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L’avanzata nazionalista nelle Fiandre
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Presentazione

Ancora una volta la nostra stampa «asservita» tace! Ancora una volta la cortina fumogena della censura è scattata massiccia: certi tipi di notizie non devono assolutamente essere passate o fornite, nemmeno come trafiletto.

Certamente elezioni amministrative in Belgio, anche se in una città dell’importanza di Anversa, non sono sicuramente una grandissima notizia, ma, se permettete, sempre più degna e civile dei continui e truculenti fatti di cronaca nera, che quotidianamente riempiono le pagine dei nostri quotidiani.

Anche in Belgio è scattata la stessa tecnica demolitrice e ghettizzante che da noi, a suo tempo, negli anni Settanta, scattò contro la Destra italiana; accusata delle nefandezze più fantasiose, posta al centro di una campagna mediatica infamante, etichettata con accuse di fascismo e di nazismo: in Belgio la stampa della «voce del padrone», prona ai circoli ed alle centrali europeiste e mondialiste più bieche, ha adoperato le stesse tecniche già sperimentate in Italia ed in Francia contro il MSI e contro il FN.

I pennivendoli internazionalisti hanno in tutti i modi cercato di stendere un «cordone sanitario» intorno al N-VA: accuse di negazionismo, che il programma nazionalista conduce alle camere a gas, che il partito non mostra assolutamente il suo volto truculento e filo nazista, nascondendosi dietro una copertura ambigua. Il suo capo Bart De Wever dipinto come un asociale, dalle origini famigliari sospette, freddo e dissimulatore; per di più, l’accusa viene da un qualificato esponente del Partito Liberale, di essere assolutamente asservito agli interessi ed alle ragioni corporative degli industriali fiamminghi.

La campagna diffamatoria è stata portata avanti con sistematica metodicità e martellante ripetitività: alle accuse sopraddette si sono aggiunte quelle di voler puntare alla secessione delle regioni settentrionali componenti la Fiandra, spaccando l’unità nazionale del Paese. Cosa che de facto è già reale.

Le due componenti storiche del Belgio, la fiamminga (vlaanderen in olandese) e la vallonia (wallonie in francese) sono realtà molto differenti ed anche molto poco omogenee tra loro. Già dal 1970 in Belgio non esistono più partiti politici nazionali, ma solo partiti fiamminghi e valloni.

La prima parla olandese (Vlaams come la chiamano gli abitanti), ed è formata da 5 province: Anversa (Antwerpen), Limburgo (Limburg), Fiandre Orientali (Oost Vlaanderen), Brabante Fiammingo (Flaams Brabant), Fiandre Occidentali (West Vlaanderen). Mentre la parte della Fiandra olandese accettò il protestantesimo, quella belga restò fedele al cattolicesimo, ed è questo uno dei motivi per cui la regione rivendica la sua autonomia ed indipendenza e, pur parlando l’olandese, non chiede di riunirsi al regno d’Olanda, come invece facevano i nostri altoatesini di lingua tedesca negli anni Sessanta.

La seconda, la Vallonia, parla il francese: storicamente i rapporti tra le due parti sono sempre stati molto contrastanti e divergenti. La regione è anch’essa formata da cinque province: Brabante Vallone (Brabant Wallon), Hainaut, Liegi (Liège), Lussemburgo (Luxembourg), Namour.

La situazione politica belga è piuttosto deteriorata: già dal 1970 non esistono più partiti politici nazionali, ma solo partiti fiamminghi e valloni.

Le elezioni politiche del giugno 2007, hanno acuito le divisioni politiche e le divergenze tra le due componenti etnico storiche del Belgio, tanto da trascinare il Paese in una crisi istituzionale particolarmente grave. Sembrava che ormai si andasse verso la netta divisione in due del Belgio, trascinando con sé gravi problemi che investivano anche la corona. Nel novembre dello stesso anno a Bruxelles, si svolse una grande manifestazione popolare in favore dell’unità del Paese e contro il progetto di trasformarlo in una confederazione di Stati autonomi a base etnico-linguistica. La crisi politica è comunque arrivata al suo culmine dopo le elezioni politiche del 2010: per un lungo periodo il Belgio non ha avuto un governo ufficiale. Si era nell’impossibilità di poter formare una compagine governativa di coalizione: nessun leader di partito riusciva ad aggregare le due componenti politiche dello Stato. Solo nell’autunno del 2011 il vallone Elio Di Rupo riesce a formare un governo di coalizione.

Il personaggio in questione è molto particolare: figlio d’immigrati italiani in Belgio nel 1951, perde il padre in un incidente stradale quando aveva un anno, è laureato in chimica, ha conseguito un dottorato all’Università di Mons. Durante gli studi si iscrisse al Partito Socialista. Nel 1982 fu eletto deputato, seggio che da allora ha sempre mantenuto. Ha ricoperto la carica di sindaco di Mons, di presidente della regione Vallonia. Dal 2007 ricopre anche la carica di presidente del Partito Socialista.

Dopo vari tentativi andati a vuoto, nell’ottobre del 2011 trova un accordo con vari partiti con un programma che si incentra sulla costruzione di uno Stato federale e sulla rinuncia all’energia nucleare. Nel novembre 2011 rassegna le dimissioni per non aver potuto trovare un accordo sul bilancio dello Stato per il 2012. Alla fine, nel dicembre 2011 dopo una crisi di governo durata ben 541 giorni, la sua compagine governativa giura nelle mani del Re.

Nel 1996 ha confessato pubblicamente la sua omosessualità. Si dichiara apertamente massone. Ricordiamo l’episodio in cui si rifiutò categoricamente di stringere la mano a Pino Tatarella, allora vice premier del primo governo Berlusconi, accusandolo in maniera anche piuttosto rude di essere un fascista.

Dopo le elezioni amministrative dell’ottobre di quest’anno, la massiccia vittoria ottenuta dal N-VA, certamente non resterà un fatto isolato ed avrà delle conseguenze rilevanti sul già troppo fragile equilibrio politico istituzionale belga: molto probabile appare una soluzione come quella adottata in Cecoslovacchia: formazione di due Stati autonomi ed indipendenti separati tra loro. In Belgio la cosa si complica per la presenza, al vertice dello Stato, di un Re la cui figura istituzionale verrebbe meno del tutto, a meno che entrambe le neo formazioni statali riconoscano la corona come Capo del loro Stato autonomo. La forma federale pare improbabile in quanto le divergenze tra le due storiche regioni sono molto marcate.

Lo strabismo della nostra stampa è sicuramente un dato di fatto, ma a ciò si deve aggiungere un sempre decrescente grado di professionalità dei «pennivendoli» nostrani, oltre che una congenita attitudine al provincialismo: a chiacchiere si strombazza il nostro europeismo, ma in sostanza non si va oltre le diatribe interne tra ladri di polli, o al massimo si parla di Europa solo quando, giocoforza, si deve parlare di crisi economica, di tasse, di bilanci statali o di diktat imposti dalla nazione egemone europea cioè la Germania, verso la quale si lanciano strali, ma si assume, tutto sommato, anche un atteggiamento riverente e servile.

Koen Dillen è il figlio di Karel Dillen fondatore del Vlaamsblok. Ex deputato europeo, è scrittore e saggista che scrive indifferentemente sia in olandese che in francese: qui ci dà un chiarimento ed anche una chiave di lettura sulle elezioni amministrative che si sono tenute in Belgio il 14 ottobre e che sono state caratterizzate dall’avanzata rilevante del partito nazionalista N-VA, successo ottenuto a scapito del Vlaamsblok e dei partiti di centro. Dopo un secolo, il Partito Socialista perde Anversa.

Luciano Garofoli



Lo N-VA primo partito fiammingo

Le elezioni amministrative che si sono tenute domenica 14 ottobre in Belgio hanno sancito, nella parte nord del Paese, la vittoria della giovane formazione nazionalista e conservatrice N-VA ed il successo del suo presidente carismatico Bart De Wever il quale ha letteralmente trionfato nella città di Anversa: qui il suo partito ha ottenuto un risultato del 37,8 % di voti contro il 28,6% che è andato alla lista del sindaco uscente il socialista Patrick Janssens, che si era alleato inutilmente alle magre forze dei cristiano democratici della metropoli belga. Dobbiamo anche costatare una forte avanzata dell’estrema sinistra del PVDA, partito di origini maoiste, il quale ottiene quattro seggi nel consiglio comunale ed anche il buon risultato ottenuto dai Verdi, i due partiti che più hanno approfittato del discredito che ha colpito il sindaco uscente vicino agli immigrati e che ha molto indebolito l’amministrazione uscente. De Wever è riuscito da par suo: ha ancorato definitivamente la sua giovane formazione nel paesaggio politico fiammingo con il fine di preparare le scadenze elettorali che si annunciano. Il N-VA fino a domenica 14 ottobre era un gigante dai piedi d’argilla. Ora esso è riuscita a sbarazzarsi del complesso dei piedi d’argilla. È diventata il primo partito delle Fiandre.

La Vlaams Belang
, vittima dellusuramento e della concorrenza

Il grande sconfitto di queste elezioni è il Vlaams Belang, partito fondato nel 1977 e per molto tempo non tra i partiti nazionalisti più in vista d’Europa. Il Vlaams Belang era riuscito ad ottenere quasi il 34% dei voti alle elezioni amministrative del 2006, ma oggi supera a malapena la barriera del 10%: una crisi ed un cedimento da cui non si riesce bene a capire come il partito di Filip Dewinter potrà rialzarsi, in quanto la caduta ininterrotta del Vlaams Belang cominciò nel 2008 quando il nuovo presidente, Bruno Valkeniers che non aveva né le qualità umane, né le qualità politiche necessarie per dirigere un partito politico, successe a Frank Vanhecke che era alla testa della formazione politica dal 1996 e l’aveva condotta alla vittoria storica del 2004.

La causa di questa disfatta ha un triplice ordine di motivi. Subito vi evidenziano due ragioni esterne:

Bisogna per prima cosa sottolineare l’incontestabile talento di Bart De Wever, unito ad uno humor corrosivo, ed è da evidenziare anche la sua relativa novità nello scenario politico. De Wever ha una formazione storica ed è un abile animale politico che ha saputo evitare le provocazioni e le volgarità inutili che da sempre contaminarono lo stile del Vlaams Belang. Egli ha approfittato anche dell’usura dei dirigenti del partito avversario, molti dei quali sono sulla scena da più di un quarto di secolo. Parallelamente bisogna anche costatare che il famoso «cordone sanitario» dei partiti cosiddetti «democratici» steso contro il Vlaams Belang ha finito per pagare.

Gli elettori hanno abbandonato il Vlaams Belang in quanto si sono resi conto che oggi esisteva un’alternativa credibile, che può vantarsi di pesare veramente sullo scacchiere politico e di ottenere dei risultati politici concreti. La speranza dei nazionalisti e degli elettori fiamminghi di vedere finalmente diventare indipendente le Fiandre non è più semplicemente una chimera, grazie proprio a Bart De Wever. Dal punto di vista storico, i meriti acquisiti dal Vlaams Belang, non sono assolutamente trascurabili, questo non va dimenticato. Il Vlaams Belang ha saputo affrontare i temi tabù dell’immigrazione e dell’islamismo e per molti anni ha mantenuto nel cuore di migliaia di nazionalisti accesa la fiamma dell’indipendenza fiamminga.

…e le divisioni interne

Sfortunatamente questa analisi non sarebbe completa se non si menzionasse la terza è forse più importante ragione che spiega la disfatta del Vlaams Belang: va ricercata nel funzionamento interno del partito e nelle continue dispute dei suoi uomini.

Nel preciso momento in cui «il clan di Anversa» ha potuto controllare le finanze del Vlaams Belang, esso ha potuto accaparrarsi i posti di responsabilità in seno all’ufficio politico e negli altri settori della dirigenza del partito; esso ha potuto lanciare, semplicemente per gelosia, una vera e propria crociata contro la nuova recluta piena di talento, Marie-Rose Morel. Costei era entrata nel partito nel 2004, dopo essere momentaneamente transitata nei ranghi della N-VA. Soggetto capace di sedurre e convincere nuovi lettori proponendo loro un nuovo stile, più civile, senza rinnegare i fondamenti del programma, ma osando dire che nuovi quadri avrebbero potuto ottenere la responsabilità in seno alla formazione politica. Proprio in questo momento il «clan di Anversa» ha continuato a seguire il suo piano di vendetta contro Marie-Rose Morel nonostante essa fosse gravemente malata. In quel preciso momento molte persone di qualità, a cominciare dal presidente onorario Frank Vanhecke, hanno cominciato, amareggiati, disgustati, ad abbandonare una formazione politica che parecchi di loro avevano fedelmente seguito per trent’anni. E sono stati seguiti da migliaia di elettori che condividevano la loro analisi. Il Vlaams Belang muore oggi a causa della sua impotenza, ma muore anche a causa della sua arroganza (nota di Polèmia: nel 2007 Jean-Yves Le Gallou facendo un rendiconto della bella cerimonia delle esequie di Karel Dillen, fondatore del Vlaams Belang aveva avuto una premonizione. Aveva fatto allusione ad un quadro di Rubens conservato nel Museo di Anversa, «Minerva abbatte la discordia». Anche il Vlaams Belang, come anche il FN francese nel 1999, non è riuscito a superare le discordie interne).

I media sul piede di guerra contro il N
-VA

Il N-Va ha saputo dare il cambio alla vecchia guardia. Da subito, i media hanno scelto di boicottare questo partito riservandogli un trattamento meno neutrale di quello che solitamente tengono nei confronti degli altri partiti: i verdi, i socialisti del SP, i cristiani democratici del CD&V e dei liberali del VLD. Sottili analisi «sociologiche» dovevano dimostrare che il N-VA è collocabile nell’area dell’estrema destra. Guy Verhofstadt, ex primo ministro ed attuale capogruppo dei liberali al Parlamento europeo, ha dichiarato che il nazionalismo, cioè il programma politico del N-VA conduce alle camere a gas. Bart De Wever è stato già etichettato come «negazionista» dalla stampa francofona, le sue origini familiari sarebbero «sospette», si insinua che «egli non mostri il suo vero volto», lo si dipinge come un elemento «freddo e asociale» cioè «assoggettato totalmente ai capitani d’impresa fiamminghi». In breve la caccia alle streghe si era aperta, e anche se è difficile poter rinchiudere anche lui in un «cordone sanitario», tuttavia la corda stretta intorno al collo sarebbe sembrata troppo grossa per non reggerne il peso della caduta. Tuttavia la stampa nazionale ed internazionale ha ben capito che il risultato storico ottenuto dal  N-VA (Nuova Alleanza Fiamminga) cambia lo scenario.

Sembra, invece, che gli uomini politici valloni lo abbiano ben focalizzato e compreso.

Dopo l’aperitivo del 2011, il piatto forte nel 2014? Verso una secessione dal Belgio?


Quando i primi dirompenti risultati ottenuti dal N-VA sono cominciati ad arrivare, Francis Delpérée, eminente costituzionalista e capo del gruppo cristiano democratico CDH (Centro Democratico e Umanista) al Senato, ha subito reagito pronosticando che il successo eclatante ottenuto dai nazionalisti fiamminghi in queste elezioni amministrative, non sarebbe altro che «l’aperitivo», a cui successivamente seguirebbe «il piatto forte» quando, nel 2014, si terranno, nella stessa giornata, le elezioni europee, quelle politiche e quelle cantonali fiamminghe. Delpérée ritiene che in quel momento preciso il N-AV diventerà incontenibile e potrà imporre delle riforme che rischiano di sfociare in una secessione dal Belgio con la creazione di uno Stato fiammingo indipendente, contrapposto ad uno Stato formato dai valloni e comprendente Bruxelles.

Francis Delpérée ed anche altri analisti insieme a lui, sono convinti che questo scenario stia diventando di giorno in giorno più probabile, soprattutto perché il sud del Paese si sta preparando a quello che viene definito un piano B. Se nessun tipo di compromesso sarà possibile tra fiamminghi e valloni e se le istituzioni dovessero essere irrimediabilmente paralizzate, l’Europa dovrà accettare per il Belgio, uno scenario confederale simile a quello della Cecoslovacchia, il che significa riconoscere l’indipendenza fiamminga.

Questa sarebbe la migliore soluzione per uscire dall’impasse. Ne va dell’avvenire e della prosperità sia dei fiamminghi che dei valloni.

Koen Dillen

Traduzione dal francese per EFFEDIEFFE.com a cura di Luciano Garofoli

Fonte > 
Polèmia



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