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La più grande blasfemia
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Varcata la soglia del 2018, sembra crescano ogni giorno, all’interno della santa Chiesa cattolica, ambiguità, silenzi colpevoli e stravolgimenti della dottrina millenaria, della vera chiesa di tutti i secoli. Qual è il vero scopo del Motu proprio “Magnum Principium”?

Non si può tacerne la gravità: una anti-chiesa, un anti-vangelo… un anti-cristo si configurano all’orizzonte: una chiesa laica e populista (che cerca il consenso dei non credenti ed esalta Lutero); nuove chiese edificate e senz’anima da architetti miscredenti; un vangelo eretico e… – Dio non voglia – un prossimo “anticristo”, empio e satanista!

Per questi terribili motivi, prego l’editore EFFEDIEFFE di pubblicare l’articolo che gli invio, ove vengono denunziate le aberrazioni e svelate le nefandezze, operate, con empietà ed impudenza, nel sacro tempio di Dio, nella nuova chiesa di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo. Opera proposta come “esempio” per le nuove chiese!

Poche voci si sono levate contro questa architettura (esemplare opera di abomino e di desolazione), perché – salvo qualcuno – regna tra i cristiani l’ignoranza, l’incertezza, il timore… ed anche l’indifferenza per la Casa e le cose di Dio. A ciò si aggiunga la complicità di autorevoli ministri del culto, potenti e referenziati, ma (ahimè) corrotti e traditori.

Questo straziato grido di allarme viene lanciato insieme ad un amico, un vescovo, missionario in Africa. Per favore, raccogliamolo ed amplifichiamolo, nel duplice tentativo: dare motivazioni ai disagi ed alle inconsapevoli repulsioni dei pellegrini, verso questa chiesa e la sua cripta; scuotere e svegliare le coscienze narcotizzate dei tanti pastori che non sono più tali. Il “Chi sono io per giudicare?” è il drammatico manifesto della rinunzia a discernere il bene dal male.

Il Signore perdoni questi odierni crocifissori, sciagurati laici e consacrati, che Lo tradiscono e Lo combattono, sapendo di farlo.

Tornano alla mente le parole di San Paolo: “Prima (della seconda venuta di N.S. Gesù) dovrà avvenire l’apostasia e dovrà essere rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e si innalza sopra ogni essere che viene detto Dio (…), fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio” (2 Ts. 2, 3-4). L’apostasia oggi la stiamo vivendo: si vuol togliere di mezzo Chi finora trattiene l’iniquo, alterando con astuzia la formula di consacrazione della S. Messa, per impedire la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di N.S. Gesù!

A lei, caro amico, affido queste riflessioni, scritte con grande sofferenza morale. Spero possa pubblicarle. Un confidente saluto fraterno ed auguri di vero bene.

L’autore

***
Volentieri pubblichiamo, dividendolo in due parti, l’articolo inviatoci dall’amico Emanuele V. Brunatto.
(La Redazione)
***

PRIMA PARTE
Su e giù nel santuario di padre Pio
(“Diario di bordo” di un pellegrino)


Visita al Santissimo Sacramento nel Tempio

1.A Introduzione

Mi guida un vescovo cappuccino, missionario in Africa. Siamo a San Giovanni Rotondo, e vorremmo inginocchiarci di fronte al Santissimo, memori delle parole di padre Pio: “… Se mi cercate, mi troverete, ai piedi di Gesù eucarestia, nel tabernacolo”. Entriamo nel complesso. Alla cappella del Santissimo si accede da un ampio pianerottolo, sul quale, però, sostano disabili ed anziani in attesa dell’ascensore; dal quale transita il flusso massivo dei pellegrini diretti alla Cripta, o in uscita dall’aula liturgica; lungo il quale procede anche il corteo processionale dei celebranti nell’ora delle sante Messe. Insomma è un pianerottolo frequentatissimo, un incrocio di persone “vocianti”, non proprio in clima col silenzio, conveniente alla adiacente Cappella del Santissimo. Ma il vociare ed il parlottare dei fedeli poco turba il penitente in preghiera. Ciò che realmente lo turba è ben altro! Superata infatti la soglia della Cappella, la visione dell’interno rende sgomenti: un massiccio monolite nero, alto più di tre metri, domina l’intero ambiente, che ha l’apparenza sinistra di una “tomba”.



Il significato del monolite non si comprende, ma con disagio, lo si subisce passivamente!

Un nuovo simbolo religioso?

Il monolite è ritagliato ad arte lungo i quattro spigoli, per cui la sua geometria cangia da cubo (in base) a poliedro ottagonale (al culmine). La mia guida, profondamente raccolto in preghiera, si alza, impallidito e mi dice, con voce fioca: “…Ho pregato lo Spirito Santo, perché mi illumini nel dirti ciò che devi sapere. Questo monolite che vedi, non è casuale, né puramente decorativo, ha, invece, un preciso significato. La sua espressione, a questo punto, si fa più grave e continua: …Un significato nascosto ai profani. Un significato esoterico, per simboleggiare la trasformazione dell’uomo (il quadrato) nel divino (l’ottagono, simbolo dell’equilibrio delle forme e delle forze del cosmo)”.



Dunque – chiedo – l’uomo che diviene Dio? Il Dio di sé stesso?... “Proprio così! – spiega il mio vescovo – questo monolite rappresenta il simbolo (ben noto agli esoteristi ed agli occultisti) della religione dell’uomo che si fa Dio! È bene considerare come nel cosiddetto periodo postconciliare, si è imposto un modo ambiguo d’intendere il sacro. Ciò è dovuto alla svolta antropologica della teologia contemporanea (un parolone!), in cui l’uomo (di fatto) si sostituisce a Dio Onnipotente.

Può essere d’esempio – propongo io – la celebrazione della nuova Messa? Oggi il sacerdote non celebra più rivolto verso Dio, ma rivolto verso l’uomo. Infatti – continua il mio vescovo – l’uomo, perduta la dimensione del Trascendente, diviene egli stesso il centro, con il suo vissuto, con la sua storia individuale, in cui tutto è sacro. Anche ciò che è profano, diviene sacro! Pertanto credo che ci troviamo dinanzi ad un simbolo esoterico - anch’esso sacro - anche se per tradizione questo simbolo è accostato alla magia nera ed ai satanistiCommento amaro, del prelato missionario, che mi guida!

Il segno del Tabernacolo


Incassata nella pietra nera, risalta la porticina in argento sbalzato del tabernacolo. È quasi nascosto nel corpo del monolite, il cui volume di lava confonde e distoglie dalla preghiera, perché è un’immagine inconsueta, discordante, completamente estranea alla simbologia sacra della storia millenaria delle chiese cristiane. I simboli, come ognuno sa, sono “segni di riconoscimento” e qualsiasi società o gruppo sociale, soprattutto religioso, ha un sistema di simboli per la propria identificazione e coesione. Così il Cristianesimo, sin dalle origini, in duemila anni ha codificato la sua storia iconografica, ricca di simboli, che decorano gli ambienti liturgici, le grandi cattedrali come le piccole chiese: la vigna, il pesce con la scritta ictus, (acronimo di Cristo), la croce, le lettere greche alfa ed omega, l’agnello sgozzato, il trigramma “JHS” col nome di Gesù, il pellicano che nutre con le sue carni i piccoli, ed altre immagini. “Mai – esclama la mia guida – un nero monolite ha fatto parte della simbologia cristiana! Esso è simbolo, ovvero segno di riconoscimento, appartenente ai miserabili adoratori del maligno.

Curiosa è anche la porticina del tabernacolo, che non raffigura il noto simbolo dell’Eucarestia: il pellicano che si strappa le carni, per nutrire i suoi piccoli”. Raffigura, invece, un’immagine inquietante: un pellicano a capo chino, stordito dal torpore, incurante dei suoi piccoli, insidiati a morte dai due serpenti, (raffigurati nel basso rilievo, in sostituzione delle zampe del pellicano). “Tutto ciò – continua la mia guida – può simboleggiare lo scontro epocale della religione di Dio che si è fatto uomo, contro la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio”.

Chi stiamo pregando?

Sconcerta constatare che (per la forma, il materiale usato, le dimensioni ed il colore) quel monolite è stato ideato e voluto per essere il centro focale (non un arredo accessorio) della Cappella del santissimo. Osservandone l’ingombro, spontaneamente, ci siamo chiesti: «Ma dinanzi a chi stiamo pregando? Quello che abbiamo davanti a noi sembra un totem dei nativi nordamericani, o qualcosa di simile; significativo per un clan, una tribù, una setta (che lo adora come divinità ed al cui culto si viene iniziati con cerimonie particolarissime). Ma qui, a San Giovanni Rotondo, nella chiesa di San Pio può mai succedere che milioni di pellegrini cristiani, senza rendersene conto, rendano culto e si prostrino davanti ad un simulacro pagano, che quasi ‘fagocita’ il Tabernacolo con la divina Eucarestia?». Come è possibile tutto ciò?

È un mistero di iniquità, che spinge verso una tranquilla apostasia e sfugge alla nostra ragione. Questo misfatto è evidente ed incontestabile. Il monolite, il tabernacolo, l’affresco frontale – esclama la mia guida – non sono una scelta casuale, ma voluta e ricercata, con un preciso significato di negazione e di apostasia. Scelta blasfema, in spregio alla Maestà di Dio. Scelta perversa, sottovalutata dapprima e poi dimenticata dalle autorità religiose.

1.B Totemismo

Questo è un totem. Tale – prosegue il mio vescovo – è il nome proprio di questo monolite nero “Ma – domando – per quale ecumenismo delirante o per quale nascosta luciferina sostituzione è stato posto nella Cappella del Santissimo, nel luogo più santo del Santuario, oscurando, il piccolo Tabernacolo? “Sembra – continua la mia guida – si sia voluta confondere – subdolamente – la pagana adorazione di spiriti negativi (i demoni) con la sublime adorazione cristiana di N.S. Gesù Cristo, il nostro Dio, presente nel Santissimo Sacramento in corpo, sangue, anima e divinità!”. A questo punto, osservo: “Si sono, messi su un piede di parità Iddio Santissimo col perfido maligno...?”.

Anche le varie Riunioni pan-ecumeniche (dal 1986 al 2016) per la pace – commenta il mio vescovo – hanno empiamente messo su di un piano di parità tutte le religioni e tutte le divinità: l’unico Dio vivo e vero ed i falsi dèi, i demoni dell’inferno! …Oggi manca la Fede e si permette irriverenza ed indifferenza verso il Vero Dio, Padre onnipotente del creato e di noi creature. Per conseguenza siamo prede del relativismo etico e domina nelle nazioni l’egoismo cinico. Manca la pace e le guerre si moltiplicano nel mondo. Il nostro tempo è giunto alla soglia di una terza guerra mondiale. Incombe su di noi la catastrofica guerra nucleare, tremendo ‘scatenamento’ finale delle forze delle tenebre. Scatenamento universale e distruttore. Ecco l’attuale terribile situazione che smarrisce, fa tremare. Indigna peraltro, il colpevole silenzio dei pastori della Chiesa cattolica, ridotti quasi a flaccidi burattini narcotizzati, senza più l’ansia per la salvezza delle anime”.

Chiedo: “Perché non si mobilitano?”.

Sembra – risponde il prelato – che le autorità religiose siano come narcotizzate, dominate da una potente forza occulta, contraria alla Chiesa cattolica. Forza che, a causa della loro (forse) inconsapevole acquiescenza, sta attuando ed eseguendo un programma di demolizione della civiltà cristiana e della Fede cattolica. Un programma infernale, per odio a NS. Gesù! La cappella del Santissimo Sacramento è un segno. Il segno evidente della reale presenza Divina, la presenza nel Santissimo Sacramento di N.S. Gesù in carne, sangue, anima e divinità. Presenza unica, distinta e gloriosa, che non può confondersi con niente altro (col mondo, col tempo, con la storia, col maligno), ma deve orientare e governare visibilmente il naturale ed il soprannaturale, nella nostra vita”.

Angosciato, osservo: “…Ciò che vediamo è dunque lo stravolgimento dell’identità liturgica della Cappella del Santissimo Sacramento? Ci troviamo di fronte ad una latente profanazione dell’Eucarestia?”.

Questa è la verità!” — risponde il mio vescovo. Eppure nessuno degli addetti ai lavori (sacerdoti, biblisti, teologi, alti ecclesiastici, o lo stesso popolo dei credenti in Gesù, figlio di Dio) si interroga, protesta o si sdegna, per denunziare il misfatto. Nessuno chiede spiegazioni, correzioni e soprattutto… sostituzioni. Solamente il Papa Benedetto XVI era intervenuto. Ha fatto modificare “l’arredo” dell’aula liturgica: ha ordinato di rimuovere la grande croce di bronzo (misteriosa ed oscura, priva del Corpus Christi), gravante sull’altare, per sostituirla con una suggestiva scultura, raffigurante N.S. Gesù, in agonia sulla croce.

Non sbagliamo – dice il mio vescovo – questo purtroppo è totemismo”! È una vera pratica religiosa, tribale. Insieme ci chiediamo con angoscia: “Questo totem, se invocato, quale spirito o animale evocherà? E quali caratteristiche istintuali dello spirito o dell’animale si incorporeranno nei disgraziati praticanti questo culto, …e cosa potrà avvenire alle inconsapevoli vittime, che gli si inginocchiano dinanzi, ignorandone la malefica presenza…?

Spiegava il noto esorcista Don Gabriele Amorth che “Il totemismo” si avvicina al concetto cristiano di “possessione volontaria”, poiché i praticanti queste discipline antiche e primitive (purtroppo attuali ancora oggi) entrano in un contatto così profondo con lo spirito adombrato nel totem, da esserne soggiogati.

Un Totem Phallus

Chiedo, incerto ed incredulo: “È individuabile lo spirito o l’animale adombrato nel totem, collocato in questa Cappella?”. “Non è un animale — osserva il mio vescovo. Altro che un animale!... Nel totem è adombrato un demonio! Un demonio, orgoglioso di essere confuso ed adorato di fronte al Signore nostro Gesù Cristo… E non è forse ciò che da sempre smania il maligno: essere al posto di Dio, essere adorato come Dio?”.

L’affresco eseguito sulla parete centrale, posta a sfondo del monolite nero, nella santa cappella, fa individuare il demone adombrato. Esso è raffigurato chiaramente al centro della parete (nonostante il camuffamento con altre figure). È un volume verticale, né geometrico, né vegetale, ma organico. Un volume tondeggiante, pressoché cilindrico, con la testa arrotondata e contornata da foglie dorate di acacia. Un volume che si pone in contrapposizione con l’immagine – raffigurata più in alto – dell’Agnello immolato.



Questo elemento organico (eretto e verticale ) – continua la mia guida – è chiaramente un simbolo esoterico occulto: il simbolo del “phallus”. Esso non è coreografico, ma indispensabile al messaggio occulto che trasmette. Esso è necessario per consentire l’adorazione indiretta ed inconsapevole del demonio adombrato! Il volume organico (il phallus) è incoronato da un grande anello, che completa il messaggio esoterico: è l’anello matrimoniale del culto fallico, del così detto ‘principio creatore’, qui affrescato al centro dell’intera figurazione pittorica – al posto d’onore – come avviene nei riti delle sette sataniche.

Il manufatto in lava e l’affresco retro-posto sono un forte strumento di suggestione e confusione. Sono certamente l’immagine del “fallo”, ovvero del demonio della lussuria, che alcune confraternite esoteriche adorano, quale “principio creatore” della vita.

Il principio creatore delle sette sataniche

L’evidente rappresentazione del cosiddetto “principio creatore” (già adorato degli indiani d’America e dagli antichi egizi ed oggi da una grande setta) richiama immediatamente l’immagine dell’obelisco, simbolo tra i più sacri del satanismo. Il fallo (o phallus) e l’obelisco, si richiamano e simboleggiano l’un l’altro.

L’enormità dell’azione nefanda (purtroppo non palese ad occhi impreparati) è giudicata dai versi stessi del Deuteronomio, cap. 16, 21. Esso ammonisce: “…Non erigerai alcuna stele che il Signore tuo ha in odio. Dio ha in odio questi immondi simulacri e le loro rappresentazioni pittoriche.

Pertanto – conclude la mia sapiente guida – secondo le nostre riflessioni, l’affresco ed il monolite nero sono segni occulti ed idolatri …Ed una grande empietà si compie in questa Cappella del Santissimo Sacramento: si fa rendere culto a questi feticci, oscurando l’adorazione a N.S. Gesù, nella santa all’Eucarestia”.

I vostri altari – tuona il profeta Ezechiele – saranno desolati. Le vostre colonne solari saranno infrante ed io farò cadere i vostri uccisi davanti ai vostri idoli (Ezechiele, cap. 6, 14).

Il Sacrificio Beffardo

Si ripete oggi, con spaventosa gravità, l’idolatria compiuta dagli ebrei alle falde del Sinai, mentre Mosè riceveva da Dio le tavole della Legge? Purtroppo ne abbiamo l’amara certezza: ancora oggi, in questa cappella di preghiera, inconsapevolmente, ci si inginocchia di fronte ad un monolite nero ed a ciò che esso adombra. La sua soverchiante presenza e la colpevole mancanza di simboli eucaristici non consentono di riconoscere la presenza reale di N.S. Gesù nel sacramento.

Nonostante questo “abominio di desolazione”, Padre Pio, qui invisibile e presente, ripete ancora a ciascuno di noi ed anche allo stesso liturgista ed a tutti i responsabili delle empietà: “Se mi cercate, mi troverete qui, ai piedi di Gesù eucarestia.

1.C La gioiosa certezza

Recitate le nostre preghiere, con le parole di S. Alfonso de’ Liguori, ci sorride la gioiosa certezza che i misfatti esoterici e blasfemi sono piccole nubi nere dinnanzi al fulgore del Sole Divino, l’Eucarestia!

In qualunque chiesa (gloriosa e classica o miseranda e modernista) vi sia N.S. Gesù Eucarestia, vi è, ai suoi piedi, anche Padre Pio. La loro presenza dissolve ogni tenebra di oscure simbologie, illumina il cuore del penitente, in preghiera, indifferente ai dipinti intorno a sé. Tristemente conscio che gli artisti (se increduli ed atei, come questi chiamati per padre Pio), non possono esprimere il sacro (che non conoscono, ma combattono), ma esprimono immanentisticamente solo sé stessi e la società scettica, in cui vivono ed operano. Una società che ha perso il sentimento di Dio.

Commenta ancora la mia guida: Il cupo monolite, l’affresco del fallo ed il pellicano narcotizzato sono i poveri simboli della rabbia del maligno! Miserabile spirito malefico, annichilito, umiliato e sconfitto dalla Passione, morte e resurrezione di N.S. Gesù Cristo – per il nostro riscatto, vittima perfetta e perenne – e dalla vita umilissima, sofferente e stigmatizzata di padre Pio.

Le simbologie occulte ed esoteriche, purtroppo, confondono i numerosi pellegrini superficiali (il pellegrino – turista). Ma – paradossalmente – aiutano a pregare i sofferenti, che tendono la mano, per chiedere aiuto a Dio, nell’Eucarestia vilipesa. Consapevoli di poter unire la propria sofferenza alla sofferenza attuale e futura (fino alla fine dei tempi) di Gesù, divenuto (per noi esseri umani) riscatto di salvezza ed “Eucarestia”.

In conclusione, ci siamo detti: Siamo solamente due figli spirituali di Padre Pio, pellegrini in preghiera. Non abbiamo alcuna autorità per ordinare le correzioni e le sostituzioni, necessarie a sacralizzare questo santo luogo, empiamente deturpato, che non invita alla preghiera ed alla meditazione. Sentiamo, però, formidabile la responsabilità di non tacere le blasfemie che le sculture, le pitture e gli stessi mosaici presentano impunemente nella Casa di Dio, a confusione del fedele di tutti i giorni, che, in buona fede, crede sia veritiera ogni immagine (il velario sul grande arco vetrato) e scultura (l’ambone e la deposizione) presente nella chiesa dedicata a San Pio da Pietrelcina. Crede veritiere quelle opere d’arte mendaci, blasfeme e beffarde della nostra Fede. Vere aberrazioni (accettate ad occhi chiusi dai responsabili ingannati e pateticamente chini alla notorietà degli artisti), assolutamente incapaci di accompagnare il fedele a pregare con le immaginiorare per imagines, per sigma sottolinea, in latino, il mio amico prelato.

2.A Introduzione

Dopo il “bagno nel blasfemo”, che permea sterilmente la Cappella Eucaristica, transitiamo, con una giaculatoria sulle labbra, nell’amplissimo spazio dell’aula liturgica, la cosiddetta “Chiesa di San Pio”. Anche qui si avverte – come prima impressione – un senso di desolazione che attanaglia ed affama.

Osserva il mio Vescovo: “Desolazione, perché al posto della Rivelazione si respira una religiosità generica. Vi è vuoto e silenzio simbolico, che generano effetti scenici ambigui. E si domanda: “Ma questa è una chiesa cristiana o un’aula protestante?”.

Il grande invaso plasma una platea ad anfiteatro, non gradonato, che crediamo possa contenere cinquemila o seimila persone. Alti archi in pietra scandiscono lo spazio e, convergendo a raggiera sulla colonna centrale, supportano la copertura sagomata. Le imponenti basi degli archi creano a terra numerose “zone d’ ombra”, che schermano, a tanta parte dei fedeli, la visione dell’altare. Due arcate allineate sono il fondale dell’anfiteatro; una ospita l’organo; sull’altra vetrata, è sospeso un grande tendaggio, con scene dell’Apocalisse, composte per mano di Robert Rauschenberg, noto artista ateo, della Pop Art americana. L’intero ambiente è privo di simboli cristiani, della Via Crucis e degli inginocchiatoi.

L’altare arcano

Al centro del presbiterio (la zona più alta e più sacra dell’invaso) è posto l’altare. È una piramide capovolta, con base rettangolare composta da quattro massi in pietra naturale levigata e nuda. La piramide è conficcata (in profondità) nel pavimento del presbiterio. Dopo preghiere accorate, rivolte allo Spirito Santo, la mia guida ripete: Il Signore Gesù mi illumini, nel dirti ciò che devi sapere”.


Altare con piramide rovesciata


«Conviene conoscere il significato nascosto della piramide capovolta. Nella simbologia esoterica, che contamina gran parte dell’opera architettonica e decorativa dedicata a Padre Pio, la “piramide capovolta” simboleggia l’ideale suggello del collegamento malefico tra il cielo e la terra: la piramide del cielo (la piramide capovolta, composta dalle quattro stelle di Sirio collegate idealmente con la stella di Orione) si congiunge con il vertice della più grande piramide dell’antico Egitto e della terra (la piramide di Cheope). Mediante le due piramidi – continua a spiegarmi il missionariola forza magica del dio Ra (divinità pagana – un demonio quindi) invade la terra e la soggioga. L’altare conficcato nel presbiterio, dunque, nell’idea di chi l’ha concepito e fatto realizzare, vuole raffigurare la diffusione delle potenze delle tenebre (divinità pagane-demoniache), in mezzo agli uomini del nostro tempo. L’altare a “piramide capovolta” richiama un’immagine pagana, immagine di offerta ai falsi dèi, ai bugiardi demoni dell’Inferno. Anche qui – continua il mio vescovo – come nella cappella del Santissimo, al simbolico manufatto lapideo (l’altare) si accompagna (quale commento sarcastico) una raffigurazione pittorica. Lì (nella cappella) il sarcastico monolite nero è esaltato dall’affresco del phallo. Qui (nell’aula liturgica) la sarcastica piramide-altare è esaltata dall’enorme Drago rosso, dipinto sul tendaggio del grande arco vetrata».


Dettaglio della vetrata: Madonna con bimbo inpastrocchiato


Non credo sia una coincidenza — conclude la mia guida. Mi sembra, invece, che l’uno e l’altro siano stati realizzati nel palese tentativo di confondere i fedeli e renderli incapaci di riconoscere la straordinaria presenza di Dio, nel suo Santuario.

Quanti dubbi (o certezze?) inquietanti!

L’altare, dunque, sul quale rivive la tragica realtà del Calvario, è una pietra pagana? L’altare sul quale N.S. Gesù continua realmente a morire per noi (con invisibile martirio cruento) ed attua in perpetuo la nostra “redenzione” in ogni sacrificio della S. Messa, simboleggia, per magia nera, la diffusione del male sulla terra? L’altare, ove il pane ed il vino diventano il corpo ed il sangue di N.S. Gesù, può mai essere un’empia blasfemia beffarda e sacrilega, che vuole cancellare il santo Sacrificio della croce e far credere che la S. Messa sia solo memoria dell’antico convito della Pasqua ebraica… E null’altro?

Insomma, siamo di fronte ad un diabolico inganno, o è solo una nostra inquietante ipotesi?

Se è vero il nostro sospetto, lo sdegno di Cristo non tarderà a castigare quei malvagi, che hanno perpetrato gli oscuri sacrilegi: “…Avete trasformato la Casa del Padre Mio in una spelonca di ladri!. O peggio: “Via, lontano da me, maledetti nel fuoco eterno!”.

2.B Il Tabernacolo spazzato via

Quanta amarezza, nel concludere che questi “artisti malvagi “, servi del maligno, vorrebbero sfigurare la chiesa di San Pio… con l’inconsapevole consenso dei committenti! Impongono un altare pagano; impongono un gigantesco tendaggio, che inneggia al dragone maledetto (e scarabocchia i volti santi di Gesù e della Madonna); privano dell’acqua benedetta i molteplici ingressi; privano degli inginocchiatoi tutti i banchi; privano le pareti (lasciandole assolutamente nude) di ogni richiamo alla iconografia cristiana (da sempre formidabile ausilio alla preghiera)... Ma soprattutto osano privare questa chiesa della gloriosa presenza di N.S. Gesù eucaristico nel tabernacolo. Spazzato via, altrove.




Dettaglio della vetrata: Il Signore in trono inpastrocchiato


Non vi è intorno all’altare la fiamma della lucerna perpetua, perché non vi è Gesù nell’Eucarestia! Vogliono così scristianizzare la chiesa, togliendovi l’Anima!

Grande è lo sdegno del mio vescovo: “Per l’empio liturgista che ha guidato i lavori, il cuore eucaristico di Gesù non è degno di occupare il centro della chiesa e pertanto lo ha riposto in uno spazio ristretto, angusto e buio, privo di alcuna gloria e riverenza per l’Ospite Divino. Lo ha riposto – difficile a dirsi – in una prigione senza sbarre, in un piccolo, oscuro “sgabuzzino”, tra la grande, luminosa aula liturgica e la grande, luminosa sacrestia!”.

Il liturgista, l’architetto e gli altri artisti responsabili hanno realizzato un’opera che non conduce a Dio. Hanno compiuto un “abominio di desolazione” (speriamo sappiano pentirsi e mutarsi in novelli Zaccheo).

Amarezza e speranza

Con la mia guida abbiamo visitato questa grande chiesa, fermandoci a lungo in preghiera. Ne siamo usciti amareggiati: quando il centro non è Dio, tutto il resto perde il suo orientamento. Siamo disorientati per queste sette evidenti aberrazioni:

1. Nell’aula liturgica si celebra il sacrificio del Calvario su di un altare pagano.

2. N.S. Gesù nella santissima Eucarestia è profondamente umiliato e ridotto a “cosa”, serbata malamente e senza gloria in un oscuro sgabuzzino!

3. Il tendaggio che vela la grande arcata vitrea raffigura e celebra, con indegna enfasi, il dragone rosso, che è l’immagine dello spirito maligno.

4. Nella cappella del Santissimo Sacramento si contamina il culto a N.S. Gesù Eucarestia con l’immagine del fallo (il demonio della lussuria), nel monolite e sull’affresco (prima parte dell’articolo).

5. N.S. Gesù nel tabernacolo è simboleggiato da un pellicano dormiente ed incurante dei suoi piccoli, inermi, insidiati a morte da due serpenti.

6. N.S. Gesù è solo una citazione biblica, nella metafora dell’agnello immolato (piccolo a fronte del grande fallo), con l’occhio rosso (di pianto?), col gagliardetto inclinato e cadente.

7. N.S. Gesù, Agnello immolato, non sanguina dal collo sgozzato nel Sacrificio. Non vi è dunque il Sangue dell’Agnello immolato. Una macula d’oro sostituisce quel sangue…


Insomma – esclama il vescovo missionario in Africa – questo edificio, nella sua attuale immagine, non parla della Fede cristiana, ma segna l’interruzione, la laicizzazione nichilista della nostra religione, del culto e della religiosità del nostro tempo. Non assolve il suo compito di formazione ed apostolato”.

Le nostre amare osservazioni, critiche per le opere architettoniche e decorative di questa chiesa, lanciano l’allarme all’intera cristianità, perché si eviti nel futuro simile aberrazione: un organismo chiesa che non nasce intorno all’Eucarestia, ma intorno al “vuoto spirituale”, riempito da poveri uomini, i sacerdoti ed i fedeli. L’architettura imita gli organismi da spettacolo laico: palazzetti dello sport, spazi museali, teatri, ove la scena è tenuta dagli attori, non dall’Unico protagonista della storia del nostro spirito.




L'ambone del tempio di S. Giovanni Rotondo senza i segni della Passione


Per fare riconoscere l’autentica chiesa di Cristo, per sacralizzare questo “tempio laico”, bisogna che gli odierni responsabili cappuccini (subentrati a coloro che, delegati alla realizzazione del nuovo santuario, furono confusi, ingannati ed indeboliti – forse – nella forza morale e spirituale dalla laicizzazione in atto, dalle ambiguità delle alte gerarchie e dei nomi altisonanti degli artisti convocati) oggi, finalmente consapevoli della avvenuta grande apostasia (accolta o subita, di cui i vecchi responsabili non vorrebbero parlare), sentano l’inderogabile dovere di essere la consapevole committenza che pretende dagli artisti la correzione delle blasfemie scolpite o dipinte nei gruppi lapidei della deposizione e dell’ambone, sull’altare, sul grande velario dell’apocalisse.

La consapevole committenza
che faccia collocare il tabernacolo nell’aula liturgica che diviene così “chiesa”, casa di Dio. La consapevole committenza che faccia rimuovere il monolite nero dalla cappella del santissimo Sacramento; faccia cancellare il laido fallo dal centro della parete affrescata.

Ecco le nostre speranze
. Le speranze degli innumerevoli pellegrini cristiani che salutano con lodi a Dio il “ritorno” nella primigenia cripta del corpo benedetto di Padre Pio.

Le speranze dei Figli spirituali di ogni nazione e razza che vogliono riconoscere nella chiesa intitolata a san Pio da Pietrelcina, l’autentica chiesa di Cristo.

2.C Incontestabili riflessioni

Commenta ancora il mio prelato missionario: “— Siccome l’intera vita sacerdotale di padre Pio non può essere assimilata a quella di alcun vago filantropo (quasi che tutti i santi della chiesa cattolica fossero uomini animati solo dall’ alto ideale umanitario, privi del valore trascendente della fede nell’unico Dio). — Siccome padre Pio è il più alto mistico cristiano, le cui piaghe, sanguinanti per cinquant’anni, lo impongono necessariamente all’attenzione della scienza atea e del mondo intero (sia pure ateo, o pagano, o satanista), per questo i suoi nemici hanno perpetrato contro di lui gli inauditi gesti blasfemi. — Siccome infine, Padre Pio è il ‘testimone inconfutabile ed estremo di N. S. Gesù, morto e risorto, presente nell’Eucarestia, il santuario a suo nome è stato manipolato e caricato di una ‘valenza occulta ed estrema’, che vorrebbe sostituire il Dio vero (del quale le sculture del Vangi negano la morte in croce e la resurrezione, quindi l’Eucarestia stessa e tutti i sacramenti) con un demonio satanico”.

Il vescovo continua: “Con questa opera non si è tentato di dissolvere il cristianesimo nel liquido, torbido mare delle altre religioni ed eluderne l’esclusività divina. Con questa opera si tenta di sostituire il culto divino col culto del maligno (sic!). Si tenta la blasfema sostituzione del Dio Onnipotente e Padre nostro, col maligno (quel miserabile, dannato e disperato in eterno!)”.

Ma – aggiungo convinto – la fede di chi crede in Cristo, lo invoca e ringrazia, fa ignorare ogni tentata desacralizzazione del santuario. “Ci confortano – conclude il vescovo - le divine parole di N.S. Gesù: Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”.

L’ineffabile potenza di Dio

Dunque – osservo – i nemici di Cristo provano a cancellarlo dalla sua chiesa. “È tentativo ridicolo e sterile contro l’Onnipotente Amore di Dio, commenta il mio vescovo. Egli – lo ha promesso – non farà mai prevalere su di noi le forze dell’inferno! Permette le blasfemie per renderci più consapevoli, degni di Lui, zelanti per il Suo tempio, attenti a riconoscere i segni dei tempi, generosi nel combattere per Lui e meritarne l’eternità beata”.

Affiora alla memoria la figura del “buon ladrone”: mentre i sacerdoti del tempio, livorosi e colmi di odio, sbeffeggiano Gesù, ecco che Dismas, un miserabile condannato, riconosce il “Re”, il figlio di Dio, in quell’uomo, annullato nella sofferenza estrema. Ed a Lui si affida. “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli Angeli di Dio. Nell’aula liturgica il grande crocefisso ligneo, che campeggia oggi nel presbiterio, annulla con la Sua immagine agonizzante e viva ogni simbolo malefico (altare o tendaggio o sculture che siano) ed irradia intorno a sé riflessione commossa, riconoscenza, gioia profonda, spontanea preghiera in ginocchio, per ringraziamento ed invocazione. La sua semplice presenza, il suo sguardo sofferente e vivo parla al cuore del fedele che lo invoca. Lo compiange e lo ringrazia.

Affiora alla memoria l’immagine del Calvario, bagnato dal sangue dei tanti malfattori ed assassini, quivi giustiziati. Ma, in mezzo al vociare scomposto, al gracidio di bestemmie, al ghigno derisorio dei servi del maligno, proprio in quel luogo maledetto N.S. Gesù compie la redenzione di ogni uomo di buona volontà e di ogni contrito di cuore. Il Signore Gesù continua ad essere il Dio penante, il Risorto glorioso, con le piaghe sanguinanti per noi. È ancora oggi “il tradito, il misconosciuto”, che continua ad offrirsi in sacrificio, in ogni santa Messa, sull’altare dell’olocausto, fino alla fine dei tempi. Fino all’ultimo uomo bisognoso di redenzione. A compimento del disegno di Dio, stabilito fin dall’eternità.

Nella Cappella del Santissimo si apra la porticina del tabernacolo, per consentire ai fedeli l’adorazione perpetua; allora l’Ostia consacrata, cuore di carne di Gesù, dissolverà, come neve al sole, ogni ombra demoniaca!

Nella Cripta
, il quasi nascosto mosaico, posto a sinistra, prima dell’ingresso (con le parole di San Giovanni Paolo II), riconosce in padre Pio l’avvenuta “identificazione con il suo Signore Gesù”. Questo giudizio riscatta la scandalosa negazione della divinità di Gesù in tutte le altre figurazioni musive della cripta (ove nessuna immagine riporta le meraviglie operate da Cristo). Riscatta anche il colpevole silenzio dei miracoli ottenuti da padre Pio (ma non raffigurati) lungo l’intero percorso dalla chiesa alla cripta.

La tomba di padre Pio è “l’altare luminoso” sul quale ogni fedele depone preghiere e sofferenze fisiche e morali ed ottiene fiumane di benedizioni e grazie per lo spirito ed il corpo. In conformità alla grande promessa di Padre Pio: Dopo morto sarò più vivo di prima. Qui mi troverete e vi farò grazie, perché allora il farvele non mi costerà più fatica. A tutti quelli che verranno a chiedere, nulla mi costerà dare. Nessuno di coloro che saliranno questo monte tornerà a mani vuote”.

Qualunque misfatto e bestemmia abbiano operato ed operino i seguaci del maligno, le meraviglie di Dio sono il meraviglioso sole sfolgorante che consuma le gracidanti e periture cavallette (scultori, pittori e liturgisti atei, senza scrupoli), che fanno ciò che non dovrebbero mai fare, perché le blasfemie operate saranno per loro tormento, nell’ansia dell’agonia.

Emanuele Vittorio Brunatto




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