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David Ben Gurion (1)
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Conoscere la sua figura per capire meglio la genesi dello Stato d’Israele e ciò che sta succedendo ai nostri giorni

Introduzione: gli antefatti e i fatti recenti

Verso la fine del dicembre del 2017 il Presidente statunitense Donald Trump ha deciso, unilateralmente, che Gerusalemme dovrà essere la capitale del solo Stato d’Israele e degli Israeliani. Quindi non più la Città Santa delle tre confessioni monoteistiche politicamente internazionalizzata.

Ora la storia insegna che in Palestina a partire dal 30 d. C. cominciarono a viverci i primi Cristiani e a partire dal 70-135 quasi tutti gli Ebrei ne furono espulsi[1] dai Romani e vennero rimpiazzati dai Cristiani sempre crescenti ed infine dal VII secolo vi si aggiunsero i Musulmani, i quali pian piano divennero - dopo l’XI secolo - la maggioranza della popolazione.

Gerusalemme, malgrado tutto, continua ancora ad essere una città giuridicamente e politicamente internazionalizzata (come nel 1948/49 aveva chiesto Pio XII in 3 Encicliche[2] e come aveva stabilito anche l’Onu) perché la maggior parte delle Nazioni facenti parte dell’Onu nel dicembre del 2017 non ha accettato la decisone di Trump, che è restato isolato.

Sebbene lo Stato d’Israele asserisca che Gerusalemme con la Palestina (una volta Giudea, sino al 70 d. C.) è “sempre” stata degli Ebrei (nonostante che Roma abbia distrutto Gerusalemme e la Giudea tra il 70-135 ed abbia disperso quasi tutti i Giudei nel resto del mondo allora conosciuto); i dati anagrafici dimostrano che gli Ebrei presenti in Palestina nel 1880 erano solo 20 mila, arrivando nel 1914 a circa 80 mila unità[3], i Palestinesi musulmani erano circa 600 mila e i Palestinesi cristiani oltre 70 mila su un totale di 750 mila abitanti. Ora la matematica non è un’opinione: 20 mila / 80 mila Ebrei su 750 mila abitanti (di cui 600 mila islamici) non sono la maggioranza della popolazione, anzi ne sono un’infima minoranza. Non si può affermare il contrario senza cadere in errore.

Infine, oltre l’anagrafe, la cronologia storica dimostra che gli Ebrei ritornarono in Palestina, con una certa cospicua entità, solo a partire dai primi decenni del XX secolo, arrivando circa alle 200 mila unità negli anni Trenta (su 1 milione di abitanti), raggiungendo - dopo le espulsioni degli Ebrei dalla Germania e dalla Polonia occupata dal III Reich - la cifra di mezzo milione nel 1939[4]. Quindi non si può assolutamente affermare che la Palestina è “sempre stata degli Ebrei”. Non è oggettivamente vero ed anche se i mass media lo ripetono continuamente resta una falsità o una bugia, ma la propaganda sa bene che una bugia detta una volta è una bugia, però ripetuta quotidianamente può diventare mediaticamente “vera”[5].

L’escalation militare in Medio Oriente

Nei primi giorni del febbraio 2018 gli Usa hanno bombardato una colonna siriana uccidendo circa 100 militari governativi. La Siria, a sua volta, ha abbattuto un caccia israeliano (9 febbraio 2018) dopo che Israele aveva colpito un drono iraniano, il quale stava ispezionando le zone limitrofe tra Iran e Siria. Quindi Israele ha paventato la possibilità di un attacco in grande stile contro l’Iran (11 febbraio). Frattanto gli eserciti della Siria e della Turchia[6] si stanno affrontando per la questione dei Curdi, che risiedono ai confini tra le due Nazioni. Gli Usa e la Russia consigliavano moderazione, ma ora son passati alle minacce esplicite e reciproche di guerra nucleare (2 marzo 2018, cfr. il “Discorso di Putin” riportato su questo sito). Israele soffia sul fuoco. Cosa succederà? E perché tanta voglia di guerra nel Vicino Oriente, che potrebbe diventare mondiale e nucleare, soprattutto da parte di Israele e di Netanyahu? La storia degli zeloti, che provocarono Roma nel 64 d. C. e la costrinsero a sedare la rivolta arrivando alla distruzione di Gerusalemme con il suo Tempio (70 d. C.), non ha insegnato nulla a Israele?[7] Si direbbe proprio di no.

La figura di Ben Gurion fa capire meglio questi avvenimenti

Per rispondere a queste domande e capire meglio ciò che bolle in pentola mi sembra utile studiare e porgere al lettore, in maniera molto semplice (invitandolo ad approfondire il tema), la figura di David Ben Gurion[8], che è stato il 1° Primo Ministro d’Israele e contemporaneamente il suo Ministro della Difesa e degli Esteri, il personaggio storico che annunciò al mondo intero la nascita dello Stato d’Israele (15 maggio 1948); in breve colui che è stato comunemente definito “l’anima e il cervello d’Israele” (Edmond Bergheaud, La nascita d’Israele, in I grandi enigmi della Guerra Fredda, Ginevra, Ed. di Crémille, 1969) e il fondatore delle sue Forze Armate regolari… e irregolari.

Per far ciò mi baso sostanzialmente sul libro dello storico israeliano Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion (Milano, Mondadori, 1972), integrandolo con qualche altro studio ove necessario.

La giovinezza di Ben Gurion

Innanzitutto occorre precisare che Ben Gurion (in ebraico “Figlio del leoncello”[9]) è il nome di battaglia che il giovane David Grün si scelse nel 1910 a 24 anni. Grün è un nome ebraico di origine tedesca che vuol dire “giovane, fresco, verde”.

David Ben Gurion nacque il 16 ottobre del 1886 nella cittadina (di circa 20 mila anime) di Plonsk in Polonia (a circa 70 km da Varsavia), quando questa era territorio occupato dalla Russia zarista. Suo padre si chiamava Avigdor Grün ed era un consulente legale anche se non aveva conseguito la laurea in giurisprudenza.

La sua educazione iniziale consistette nell’apprendimento del Pentateuco e del Talmud presso le scuole rabbiniche di Plonsk, ma quando conobbe l’ideologia sionista abbandonò la fede talmudica per abbracciare quella sionistica[10].

Uno dei tratti che lasciano perplessi nei fondatori sionisti dello Stato d’Israele è il fatto che, pur essendo atei, si rifacevano alla promessa fatta da Dio al popolo d’Israele di dar loro la “Terra promessa”, ossia Canaan (cfr. F. Spadafora, Dizionario Biblico, Roma, Studium, III ed., 1963, pp. 98-100, voce Canaan) .

Il giovane Ben Gurion filo-sionista

Nel 1897 David Ben Gurion s’innamorò delle idee sioniste lanciate allora dall’ebreo ungherese Teodoro Herzl[11] (1860-1904) nel Primo Congresso Sionistico Mondiale di Basilea. Suo padre Avigdor era un dirigente sionista della sezione di Plonsk, che aveva la sua sede in casa Grün in via delle Capre.

David nel 1901 a soli 14 anni con due suoi amici (Shelomò Zemach e Samuel Fuchs) fondò una Società Giovanile Sionista a Plonsk.

Nel 1903 a 17 anni David lasciò Plonsk per Varsavia ove iniziò a distinguersi per l’impegno politico, l’oratoria infiammata e la verve polemica agguerrita. Davide aveva un carattere intransigente, un forte impegno lavorativo, un’inesauribile combattività, accompagnate da una grande capacità persuasiva. In breve era un leader nato e s’imponeva ai giovani compagni nonostante la sua bassa statura.

Ben Gurion in Palestina

Nel 1906 David partì alla volta della Palestina e sbarcò al porto di Giaffa (vicino al quale nel 1909 sorgerà Tel Aviv, che in ebraico significa “Colle della Primavera”) e di lì si recò a Petah Tikwa (in ebraico “Porta della speranza”), una piccola colonia ebraica fondata nel 1878 e fiorita nel 1883 grazie ad un cospicuo finanziamento del barone ebreo-inglese Edmond de Rothschild[12], in cui lavoravano ancora sino al 1909 circa 1. 200 contadini arabi (la cui mano d’opera costava di meno) e soli 25 coloni ebrei, ma ben presto ne fu espulso[13] per il suo comportamento giudicato esageratamente filo-socialista e filo-sindacale a favore dell’impiego di soli coloni ebrei, anche se più costoso, che non piaceva ai proprietari ebrei di più vecchia immigrazione (N. F. Madera, Ben Gurion, cit., p. 23)[14]. David si trasferì, così, in Galilea nella colonia ebraica e contadina di Sejera, ove si trovò a suo perfetto agio, ma siccome Sejera si trovava in territorio arabo, ossia in quella che allora era ancora la Palestina… ed era particolarmente scoperta, il ventiduenne David pensò ad una sua difesa armata per opera degli stessi coltivatori ebrei. “Da questa esperienza di autodifesa nascerà l’Hashomer (in ebraico ‘Il Guardiano’), la prima organizzazione militare ebraica in territorio arabo” (F. N. Madera, cit., p. 24), di cui Ben Gurion fu uno dei fondatori a Sejera, ove partecipò ben presto alla prima seria battaglia contro un gruppo armato di Arabi (“fedayn”), in cui si ebbero alcuni morti.

Nel 1910 David si trasferì a Gerusalemme (e prese il nome di battaglia di Ben Gurion), chiamatovi da Isacco Ben Zvi per collaborare al mensile e poi settimanale Ha-Achdut (“L’Unità”) scritto non più in yiddish, ma interamente in ebraico.

Nel 1911 David assieme a Zvi si recò a Costantinopoli o Istanbul per frequentarvi la facoltà di Giurisprudenza ed avere contatti sempre più stretti con il Movimento Sionista Mondiale, diretto allora da Otto Warburg coadiuvato da Chaim Weizmann (1874-1952)[15], il chimico di fama mondiale già Presidente dell’Organizzazione Sionista Mondiale (1920-1930; 1935-1946) e futuro primo Presidente dello Stato d’Israele, di cui Ben Gurion fu il Primo Ministro e antagonista,.

Ben Gurion negli Usa

Nel 1915 - nonostante che già nel 1914 avesse sostenuto su “L’Unità” la necessità per gli Ebrei di Palestina di arruolarsi con la Turchia nella Prima Guerra Mondiale - Gurion venne espulso dagli Ottomani dalla Palestina assieme a tutti i leader sionisti poiché le autorità turche ritenevano che essi avessero fondato una società segreta ebraica per fomentare la rivolta contro l’Impero Ottomano in vista della nascita del futuro Stato d’Israele. Quindi Ben Gurion assieme al suo amico Ben Zvi si diresse ad Alessandria d’Egitto e di lì si imbarcarono per gli Usa. Nell’estate del 1915 sbarcarono nel porto di New York[16] ove furono accolti da alcuni compagni Ebrei-americani filo-sionisti.

Siccome il milione e mezzo circa di Ebrei residenti allora in America del nord non era per nulla sensibile all’ideologia sionista e soprattutto al pensiero di tornare fisicamente in Palestina, Ben Gurion si mise al lavoro per sensibilizzarli e far nascere un forte Movimento Sionista anche negli Usa. David capì già allora che gli Usa avrebbero rimpiazzato la GB nella leadership mondiale e si schierò con gli Stati Uniti d’America, allontanandosi sempre più dall’Inghilterra a differenza di Chaim Weizmann, il quale restò sempre filo-britannico. Egli, quindi, prese contatto col giudice ebreo-americano Louis Brandeis (del Bené Berith[17]), il capo del Sionismo statunitense e amico intimo del Presidente americano Woodrow Wilson, e visitò Chicago, Detroit, Boston, Philadelphia ed altre grandi città americane, tenendo conferenze a favore del Sionismo.

La Prima Guerra Mondiale e la “Legione Ebraica”

Nel 1916 gli Usa entrarono in guerra a fianco di Inghilterra, Francia, Italia e Russia zarista contro l’Austria-Ungheria, la Germania e la Turchia. Ben Gurion costituì, allora, un corpo militare ebraico che combattesse a fianco degli Usa, Inghilterra, Francia e Italia. Tuttavia era stato preceduto dai due indomabili capi del Sionismo integralista di estrema-destra: Vladìmir Jabotinsky e Joseph Trumpeldor, i quali a Londra avevano già ottenuto dalle autorità britanniche il permesso di costituire la “Legione Ebraica”, che si concretizzò il 23 agosto del 1917.

La Legione Ebraica era composta inizialmente da 5 mila uomini reclutati in America, essa era concepita da Jabotinsky e Trumpeldor “col fine recondito di occupare militarmente la Palestina dopo la conquista britannica, alla fine della Prima Guerra Mondiale e doveva rappresentare la base del futuro Stato ebraico” (cfr. N. Weinstock, Storia del sionismo, Milano, Samonà e Savelli, 1970). Invece Ben Gurion riteneva che lo Stato ebraico dovesse nascere soprattutto dal sudore della fronte dei coloni ebrei (i Fellah), ma non senza l’aiuto dalle armi.

Inoltre Ben Gurion, almeno sino al 1916, era tentato da una possibile alleanza con i Turchi contro la Francia e l’Inghilterra. Egli non credeva che queste due nazioni avrebbero vinto contro l’Austria-Ungheria e la Turchia. Quindi riteneva di fondare delle colonie ebraiche in Palestina sotto la protezione del Protettorato turco-tedesco, ma quando gli Usa entrarono in guerra nel 1916 a fianco di Francia e Inghilterra Ben Gurion (da sempre filo-statunitense) capì che le sorti della guerra erano segnate, conoscendo la potenza dell’America, e cambiò opinione: nel 1917 si spostò contro l’Impero Ottomano e si affiancò agli Usa, Francia ed Inghilterra (N. F. Madera, cit., p. 35). Fu così che lo Stato d’Israele nacque nel 1948 sotto il Protettorato britannico e non turco-tedesco.

La Legione Ebraica era costituita da soli Ebrei e poteva combattere sul fronte palestinese, che allora era terreno di battaglia tra l’Impero Ottomano (a fianco della Germania e dell’Austria) e l’Inghilterra. La Legione ottenne anche l’appoggio dell’ebraismo americano, capitanato da Ben Gurion a New York. In pochi giorni circa 4 mila Ebrei-americani aderirono alla Legione Ebraica. Essi cominciarono ad addestrarsi militarmente prima in Canada e poi in GB.

Frattanto era uscita la famosa “Dichiarazione Balfour” (2 novembre 1917), con la quale la GB concedeva “la creazione di un Focolare nazionale ebraico in Palestina”. G. B. Shaw scrisse: “Balfour nel 1917 diede la Palestina al dr. Chaim Weizmann, mentre non aveva il diritto di farlo. Il fatto era che Weizmann, il quale era un chimico geniale, aveva appena fornito al governo britannico un sistema per la fabbricazione della cordite (un potente esplosivo). Era naturale che il governo inglese gli fosse molto grato e gli diede Gerusalemme, che non apparteneva a Balfour, così Balfour non ebbe nessuna difficoltà a pagare l’esplosivo con la concessione della Palestina, che non era sua” (The Palestinian Muddle, in “Liberty”, 1971). Anche Ben Gurion (che nel frattempo si era sposato con un’ebrea russa nata a Minsk ed emigrata in Usa: Pauline Munwess) si arruolò con la Legione Ebraica e si recò per l’addestramento prima in Canada e poi in GB. Tuttavia siccome durante il tempo dell’addestramento l’Impero turco era già stato sconfitto dall’Inghilterra, Ben Gurion non ebbe il tempo di partecipare alla Grande Guerra e, quando il suo battaglione sbarcò in Egitto, Gerusalemme era già stata conquistata dall’Inghilterra. Gli Arabi, sotto l’emiro Feisal, aiutati dal leggendario tenente inglese Lawrence d’Arabia (su cui è stato girato un film-colossal americano) si erano illusi di aver vinto la guerra dopo la sconfitta della Turchia, ma l’Inghilterra si era presa gioco di loro, perché prima li aveva aizzati contro i Turchi e poi aveva concesso la nascita di un futuro Stato ebraico (anche se chiamato semplicemente “Focolare nazionale”) in Palestina con lo scorno degli Arabi in generale e specialmente dei Palestinesi e il trionfo degli Ebrei. Chaim Weizmann in questi frangenti, pur mirando alla nascita dello Stato ebraico, mantenne sempre buone relazioni con Feisal (andando spesso a Aqaba a rendergli visita) e con gli Arabi. Addirittura il 3 gennaio del 1919 a Londra Weizmann (quale rappresentante dei sionisti) e Feisal (come rappresentante degli Arabi) firmarono un accordo di amicizia. Fu allora che Ben Gurion con la moglie decisero di stabilirsi definitivamente in Palestina e precisamente a Gerusalemme[18].

Alla fine della Prima Guerra Mondiale (1918) la Comunità ebraica palestinese era scesa da 80 mila (nel 1914) a 50 mila unità contro i 600 mila Palestinesi e i 70 mila Cristiani su un totale di 750 mila abitanti (Bullettin of Current Statistics of Palestine, 1922-1945). La sua economia aveva conosciuta una grave crisi: “la spinta pionieristica sembrava del tutto spenta” (N. F. Madera, cit., p. 42). Ben Gurion non si diede per vinto e iniziò a lavorare alla fondazione di un Movimento Socialista ebraico/palestinese. Il problema dell’unità degli operai ebrei in Palestina era sentito fortemente dal filo-socialista Gurion, secondo cui la Palestina sarebbe diventata lo Stato d’Israele soprattutto col lavoro degli operai ebrei più che con la guerra e la guerriglia, come invece ritenevano Jabotinsky e Trumpeldor.

La sconfitta della Turchia e il “Focolare nazionale ebraico”

La GB, che aveva sconfitto l’Impero Ottomano presente anche in Palestina sino al 1917, aveva ottenuto dalle Nazioni Unite un “Mandato” sulla Palestina nel 1920 e grazie a questo “Mandato” poté decidere le sorti della Terra Santa, concedendo agli Ebrei l’insediamento di un numero sempre crescente di coloni in Palestina e la fondazione dello Stato d’Israele nel 1948.

Naturalmente gli Arabi si scatenarono sùbito contro i coloni ebrei, che iniziavano ad entrare sempre più numerosi in Palestina con l’appoggio della GB. A partire dal 1922 si ebbero le prime scaramucce armate e le prima vittime tra Arabi ed Ebrei, nel 1929 tra il 23 e il 29 agosto gli Ebrei contarono circa 150 morti a Gerusalemme (cfr. E. Bergheaud, La nascita d’Israele, cit.).

Siccome la GB cercava di calmare gli scontri, arrestando sia Arabi che Ebrei, il pragmatico laburista Ben Gurion come l’integralista filo-“fascista” Jabotinsky[19] si convinsero che la “Dichiarazione Balfour” sul “Focolare nazionale ebraico in Palestina” era solo un “bel gesto” politico, che non avrebbe dato la preponderanza agli Ebrei a scapito dei Palestinesi in Terra Santa e quindi lo denunciarono e si scagliarono contro quei dirigenti sionisti filo-borghesi e liberali (Chaim Weizmann) troppo inclini ai compromessi politici e diplomatici con l’Inghilterra, ritenendo che occorresse aiutare concretamente e anche militarmente i coloni ebrei insediatisi in Palestina nel dopo-guerra.

Gli anni Trenta

A partire dal 1923 Ben Gurion andò a vivere a Tel Aviv in via Pinsker con la sua famiglia, con gli anni Trenta divenne una celebrità: il leader del Partito laburista o socialdemocratico israeliano (il “Mapai”). Dal 1922 sino al 1930 ogni anno circa 10 mila Ebrei giungeranno in Palestina, arrivando alla somma di circa 200 mila su 1 milione di abitanti. Nel 1933, con l’ascesa al potere di Hitler, la Germania e l’Inghilterra (“sed aliter et aliter”) favorirono l’immigrazione di Ebrei tedeschi e polacchi in Palestina, che nel 1939 diverranno circa 500 mila su 1 milione e mezzo di abitanti.

Nel 1933 Jabotinsky, ritenendo che la leadership del sionismo israeliano fosse troppo debole nelle trattative con l’Inghilterra, chiese la “revisione radicale” del Mandato britannico (di qui il nome “revisionista”[20] dato al suo Partito politico) e rivendicò la creazione immediata di uno Stato d’Israele, anche con l’impiego della forza, che inglobasse oltre tutta la Palestina anche la Giordania. Ben Gurion non condivideva la politica autoritaria, violenta e soprattutto d’estrema destra di Jabotinsky, ma nonostante ciò lo incontrò a Londra nel 1934 per ricomporre l’unità del Movimento sionista, però invano. Il sionismo israeliano si ritrovò, così, spaccato in 3 parti: all’estrema destra il revisionismo di Jabotinsky, a sinistra il Partito socialdemocratico di Ben Gurion e al centro Chaim Weizmann, ritenuto troppo diplomatico e conciliatore sia da Jabotinsky che da Ben Gurion, i quali avrebbero voluto risolvere il problema israeliano da soli senza dover ricorrere all’Inghilterra, con la quale invece Weizmann manterrà sempre un rapporto di stretta amicizia e collaborazione, mentre Ben Gurion si schierò con gli Usa (come vedremo meglio in séguito).

Nel 1936 in Palestina scoppiarono altri incidenti gravi con svariati morti tra Arabi ed Ebrei. L’Inghilterra nominò una Commissione presieduta da lord Peel, che stilò un piano di spartizione della Palestina fra Arabi ed Ebrei nel luglio del 1937. Esso fu accettato da Ben Gurion e da Weizmann, ma venne rifiutato da Jabotinsky ed anche da molti delegati del Movimento sionista, tra cui Golda Meir (che allora si chiamava ancora Myerson). A questo punto l’Inghilterra stabilì un numero chiuso per lo stanziamento di nuovi coloni ebrei in Palestina: non oltre i 15 mila l’anno e per soli 5 anni. Ben Gurion si oppose a questa imposizione, mentre Weizmann si mostrò possibilista. La GB, secondo Ben Gurion, cercava di impedire il “diritto di autogoverno dell’ebraismo in Palestina”. Quindi Ben Gurion consentì che le forze migliori dell’Hagana (Organizzazione Militare Clandestina) aiutassero circa 16 mila immigrati clandestini o irregolari (“nihil sub sole novi”) ebrei a sbarcare in Palestina e a rifornirsi di armi. Il piccolo esercito clandestino ebraico poté continuare ad essere addestrato dall’Inghilterra e si formarono, così, le “Squadre d’Assalto” (Palmah) dalle quali uscì il futuro generale Moshè Dayan.

d. Curzio Nitoglia

Fine Prima Parte

Continua...



[1] Cfr. Abram Léon, Il marxismo e la questione ebraica, Milano, Samonà e Savelli, 1968. Lo storico Arthur Ruppin (The Jewish in Modern World, Londra, 1934) spiega che molto prima della distruzione di Gerusalemme (70 d. C.) oltre i tre quarti degli Ebrei non vivevano più in Palestina. Ciro, l’Imperatore persiano, dopo aver conquistato Babilonia (538 a. C.) emanò un Editto col quale concedeva ai Giudei di poter tornare in Patria dalla deportazione babilonese sotto Nabucodonosor (586 a. C.). Dal Libro di Esdra si deduce che solo pochi Ebrei tornarono in Terra Santa ed erano i più poveri. Quindi la maggior parte dei Giudei si era integrata perfettamente fuori della Terra promessa. I testi cuneiformi scoperti dagli archeologi a Babilonia nel Novecento lo confermano ampiamente (cfr. L. Brentano, Das Wirtschaftsleben der Antiken Welt, Jena, 1929). Si legga anche Abba Eban, Storia del popolo ebraico, Milano, Mondadori, 1971; G. Ricciotti, Storia d’Israele, Torino, SEI, 1934, 2 voll.

[2] Auspicia quaedam, 1° maggio 1948; In multiplicibus, 24 ottobre 1948; Redemptoris nostri, 15 aprile 1949.

[3] Chaim Weizmann in La mia vita per Israele (cit.) ha scritto: “Sapevamo che le porte della Palestina ci erano chiuse. Sapevamo che ogni ebreo il quale entrava in Palestina avrebbe potuto essere poi espulso immediatamente dalle autorità turche. Sapevamo che la legge turca proibiva l’acquisto di terreni in Palestina da parte degli Ebrei… Ma noi avanzammo per una strada piccola, oscura, con perseveranza. Gli Ebrei si stabilirono in Palestina e non vennero espulsi. Essi comperarono terreni talvolta attraverso interposte persone, talvolta mediante doni [oggi si direbbe: “mazzette” o “tangenti”, ndr] perché i funzionari turchi erano ancora più corrotti di quelli russi [ma anche la concussione è un reato, ndr]. Le case vennero costruite evadendo la legge [oggi si direbbe: “mediante abusi edilizi”, ndr]. Le prime piccole colonie vennero create con un’infinità varietà di sotterfugi”. Cfr. anche L’histoire des Juifs, in Les cahiers de l’histoire, giugno 1966; D. Ben Gurion, Israele: la grande sfida, Milano, Mondadori, 1967.

[4] Cfr. Maxime Rodinson, Israele e il rifiuto arabo, Torino, Einaudi, 1969.

[5] Cfr. Eli Lobel, Gli ebrei e la Palestina, in Sabri Geries a cura di, Gli arabi in Israele, Roma, Editori Riuniti, 1970.

[6] Nel 1400-1500 uno Stato islamico originario dell’Anatolia (l’attuale Turchia) e costituito da Turchi Ottomani o Osmanli (una tribù turca stanziatasi in origine sull’Eufrate, la quale sotto la guida di Osman o Othman [1259-1326] occupò in Asia Minore, sottraendoli ai Bizantini, i territori che costituirono il primo nucleo dell’Impero Ottomano) di ceppo diverso dagli Arabi ottenne l’egemonia sulle popolazioni arabe musulmane e conquistò quasi tutti i territori che erano sotto la dominazione araba (Egitto, Palestina e Siria), governando in maniera molto crudele su tutti: Arabi musulmani e Cristiani. Nacque, così, l’Impero Ottomano, che durò sino al 1917 e che si estendeva dall’attuale Romania (Europa orientale) sino all’Algeria (Africa bianca) e allo Yemen (Asia e Arabia Saudita). Sfruttando la debolezza di Bisanzio, gli Ottomani iniziarono ad espandersi nei Balcani già verso il XIV secolo e verso la metà del XV secolo si estesero sino al Danubio. Un secolo dopo l’Impero Ottomano giunse sino alla Libia, al Golfo Persico e alla Russia, ma la sua avanzata fu fermata nel primo assedio di Vienna (1529). Nel 1571, con la battaglia di Lepanto, furono arrestati nella loro voglia espansiva verso il Mediterraneo. Nel 1683 furono sconfitti da Giovanni III Sobiesky re della Polonia (1624-1696) nel secondo assedio di Vienna. Costantinopoli, poi Bisanzio infine Istanbul divenne la capitale dell’Impero. Tuttavia da allora l’Impero Ottomano iniziò dolcemente il suo declino: esso fu sconfitto prima dall’Italia nel 1911 e poi (1912-1913) dalle potenze balcaniche (Serbia, Montenegro, Bulgaria e Grecia). Infine con la Prima Guerra Mondiale (1917) si ridusse alla sola Anatolia e nel 1923 fu proclamata la Repubblica turca.

[7] Cr. Lo storico ebreo di lingua greca Giuseppe Flavio (37-103 d. C.), Le Antichità giudaiche; Id., La guerra giudaica (tr. it., a cura di G. Ricciotti, Torino, SEI, II ed., 1948-1949).

[8] Cfr. M. Edelmann, Ben Gurion, Parigi, Presses de la Cité, 1965; M. Bar-Zohar, Ben Gurion le prophète armé, Parigi, Fayard, 1966; G. Romano, Ben Gurion, Della Volpe Editore, 1967.

[9] Ben Gurion era stato anche il nome di un famoso capo della guerriglia giudaica contro gli antichi Romani quando questi occuparono la Giudea nel 66 d. C. (cfr. M. Bar-Zohar, Ben Gurion le prophète armé, Parigi, Fayard, 1966). Il “revanscismo” anti-romano non è estraneo al sionismo, anzi gli è connaturale.

[10] Cfr. Nathan Weinstock, Storia del sionismo, Milano, Samonà e Savelli, 1970.

[11] Cfr. Lo Stato Ebraico scritto da Herzl nel 1896. Herzl a Basilea durante il Primo Congresso Mondiale Sionista esclamò: “a Basilea ho fondato lo Stato ebraico”.

[12] I banchieri ebrei Rothschild finanziavano anche la Russia zarista, che discriminava e perseguitava gli Ebrei. Onde evitare di essere accusati di connivenza con i promotori dei pogrom i Rothschild escogitarono la scappatoia di finanziare gli Zar per… “addolcire” le persecuzioni contro gli Ebrei russi (oltre che per guadagnare lautamente), trafficando col governo zarista, il quale rispettava scrupolosamente i suoi impegni di pagamento; fu così che molti Ebrei-russi attorno al 1870-1890 vennero “liberati” dalla schiavitù zarista dai Rothschild e poterono raggiungere la Palestina arrivando a circa 20 mila unità di Ebrei risiedenti in Palestina, insediandosi nei possedimenti acquistati ivi dal barone Edmond de Rothschild (cfr. Eli Lobel, Gli ebrei e la Palestina, in Sabri Geries a cura di, Gli arabi in Israele, cit.). Inoltre Teodoro Herzl e il Movimento Sionista Mondiale avevano investito in Palestina forti somme: 3 milioni di franchi tedeschi versati nelle banche turche di Palestina; 1 milione di dollari investiti ivi tramite il Credito Coloniale Ebraico; la creazione del Fondo Nazionale Ebraico e della Compagnia Anglo-palestinese; l’Alleanza Ebraica Universale ed infine, ça va sans dire, gli enormi investimenti della famiglia Rothschild nel suo ramo inglese, tedesco e francese in Palestina, allora sotto la dominazione ottomana, che ammontavano in solido a circa 20 mila ettari di terre con circa 4 mila coloni ebrei (in ebraico “fellah”), rappresentanti - come diceva Edmondo de Rothschild - una “grande colonia, che equivale ad un piccolo Stato” (cfr. N. F. Madera, cit., p. 17 e 19). Poi, pian pianino, si passò dalla “piccola colonia” (1890) al “focolare nazionale ebraico” (1917) ed infine all’incendio, ossia allo Stato d’Israele (1948). “L’antico popolo errante tornava alla Terra Promessa con un sistema abbastanza semplice: comprare i terreni dagli Arabi e immediatamente renderli proprietà inalienabile degli Ebrei. Per le operazioni dell’acquisto era stato istituito già nel 1901 un Fondo Nazionale Ebraico, sovvenzionato dall’alta finanza, dalle banche e dalle offerte dei correligionari in ogni parte del mondo” (N. F. Madera, cit., p. 45). Inoltre la GB a partire dal 1920 promulgò una serie di leggi (Immigration Ordinance; Land Transfer Ordinance; Survey Ordinance; Mahlul Land Ordinance; Mawet Land Ordinance) tendenti a favorire la colonizzazione ebraico/sionista della Palestina e nello stesso tempo ad impedire ai Palestinesi di installarsi definitivamente sulle loro terre ancora non coltivate per iniziare a coltivarle (cfr. N. Weinstock, cit.).

[13] Cfr. D. Ben Gurion, Israel, a personal history, New York, Funk & Wagnalls, 1971.

[14] In Russia e nella Polonia occupata dalla Russia zarista gli Ebrei fungevano da intermediari tra la nobiltà terriera latifondista e i mugik (i contadini russi) per riscuotere le tasse e i dazi, che quest’ultimi dovevano ai primi. Per questo motivo gli “esattori” ebrei erano mal visti dai contadini, i quali li ritenevano usurai e la longa manus del latifondismo sfruttatore. Di qui i pogrom, ossia le persecuzioni del popolo contro gli Ebrei nella Russia zarista della fine Ottocento. Il primo Presidente dello Stato d’Israele (1948-1952) Chaim Weizmann ricorda che a Motol, suo paese natale nella Russia Bianca, non vi furono mai pogrom perché i mugik non erano eccessivamente sfruttati; cfr. C. Weizmann, La mia vita per Israele, Milano, Garzanti, 1950.

[15] Cfr. C. Weizmann, La mia vita per Israele, cit.

[16] New York si chiamava originariamente (1654) New Amsterdam ed era una colonia di Olandesi fondata sulle foci del fiume Hudson, che nel 1664 fu ribattezzata New York dagli Inglesi. Nel settembre del 1654 sbarcarono a New Amsterdam 23 Ebrei, i primi a mettere piede nell’America del nord; essi provenivano da Recife nel Brasile e fuggivano le persecuzioni dei Portoghesi, i quali nel 1654 avevano rioccupato Recife dopo 24 anni di tollerante occupazione olandese.

[17] Cfr. E. Ratier, Misteri e segreti del B’nai B’rith, Verrua Savoia (Torino), Centro Librario Sodalitium, 1996.

[18] Cfr. J. Kimche, Il secondo risveglio arabo, Milano, Garzanti, 1970; M. Pistani, Il dramma del popolo palestinese, in Contraddizione, Milano, D’Anna, 1971.

[19] Jabotinsky collaborò, tra il 1919 e il 1921, col generale Petl’jura (il capo antisovietico dei Russi bianchi), che aveva scatenato più volte le sue truppe in violenti pogrom antiebraici, accusando l’ebraismo russo di parteggiare per i sovietici. Inoltre Jabotinsky non ha mai nascosto le sue simpatie per l’organizzazione e il modo di fare del fascismo europeo, che avrebbe dovuto essere imitato dai sionisti in Terra Santa (cfr. A. Revusky, Les Juifs en Palestine, Parigi, 1936). Nel 1924 Jabotinsky prese contatti ufficiali con Mussolini (cfr. C. L. Ottino, Jabotinsky e l’Italia, in “Quaderni di documentazione ebraica contemporanea”, 1960; Id., Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 3, novembre 1963). Chaim Weizmann in La mia vita per Israele narra che i giovani militanti del movimento revisionista di Jabotinsky cantavano nelle loro adunate: “L’Italia a Mussolini, la Germania a Hitler e la Palestina a noi! Viva Jabotinsky!”. La Germania nazionalsocialista già nell’agosto del 1933 stipulò un accordo con la Banca Anglo/Palestinese e le banche ebraico/tedesche (Wassermann e Warburg), secondo cui gli ebrei tedeschi, che avessero versato in una banca tedesca almeno 1000 sterline avrebbero ottenuto i certificati di emigrazione in Palestina ed avrebbero ricevuto in una banca della Palestina l’equivalente del denaro versato in Germania. “In virtù di tale accordo, dall’aprile del 1933 all’agosto del 1939, un totale di 8 milioni di sterline di capitali ebraici fu trasferito dalla Germania in Palestina” (cfr. G. Romano, Ben Gurion, cit.). Inoltre, dal 1933 al 1938, 217 mila ebrei tedeschi e polacchi arrivarono in Palestina, cosicché nel 1939 gli Ebrei in Palestina erano non solo ricchi, ma circa 450 mila su 1 milione e mezzo di abitanti (cfr. Maxime Rodinson, Israele e il rifiuto arabo, Torino, Einaudi, 1969).

[20] Paradossalmente il termine “Revisionismo” a partire dal 1950 - con Paul Rassinier e poi con Robert Faurisson - è passato a significare quel movimento di ricercatori, che chiede di poter “rivisitare” le fonti storiche della shoah e verificare se sia esistito un piano sistematico di eliminazione fisica di 6 milioni di Ebrei nord-europei tramite camere a gas.


Conoscere la sua figura per capire meglio la genesi dello Stato d’Israele e ciò che sta succedendo ai nostri giorni

Introduzione: gli antefatti e i fatti recenti

Verso la fine del dicembre del 2017 il Presidente statunitense Donald Trump ha deciso, unilateralmente, che Gerusalemme dovrà essere la capitale del solo Stato d’Israele e degli Israeliani. Quindi non più la Città Santa delle tre confessioni monoteistiche politicamente internazionalizzata.

Ora la storia insegna che in Palestina a partire dal 30 d. C. cominciarono a viverci i primi Cristiani e a partire dal 70-135 quasi tutti gli Ebrei ne furono espulsi[1] dai Romani e vennero rimpiazzati dai Cristiani sempre crescenti ed infine dal VII secolo vi si aggiunsero i Musulmani, i quali pian piano divennero - dopo l’XI secolo - la maggioranza della popolazione.

Gerusalemme, malgrado tutto, continua ancora ad essere una città giuridicamente e politicamente internazionalizzata (come nel 1948/49 aveva chiesto Pio XII in 3 Encicliche[2] e come aveva stabilito anche l’Onu) perché la maggior parte delle Nazioni facenti parte dell’Onu nel dicembre del 2017 non ha accettato la decisone di Trump, che è restato isolato.

Sebbene lo Stato d’Israele asserisca che Gerusalemme con la Palestina (una volta Giudea, sino al 70 d. C.) è “sempre” stata degli Ebrei (nonostante che Roma abbia distrutto Gerusalemme e la Giudea tra il 70-135 ed abbia disperso quasi tutti i Giudei nel resto del mondo allora conosciuto); i dati anagrafici dimostrano che gli Ebrei presenti in Palestina nel 1880 erano solo 20 mila, arrivando nel 1914 a circa 80 mila unità[3], i Palestinesi musulmani erano circa 600 mila e i Palestinesi cristiani oltre 70 mila su un totale di 750 mila abitanti. Ora la matematica non è un’opinione: 20 mila / 80 mila Ebrei su 750 mila abitanti (di cui 600 mila islamici) non sono la maggioranza della popolazione, anzi ne sono un’infima minoranza. Non si può affermare il contrario senza cadere in errore.

Infine, oltre l’anagrafe, la cronologia storica dimostra che gli Ebrei ritornarono in Palestina, con una certa cospicua entità, solo a partire dai primi decenni del XX secolo, arrivando circa alle 200 mila unità negli anni Trenta (su 1 milione di abitanti), raggiungendo - dopo le espulsioni degli Ebrei dalla Germania e dalla Polonia occupata dal III Reich - la cifra di mezzo milione nel 1939[4]. Quindi non si può assolutamente affermare che la Palestina è “sempre stata degli Ebrei”. Non è oggettivamente vero ed anche se i mass media lo ripetono continuamente resta una falsità o una bugia, ma la propaganda sa bene che una bugia detta una volta è una bugia, però ripetuta quotidianamente può diventare mediaticamente “vera”[5].

L’escalation militare in Medio Oriente

Nei primi giorni del febbraio 2018 gli Usa hanno bombardato una colonna siriana uccidendo circa 100 militari governativi. La Siria, a sua volta, ha abbattuto un caccia israeliano (9 febbraio 2018) dopo che Israele aveva colpito un drono iraniano, il quale stava ispezionando le zone limitrofe tra Iran e Siria. Quindi Israele ha paventato la possibilità di un attacco in grande stile contro l’Iran (11 febbraio). Frattanto gli eserciti della Siria e della Turchia[6] si stanno affrontando per la questione dei Curdi, che risiedono ai confini tra le due Nazioni. Gli Usa e la Russia consigliavano moderazione, ma ora son passati alle minacce esplicite e reciproche di guerra nucleare (2 marzo 2018, cfr. il “Discorso di Putin” riportato su questo sito). Israele soffia sul fuoco. Cosa succederà? E perché tanta voglia di guerra nel Vicino Oriente, che potrebbe diventare mondiale e nucleare, soprattutto da parte di Israele e di Netanyahu? La storia degli zeloti, che provocarono Roma nel 64 d. C. e la costrinsero a sedare la rivolta arrivando alla distruzione di Gerusalemme con il suo Tempio (70 d. C.), non ha insegnato nulla a Israele?[7] Si direbbe proprio di no.

La figura di Ben Gurion fa capire meglio questi avvenimenti

Per rispondere a queste domande e capire meglio ciò che bolle in pentola mi sembra utile studiare e porgere al lettore, in maniera molto semplice (invitandolo ad approfondire il tema), la figura di David Ben Gurion[8], che è stato il 1° Primo Ministro d’Israele e contemporaneamente il suo Ministro della Difesa e degli Esteri, il personaggio storico che annunciò al mondo intero la nascita dello Stato d’Israele (15 maggio 1948); in breve colui che è stato comunemente definito “l’anima e il cervello d’Israele” (Edmond Bergheaud, La nascita d’Israele, in I grandi enigmi della Guerra Fredda, Ginevra, Ed. di Crémille, 1969) e il fondatore delle sue Forze Armate regolari… e irregolari.

Per far ciò mi baso sostanzialmente sul libro dello storico israeliano Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion (Milano, Mondadori, 1972), integrandolo con qualche altro studio ove necessario.

La giovinezza di Ben Gurion

Innanzitutto occorre precisare che Ben Gurion (in ebraico “Figlio del leoncello”[9]) è il nome di battaglia che il giovane David Grün si scelse nel 1910 a 24 anni. Grün è un nome ebraico di origine tedesca che vuol dire “giovane, fresco, verde”.

David Ben Gurion nacque il 16 ottobre del 1886 nella cittadina (di circa 20 mila anime) di Plonsk in Polonia (a circa 70 km da Varsavia), quando questa era territorio occupato dalla Russia zarista. Suo padre si chiamava Avigdor Grün ed era un consulente legale anche se non aveva conseguito la laurea in giurisprudenza.

La sua educazione iniziale consistette nell’apprendimento del Pentateuco e del Talmud presso le scuole rabbiniche di Plonsk, ma quando conobbe l’ideologia sionista abbandonò la fede talmudica per abbracciare quella sionistica[10].

Uno dei tratti che lasciano perplessi nei fondatori sionisti dello Stato d’Israele è il fatto che, pur essendo atei, si rifacevano alla promessa fatta da Dio al popolo d’Israele di dar loro la “Terra promessa”, ossia Canaan (cfr. F. Spadafora, Dizionario Biblico, Roma, Studium, III ed., 1963, pp. 98-100, voce Canaan) .

Il giovane Ben Gurion filo-sionista

Nel 1897 David Ben Gurion s’innamorò delle idee sioniste lanciate allora dall’ebreo ungherese Teodoro Herzl[11] (1860-1904) nel Primo Congresso Sionistico Mondiale di Basilea. Suo padre Avigdor era un dirigente sionista della sezione di Plonsk, che aveva la sua sede in casa Grün in via delle Capre.

David nel 1901 a soli 14 anni con due suoi amici (Shelomò Zemach e Samuel Fuchs) fondò una Società Giovanile Sionista a Plonsk.

Nel 1903 a 17 anni David lasciò Plonsk per Varsavia ove iniziò a distinguersi per l’impegno politico, l’oratoria infiammata e la verve polemica agguerrita. Davide aveva un carattere intransigente, un forte impegno lavorativo, un’inesauribile combattività, accompagnate da una grande capacità persuasiva. In breve era un leader nato e s’imponeva ai giovani compagni nonostante la sua bassa statura.

Ben Gurion in Palestina

Nel 1906 David partì alla volta della Palestina e sbarcò al porto di Giaffa (vicino al quale nel 1909 sorgerà Tel Aviv, che in ebraico significa “Colle della Primavera”) e di lì si recò a Petah Tikwa (in ebraico “Porta della speranza”), una piccola colonia ebraica fondata nel 1878 e fiorita nel 1883 grazie ad un cospicuo finanziamento del barone ebreo-inglese Edmond de Rothschild[12], in cui lavoravano ancora sino al 1909 circa 1. 200 contadini arabi (la cui mano d’opera costava di meno) e soli 25 coloni ebrei, ma ben presto ne fu espulso[13] per il suo comportamento giudicato esageratamente filo-socialista e filo-sindacale a favore dell’impiego di soli coloni ebrei, anche se più costoso, che non piaceva ai proprietari ebrei di più vecchia immigrazione (N. F. Madera, Ben Gurion, cit., p. 23)[14]. David si trasferì, così, in Galilea nella colonia ebraica e contadina di Sejera, ove si trovò a suo perfetto agio, ma siccome Sejera si trovava in territorio arabo, ossia in quella che allora era ancora la Palestina… ed era particolarmente scoperta, il ventiduenne David pensò ad una sua difesa armata per opera degli stessi coltivatori ebrei. “Da questa esperienza di autodifesa nascerà l’Hashomer (in ebraico ‘Il Guardiano’), la prima organizzazione militare ebraica in territorio arabo” (F. N. Madera, cit., p. 24), di cui Ben Gurion fu uno dei fondatori a Sejera, ove partecipò ben presto alla prima seria battaglia contro un gruppo armato di Arabi (“fedayn”), in cui si ebbero alcuni morti.

Nel 1910 David si trasferì a Gerusalemme (e prese il nome di battaglia di Ben Gurion), chiamatovi da Isacco Ben Zvi per collaborare al mensile e poi settimanale Ha-Achdut (“L’Unità”) scritto non più in yiddish, ma interamente in ebraico.

Nel 1911 David assieme a Zvi si recò a Costantinopoli o Istanbul per frequentarvi la facoltà di Giurisprudenza ed avere contatti sempre più stretti con il Movimento Sionista Mondiale, diretto allora da Otto Warburg coadiuvato da Chaim Weizmann (1874-1952)[15], il chimico di fama mondiale già Presidente dell’Organizzazione Sionista Mondiale (1920-1930; 1935-1946) e futuro primo Presidente dello Stato d’Israele, di cui Ben Gurion fu il Primo Ministro e antagonista,.

Ben Gurion negli Usa

Nel 1915 - nonostante che già nel 1914 avesse sostenuto su “L’Unità” la necessità per gli Ebrei di Palestina di arruolarsi con la Turchia nella Prima Guerra Mondiale - Gurion venne espulso dagli Ottomani dalla Palestina assieme a tutti i leader sionisti poiché le autorità turche ritenevano che essi avessero fondato una società segreta ebraica per fomentare la rivolta contro l’Impero Ottomano in vista della nascita del futuro Stato d’Israele. Quindi Ben Gurion assieme al suo amico Ben Zvi si diresse ad Alessandria d’Egitto e di lì si imbarcarono per gli Usa. Nell’estate del 1915 sbarcarono nel porto di New York[16] ove furono accolti da alcuni compagni Ebrei-americani filo-sionisti.

Siccome il milione e mezzo circa di Ebrei residenti allora in America del nord non era per nulla sensibile all’ideologia sionista e soprattutto al pensiero di tornare fisicamente in Palestina, Ben Gurion si mise al lavoro per sensibilizzarli e far nascere un forte Movimento Sionista anche negli Usa. David capì già allora che gli Usa avrebbero rimpiazzato la GB nella leadership mondiale e si schierò con gli Stati Uniti d’America, allontanandosi sempre più dall’Inghilterra a differenza di Chaim Weizmann, il quale restò sempre filo-britannico. Egli, quindi, prese contatto col giudice ebreo-americano Louis Brandeis (del Bené Berith[17]), il capo del Sionismo statunitense e amico intimo del Presidente americano Woodrow Wilson, e visitò Chicago, Detroit, Boston, Philadelphia ed altre grandi città americane, tenendo conferenze a favore del Sionismo.

La Prima Guerra Mondiale e la “Legione Ebraica”

Nel 1916 gli Usa entrarono in guerra a fianco di Inghilterra, Francia, Italia e Russia zarista contro l’Austria-Ungheria, la Germania e la Turchia. Ben Gurion costituì, allora, un corpo militare ebraico che combattesse a fianco degli Usa, Inghilterra, Francia e Italia. Tuttavia era stato preceduto dai due indomabili capi del Sionismo integralista di estrema-destra: Vladìmir Jabotinsky e Joseph Trumpeldor, i quali a Londra avevano già ottenuto dalle autorità britanniche il permesso di costituire la “Legione Ebraica”, che si concretizzò il 23 agosto del 1917.

La Legione Ebraica era composta inizialmente da 5 mila uomini reclutati in America, essa era concepita da Jabotinsky e Trumpeldor “col fine recondito di occupare militarmente la Palestina dopo la conquista britannica, alla fine della Prima Guerra Mondiale e doveva rappresentare la base del futuro Stato ebraico” (cfr. N. Weinstock, Storia del sionismo, Milano, Samonà e Savelli, 1970). Invece Ben Gurion riteneva che lo Stato ebraico dovesse nascere soprattutto dal sudore della fronte dei coloni ebrei (i Fellah), ma non senza l’aiuto dalle armi.

Inoltre Ben Gurion, almeno sino al 1916, era tentato da una possibile alleanza con i Turchi contro la Francia e l’Inghilterra. Egli non credeva che queste due nazioni avrebbero vinto contro l’Austria-Ungheria e la Turchia. Quindi riteneva di fondare delle colonie ebraiche in Palestina sotto la protezione del Protettorato turco-tedesco, ma quando gli Usa entrarono in guerra nel 1916 a fianco di Francia e Inghilterra Ben Gurion (da sempre filo-statunitense) capì che le sorti della guerra erano segnate, conoscendo la potenza dell’America, e cambiò opinione: nel 1917 si spostò contro l’Impero Ottomano e si affiancò agli Usa, Francia ed Inghilterra (N. F. Madera, cit., p. 35). Fu così che lo Stato d’Israele nacque nel 1948 sotto il Protettorato britannico e non turco-tedesco.

La Legione Ebraica era costituita da soli Ebrei e poteva combattere sul fronte palestinese, che allora era terreno di battaglia tra l’Impero Ottomano (a fianco della Germania e dell’Austria) e l’Inghilterra. La Legione ottenne anche l’appoggio dell’ebraismo americano, capitanato da Ben Gurion a New York. In pochi giorni circa 4 mila Ebrei-americani aderirono alla Legione Ebraica. Essi cominciarono ad addestrarsi militarmente prima in Canada e poi in GB.

Frattanto era uscita la famosa “Dichiarazione Balfour” (2 novembre 1917), con la quale la GB concedeva “la creazione di un Focolare nazionale ebraico in Palestina”. G. B. Shaw scrisse: “Balfour nel 1917 diede la Palestina al dr. Chaim Weizmann, mentre non aveva il diritto di farlo. Il fatto era che Weizmann, il quale era un chimico geniale, aveva appena fornito al governo britannico un sistema per la fabbricazione della cordite (un potente esplosivo). Era naturale che il governo inglese gli fosse molto grato e gli diede Gerusalemme, che non apparteneva a Balfour, così Balfour non ebbe nessuna difficoltà a pagare l’esplosivo con la concessione della Palestina, che non era sua” (The Palestinian Muddle, in “Liberty”, 1971). Anche Ben Gurion (che nel frattempo si era sposato con un’ebrea russa nata a Minsk ed emigrata in Usa: Pauline Munwess) si arruolò con la Legione Ebraica e si recò per l’addestramento prima in Canada e poi in GB. Tuttavia siccome durante il tempo dell’addestramento l’Impero turco era già stato sconfitto dall’Inghilterra, Ben Gurion non ebbe il tempo di partecipare alla Grande Guerra e, quando il suo battaglione sbarcò in Egitto, Gerusalemme era già stata conquistata dall’Inghilterra. Gli Arabi, sotto l’emiro Feisal, aiutati dal leggendario tenente inglese Lawrence d’Arabia (su cui è stato girato un film-colossal americano) si erano illusi di aver vinto la guerra dopo la sconfitta della Turchia, ma l’Inghilterra si era presa gioco di loro, perché prima li aveva aizzati contro i Turchi e poi aveva concesso la nascita di un futuro Stato ebraico (anche se chiamato semplicemente “Focolare nazionale”) in Palestina con lo scorno degli Arabi in generale e specialmente dei Palestinesi e il trionfo degli Ebrei. Chaim Weizmann in questi frangenti, pur mirando alla nascita dello Stato ebraico, mantenne sempre buone relazioni con Feisal (andando spesso a Aqaba a rendergli visita) e con gli Arabi. Addirittura il 3 gennaio del 1919 a Londra Weizmann (quale rappresentante dei sionisti) e Feisal (come rappresentante degli Arabi) firmarono un accordo di amicizia. Fu allora che Ben Gurion con la moglie decisero di stabilirsi definitivamente in Palestina e precisamente a Gerusalemme[18].

Alla fine della Prima Guerra Mondiale (1918) la Comunità ebraica palestinese era scesa da 80 mila (nel 1914) a 50 mila unità contro i 600 mila Palestinesi e i 70 mila Cristiani su un totale di 750 mila abitanti (Bullettin of Current Statistics of Palestine, 1922-1945). La sua economia aveva conosciuta una grave crisi: “la spinta pionieristica sembrava del tutto spenta” (N. F. Madera, cit., p. 42). Ben Gurion non si diede per vinto e iniziò a lavorare alla fondazione di un Movimento Socialista ebraico/palestinese. Il problema dell’unità degli operai ebrei in Palestina era sentito fortemente dal filo-socialista Gurion, secondo cui la Palestina sarebbe diventata lo Stato d’Israele soprattutto col lavoro degli operai ebrei più che con la guerra e la guerriglia, come invece ritenevano Jabotinsky e Trumpeldor.

La sconfitta della Turchia e il “Focolare nazionale ebraico”

La GB, che aveva sconfitto l’Impero Ottomano presente anche in Palestina sino al 1917, aveva ottenuto dalle Nazioni Unite un “Mandato” sulla Palestina nel 1920 e grazie a questo “Mandato” poté decidere le sorti della Terra Santa, concedendo agli Ebrei l’insediamento di un numero sempre crescente di coloni in Palestina e la fondazione dello Stato d’Israele nel 1948.

Naturalmente gli Arabi si scatenarono sùbito contro i coloni ebrei, che iniziavano ad entrare sempre più numerosi in Palestina con l’appoggio della GB. A partire dal 1922 si ebbero le prime scaramucce armate e le prima vittime tra Arabi ed Ebrei, nel 1929 tra il 23 e il 29 agosto gli Ebrei contarono circa 150 morti a Gerusalemme (cfr. E. Bergheaud, La nascita d’Israele, cit.).

Siccome la GB cercava di calmare gli scontri, arrestando sia Arabi che Ebrei, il pragmatico laburista Ben Gurion come l’integralista filo-“fascista” Jabotinsky[19] si convinsero che la “Dichiarazione Balfour” sul “Focolare nazionale ebraico in Palestina” era solo un “bel gesto” politico, che non avrebbe dato la preponderanza agli Ebrei a scapito dei Palestinesi in Terra Santa e quindi lo denunciarono e si scagliarono contro quei dirigenti sionisti filo-borghesi e liberali (Chaim Weizmann) troppo inclini ai compromessi politici e diplomatici con l’Inghilterra, ritenendo che occorresse aiutare concretamente e anche militarmente i coloni ebrei insediatisi in Palestina nel dopo-guerra.

Gli anni Trenta

A partire dal 1923 Ben Gurion andò a vivere a Tel Aviv in via Pinsker con la sua famiglia, con gli anni Trenta divenne una celebrità: il leader del Partito laburista o socialdemocratico israeliano (il “Mapai”). Dal 1922 sino al 1930 ogni anno circa 10 mila Ebrei giungeranno in Palestina, arrivando alla somma di circa 200 mila su 1 milione di abitanti. Nel 1933, con l’ascesa al potere di Hitler, la Germania e l’Inghilterra (“sed aliter et aliter”) favorirono l’immigrazione di Ebrei tedeschi e polacchi in Palestina, che nel 1939 diverranno circa 500 mila su 1 milione e mezzo di abitanti.

Nel 1933 Jabotinsky, ritenendo che la leadership del sionismo israeliano fosse troppo debole nelle trattative con l’Inghilterra, chiese la “revisione radicale” del Mandato britannico (di qui il nome “revisionista”[20] dato al suo Partito politico) e rivendicò la creazione immediata di uno Stato d’Israele, anche con l’impiego della forza, che inglobasse oltre tutta la Palestina anche la Giordania. Ben Gurion non condivideva la politica autoritaria, violenta e soprattutto d’estrema destra di Jabotinsky, ma nonostante ciò lo incontrò a Londra nel 1934 per ricomporre l’unità del Movimento sionista, però invano. Il sionismo israeliano si ritrovò, così, spaccato in 3 parti: all’estrema destra il revisionismo di Jabotinsky, a sinistra il Partito socialdemocratico di Ben Gurion e al centro Chaim Weizmann, ritenuto troppo diplomatico e conciliatore sia da Jabotinsky che da Ben Gurion, i quali avrebbero voluto risolvere il problema israeliano da soli senza dover ricorrere all’Inghilterra, con la quale invece Weizmann manterrà sempre un rapporto di stretta amicizia e collaborazione, mentre Ben Gurion si schierò con gli Usa (come vedremo meglio in séguito).

Nel 1936 in Palestina scoppiarono altri incidenti gravi con svariati morti tra Arabi ed Ebrei. L’Inghilterra nominò una Commissione presieduta da lord Peel, che stilò un piano di spartizione della Palestina fra Arabi ed Ebrei nel luglio del 1937. Esso fu accettato da Ben Gurion e da Weizmann, ma venne rifiutato da Jabotinsky ed anche da molti delegati del Movimento sionista, tra cui Golda Meir (che allora si chiamava ancora Myerson). A questo punto l’Inghilterra stabilì un numero chiuso per lo stanziamento di nuovi coloni ebrei in Palestina: non oltre i 15 mila l’anno e per soli 5 anni. Ben Gurion si oppose a questa imposizione, mentre Weizmann si mostrò possibilista. La GB, secondo Ben Gurion, cercava di impedire il “diritto di autogoverno dell’ebraismo in Palestina”. Quindi Ben Gurion consentì che le forze migliori dell’Hagana (Organizzazione Militare Clandestina) aiutassero circa 16 mila immigrati clandestini o irregolari (“nihil sub sole novi”) ebrei a sbarcare in Palestina e a rifornirsi di armi. Il piccolo esercito clandestino ebraico poté continuare ad essere addestrato dall’Inghilterra e si formarono, così, le “Squadre d’Assalto” (Palmah) dalle quali uscì il futuro generale Moshè Dayan.

d. Curzio Nitoglia

Fine Prima Parte

Continua...



[1] Cfr. Abram Léon, Il marxismo e la questione ebraica, Milano, Samonà e Savelli, 1968. Lo storico Arthur Ruppin (The Jewish in Modern World, Londra, 1934) spiega che molto prima della distruzione di Gerusalemme (70 d. C.) oltre i tre quarti degli Ebrei non vivevano più in Palestina. Ciro, l’Imperatore persiano, dopo aver conquistato Babilonia (538 a. C.) emanò un Editto col quale concedeva ai Giudei di poter tornare in Patria dalla deportazione babilonese sotto Nabucodonosor (586 a. C.). Dal Libro di Esdra si deduce che solo pochi Ebrei tornarono in Terra Santa ed erano i più poveri. Quindi la maggior parte dei Giudei si era integrata perfettamente fuori della Terra promessa. I testi cuneiformi scoperti dagli archeologi a Babilonia nel Novecento lo confermano ampiamente (cfr. L. Brentano, Das Wirtschaftsleben der Antiken Welt, Jena, 1929). Si legga anche Abba Eban, Storia del popolo ebraico, Milano, Mondadori, 1971; G. Ricciotti, Storia d’Israele, Torino, SEI, 1934, 2 voll.

[2] Auspicia quaedam, 1° maggio 1948; In multiplicibus, 24 ottobre 1948; Redemptoris nostri, 15 aprile 1949.

[3] Chaim Weizmann in La mia vita per Israele (cit.) ha scritto: “Sapevamo che le porte della Palestina ci erano chiuse. Sapevamo che ogni ebreo il quale entrava in Palestina avrebbe potuto essere poi espulso immediatamente dalle autorità turche. Sapevamo che la legge turca proibiva l’acquisto di terreni in Palestina da parte degli Ebrei… Ma noi avanzammo per una strada piccola, oscura, con perseveranza. Gli Ebrei si stabilirono in Palestina e non vennero espulsi. Essi comperarono terreni talvolta attraverso interposte persone, talvolta mediante doni [oggi si direbbe: “mazzette” o “tangenti”, ndr] perché i funzionari turchi erano ancora più corrotti di quelli russi [ma anche la concussione è un reato, ndr]. Le case vennero costruite evadendo la legge [oggi si direbbe: “mediante abusi edilizi”, ndr]. Le prime piccole colonie vennero create con un’infinità varietà di sotterfugi”. Cfr. anche L’histoire des Juifs, in Les cahiers de l’histoire, giugno 1966; D. Ben Gurion, Israele: la grande sfida, Milano, Mondadori, 1967.

[4] Cfr. Maxime Rodinson, Israele e il rifiuto arabo, Torino, Einaudi, 1969.

[5] Cfr. Eli Lobel, Gli ebrei e la Palestina, in Sabri Geries a cura di, Gli arabi in Israele, Roma, Editori Riuniti, 1970.

[6] Nel 1400-1500 uno Stato islamico originario dell’Anatolia (l’attuale Turchia) e costituito da Turchi Ottomani o Osmanli (una tribù turca stanziatasi in origine sull’Eufrate, la quale sotto la guida di Osman o Othman [1259-1326] occupò in Asia Minore, sottraendoli ai Bizantini, i territori che costituirono il primo nucleo dell’Impero Ottomano) di ceppo diverso dagli Arabi ottenne l’egemonia sulle popolazioni arabe musulmane e conquistò quasi tutti i territori che erano sotto la dominazione araba (Egitto, Palestina e Siria), governando in maniera molto crudele su tutti: Arabi musulmani e Cristiani. Nacque, così, l’Impero Ottomano, che durò sino al 1917 e che si estendeva dall’attuale Romania (Europa orientale) sino all’Algeria (Africa bianca) e allo Yemen (Asia e Arabia Saudita). Sfruttando la debolezza di Bisanzio, gli Ottomani iniziarono ad espandersi nei Balcani già verso il XIV secolo e verso la metà del XV secolo si estesero sino al Danubio. Un secolo dopo l’Impero Ottomano giunse sino alla Libia, al Golfo Persico e alla Russia, ma la sua avanzata fu fermata nel primo assedio di Vienna (1529). Nel 1571, con la battaglia di Lepanto, furono arrestati nella loro voglia espansiva verso il Mediterraneo. Nel 1683 furono sconfitti da Giovanni III Sobiesky re della Polonia (1624-1696) nel secondo assedio di Vienna. Costantinopoli, poi Bisanzio infine Istanbul divenne la capitale dell’Impero. Tuttavia da allora l’Impero Ottomano iniziò dolcemente il suo declino: esso fu sconfitto prima dall’Italia nel 1911 e poi (1912-1913) dalle potenze balcaniche (Serbia, Montenegro, Bulgaria e Grecia). Infine con la Prima Guerra Mondiale (1917) si ridusse alla sola Anatolia e nel 1923 fu proclamata la Repubblica turca.

[7] Cr. Lo storico ebreo di lingua greca Giuseppe Flavio (37-103 d. C.), Le Antichità giudaiche; Id., La guerra giudaica (tr. it., a cura di G. Ricciotti, Torino, SEI, II ed., 1948-1949).

[8] Cfr. M. Edelmann, Ben Gurion, Parigi, Presses de la Cité, 1965; M. Bar-Zohar, Ben Gurion le prophète armé, Parigi, Fayard, 1966; G. Romano, Ben Gurion, Della Volpe Editore, 1967.

[9] Ben Gurion era stato anche il nome di un famoso capo della guerriglia giudaica contro gli antichi Romani quando questi occuparono la Giudea nel 66 d. C. (cfr. M. Bar-Zohar, Ben Gurion le prophète armé, Parigi, Fayard, 1966). Il “revanscismo” anti-romano non è estraneo al sionismo, anzi gli è connaturale.

[10] Cfr. Nathan Weinstock, Storia del sionismo, Milano, Samonà e Savelli, 1970.

[11] Cfr. Lo Stato Ebraico scritto da Herzl nel 1896. Herzl a Basilea durante il Primo Congresso Mondiale Sionista esclamò: “a Basilea ho fondato lo Stato ebraico”.

[12] I banchieri ebrei Rothschild finanziavano anche la Russia zarista, che discriminava e perseguitava gli Ebrei. Onde evitare di essere accusati di connivenza con i promotori dei pogrom i Rothschild escogitarono la scappatoia di finanziare gli Zar per… “addolcire” le persecuzioni contro gli Ebrei russi (oltre che per guadagnare lautamente), trafficando col governo zarista, il quale rispettava scrupolosamente i suoi impegni di pagamento; fu così che molti Ebrei-russi attorno al 1870-1890 vennero “liberati” dalla schiavitù zarista dai Rothschild e poterono raggiungere la Palestina arrivando a circa 20 mila unità di Ebrei risiedenti in Palestina, insediandosi nei possedimenti acquistati ivi dal barone Edmond de Rothschild (cfr. Eli Lobel, Gli ebrei e la Palestina, in Sabri Geries a cura di, Gli arabi in Israele, cit.). Inoltre Teodoro Herzl e il Movimento Sionista Mondiale avevano investito in Palestina forti somme: 3 milioni di franchi tedeschi versati nelle banche turche di Palestina; 1 milione di dollari investiti ivi tramite il Credito Coloniale Ebraico; la creazione del Fondo Nazionale Ebraico e della Compagnia Anglo-palestinese; l’Alleanza Ebraica Universale ed infine, ça va sans dire, gli enormi investimenti della famiglia Rothschild nel suo ramo inglese, tedesco e francese in Palestina, allora sotto la dominazione ottomana, che ammontavano in solido a circa 20 mila ettari di terre con circa 4 mila coloni ebrei (in ebraico “fellah”), rappresentanti - come diceva Edmondo de Rothschild - una “grande colonia, che equivale ad un piccolo Stato” (cfr. N. F. Madera, cit., p. 17 e 19). Poi, pian pianino, si passò dalla “piccola colonia” (1890) al “focolare nazionale ebraico” (1917) ed infine all’incendio, ossia allo Stato d’Israele (1948). “L’antico popolo errante tornava alla Terra Promessa con un sistema abbastanza semplice: comprare i terreni dagli Arabi e immediatamente renderli proprietà inalienabile degli Ebrei. Per le operazioni dell’acquisto era stato istituito già nel 1901 un Fondo Nazionale Ebraico, sovvenzionato dall’alta finanza, dalle banche e dalle offerte dei correligionari in ogni parte del mondo” (N. F. Madera, cit., p. 45). Inoltre la GB a partire dal 1920 promulgò una serie di leggi (Immigration Ordinance; Land Transfer Ordinance; Survey Ordinance; Mahlul Land Ordinance; Mawet Land Ordinance) tendenti a favorire la colonizzazione ebraico/sionista della Palestina e nello stesso tempo ad impedire ai Palestinesi di installarsi definitivamente sulle loro terre ancora non coltivate per iniziare a coltivarle (cfr. N. Weinstock, cit.).

[13] Cfr. D. Ben Gurion, Israel, a personal history, New York, Funk & Wagnalls, 1971.

[14] In Russia e nella Polonia occupata dalla Russia zarista gli Ebrei fungevano da intermediari tra la nobiltà terriera latifondista e i mugik (i contadini russi) per riscuotere le tasse e i dazi, che quest’ultimi dovevano ai primi. Per questo motivo gli “esattori” ebrei erano mal visti dai contadini, i quali li ritenevano usurai e la longa manus del latifondismo sfruttatore. Di qui i pogrom, ossia le persecuzioni del popolo contro gli Ebrei nella Russia zarista della fine Ottocento. Il primo Presidente dello Stato d’Israele (1948-1952) Chaim Weizmann ricorda che a Motol, suo paese natale nella Russia Bianca, non vi furono mai pogrom perché i mugik non erano eccessivamente sfruttati; cfr. C. Weizmann, La mia vita per Israele, Milano, Garzanti, 1950.

[15] Cfr. C. Weizmann, La mia vita per Israele, cit.

[16] New York si chiamava originariamente (1654) New Amsterdam ed era una colonia di Olandesi fondata sulle foci del fiume Hudson, che nel 1664 fu ribattezzata New York dagli Inglesi. Nel settembre del 1654 sbarcarono a New Amsterdam 23 Ebrei, i primi a mettere piede nell’America del nord; essi provenivano da Recife nel Brasile e fuggivano le persecuzioni dei Portoghesi, i quali nel 1654 avevano rioccupato Recife dopo 24 anni di tollerante occupazione olandese.

[17] Cfr. E. Ratier, Misteri e segreti del B’nai B’rith, Verrua Savoia (Torino), Centro Librario Sodalitium, 1996.

[18] Cfr. J. Kimche, Il secondo risveglio arabo, Milano, Garzanti, 1970; M. Pistani, Il dramma del popolo palestinese, in Contraddizione, Milano, D’Anna, 1971.

[19] Jabotinsky collaborò, tra il 1919 e il 1921, col generale Petl’jura (il capo antisovietico dei Russi bianchi), che aveva scatenato più volte le sue truppe in violenti pogrom antiebraici, accusando l’ebraismo russo di parteggiare per i sovietici. Inoltre Jabotinsky non ha mai nascosto le sue simpatie per l’organizzazione e il modo di fare del fascismo europeo, che avrebbe dovuto essere imitato dai sionisti in Terra Santa (cfr. A. Revusky, Les Juifs en Palestine, Parigi, 1936). Nel 1924 Jabotinsky prese contatti ufficiali con Mussolini (cfr. C. L. Ottino, Jabotinsky e l’Italia, in “Quaderni di documentazione ebraica contemporanea”, 1960; Id., Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, n. 3, novembre 1963). Chaim Weizmann in La mia vita per Israele narra che i giovani militanti del movimento revisionista di Jabotinsky cantavano nelle loro adunate: “L’Italia a Mussolini, la Germania a Hitler e la Palestina a noi! Viva Jabotinsky!”. La Germania nazionalsocialista già nell’agosto del 1933 stipulò un accordo con la Banca Anglo/Palestinese e le banche ebraico/tedesche (Wassermann e Warburg), secondo cui gli ebrei tedeschi, che avessero versato in una banca tedesca almeno 1000 sterline avrebbero ottenuto i certificati di emigrazione in Palestina ed avrebbero ricevuto in una banca della Palestina l’equivalente del denaro versato in Germania. “In virtù di tale accordo, dall’aprile del 1933 all’agosto del 1939, un totale di 8 milioni di sterline di capitali ebraici fu trasferito dalla Germania in Palestina” (cfr. G. Romano, Ben Gurion, cit.). Inoltre, dal 1933 al 1938, 217 mila ebrei tedeschi e polacchi arrivarono in Palestina, cosicché nel 1939 gli Ebrei in Palestina erano non solo ricchi, ma circa 450 mila su 1 milione e mezzo di abitanti (cfr. Maxime Rodinson, Israele e il rifiuto arabo, Torino, Einaudi, 1969).

[20] Paradossalmente il termine “Revisionismo” a partire dal 1950 - con Paul Rassinier e poi con Robert Faurisson - è passato a significare quel movimento di ricercatori, che chiede di poter “rivisitare” le fonti storiche della shoah e verificare se sia esistito un piano sistematico di eliminazione fisica di 6 milioni di Ebrei nord-europei tramite camere a gas.

 
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