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L’origine dei Popoli e delle Religioni
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Il nuovo libro EFFEDIEFFE si prefigge lo scopo di voler mettere in luce gli elementi comuni ai grandi Imperi e popoli della storia e, di conseguenza, alle più grandi religioni del mondo. Se è vero che questi elementi indistintamente puntano tutti verso un’unica origine (l’Eden), anche l’approdo alla salvezza dovrà essere unico per tutti: Cristo.

La dottrina cattolica difende energicamente l’unità del genere umano derivato da una sola coppia, Adamo-Eva (monogenesi) così come appare nella S. Scrittura; la ragione, mentre non ha nulla da opporre al racconto biblico, vede invece l’assurdità di un corpo generato dagli animali e poi informato dall’anima, vero capolavoro della creazione.

Dunque, se tutte le genti provengono da Dio in virtù della loro creazione (creazianismo, dottrina della Chiesa intorno all’origine delle singole anime umane) tutti gli uomini, di ogni tempo e nazione, dovettero tendere verso il sommo fine dell’esistenza: conoscere il Creatore e far ritorno a Lui (attraverso le buone virtù) o rifiutare la sua paternità (degradando sé stessi nell’empietà e nell’ingiustizia). Perché Dio, in quanto Bene supremo, attrae tutto a sé come principio e fine di tutte le cose (S. Tomm., Commento alla metafisica di Aristotele, lib. XII).

Già Plotino, con afflato insospettabilmente mistico, parlò di ritorno di tutta la realtà all’Uno iniziale, che si attua principalmente nell’uomo per via di volontà e per via d’intelletto. Un’etica di salvezza successivamente adottata dai SS. Padri ma corretta e moderata alla luce della fede.

Rientra dunque nel disegno provvidenziale constare che di fronte alla Chiesa non devono esistere caste, ma persone destinate all’unica meta: il possesso (fruizione) di Dio quale fine supremo soprannaturale, che è anche un desiderio naturale dell’uomo di vederlo intuitivamente nella sua essenza attraverso la visione beatifica determinata dalla grazia. Per tale motivo la Chiesa insegna che Cristo non è morto solo per alcuni predestinati (come sosteneva Calvino) ma ogni uomo, dal più vicino al più lontano rispetto al possesso della verità, è stato redento dallo stesso Sangue divino. Non a caso è dottrina comune della Chiesa – di S. Agostino e di S. Tommaso, non del Concilio Vaticano II – che esistano varie forme di battesimo, anche per un infedele, che pur non conoscendo il cristianesimo ha il desiderio (baptismus flaminis) di fare quanto Dio ha stabilito per la salvezza umana, quindi implicitamente desidera il Battesimo e in tale desiderio tende necessariamente e dinamicamente all’Eucaristia, che del Battesimo è il complemento.

È la stessa Cattolicità che lo esige (dal greco καθολική = generale, universale), terza proprietà attribuita alla Chiesa dal Simbolo Niceno-Costantinopolitano. Anche questa prerogativa, come l’unità, la santità e l’apostolicità, emana dalla sua essenza. Infatti se essa non è che l’umanità socialmente e soprannaturalmente organizzata in Cristo, per sua natura la Chiesa abbraccia tutti gli individui della stirpe umana (una la Chiesa come uno è Cristo e una è la stirpe umana).

Universale di diritto perché è come un germe destinato a fermentare tutta la massa umana permeandone i vari aspetti (intellettuali e morali, religiosi e civili), la Chiesa lo è anche di fatto, perché fin da principio, con la speciale assistenza di Dio, si è affermata presso ogni popolo spezzandone tutte le barriere, superando tutte le persecuzioni, piegando tutti i nemici.

In definitiva la Chiesa, data la sua apostolicità, ha sempre ribadito (e perseguito) l’universalità della sua missione redentrice, rivolta (in tendenza) a tutti gli individui della specie umana. Ha quindi sempre incoraggiato le buone iniziative per il ritorno dei dissidenti all’unico ovile di Cristo ma lo ha sempre fatto stabilendo norme precise sul metodo e sui limiti di siffatte iniziative, richiamando in questo la dottrina dei Romani Pontefici fino al 1958. Non a caso il termine ecumenismo etimologicamente significa “tendenza a fare di tutto il mondo una famiglia” e anticamente serviva ad indicare il carattere universale della Chiesa (o di un Concilio); in senso religioso acquisì un valore negativo solo in seno al Protestantesimo, quando i luterani, osservato il processo disgregativo che accompagnò la Riforma fin dai suoi albori, tentarono un’intesa tra le innumerevoli sètte derivate dalla teoria del libero esame.

L’ultimo e più equilibrato documento che la Chiesa produsse sull’argomento della riconciliazione fu l’Istruzione «De motione oecumenica» del 20 dicembre 1949, nella quale vennero riconfermate le cautele da adottare in cerca dell’unità affinché si preservi l’integrità della fede e la necessaria costituzione gerarchica e giuridica della Chiesa.

Le ragioni del nuovo libro

In quest’ottica riconciliativa risiede la ragione che ci ha spronato a realizzare in italiano “The Religions of the World” (“L’origine dei Popoli e delle Religioni nella nostra trasposizione), un vasto libro composto nel 1896 dal sacerdote cattolico James L. Meagher, D. D. (già autore di “Come Cristo ha celebrato la prima Messa”).

«Questo testo – scrive il professor Isacco Tacconi nella sua introduzione all’opera – rappresenta una pietra d’inciampo che farà respirare una boccata di ossigeno in un ambito soffocato dall’asfissiante vacuità del dialogo interreligioso e da uno scenario di occupazione indebita delle scienze bibliche da parte di lobby antitradizionali e neomoderniste».

Attraverso un grande affresco storico-teologico, costato anni di ricerca al rev. Meagher († 1920), si investigheranno le tematiche centrali della storia umana, ed in particolare la comune origine dei popoli, discendenti dalle ottanta tribù uscite da Noè. Il fine è di voler dimostrare esattamente la «continuità discontinua» tra la primordiale Religione, comune ai primi uomini, e le varie forme in cui essa si è frazionata decadendo lungo i millenni attraverso fusioni, rotture, reinterpretazioni e corruzioni che hanno dato vita alla moltitudine delle credenze e dei popoli sparsi sulla terra.

La nascita e le sorti dei più grandi Imperi del mondo — Greci e Romani, le Nazioni Celtiche, Germaniche e Scandinave, dei Medi e dei Persiani, degli Assiri e dei Babilonesi, dei Cinesi e dei Giapponesi, dei Messicani e dei Peruviani, degli Indiani e degli Antichi Egizi —, e i loro rispettivi sistemi teologici, verranno studiati a fondo col fine di dimostrare quanto “l’uomo primitivo”, “l’età della pietra” e simili grossolane ricostruzioni scientifiche risultino completamente errate.

Con il linguaggio più semplice e con il metodo più chiaro, l’autore indagherà l’origine dell’uomo a partire dai nomi dei fondatori delle nazioni indicati nel capitolo X del Genesi (i figli di Noè e loro discendenti), rintracciando nella storia profana lo sviluppo dei tre grandi ceppi della schiatta umana: semiti/gialli discendenti di Sem, indoeuropei/bianchi da Japhet e negroidi da Cam (discendenza in particolare maledetta da Noè, di cui il libro narrerà l’abissale degenerazione e i riti demoniaci — ad esempio l’orripilante danza “Congo”).

I nipoti e pronipoti di questi 3 uomini fondarono ogni popolo e nazione conosciuta. Il tutto verrà chiaramente ricostruito attraverso la storia, l’archeologia e appositi schemi genealogici realizzati per l’occasione di questa edizione italiana.

Inoltre, il testo risulterà utile come studio di grande fascino sulle principali migrazioni dei popoli antichi, che a partire da un “centro comune” – la vasta sacca antropologica della pianura mesopotamica – si sparsero a macchia d’olio nel mondo, colonizzando i cinque Continenti.

Breve accenno al ruolo della religione nel mondo


La storia delle religioni o delle “filosofie religiose” mette in luce due elementi psicologici ben distinti, che più o meno dominano in ogni sistema: la coscienza del peccato e l’anelito di una liberazione. Questo perché l’uomo manifestò sempre nel suo cuore inquieto, ferito dal peccato originale, l’anelito e il desiderio di riconquistare le “ricchezze perdute del paradiso”. I teologi lo chiamano disagio molesto, perché il peccato ferì la natura umana senza però distruggerne le proprietà essenziali, e creò nella vita dell’uomo una nostalgia anche psicologica (S. Agostino).

Tali aspirazioni, disseminate nella coscienza di tutti i popoli, tale desiderio innato perché radicato nella natura stessa dell’uomo come potenza o capacità (S. Tommaso), tale slancio congenito e naturale (S. Agostino), furono tensioni dello spirito umano preparatorie al Cristianesimo, che tra le numerose religioni che vantano origini divine presenta più evidenti e sicure garanzie di verità.

Dagli accorati accenti di antichissimi inni penitenziali babilonesi alle pessimistiche meditazioni di Budda sul male dell’esistenza umana e sulla necessità di evaderne (soluzione quella buddista negativa, antipsicologica: le passioni non si distruggono, ma si disciplinano, e antisociale: la diserzione dalla vita); dalle suggestive pagine di Platone (Fedone) sul carattere emancipativo della morte fino al dramma spirituale degl’iniziati ai Misteri di Dioniso, di Iside, di Mitra, anche il paganesimo venne in qualche modo intimamente pervaso dalla coscienza del peccato e dal desiderio di guarirne. Di qui il carattere nonostante tutto implicitamente espiatorio che permeò anche i sacrifici pagani. Ovviamente, tali sentimenti espiativi si riscontrarono più vivi e più puri nei libri dell’Antico Testamento, specialmente nel Genesi e nelle profezie di Isaia, l’unico uomo che otto secoli prima dell’Incarnazione dettagliò con precisione assoluta la nascita di un misterioso Servo di Jahwé, che con le sue sofferenze e la sua immolazione avrebbe liberato gli uomini dalla schiavitù del peccato (Libro di Isaia, cap. 53).

Purtroppo questo “senso del divino”, che è nel fondo di ogni religione, fu anche la radice dell’idolatria, quando esso subì una deviazione dalle sfere celesti verso le cose terrene, probabilmente sotto l’azione dell’animismo, per cui gli antichi credevano che ogni cosa fosse animata e mossa da uno spirito.

Per tale frattura nell’unità teologica dei popoli, e nonostante lampanti evidenze sull’origine convergente di tutti i culti religiosi, molte controversie si accesero tra gli studiosi di storia delle religioni (perlopiù razionalisti), specialmente nella prima metà del ’900, per spiegare l’origine delle differenti credenze religiose (idolatrie). Tra le opere più note vi è il lavoro dello storico Max Müller († 1900), considerato come il fondatore dello studio scientifico sulle religioni. Egli in una prima fase delle sue ricerche credette di poter collegare l’origine del Politeismo ad un fenomeno linguistico, la polionimia, o pluralità di nomi, di genere, di desinenze, che avrebbe favorito la personificazione di varie divinità. Poi assegnò al Politeismo tre fonti: una fisica (cose naturali, come pietre, fiumi, alberi, astri, ecc.), un’altra antropologica (relazioni domestiche e sociali); la terza psicologica (la coscienza del proprio “io” in rapporto con l’infinito). A queste teorie, troppo speculative, si aggiunsero quelle del Feticismo e dell’Animismo, quelle della Mitologia astrale, del Totemismo (rapporto fra tribù e animali), del Magismo, ecc. Tutte queste teorie generalmente furono d’accordo nell’affermare che la religione primitiva fu certissimamente politeistica e mitologica; solo col progresso della civiltà si sarebbe man mano sviluppato il Monoteismo per come lo conosciamo.

Ma uno studio diretto e accurato dei fatti – in particolare le scoperte archeologiche in Egitto e in Medio Oriente già alla fine del XIX sec. – ha portato alla scoperta dell’esistenza di un culto dell’Ente Supremo, del Grande Essere che si rileva più o meno in tutti i popoli primordiali antecedentemente rispetto all’Animismo o allo stesso Politeismo. L’Ente Supremo o gran Dio, in quasi tutte le teologie dei primordi, è presentato come creatore di ogni cosa, anche degli spiriti o divinità inferiori, onnipotente, immenso, giusto. Questo fatto abbastanza costante nei popoli più antichi dimostra senza dubbio alcuno che il Monoteismo è anteriore al Politeismo e che l’idolatria non fu affatto il primo stadio della religione come sostengono gli epigoni di Müller, ma ne fu piuttosto una degenerazione: dal monoteismo al politeismo idolatrico e non viceversa. L’uomo cadde nell’idolatria personificando oggetti, piante e animali e divinità assurde man mano che perdette di vista il Dio supremo sotto la pressione delle passioni (S. Paolo lo spiega bene nella Lettera ai Romani, cap. I).

Contro i razionalisti e gli storici di matrice hegeliana e marxiana (per limitarci alla più recente ondata di attacchi alla genesi delle grandi religioni) i cattolici possono dimostrare la verità storica dell’unica religione, quasi fosse il sistema nervoso della storia umana, attraverso una oggettiva critica dei documenti — sempre necessaria, altrimenti si scadrebbe nell’innatismo cartesiano, secondo cui l’idea di Dio è innata, cioè infusa da Dio stesso nell’anima nostra (errore di stampo modernista). Di qui l’esplorazione storico-scientifica per trovare la vera rivelazione, che per forza di cose dev’essere indagabile.

Ragione e Rivelazione


L’opera di padre Meagher risulta importante anche in ciò che riguarda il rapporto tra scienza (storia, archeologia e dati delle tradizioni dei popoli) e fede.

Il Tradizionalismo storico [De Bonald († 1810), Lamennais († 1854) e in Italia Gioacchino Ventura († 1861)] deprimendo la forza e la dignità della ragione umana, sfociò logicamente nel Fideismo insegnando che l’uomo non avrebbe potuto conoscere alcuna verità senza la divina Rivelazione fatta ad Adamo e tramandata fino a noi, negando così alla ragione umana la capacità di raggiungere le verità di ordine etico-religioso (l’opposto del tradizionalismo storico è il Deismo, concezione razionalista della divinità affermata in base alla ragione umana contro la rivelazione divina).

Il Concilio Vaticano I ribadì invece l’insegnamento di San Tommaso: “Per quanto la fede sia sopra la ragione, pure non vi può mai essere dissenso tra loro” (Conc. Vat. I, de Fide, IV). Tra le due vi dev’essere mutua collaborazione, con la ragione a servizio della verità. San Tommaso, con il metodo di Aristotele, distinse bene le due sfere, ma invece di scinderle le unì ancora più perfettamente conservando a ciascuna la propria dignità.

È la piena armonia della ragione con la fede contro i sistemi moderni, che a partire dal kantismo operano viceversa una scissione irreparabile tra l’intellettualismo (verità attraverso un atto di conoscenza) e il volontarismo (fede come atto di amore volitivo o irrazionale — modernismo).

Nella sess. III, c. 4, il Magistero del Vaticano I insegnò che «è proprio la retta ragione a dimostrare i fondamenti della fede»: così facendo la dottrina cattolica rivendicò i diritti della ragione umana anche di fronte alla fede ritagliandole il suo giusto spazio (subordinato e strumentale), così come difese sempre l’integrità della libertà umana anche di fronte alla grazia divina.

Non solo dunque l’equilibrata corrente intellettualista di San Tommaso rappresenta un baluardo contro la filosofia soggettivista, ma anche nello studio biblico la ragione può e deve assecondare quanto la fede va positivamente asserendo. L’Apologetica rappresentò non per caso una “scientifica introduzione alla Teologia”, insegnando a difendere la possibilità e il fatto della Rivelazione divina, provando per via razionale i presupposti della Rivelazione.

Finalità

L’importanza dell’opera che oggi pubblichiamo risiede allora nella sua grande attualità, perché il problema soteriologico, il problema della salvezza universale (dal greco σωτηρία = salvezza, redenzione), affiora sempre più nel senso di disagio e di angoscia che domina in molti settori del pensiero ultramoderno e soprattutto nell’uomo stanco e smarrito.

Il professor Tacconi, nell’ottima introduzione realizzata a questo libro, ci fa notare che l’anima del meritevole lavoro di padre Meagher sta nel “voler seguire le orme e l’esempio di San Paolo e dei missionari di tutti i tempi, accostandosi a culture sconosciute e antiche non con quella superiorità sprezzante più consona al moralismo protestante, ma con quella carità apostolica, quell’autentico spirito missionario a cui S. Paolo conformò interamente la sua vita”.

Visto quanto sta accadendo nella Chiesa con Francesco I, dinanzi ad un libro che mette in risalto l’unica origine e l’unica meta del genere umano tentando di abbracciare tutte le religioni per ricondurle ad un unico ovile, qualcuno potrebbe storcere il naso odorando tracce d’indifferentismo o relativismo religioso. Non è questo il caso. Il lavoro inedito del rev. James Meagher non fa altro che seguire quanto la retta ragione indica e la dottrina della Chiesa conferma e consacra, ovvero che soteriologicamente ogni idea, ogni filosofia ed ogni religiosità conservò in sé dei germi di verità e di bene che consentirono a tali errori di essere redenti in vista di quel fine supremo che Dio realizzerà nei piani della sua Provvidenza.

Fu S. Paolo che sviluppò più ardentemente di tutti la soteriologia genuina (ne è un esempio la predicazione all’areopago ateniese), che oggi è stata deformata, mutilata e depotenziata dai Protestanti, dai Razionalisti e dai Modernisti, che non camminano secondo una logica redentiva cattolica, ma di perdizione dell’uomo. Ma se il tema del “reinserimento” (meglio oggi conosciuto malamente come ecumenismo) è stato maltrattato e vituperato, nondimeno è missione principale della Chiesa, lo abbiamo visto ad inizio articolo, e la prima a darcene l’esempio fu Maria SS., la quale secondo la carne figlia della sinagoga pregò incessantemente per la conversione dei giudei.

Qui è possibile scorgere il grande merito della ricerca e dell’ammirabile sintesi del reverendo Meagher, la quale, se ben compresa e ben accolta, potrebbe dare nuovo impulso ad una autentica propagazione della fede, non solo all’interno dell’ovile di ciò che resta della Cristianità, ma anche verso tutte le genti che attendono Colui il quale le loro profezie velatamente annunciano e implicitamente sperano.

«Non per nulla – conclude il Tacconi – San Tommaso illustrò questa preordinazione di tutti i popoli e di ogni singolo uomo alla salvezza affermando che sotto un certo aspetto tutti gli uomini fanno parte del Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa».

Per tramite di questo nuovo libro – costato fatica ed abnegazione –, ci auguriamo di poter aiutare i lettori a far luce sulle parti più in ombra della storia sacra e profana, mostrando al contempo l’opera incessante della Provvidenza Divina nel dirigere infallibilmente – a differenza del Fato, del Destino, del Caso o della Fortuna – l’umanità verso la pienezza che tutti attendiamo.

[Ringrazio il lettore, senza il quale EFFEDIEFFE e la sua realtà editoriale non avrebbero senso d’esistere, perché grazie al suo costante sostegno – anche a queste pagine di informazione – ci consente di poter continuare ad operare con fiducia e determinazione].

Lorenzo de Vita


(L’origine dei Popoli e delle Religioni, 536 pp. formato grande con bandelle)   
25,00 euro 

 

  EFFEDIEFFE.com  


 
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