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Francisco Franco (4a parte)
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Dal 1945 al 1975

La vittoria degli “Alleati” fu amara per Franco, nonostante le sue aperture verso la GB e gli Usa a partire dal 1941 e la progressiva presa di distanza dall’Asse, che nell’aprile/maggio del 1945 cessò completamente di esistere. Dopo il 1945 il suo regime, totalmente privo oramai dell’appoggio di Italia e Germania, venne messo al bando e alla gogna dalla Comunità Internazionale.

In Inghilterra Churchill, che poteva essere considerato vagamente un “amico” di Franco, era caduto ed erano andati al potere i laburisti. Roosevelt, in una lettera del 10 marzo 1945 all’ambasciatore statunitense in Spagna, si rimangiò ben presto le non lontane espressioni di elogio per Franco e minacciò di sostenere un intervento internazionale in Spagna per spodestarlo (Gianni Rizzoni, Franco, Milano, Mondadori, 1973, p. 129), ma morì prima di poter mettere in atto il suo programma. “La sua morte fu un duro colpo per gli antifranchisti e un sollievo per il Caudillo” (ivi).

I comunisti di tutto il mondo chiesero la testa del Caudillo e videro nella sconfitta di Churchill in Inghilterra una sorta di sconfitta del conservatorismo in tutta Europa tale da far sperare in una prossima defenestrazione di Franco. Anche in Francia le sinistre salirono al potere. La Spagna era veramente mal circondata nel 1945-1946. Inoltre alla Conferenza di Potsdam Usa, Urss e GB stabilirono di non accogliere la Spagna nelle Nazioni Unite perché fondata, nel 1936-1939, con l’appoggio di Italia e Germania. In breve tutti i nemici di Franco, che nel 1939 erano stati sconfitti rialzarono la testa nel 1945.

“Il Generalissimo sembra alle corde, ma ancora una volta la sua abilità di manipolatore di uomini e di situazioni ha la meglio” (ibid., p. 131). In realtà il suo sangue freddo, la capacità di attendere e di non lasciarsi coinvolgere emotivamente dagli eventi, lo salvarono anche nel periodo post-bellico come lo avevano preservato dall’entrare in guerra precipitosamente, dopo che la Germania aveva conquistato in tre settimane la Francia, a fianco dell’Asse.  Mussolini non ebbe questa qualità e si precipitò a fianco della Germania, pensando che con la conquista della Francia la guerra fosse finita, ma l’Inghilterra stava ancora là e la Russia bolscevica attendeva il suo turno e dietro loro si celavano gli Usa, che scesero in guerra e furono determinanti come lo erano stati nella Prima Guerra Mondiale.

Per sopravvivere Franco dovette dare alla Spagna una verniciatura di democratizzazione. Infatti il 16 luglio del 1945 promulgò il Fuero, ossia la libertà e i diritti per i cittadini, ma se il Fuero riconosceva i diritti in realtà non ne garantiva realmente nessuno (cfr. Max Gallo, Histoire de l’Espagne franquiste, Ed. Laffont, Parigi, 1969).

Nel 1945 la Chiesa (pre-conciliare) venne in aiuto al Caudillo, che nominò ministro degli Esteri il capo dell’Azione Cattolica spagnola (forte di 350 mila militanti). La Falange venne sacrificata alle necessità politiche del momento. Gli alleati del franchismo divennero allora i conservatori e i cattolici, l’aiuto fascista e nazista alla nascita del franchismo fu messo in sordina.

Dopo aver concesso un’amnistia generale, Franco si liberò dei ministri più compromessi con il fascismo e cambiò il governo. Purtroppo iniziò a servirsi dell’appoggio dell’Opus Dei, che apparentemente poteva presentarsi come l’ala più conservatrice del cattolicesimo spagnolo, ma in realtà era aperta alle influenze tecnocratiche statunitensi e britanniche, antesignane di quello che è l’attuale movimento neoconservatore americano e che porterà pian piano la Spagna dal franchismo alla democrazia, specialmente dopo la morte del Caudillo, in pochi anni. “L’Obra può essere considerata un gruppo di pressione all’interno del regime franchista, come portavoce degli ambienti liberal/tecnocratici e bancari, che nel 1951 monopolizzò quasi tutte le cattedre universitarie, poi i ministeri e quindi l’ambiente politico vero e proprio” (ib., cit., p. 150).

Franco pensava di potersi appoggiare alla Chiesa e all’Esercito per mantenere la Spagna ancorata alle sue tradizioni, e in realtà sarebbe stato bene così, ma nell’Esercito l’ala filo-britannica andava sempre più prendendo il sopravvento e nell’ambiente cattolico si andava verso quella che fu la rivoluzione del Concilio Vaticano II le cui idee anche in campo politico erano diametralmente opposte a quelle di Franco. Nonostante tutto ciò il Caudillo riuscì a mantenere l’ordine e la pace in Spagna ancora per circa 30 anni, ossia almeno sino alla sua morte (1975), dopo la quale si voltò rapidamente pagina e si dimenticò presto tutto il bene che Franco aveva apportato al suo Paese e tutti i mali dai quali lo aveva tenuto lontano. Certamente Franco nel dopo-guerra ha dovuto patteggiare con Usa e GB, ma se non lo avesse fatto il suo regime e la “pace spagnola” sarebbero finiti con 30 anni di anticipo.

I guerriglieri filocomunisti, che erano espatriati nel 1939 cercarono di ritornare in Spagna nel maggio del 1945 specialmente a partire dalla parte francese dei Pirenei, ma il tentativo rivoluzionario fallì, sia perché Franco intervenne tempestivamente, sia perché Usa e GB non lo appoggiarono, limitandosi a una censura unicamente morale del franchismo senza un intervento militare diretto in Spagna. Inoltre il popolo spagnolo, nel 1945, lungi dal ribellarsi al Caudillo e memore del disastro causato dai comunisti tra il 1936 e il 1939, aspirando alla pace, dopo tre anni di guerra civile, spesso si unì spontaneamente alle truppe franchiste per respingere i contingenti repubblicani (ib., p. 132).  Inoltre Franco profittò dell’ostracismo straniero per ricompattare tutte le forze del suo regime attorno a lui, facendo quadrato contro le sanzioni internazionali.

È facile criticare Franco per la disinvoltura con la quale si dimenticò dell’aiuto datogli dai regimi fascisti di Italia e di Germania, ma nel 1945 questi regimi non esistevano più, la Spagna si trovava isolata, odiata dai comunisti, che avrebbero voluto una seconda guerra civile e ostracizzata dalle democrazie atlantico/europee, che - unicamente per evitare una vittoria comunista in Spagna - tollerarono Franco ancora al potere, aspettando tempi più maturi, in cui il vecchio regime avrebbe dovuto naturalmente cedere il passo ad un sistema liberal/democratico, distante dal comunismo sovietico e dal vecchio franchismo.

La “notte oscura” della Spagna franchista, esclusa dalla Comunità Internazionale, durò pochi anni (1945-1948). Franco, abilmente, iniziò una manovra di avvicinamento agli Usa, che oramai era la nazione più anticomunista del blocco occidentale. Con l’inizio della guerra fredda (1948) la Spagna iniziò la rinascita internazionale. La posizione strategica della penisola iberica era di importanza troppo grande perché gli Usa potessero ignorarla. L’anticomunismo di Franco fu allora una carta vincente nei confronti degli Usa, che sbloccarono la situazione di ostracismo nella quale la Spagna era stata tenuta a partire dal 1945.

La crescente diffidenza degli Usa nei riguardi dell’Urss di Stalin li spingeva a smorzare la polemica anti-franchista iniziata nell’immediato dopoguerra. Il tempo lavorava per Franco. Se gli Usa durante la Seconda Guerra Mondiale si erano alleati con Stalin, ora vedevano in lui un pericolo per l’occidente e “Franco, che non aveva mai cessato di denunciare il pericolo rosso, assunse ai loro occhi l’aspetto di un geniale uomo politico ingiustamente perseguitato dietro l’abile istigazione dei russi” (ib., p. 136).

Nel 1948 la Francia decise di riaprire le frontiere con la Spagna e firmò con essa un importante accordo commerciale, sùbito imitata dall’Inghilterra. L’Argentina di Peròn prestò alla Spagna 350 milioni di pesos e 1 milione e mezzo di tonnellate di grano. Nei primi mesi del 1950 il governo americano decise di riallacciare i rapporti con la Spagna e alcune banche statunitensi concessero notevoli prestiti al governo spagnolo.

Nel 1953 Franco stipulò un ottimo Concordato con la S. Sede, definito dal cardinal Alfredo Ottaviani “uno dei migliori Concordati esistenti e un modello che tutti i Paesi avrebbero dovuto imitare”: il cattolicesimo era la religione di Stato; il matrimonio religioso aveva valore civile; l’insegnamento pubblico doveva adattarsi al dogma; la censura fu rimessa nelle mani dei Vescovi, che poterono proibire qualsiasi opera contraria alla fede; l’insegnamento religioso divenne obbligatorio a tutti i livelli scolastici. La libertà di professare altre religioni diverse da quella cattolica riguardava solo la sfera privata ed era proibita in pubblico. Tuttavia con l’andar del tempo e specialmente col Pontificato di Paolo VI, da sempre “maritainiano” e avversario del franchismo, il Vaticano chiese nel 1968 a Franco di rivedere il Concordato e di abrogare il canone che prevedeva la religione cattolica come religione ufficiale dello Stato spagnolo, conformemente alla Dichiarazione sulla Libertà religiosa del Concilio Vaticano II (Dignitatis Humanae Personae). Inoltre Paolo VI nominò una serie di Vescovi progressisti, che dettero molto fastidio al regime di Franco. Si assisté allora a delle scene (Dolores Ibarruri invitata ai posti d’onore nelle cerimonie religiose presenziate dai Vescovi…) che lasciarono e lasciano più che perplessi solo a pensare quanti religiosi (7 mila) siano stati trucidati dai rossi e quanti ne abbia salvati Franco da una fine analoga, se non avesse sconfitto i repubblicani, ma si sa che la riconoscenza non è una delle virtù principali in certi ambienti clericali.

In breve vi fu “una tensione tra governo spagnolo e S. Sede, con i Vescovi ‘conciliari’ in aumento, con un numero cospicuo di preti progressisti che si uniscono agli operai in sciopero, che simpatizzano con gli studenti, che aiutano i separatisti baschi e catalani” (ib., p. 139).

Malgrado l’irriconoscenza del clero “conciliare” la Spagna iniziò a normalizzare i suoi rapporti diplomatici con quasi tutti i Paesi del mondo. Il conto da pagare fu la cessione di basi militari spagnole agli Usa, una trattativa che durava da oltre 2 anni e che solo la Presidenza repubblicana di Eisenhower (1952) sbloccò definitivamente. “La Spagna cedette agli Usa basi aeree, navali e installazioni radar; gli Stati Uniti ricambiarono con un aiuto di 85 milioni di dollari e un prestito militare di altri 191 milioni di dollari” (ivi).

Franco fu sostenuto anche e soprattutto dai Paesi latino-americani e da quelli arabi (nei confronti dei quali adottò, con notevole lungimiranza, sin dal 1948 una politica di de-colonizzazione) e poté entrare, col placet statunitense, nell’Unesco (1952) e nell’Onu (1955).

I Presidenti nord-americani da Eisenhower sino a Nixon sostennero Franco, anche De Gaulle nel 1970 andò in Spagna e strinse accordi con essa, che ebbero poi un grande incremento sotto la Presidenza Pompidou.

“Intervistato nel maggio del 1964 dal giornale tedesco Christ und Welt, Franco ha dichiarato di sposare senza riserve la concezione di De Gaulle di una Europa delle Patrie molto più realistica di quella che propone la creazione di un parlamento comune e di un governo centrale che prima o poi entrerebbero in urto con le tradizioni nazionali dei singoli popoli” (cit., p. 142). Questa posizione è molto attuale e simile a quella che si dibatte oggi in Europa tra i fautori dell’Europa delle banche e quelli dell’Europa delle Patrie.

In breve il mondo riconobbe la legittimità del franchismo 1°) perché la Seconda Repubblica spagnola venne proclamata con un colpo di Stato, il 14 aprile 1931, dopo le elezioni nelle quali i monarchici avevano riportato più voti dei repubblicani, che avevano vinto solo nelle metropoli; 2°) le elezioni del 1936 instaurarono nel Paese un clima di terrore, di anarchia e di omicidi perpetrati dai rossi contro i loro avversari politici e i religiosi indifesi; 3°) quindi la legittima difesa di Franco era l’unica via percorribile per salvare il Paese dal caos anarchico e da un potere pubblico, che aveva perso ogni parvenza di legittimità; 4°) lo stato di fatto che garantiva una legittimità del fatto compiuto ad un regime che aveva garantito tre decenni di pace interna, di benessere economico e di relazioni internazionali alla Spagna.

Inoltre non bisogna dimenticare l’abilità proverbiale di Franco, che seppe sempre restare padrone di sé, cauto, non ingenuo, ragionevolmente diffidente, distante, freddo, calcolatore e maestro nell’arte di lasciare il tempo lavorare per lui.

Dopo una lunga malattia Franco si spense, munito dei conforti religiosi, il 20 novembre del 1975 alle ore 4, 40. Purtroppo in pochi anni il re Juan Carlos traghettò la Spagna verso il socialismo e la democrazia moderna, cancellando poco a poco ogni traccia del franchismo come se nulla avesse fatto per trent’anni in Spagna.

d. Curzio Nitoglia

Fine della Quarta e Ultima Parte

 
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