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David Ben Gurion (3-4)
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Maggio 1945: è venuta l’ora di proclamare lo Stato ebraico!

Ben Gurion, in una lettera del 22 maggio del 1945, scriveva: “La situazione degli Ebrei nei Paesi liberati dal nazismo è disperata. In Palestina  la posizione politica sta diventando insostenibile. È venuto il momento di aprire le porte della Palestina e di proclamare lo Stato ebraico” (Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion, Milano, Mondadori, 1972, p. 79).

Neppure 2 settimane dopo la fine della Seconda Guerra (8 maggio 1945) il dogma olocaustico era già pronto e propagandato per ottenere le terre dei Palestinesi, i quali non avevano avuto nulla a che fare con la persecuzione degli Ebrei d’Europa. Tuttavia essi avevano il torto di abitare in Palestina da oltre 2000 anni e ciò per i sionisti era una macchia da cancellare con la creazione di un unico Stato ebraico, che redimesse la terra una volta ebraica.

Quasi altre 2 settimane appresso, il 9 giugno del 1945, Winston Churchill rispondeva ad un Memorandum dell’Agenzia Ebraica inviatogli poco tempo prima da Chaim Weizmann  per ottenere il riconoscimento della nascita di un futuro Stato d’Israele. Lo statista britannico disse a Weizmann che ciò sarebbe stato possibile solo dopo che gli Alleati vittoriosi si fossero riuniti attorno al tavolo della pace per decidere le sorti del mondo post-bellico (che già erano state previste nel piano del Nuovo Ordine Mondiale, nel quale entrava anche la creazione dello Stato d’Israele in terra palestinese).

Il sionismo si fa sempre più filo-americano

Ben Gurion era sempre più convinto che fosse giunto il momento di abbandonare la GB per unirsi con gli Stati Uniti dove erano andati a stabilirsi gli elementi più influenti della Diaspora ebraica e che oramai erano diventati molto più filo-sionisti e più potenti dell’Inghilterra (D. Ben Gurion, Israel, année de lutte, Parigi, 1964).

D’altronde la GB non aveva cambiato sostanzialmente posizione rispetto a ciò che aveva stabilito col Libro Bianco del 1939 ed era ancora propensa, nonostante il suo filo-ebraismo, a non concedere tutto agli Ebrei e nulla ai Palestinesi. Il Ministro degli Esteri della GB (Ernest Bevin) nel novembre del 1945 era disposto a concedere solo 1. 500 permessi d’immigrazione al mese in Palestina agli Ebrei mentre la prima Conferenza Sionista del dopo-guerra (tenutasi a Londra nell’agosto del 1945) ne aveva richiesti 100 mila.

La fondazione dell’Istituto Sonnenborn

Ben Gurion capì sùbito che, finita la Seconda Guerra Mondiale, in Palestina ci si doveva preparare alla lotta armata, quindi, non perse tempo e già nel maggio del 1945 sbarcò a New York ove il 1° luglio organizzò una riunione in casa del miliardario ebreo/americano Sonnenborn, in cui poté parlare davanti ad altri 17 miliardari ebrei-americani provenienti dalle città più grandi dell’America del Nord. Il suo discorso fu molto esplicito: gli Inglesi avrebbero lasciato la Palestina al massimo entro 2 anni, in quel momento le armi in dotazione ai coloni ebrei di Palestina, bastevoli per tenere a bada i Palestinesi, non sarebbero state sufficienti a respingere le Nazioni arabe. Quindi i presenti avrebbero dovuto finanziare una spedizione di armi in Palestina per i coloni ebrei. Naturalmente i 17 miliardari risposero positivamente e costituirono il giorno stesso una società di beneficienza per armare i coloni ebrei di Palestina chiamata Istituto Sonnenborn, che si aggiungeva all’American Palestine Committee, un enorme gruppo di lobbying costituito da oltre 700 personalità  ebraico-statunitensi fondato nell’aprile del 1941 e comprendente 6 Senatori e 143 Deputati (cfr. D. Ben Gurion, Israel, a personal history, New York, Funk & Wagnalls, 1971).

1945 in GB vincono i Laburisti

Frattanto anche in Inghilterra le cose sembravano volgere a favore dei sionisti. Infatti nell'estate del 1945 i Laburisti vinsero le elezioni. Ora il loro programma di politica estera era nettamente più filo-sionista di quello dei Conservatori (Churchill escluso) e prevedeva di far diventare realtà la promessa del Focolare nazionale ebraico, “permettendo al popolo ebraico e a tutti i profughi di entrare in Palestina in numero così elevato da diventare maggioranza”, secondo quanto stabilito nella Dichiarazione finale del Congresso laburista del dicembre del 1944: “Incoraggiamo gli Arabi a uscire dalla Palestina man mano che entrano gli Ebrei” (Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion, cit., p. 80). I Laburisti britannici oramai erano dell’idea di favorire il ritorno degli Ebrei in Palestina e di far espatriare i Palestinesi affinché si potesse formare un solo Stato ebraico in Terra Santa. In Inghilterra vi sarebbero state ancora delle scaramucce tra Conservatori e Laburisti riguardo all’unicità o meno dello Stato ebraico in Palestina (favorevoli i Laburisti e contrari i Conservatori), ma la strada verso la sua nascita era oramai ben disegnata.

Ben Gurion resta scettico

Nonostante ciò la vittoria dei Laburisti britannici non entusiasmò Ben Gurion, che durante la Prima Conferenza sionista del dopo-guerra (tenutasi a Londra nell’agosto del 1945) disse: “Non basiamoci troppo su questo gran mutamento in Gran Bretagna, su questa vittoria del Partito Laburista. Infatti è molto discutibile l’ipotesi che un Partito si comporti, quando è al potere, esattamente come quando è all’opposizione. In Gran Bretagna, inoltre, il personale del Ministero delle Colonie, rappresenta un forte elemento anti-sionista” (D. Ben Gurion, Israele: la grande sfida, cit.). In breve Ben Gurion rimaneva filo-americano ed anti-britannico.

In effetti pochi mesi dopo (ottobre 1945) i Laburisti cambiarono opinione e il Ministro degli Esteri laburista (Ernest Bevin) sconfessava la Dichiarazione del Congresso laburista (dicembre 1944), affermando che il Governo britannico non accettava “l’idea di evacuare gli Ebrei d’Europa in Palestina” e dichiarava la costituzione di una Commissione d’inchiesta anglo-americana (detta “dei Dodici”[1]) per decidere riguardo alla nascita dello Stato ebraico in Palestina.

Richard Crossmann, Commissario britannico della Commissione detta dei Dodici, nel febbraio del 1946 scrisse che secondo i sionisti: “A nove mesi dalla vittoria (8 maggio 1945), i liberatori inglesi e americani non avevano ancora fatto nulla per permettere agli Ebrei di entrare nella propria terra. Li avevano raccolti in campi in Germania, avevano fornito loro vesti e nutrimento, e credevano con questo di essersi messi in pace la coscienza. Gli Ebrei sapevano che in un Paese lontano dall’Europa, la Palestina, vi era una terra la quale non desiderava altro che accoglierli per permettere loro di ricostruire la propria vita non come stranieri in uno Stato straniero, ma come Ebrei nella loro Patria” (R. Crossmann, Palestine Mission, Londra, 1949).

Secondo i sionisti non solo la Palestina diventava ipso facto terra degli Ebrei, anelando di essere occupata da loro, ma addirittura neppure gli Americani oltre che gli Inglesi avevano fatto nulla per la causa sionista.

Ben Gurion, Menahem Begin e l’Irgun

Ben Gurion, stando così le cose, non volle collaborare con la GB per reprimere il terrorismo dell’Irgun contro i Britannici in Palestina, vedendo in esso uno strumento per far pressione sul Governo inglese affinché concedesse maggiori libertà di immigrazione agli Ebrei in Palestina.

La GB continuava a presidiare le coste della Palestina, con aerei e cacciatorpediniere, per prevenire l’immigrazione clandestina degli Ebrei.

Il Primo Ministro britannico Attlee non accolse la domanda dei sionisti di concedere 100 mila visti ai coloni ebrei per immigrare in Palestina e chiese formalmente che cessassero gli atti terroristici dell’Irgun contro i britannici in Palestina e che le formazioni clandestine consegnassero le loro armi all’Inghilterra, ma le organizzazioni ebraiche “risposero con violenti atti di sabotaggio. L’episodio più grave si verificò il 22 luglio del 1946 a Gerusalemme, quando venne fatta saltare un’intera ala dell’Albergo King David (la sede degli uffici governativi inglesi), provocando la morte di circa 100 persone. La strage era firmata dall’Irgun, un nucleo clandestino di destra strettamente imparentato alla Banda Stern” (Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion, cit., p. 85).

La bomba scoppiò esattamente alle ore 12 e 37 minuti del 22 luglio 1946. L’operazione terroristica era stata studiata e diretta da Menahem Begin (1913-1992) allora capo dell’Irgun e futuro Primo Ministro dello Stato d’Israele con il Partito di estrema destra Likud (1977-1983).

Ben Gurion ufficialmente stigmatizzò l’attentato, a nome dell’Organizzazione sionista ufficiale, ma Begin gli rispose che la sua reazione era ipocrita in quanto l’Haganah e l’Agenzia Ebraica erano al corrente della pianificazione dell’attentato e non avevano sollevato obiezioni poiché l’Inghilterra aveva represso l’immigrazione ebraica illegale in Palestina con molta fermezza, aveva fatto arrestare molti dirigenti dell’Agenzia Ebraica ed aveva spiccato un mandato di cattura per lo stesso Ben Gurion, che si era reso latitante (cfr. M. Begin, La révolte d’Israel, Parigi, 1956).

“Per la prima volta dopo la loro nascita tutte le organizzazioni militari ebraiche (Haganah, Palmah e Irgun) agiscono in pieno accordo tra loro contro il nemico comune. Colpo su colpo ogni azione britannica trova una risposta. La Haganah sabota le imbarcazioni della Polizia costiera per facilitare l’immigrazione illegale. Il Palmah libera i 208 immigrati illegali del campo di Atlit. Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1945 tutte e tre le organizzazioni insieme fanno saltare la raffineria di Haifa. […]. Le organizzazioni terroristiche ebraiche conducono una politica che non lascia le azioni inglesi senza una risposta sanguinosa. Talvolta queste azioni di rappresaglia sono caratterizzate da una macabra fantasia. L’Irgun per esempio, per vendicare alcuni suoi uomini condannati a morte dopo un’azione militare, replica con l’impiccagione di due sergenti inglesi. Ma la forca ed i cadaveri vengono imbottiti di dinamite. I due morti, così, uccideranno i loro soccorritori” (Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion, cit., pp. 84-85).

Il XXII Congresso dell’Organizzazione sionista mondiale (1946)

Nel dicembre del 1946, dopo “l’estate calda”, a Basilea si riunì il XXII Congresso dell’Organizzazione sionistica mondiale, che condannò ufficialmente il terrorismo dell’Irgun, ma ammonì al tempo stesso l’Inghilterra di non intralciare ulteriormente l’immigrazione ebraica in Palestina. Inoltre i delegati americani finanziarono cospicuamente l’immigrazione ebraica in Palestina e così quasi tutti i capi sionisti (tranne Weizmann) si allontanarono sempre più dalla GB per avvicinarsi agli Usa.

La Conferenza palestinese di Londra (1947)

Il 27 gennaio del 1947 la GB aprì a Londra una Conferenza palestinese, che stabilì di mettere d’accordo e tutelare gli Arabi e gli Ebrei sotto la direzione dell’Onu, dell’Alto Commissariato britannico e con la partecipazione di un Consiglio misto arabo-israeliano. Ben Gurion, a nome dell’Agenzia Ebraica, rifiutò la proposta britannica (10 febbraio 1947), il giorno seguente anche i Palestinesi risposero negativamente ad essa.

La GB rinuncia al Mandato sulla Palestina

Il 18 febbraio 1947 il  Ministro degli Esteri britannico Ernest Bevin, prendendo atto della situazione, dichiarò che la GB rimetteva il Mandato sulla Palestina all’Onu, l’erede della Lega delle Nazioni Unite che nel 1922 lo avevano affidato all’Inghilterra.

In effetti non era possibile metter d’accordo Palestinesi e Israeliani. Nel 1946 Judah L. Magnes (Preside dell’Università ebraica di Gerusalemme) scrisse: «Uno Stato ebraico non può essere ottenuto, se non con la guerra. Potete parlare di ogni cosa ad un arabo, ma non dello Stato ebraico. E questo perché uno Stato ebraico, per definizione, significa che gli Ebrei governeranno gli Arabi viventi in questo Stato. Si è mai visto un popolo offrire il proprio territorio di propria volontà? Così anche gli Arabi Palestinesi non rinunzieranno alla loro sovranità senza violenza» (cfr. Maxime Rodinson, Israele e il rifiuto arabo, Torino, Einaudi, 1969).

Era nella natura delle cose: la creazione di un “Focolare nazionale ebraico” in Palestina non avrebbe potuto che formare un incendio. Infatti o la Palestina sarebbe rimasta ai Palestinesi o sarebbe stata invasa anche dagli Ebrei e gli uni o gli altri avrebbero mirato a diventare la forza principale e lo Stato unico in Terra Santa. In ogni caso, quindi, vi sarebbe stato un conflitto da affrontare e risolvere con la vittoria dell’uno e la sconfitta dell’altro.

Dalla fine del mandato britannico in Palestina alla nascita dello Stato d’Israele



L’Onu riprende in mano la Palestina e la consegna agli Ebrei

L’Inghilterra nel febbraio del 1947 rimise il suo Mandato sulla Palestina all’Onu, che a sua volta si riunì a Flushing Meadow (vicino a New York), dal 28 aprile sino al 25 maggio del 1947, e tenne una Sessione speciale per discutere lo scottante problema palestinese.

L’Assemblea Generale dell’Onu nominò una Commissione speciale composta da 11 Paesi neutrali affinché approfondisse i termini della questione. Da questa Commissione uscì un Rapporto, che fu promulgato a Ginevra il 31 agosto del 1947 e che venne studiato dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite a partire dal settembre del medesimo anno a Lake Success vicino New York.

L’Inghilterra cerca di boicottare la nascita d’Israele, ma invano

L’Inghilterra - data la situazione di frizione con i sionisti, che si era venuta a formare a causa degli attentati terroristici dell’Irgun - cercò di fare ostruzionismo alla costituzione dello Stato d’Israele, prevedendo che esso sarebbe diventato l’unico “padrone” della Terra Santa contrariamente a quanto stabilito nel Libro Bianco britannico del 1939, ma essa venne osteggiata dai delegati sovietici e statunitensi, che oramai si stavano spartendo il mondo e dettavano legge nel globo terrestre a Est e ad Ovest.

La Terra Santa viene divisa in due… o meglio in uno

Il 29 settembre 1947, il Presidente dell’Onu (il brasiliano Osvaldo Aranha) propose di votare il piano di spartizione della Palestina in 2 Stati indipendenti (uno ebraico e uno arabo), ma stretti tra loro unicamente da un’unione economica. Il progetto di spartizione divenne esecutivo il 29 novembre 1947, con 33 voti favorevoli (tra i quali quelli di Usa e Urss), 13 contrari (gli Stati arabi[2], gli Stati musulmani non arabici[3], più l’India e la Grecia) e 10 astenuti (tra cui la GB).

Qualcuno ha definito l’auspicata unione economica tra Palestina e Stato d’Israele come quella di “due serpenti avvinghiati in lotta tra di loro” e in effetti così è stato a tutto discapito della Palestina.

L’Agenzia Ebraica, guidata da Ben Gurion, accettò il piano di spartizione incondizionatamente, invece i delegati arabi lo rifiutarono; inoltre la Lega Araba il 30 novembre dichiarò che avrebbe occupato la Palestina per impedire la nascita di uno Stato ebraico in suolo palestinese.

L’Irgun continua col terrorismo antibritannico e antipalestinese

L’Irgun continuò a compiere attentati terroristici specialmente in Gerusalemme contro quel che restava delle truppe britanniche (le quali avevano già iniziato la smobilitazione) e contro i Palestinesi, che risposero ricorrendo anch’essi alle armi.

Dal 30 novembre 1947 al 1° febbraio 1948 i morti in combattimento furono 864, di cui 427 arabi, 381 ebrei e 56 inglesi. I feriti furono 1941, di cui 1035 arabi, 725 ebrei e 181 inglesi. Alla fine di marzo (in soli 2 mesi) i morti salirono da 864 a 1378 e i feriti da 1941 a più di 6 mila (Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion, Milano, Mondadori, 1972, p. 92).

La carneficina di Deir Yassin e i 700 mila profughi Palestinesi

Nella notte tra l’8 e il 9 aprile 1948, a pochi chilometri da Gerusalemme, i guerriglieri dell’Irgun e della Gang Stern massacrarono quasi tutti i 250 abitanti (compresi donne e bambini) palestinesi del villaggio di Deir Yassin.

Questo massacro ebbe conseguenze molto gravi e segnò l’inizio dell’esodo dei Palestinesi. Jacques de Reynier - il delegato svizzero della Croce Rossa, che si recò sul posto dopo la strage - scrisse nel 1950: “Deir Yassin ha avuto delle ripercussioni enormi. Gli Arabi spinti dalla paura hanno abbandonato le loro case e così, in breve, circa 700 mila arabi son diventati profughi, dopo aver abbandonato tutto in fretta e furia per non subire la stessa sorte degli abitanti di Deir Yassin. Gli effetti di questo massacro non sono stati ancora cancellati perché questa enorme folla di profughi vive ancor oggi in accampamenti di fortuna, senza lavoro e senza speranza di ritorno” (J. de Reynier, A Jérusalem, un drapeau, Ginevra, 1950).

Dopo questi attacchi cruenti gran parte della popolazione palestinese lasciò la Palestina, cercando rifugio nei Paesi arabi confinanti. Nacque, così, il drammatico problema dei profughi palestinesi tuttora irrisolto, anzi aggravatosi. Infatti nei primi giorni di aprile del 2018, per fare un esempio, alcuni Palestinesi che manifestavano per commemorare il loro esodo forzato dalla Terra Santa sono stati mitragliati e presi di mira dai cecchini dell’Esercito israeliano, che hanno provocato, così, una ventina di morti e circa un migliaio di feriti.

Il 13 aprile 1948, 4 giorni dopo il massacro di Deir Yassin, un convoglio ebraico di 77 persone, accompagnato da una scorta armata, venne attaccato da una banda armata palestinese e fu sterminato completamente. Iniziava la vera e propria guerra tra Israele e Palestina.

L’Inghilterra avrebbe abbandonato totalmente la Palestina il 15 maggio e non aveva nessuna voglia di restarvi un momento di più per cui osservava gli scontri tra Palestinesi ed Ebrei senza intervenire e parava solo i colpi diretti contro di lei.

15 maggio 1948 nasce lo Stato d’Israele

“Gli Ebrei di Palestina avevano già cominciato il conto alla rovescia e gli uomini di governo si preparavano al grande momento, intensificando i preparativi militari, discutendo sul nome del futuro Stato e lavorando alla dichiarazione d’indipendenza. […]. Alle ore 16 di venerdì 15 maggio 1948 in Tel Aviv, nel Salone del Museo Civico, al numero 16 di Boulevard Rothschild, nasceva lo Stato d’Israele. Esauritesi le funzioni dell’Agenzia Ebraica, Ben Gurion diventava Capo del Governo provvisorio. Primo Presidente del nuovo Stato ebraico sarà Chaim Weizmann, eletto nel gennaio 1949” (Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion, Milano, Mondadori, 1972,  p. 94).

Il Libro Bianco britannico viene abrogato

Il più alto organo legislativo del nuovo Stato ebraico, denominato “Consiglio provvisorio di Stato”, composto da 34 membri, delegò immediatamente parte del suo potere al Governo provvisorio d’Israele per varare le leggi più urgenti. Esso innanzitutto abrogò tutte le leggi che derivavano dal Libro Bianco britannico del 1939. Da qui si arguisce la volontà già inizialmente irremovibile del neonato Stato d’Israele di non condividere con nessuno, tanto meno con i Palestinesi, la Terra Santa, che avrebbe dovuto vivere totalmente sotto il governo dell’unico Stato d’Israele[4]. Questa volontà di predominio assoluto ebraico ha incattivito il mondo arabo e ha creato una catena di problemi, che a partire dal 1948 hanno incendiato il Medio Oriente e ci hanno portato alla Guerra del Golfo in Iraq (1991/2003) sino all’attuale guerra in Siria (iniziata nel 2010 e non ancora terminata) in cui si fronteggiano diverse potenze e super-potenze (Usa, Russia, Libano, Iran, Israele, Turchia) e da cui potrebbe nascere una conflagrazione atomica e mondiale.

Già nel maggio del 1948 il conte Folke Bernadotte, Presidente della Croce Rossa svedese, che era stato incaricato di mediare tra Arabi ed Ebrei in Palestina, parlando al telefono con il Segretario generale dell’Onu, il norvegese Trygve Lie, si sentì dire: “La cosa più importante è che in Palestina non si creino le condizioni per la Terza Guerra Mondiale. Buona fortuna…” (Nuccio Francesco Madera, Ben Gurion, cit., p. 101).

Bernadotte rimase ucciso, il 17 settembre 1948 a Gerusalemme in pieno giorno, in un attentato terroristico dell’Irgun che restò impunito. Tuttavia l’uccisione di Bernadotte non scalfì la popolarità di Ben Gurion nonostante che il successore di Bernadotte e mediatore dell’Onu in Palestina, lo statunitense Ralph Johnson Bunche, biasimò Israele e Ben Gurion per non aver punito gli estremisti responsabili dell’assassinio (cfr. Fred J. Khouri, The Arab-Israeli Dilemma, 1968).

Le frontiere dello Stato d’Israele non vengono precisate: ci si prepara a prender tutto

Inoltre nel testo della Dichiarazione ebraica d’indipendenza non erano state dichiarate volutamente le frontiere del nuovo Stato d’Israele, che come disse Ben Gurion,  “sarà stabilito con la forza delle nostre armi, le quali ne fisseranno le frontiere. […]. Anche l’America, con la dichiarazione d’indipendenza non aveva fissato frontiere ai suoi primi 13 Stati e oggi si estende dall’Atlantico al Pacifico” (D. Ben Gurion, Lettera al quotidiano francese Le Monde, 2 luglio 1969).  Tutto ciò manifesta la diretta volontà egemonica di Israele non solo sulla Palestina, ma anche sui Paesi limitrofi (Siria e Giordania) per ricostruire il “Grande Israele”, che tramite gli Usa dovrà dominare indirettamente il mondo intero.  Il recente episodio, che sembrerebbe grottesco se non fosse tragicamente reale, in cui Netanyahu ha stabilito, motu proprio senza chiedere il permesso a chicchessia, che alcune migliaia di profughi arrivati in Israele da svariati anni, passando dalla Somalia, debbono essere accolti in Italia, in Germania e in Canada ci fa capire come oramai i sionisti si sentano e siano in un certo senso i “padroni di questo mondo”, nato dalla Seconda Guerra Mondiale, con l’appoggio incondizionato degli Usa.

La guerra delle Nazioni arabe contro lo Stato d’Israele (15 maggio 1948)

Il Libano 8 ore dopo la dichiarazione d’indipendenza (15 maggio 1948) attaccò Israele da nord, la Siria da nord-est, la Legione Araba a l’Iraq arrivarono dalla Giordania, ma il pericolo più grave era rappresentato dall’Egitto che avanzò da sud e con l’appoggio dell’aviazione giunse a 30 chilometri da Tel Aviv. Tuttavia l’avanzata araba non fu assoluta e travolgente, la resistenza ebraica si fece sentire sùbito e fu molto ben organizzata anche grazie alle armi che Ben Gurion fece giungere dagli Usa. I Paesi arabi vennero affrontati separatamente e attaccati uno dopo l’altro. Le forze arabe messe assieme arrivarono a circa 30 mila soldati, la stessa cifra venne raggiunta dagli Israeliani, che però in luglio arrivarono a contare circa 60 mila militari contro i 30 mila arabi. I Libanesi e i Siriani si ritirarono, gli Egiziani e i Giordani rinunziarono ad avanzare. Israele era molto più forte di quanto si pensasse. L’11 giugno l’Onu impose una tregua che permise a Israele di far giungere a Gerusalemme attraverso la “pista birmana” nuovi rifornimenti. La parte ovest di Gerusalemme fu invasa dagli Israeliani, ma la parte est rimase in mano ai Palestinesi almeno sino al 1967.

Luglio 1948: Israele riprende l’invasione

Dopo la tregua imposta dall’Onu (11 giugno 1948), Israele si era enormemente rafforzato. Riprese la guerra a luglio e in soli 10 giorni l’Esercito di Ben Gurion capovolse la situazione bellica. Il 18 luglio 1948 gli Israeliani si erano impossessati delle rive del fiume Giordano e di tutta la Galilea centrale. Il 10 ottobre Ben Gurion sferrò un attacco per conquistare il Neghev (azione per la quale fu rimproverato dal rappresentante dell’Onu Bunche in quanto violazione dell’armistizio del 19 luglio). L’Esercito egiziano venne circondato e decimato a Falluja e dovette chiedere l’armistizio, ma le truppe israeliane ancor prima dell’inizio delle trattative arrivarono al Mar Rosso (cfr. Rony Gabbay, A Political Study of the Arab-Jewish Conflict, Parigi, 1959).

Infine il 24 febbraio 1949 venne firmato un armistizio tra Israele e l’Egitto, il 23 marzo tra Israele e il Libano, il 4 aprile con la Giordania e il 20 luglio con la Siria. L’unico Stato arabo a non firmare fu l’Iraq.

Gli Usa e l’Urss posero la loro sede diplomatica nello stesso albergo di Tel Aviv (il Gat Rimon) e furono tra i primi a riconoscere lo Stato d’Israele, nato quindi con l’appoggio delle due superpotenze e ideologie (marxista e giudaico/massonica), accidentalmente e apparentemente diverse, ma realmente e sostanzialmente eguali, che oramai dominavano il mondo, schiacciandolo come le due chele di una medesima tenaglia. Questo successo rafforzò notevolmente la posizione politica di Ben Gurion, dominatore incontrastato della scena politica, che aveva surclassato anche il Presidente Weizmann, rimasto legato alla GB oramai sorpassata dagli Usa.

Le lotte intestine di Israele: l’Irgun contro l’Esercito regolare

L’estrema destra israeliana capeggiata da Menachem Begin con il gruppo paramilitare dell’Irgun cercò di prendere il potere interno e di spodestare i Laburisti di Ben Gurion, approfittando delle vicende belliche, ma Ben Gurion reagì senza esitazioni. Infatti quando Begin cercò di far sbarcare in Terra Santa la nave Altalena contenente un grosso carico di armi per l’Irgun, David ordinò alle truppe regolari di aprire il fuoco contro di essa. Circa 100 ebrei dell’Irgun restarono uccisi dalle cannonate governative. Sùbito dopo aver disintegrato l’estrema destra Ben Gurion attaccò anche l’estrema sinistra ebraica e annichilò l’organizzazione paramilitare Palmah.

Ben Gurion riuscì ad isolare ed eliminare dalla scena politica israeliana sia l’estrema destra che l’estrema sinistra. Alle elezioni del 25 gennaio 1949 il Partito di Ben Gurion (Mapai) ottenne circa il 36% dei voti, assicurandosi la maggioranza relativa con 46 seggi su 120. Il Presidente dello Stato d’Israele, Chaim Weizmann, affidò a Ben Gurion il compito di formare il governo, divenendone Primo Ministro e Ministro della Difesa.

d. Curzio Nitoglia
Fine terza e quarta Parte
(continua)



1] La Commissione era composta da 6 Commissari inglesi e 6 americani ed avrebbe dovuto elaborare un Dossier completo sulla Palestina. Nel giugno del 1946 si arrivò alla conclusione del Dossier in cui si suggeriva la ricerca di nuovi asili per gli Ebrei oltre la Palestina. Tuttavia la Commissione non si pronunciò sull’unicità dello Stato d’Israele, anzi  raccomandò che nessuna Comunità avesse il predominio sull’altra e stabilì che la GB continuasse ad esercitare il suo Mandato sulla Palestina.

2] Egitto, Siria, Libano, Iraq, Arabia Saudita e Yemen.

3] Afghanistan, Pakistan, Iran e Turchia.

4] Si capisce anche come l’Esercito israeliano, nell’aprile del 2018, abbia potuto sparare su una folla di Palestinesi che stavano protestando per l’espulsione dalle loro terre avvenuta 50 anno or sono ed abbiano ucciso di proposito circa 20 persone.

 
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