgono basi militari o centri di ricerca segreti che danno lavoro, e da cui spesso dipende la sopravvivenza stessa di medie città; o – lasciando da parte le mega-imprese dai nomi noti – le meno note dozzine fabbriche di munizioni, uniformi, razioni da combattimento e materiale bellico in genere, che spesso danno lavoro ad intere contee. Mettiamoci le schiere di lobbisti dedicati a spremere la spesa pubblica a favore delle armi. Mettiamoci le banche e la finanza che presta capitali alle imprese della guerra, sia alle gigantesche sia alle piccole con contratti pubblici in portafoglio. Mettiamoci l’industria dello spettacolo dedita a «creare il clima psicologico» militarista o allarmista desiderato: è semplicemente impossibile contare il numero di film di Hollywood dove gli eroi sono agenti della CIA, Rambo, colonnelli di commandos senza pietà, poliziotti implacabili con 357 Magnum; o che descrivono attacchi terroristici, o situazioni apocalittiche di ogni genere, catastrofiche naturali e anche extraterrestri («Abbiate paura! Tanta paura!») a cui pone rimedio la valorosa forza armata Stelle e Strisce e l’eroico Presidente nella veste di Commander in Chief. Incalcolabile la quantità di sceneggiati tv sullo stesso tema, dove persino gli avvocati delle corti marziali (in divisa) diventano soggetti di narrazione e di esaltazione, e dobbiamo aggiungere la relativamente ultima operazione: i videogiochi bellici, non di rado commissionati dal Pentagono come ausilio per i reclutatori. Detto tutto questo, poniamoci la domanda:

Quanto c’è di veramente privato nell’economia americana? Quella che si auto-celebra come la più liberista della storia, con l’imprenditoria più avventurosa e pronta alla concorrenza, quanto dipende in realtà dai contratti pubblici militaristico-polizieschi e spionistici?

Ancora una volta, la memoria corre all’URSS. Una società totalitaria, solo in Usa gestita da istituzioni semi-private. Dove a spiarti sono Google e le telefoniche come AT&T, quotate in Borsa.

Le mentalità collettive vengono distorte dalla bolla militarista e di sorveglianza totale. Nei suburbi non si vede una sola villetta monofamiliare che non esponga la bandiera americana, un’auto che non abbia qualche adesivo patriottico («Support our troops»); viene il dubbio che non si possa esimersi, senza suscitare le attenzioni dei federali o della NSA o della Homeland Security e la loro messa dell’anticonformista e sospetto sotto discreta sorveglianza. Del resto, s’è saputo che l’IRS (Internal Revenue Service – L’Agenzia delle Entrate) ha intensificato le indagini fiscali, e messo in atto una persecuzione tributaria contro 75 organizzazioni per il fatto che avevano l’espressione «Tea Party» nella loro denominazione: indicando così di essere elementi della galassia d’opposizione politica dissidente, né repubblicana né democratica, dunque sospetta per i poteri pubblici. Poteri pubblici che si ritengono in stato di guerra perpetua, tollerano male il dissenso politico interno: ai loro occhi diventa «sabotaggio» quando non tradimento ed intelligenza col nemico. Ancora una volta, viene in mente l’agenzia voluta da Stalin verso il ’43 per scoprire «gli elementi antisovietici» nell’esercito e in tutte le sue appendici e interrogare i milioni di prigionieri di guerra russi tornati a casa (che poi finivano nei lager: «Perché ti sei consegnato? Perché il nemico ti ha liberato? Con quali istruzioni sei stato rilasciato! Confessa!»). Una polizia delle polizie interne. Il nome lo scelse Stalin in persona: SMERSH, acronimo per «Morte agli Spioni!».

La sola differenza vera e cruciale rispetto al defunto impero sovietico: quello sosteneva, anzi era in qualche modo uno «Stato sociale» integrale. In Usa notoriamente di Stato sociale non si parla, da cui l’estrema ineguaglianza, senza precedenti. Ancor quest’anno l’1% dei privilegiati americani s’è accaparrato il 93% della ricchezza prodotta , mentre è aumentato di altri due milioni il numero di americani che devono chiedere i buoni-pasto per nutrirsi, e spesso saltano la cena: 48 milioni, il 20% della popolazione, e sono cresciuti del 5.5%.

Ancor più sinistra la mentalità che crea nel personale dirigente, di comando e di responsabilità di questo sistema: abitudine alla segretezza, all’obbedienza senza far domande, al sentirsi separati dal resto della popolazione civile; alla irresponsabilità: hanno solo eseguito ordini. C’è di peggio.

Keith Alexander
  Keith Alexander
L’attuale direttore della NSA, il generale (ovviamente) Keith Alexander, prima di questo incarico «civile» è stato capo di un apparato militare d’intelligence nella base di Fort Belvoir. Ebbene: Alexander aveva fatto allestire la vasta sala di comando (war room) come una copia esatta della plancia dell’astronave Enterprise della serie tv «Star Trek». Aveva impiegato gli arredatori di Hollywood, ed aveva la copia completa: compreso grande schermo sul muro davanti a simulare il visore dello spazio esterno, le stazioni di computer, le cromature anni ’60, le porte scorrenti che facevano il tipico «whoosh» quando si aprivano e chiudevano. Senatori in visita, invece di far internare il generale, ne erano entusiasti e volevano sedersi sulla poltrona anatomica del comandante: «Ognuno faceva finta di essere il capitano Jean-Luc Picard», ha testimoniato l’ufficiale addetto a ricevere le persone importanti. (Il capo dell'NSA ha l’ufficio copiato dal ponte di comando dell’Enterprise di Star Trek)

Si può intuire la pericolosità di simili personaggi che vivono in un mondo distorto e immaginario, fra la fantascienza e la realtà: in caso di crisi e sotto stress, sapendo di avere a disposizione mezzi di distruzione totali, in delirio di onnipotenza possono prendere decisioni apocalittiche. Già oggi, il sistema di potere americano non considera altro mezzo di politica internazionale se non la minaccia d’intervento o di bombardamento. E quando sono «le armi» a dettare la politica anziché il contrario, la rovina è vicina.

Ma per mantenere lo status quo che li sostenta, questi interessi dovranno sempre più divorare e risucchiare dall’economia reale: e per farlo, avranno bisogno di indicare sempre nuovi nemici. Nuovi false flag, nuove invasioni di Paesi deboli (il rischio di perdere una guerra vera, mai lo correranno); più ampia estensione dei droni e delle operazioni militari coperte dall’Africa all’Asia; nuovi spaventi al popolo americano, perché chieda la loro protezione rinunciando a qualche altro pezzo di libertà , militarizzandosi ancora un po’, facendosi sorvegliare di più.

E non crediate che si parli qui di America. È su di noi che, europei ed italiani, che questo sistema ha un influsso più diretto di quanto si creda. Non solo perché la superpotenza ha qui le sue basi militari, né perché ci impone il suo liberismo globalizzato da cui non possiamo difenderci, le sue false verità obbligatorie (presidiate dai liberi media), i false flags e le «narrative» CNN-hollywwodiane. Non basta: siccome questo mostro militarista viene ancora definito «la più grande democrazia del mondo», quella che dà lezioni di pluralismo ai Paesi meno libertari (Russia, Cina, Siria, Libia...), allora ciò che è lecito in America diventa lecito in Europa: riduzione delle alternative politiche ad un dibattito illusorio ancorché permanente, perdita di sovranità e violazione della volontà popolare, incarcerazioni preventive, intercettazioni illegittime, sorveglianza dei cittadini e loro controllo da parte di altri cittadini che si accollano il compito di spiarci e denunciarci, abuso dello Stato nella vita intima, riduzioni della libertà personale – in cambio, si capisce, avrete le nozze gay, perché Al Qaeda «ci odia per la nostra libertà» – ma tutto il resto vi sarà tolto, compresi tutti i vostri risparmi, perché sono necessari a lorsignori, onde «rendervi più sicuri». Inoltre – quasi dimenticavo – l’adozione obbligatoria dei «cibi di guerra» che in Europa sono per ora vietati, ma che le multinazionali Usa ci vogliono far mangiare: dagli OGM ai vitelli agli estrogeni e ai polli all’arsenico che rende le carni rosee... (Roxarsone) (Arsenic being intentionally added to conventional chicken)

Tutto questo avrete con il nuovo Patto Transatlantico commerciale, l’unione in zona unica economica di UE ed USA che i nostri padroni, da noi non eletti (ma anche quelli che abbiamo votato) ci stanno preparando a nostra insaputa.

Di che vi stupite? È la NATO che continua. È l’alleanza bellica che si perpetua con nuovi mezzi. Ebbene: niente di strano, anche questo ricorda l’URSS. Ciò che il regime sovietico decretava legittimo dagli Urali a Vladivostok, veniva adottato da Ungheria, Polonia, Germania Est… repressione, censura delle idee, controllo e spionaggio interno.

Erano detti «satelliti». E noi anche.





1) Qualche passo: «Le nostre armi devono essere poderose, pronte all'azione istantanea, in modo che nessun aggressore potenziale possa essere tentato dal rischiare la propria distruzione...Questa congiunzione tra un immenso corpo di istituzioni militari ed un'enorme industria di armamenti è nuovo nell’esperienza americana. L’influenza totale nell'economia, nella politica, anche nella spiritualità; viene sentita in ogni città, in ogni organismo statale, in ogni ufficio del governo federale. Noi riconosciamo il bisogno imperativo di questo sviluppo. Ma tuttavia non dobbiamo mancare di comprendere le sue gravi implicazioni. La nostra filosofia ed etica, le nostre risorse ed il nostro stile di vita vengono coinvolti; la struttura portante della nostra società. Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l’acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. (...) Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Non dobbiamo presumere che nessun diritto sia dato per garantito».


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