Grecia fallita, scattano i CDS. E ora?
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«Il gallo disse: il sole non può sorgere, io non ho ancora cantato». Questo proverbio africano si può applicare allo ISDA (International Swap Derivative Association: un circolo di 17 mega-banche e 800 fondi speculativi, utilizzatori di prodotti derivati), il quale ha deciso che sì, stavolta la Grecia ha fatto fallimento. Fallimeno «involontario». Il che significa che è avvenuto ciò che nel gergo si chiama «credit event»: e che fa scattare il pagamento dei CDS (Credit Default Swaps), ossia i derivati che pretendono di essere delle assicurazioni contro il rischio di fallimento di uno Stato. Chi ha comprato titoli greci, si è coperto comprando CDS da banche ed enti finanziari, appunto per «coprirsi». Adesso chi ha rilasciato (facendosi pagare a caro prezzo) le pretese «assicurazioni», dovrà rifondere.

Evangelos Venizelos
  Evangelos Venizelos, Ministro delle Finanze
Fino ad oggi, l’ISDA ha giudicato che la Grecia non era fallita, ma stava procedendo ad una ristrutturazione del suo debito, accettata «volontariamente» dai creditori, appunto per non attivare i CDS, temendo giustamente una ricaduta di tipo atomico sulla finanza. Perchè «nessuno ha un’idea precisa su chi detiene i CDS, e se dietro chi li ha emessi ci sia una grossa banca», diceva un anonimo alto funzionario europeo ancora a fine 2011. Era vivo l’incubo della americana AIG, che aveva emesso tanti CDS, che non ha potuto onorare, ed è stata nazionalizzata nel 2008, ossia messa a carico del solito contribuente americano. Il timore era di un «credit event» del tipo fallimento Lehman Brothers, da cui è cominciata la Grande Depressione, che tutti stiamo godendoci.

Adesso però, giura Le Monde, «lo scatenamento dei CDS non fa più paura». I loschi signori della speculazione, insieme ai «supervisori» europei, hanno avuto parecchi mesi – pagati dai greci con l’agonia – per valutare i dati, e trafficarli.

Attualmente, secondo la camera di compensazione americana, benchè il valore bruto dei contratti CDS sulla Grecia ammonti a quasi 69 miliardi di dollari, il loro «valore netto» si valuta a soli – si fa per dire – 3,2 miliardi di dollari, pari a 2,43 miliardi di euro. Dato il regalino di mille miliardi di euro fatto dalla BCE alle banche (i famosi prestiti all’1%), i loschi signori ritengono che le banche possano assorbire questa nuova bottarella.

«Ci saranno dei perdenti e dei vincenti, ma non fallimenti bancari», dice il solito anonimo alto funzionario europeo a Le Monde. (Le déclenchement des CDS ne fait plus peur)

Fra i perdenti c’è (come dubitarne?) la nostra valorosa Unicredit che dovrà sborsare 240 milioni, Deutsche Bank che ne sborserà 77, BNP Paribas 74 milioni. Fra i vincenti, ossia fra coloro che saranno pagati per i CDS che hanno comprato, la HSBC e la RBS, due banche inglesi, che riceveranno dai perdenti, l’una sui 194 milioni e l’altra, 177. Cifre che sembrano non preoccupare. (Greek credit swaps ruling divides investors)

Sembra tutto tranquillo, dunque. La ISDA – il gallo che ha cantato che il sole può sorgere – ha dichiarato il «credit event» venerdì sera, dunque lorsignori hanno alcuni giorni per calmare le acque. I «mercati» infatti non sono stati presi dal panico.

Ma è proprio così? Di botto, una banchetta austriaca chiamata KA Finanz, in realtà una bad-bank creata per gestire gli attivi andati a male di una banchetta locale chiamata Kommunalkredit Austria poi fallita (pardon, nazionalizzata), ha annunciato che, essendo esposta con mille miliardi di CDS greci, dovrà rifondere 423,6 milioni di euro. Cioè annuncia perdite per quasi la metà dell’esposizione.

Allarmante fatterello, non solo perchè ricorda che fu il fallimento di una banchetta austriaca (il Creditanstalt) a scatenare l’immane crack del 1929; di solito, i soggetti scoperti sui CDS devono rifondere i «margin calls» giorno per giorno. La KA Finanz invece li caccia adesso tutti in una volta. Perchè? Vuol dire che ha nascosto le perdite sui suoi CDS fino ad oggi?

Da qui la domanda: quante altre banche hanno nascosto le perdite, e dovranno annunciarle con pagamenti giganteschi tutti in una volta?

Davvero le controparti sono solvibili? Non saranno per caso esposte, tali controparti, con un’altra istituzione finanziaria non solvibile? Sapete, sono cose che succedono in una finanza così globalizzata, grandiosamente opaca e meravigliosamente interconnessa.

Ci sarà bisogno di un «Regalo Mario Draghi Ter»?

E poi, il fallimento della Grecia diventa una tentazione – così temono lorsignori – per gli altri Paesi in difficoltà, Portogallo, Spagna e (terribile a dirsi) Italia, il cui default non lascerebbe pietra su pietra.

«Sconsiglio fortemente altri governi e popoli europei dal prendere questa strada», ha sibilato Charles Dallara,direttore dell’Institute of International Finance (un altro degli enti privati di usurai che da qualche tempo ci danno ordini, come l’ISDA).

Quanto alla BCE, per scongiurare tentazioni, propone di inviare un «consigliere residente permanente» nei Paesi europei in difficoltà finanziarie; figura identica all’onnipotente «Residente Britannico» nei satelliti africani e asiatici del British Empire: non era nemmeno un ambasciatore, perchè altrimenti Londra avrebbe dovuto riconoscere a quei Paesi una dignità sovrana. Era il brasseur d’affairs privato, in genere un dipendente della Compagnia delle Indie SpA, che però aveva al suo servizio le truppe inglesi coloniali. Più privato e meno Stato!, come si dice. Un trionfo della democrazia e della sovranità popolare.

Per meglio scongiurare la tentazione del default sovrano, bisogna fare dei greci un terribile esempio; insomma, farli soffrire ancor più. La cosa è facilissima. Come è messa la Grecia dopo l’ultimo cosiddetto salvataggio-con-default? Vediamo: ha cancellato 100 miliardi di euro dal suo debito, in cambio di un «pacchetto di salvataggio» di 130 miliardi: che è un nuovo debito, sia chiaro. Di cui la Grecia riceverà solo il 19%, ossia 25 miliardi, per continuare a fingere di funzionare, mentre il resto va ai suoi creditori.

Dunque Atene ha cancellato un debito di 100, e ne ha uno di 130. Ha un debito ancora più grosso di prima del salvataggio, ha meno sovranità, e – grazie ai benefici dell’euro che tutti abbiamo imparato ad apprezzare – dovrà concorrere con la Germania alla pari, ossia con la stessa moneta forte. Ce la farà sicuramente a vincere la sfida. In Grecia solo il 36% della popolazione attiva ha ancora un lavoro, ma che importa? Siccome come risultato dei salvataggi quasi tutti i piani pensionistici ellenici non faranno nemmeno più finta di pagare le pensioni, entreranno nel mondo del lavoro di quel felice Paese decine di migliaia di ultrasettantenni pronti a rimboccarsi le maniche. Per salari che sono stati decurtati (quando si ha la fortuna di riceverli) del 20-30%.

Grazie, greci, per aver voluto restare nell’euro pur fallendo, invece di uscirne!

Dobbiamo ringraziarli soprattutto noi abitanti di Paesi il cui debito pubblico ha perso la tripla A. Adesso che gli speculatori (pardon, investitori) hanno visto che la Grecia ha unilateralmente abrogato i suoi contratti, obbligando i creditori a ciucciarsi le perdite con una azione collettiva retroattiva, guarderanno con qualche diffidenza in più le nostre emissioni di PIIGS? Magari chiederanno qualcosina in più sui BOT, sui Bonos, sui titoli portoghesi, facendo di nuovo risalire lo spread, e avvicinandoci tutti al default involontario. O magari, peggio, non li vorranno accettare a qualunque prezzo. Il che ci metterà ancor più nelle mani della BCE e del suo «Residente». Capace di fare «qualunque cosa», pur di tenerci nell’euro (altrimenti, tutti lorsignori di Bruxelles e Frankfurt perdono il posto) e di farci servire il debito, mentre contemporaneamente siamo aggravati di tasse e austerità. Qualunque cosa.

In ogni caso, è evaporato un cento miliardi di euro di pretesa «ricchezza» finanziaria. Non tanto bello per il sistema bancario europeo già a corto di capitale, dove le banche non si fidano a farsi l’un l’altra  prestiti della durata di per 24 ore. Il Draghi Ter diventa più vicino. Secondo alcuni blogger, sarà anzi un dono perpetuo, un’infusione continua che non si può interrompere, senza che il malato tiri le cuoia. Draghi ha già mostrato di essere capace di «qualunque cosa», pur di tenere in vita il Dracula bancario. Con trasfusioni di sangue dei cittadini, o ex-cittadini oggi sudditi.

La speranza è che il fallimento ellenico e la trasfusione di Draghi, abbiano comunque creato un muro tagliafuoco per i prossimi tre anni contro l’incendio pan-europeo. Lorsignori hanno messo in conto il default del Portogallo verso fine anno, facendogli fare la fine della Grecia; botta che il sistema-Dracula potrà reggere. Si spera che la trasfusione gratuita di Draghi alle banche (il gergo, LTRO) abbia fornito abbastanza liquidità da abbassare i tassi di Spagna e Italia, in modo che questi due meditarrenei felici possano adempiere ai loro obblighi verso i creditori. Quando il LTRO espirerà nel 2015, lorsignori fanno finta di credere che noialtri mediterranei saremo in grado di servire il debito con meno affanno, grazie ad una «crescita organica» delle nostre economie che – a forza di tagli e di tasse, di credit crunch, di licenziamenti in massa e chiusure di aziende – sicuramente si creerà per un miracolo inaudito.

La salvezza dei sudditi potrebbe venire dal voto, che avverrà in vari Paesi nel 2013, e potrebbe essere un «no» tondo a tutto questo massacro di carne umana.

Per scongiurare questo rischio, la Germania già avanzato la richiesta di una «nuova costituzione europea», con «più severo controllo» degli organi non-eletti «sulle spese pubbliche» dei Paesi che non riescono ad essere tedeschi. Allora non si voterà più. Ai remi, schiavi.



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