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La Casta vuol chiudere le bocche
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Luciano Violante è oggi presidente della Commissione Affari Costituzionali.

Lo si potrà dunque chiamare Kommissar.

Come avrete già letto, il Kommissar ha convocato 23 direttori di TG per dettare la linea.

La linea sulla sicurezza: è «linformazione uno dei fattori che aumenta il senso di insicurezza dei cittadini».

Poi ci ha aggiunto un punto interrogativo, perché i tempi non sono maturi per il totalitarismo poliziesco integrale.

Dunque: «Linformazione è uno dei fattori che aumenta il senso di insicurezza dei cittadini?», è stato il tema posto dal Kommissar ai convocati.

La criminalità, grazie al governo infallibile del centro-sinistra, è «oggettivamente» diminuita, ma invece la gente si sente più insicura.

Colpa dei giornali e dei media, che danno troppa cronaca nera.

E’ sottinteso che i media, se non collaborano alla costruzione del paradiso socialista cantandone le realizzazioni e il piano quinquennale, diventano «oggettivamente» nemici di classe.

Per fortuna i giornalisti non ci sono stati.

Persino Di Bella del TG3: «Lultima cosa che vorrei è che fra un anno venissimo convocati per sentirci dire: bravi, il crimine è aumentato ma la percezione è diminuita».

Clemente Mimun, TG5: «Convocare i direttori per dimostrare che le news contribuiscono al senso di insicurezza ci farà scendere in unaltra classifica: quella della libertà di stampa».

Emilio Carelli, SKY TG24: «Tocca alle istituzioni diffondere il senso di sicurezza».

Mauro Crippa, direttore informazione Mediaset: «Più cè cronaca e più cè libertà».

Corradino Mineo (RAINEWS 24), «Dovremmo fare più cronaca, non meno».

Giorgio Mulè, Studio Aperto: «Violante, scusi, perché non convoca anche il Papa?».

Il Papa che ha osato rimproverare a Veltroni il degrado di Roma.

Più o meno così tutti, ma proprio tutti, i convocati dal Kommissar: RAI2, RAI3, TG1, TG2, TG3, Mediaset, Canale 5, Retequattro, Italia 1, TG5, Studio Aperto, TG4, RAINEWS24, LA7, SKYTG24.

Unica, ma rilevante eccezione, Gianni Riotta, direttore del TG1.

Il cicchetto del Kommissar, evidentemente, non era per lui.

Oggettivamente è il più obbediente alla verità ufficiali.

In URSS, sarebbe stato l’unico a scampare alla purga kommissariale, ed elevato alla direzione della Prava.

Ma i tempi non sono ancora maturi.

Verranno però.

 

Violante è la testa del temibile asse accusatorio-poliziesco, Violante-Caselli-De Gennaro, il loro poliziotto politico di fiducia.

Un gruppo tenace e potente.

Per 12 anni ha perseguito Andreotti come mafioso, gestendo in proprio il «pentito» Buscetta, pagatissimo «collaboratore di giustizia».

Di Violante è il progetto della via giudiziaria al partito unico, da quando Mani Pulite spazzò via tutti i partiti tranne il PCI.

Un colpo ben riuscito.

E come si vede, la voglia di repressione e censura è ancora lì, ben presente al governo.

Quando finalmente i tempi saranno maturi, i giornali dovranno credere agli annunci di Prodi, il generalny sekretar: «Entro 24 ore» via la monnezza a Napoli.

«Diminuiremo le tasse ai poveri».

«Salari migliori ai lavoratori».

«Abbiamo fatto il risanamento, ora lo sviluppo».

«Distribuzione del reddito», ed altre propagande.

La stampa, finalmente, contribuirà alla costruzione del moralismo reale.

Quando?

Probabilmente, se e quando Veltroni diverrà generalny sekretar.

E’ stato lui, giorni fa, a organizzare un corso per i giornalisti.

Convocati tutti i cronisti romani per la rieducazione.

Ossia, nelle parole dell’assessorato responsabile, per insegnar loro a «migliorare le capacità dei giornalisti a informare i loro lettori, evitando la diffusione di allarmismi, preoccupazione e paura tra la gente».

Questo perché, dicono al Comune di Roma, «il trend dei reati diminuisce, ma non è questo il sentimento percepito dai cittadini».

Violante ha solo battuto il chiodo.

Quando Veltronich assurgerà al posto che gli spetta, questi corsi di rieducazione diverranno periodici e obbligatori.

Il potere ci istruirà su ciò che possiamo dire, e su ciò che dobbiamo tacere.

Sulle verità «oggettive» da diffondere, e sulle «percezioni» che dobbiamo contrastare.

Per intanto, provate a immaginare se questa convocazione-rieducazione l’avesse fatto un governo di centro-destra.

Pensate gli strilli di Repubblica, Manifesto, Liberazione eccetera: "La libertà di stampa in pericolo!», eccetera eccetera.

Invece, qui, solo qualche sussurro.

Chi ci salverà?

Magari la più improbabile salvatrice: Ilda Boccassini.

La rossa, la procuratrice d’accusa di centomila processi contro Berlusconi.

La signora Boccassini sè dimessa dalla Associazione Nazionale Magistrati, dalla corporazione corporativa del giustizialismo organizzato.

L’ha fatto per un ripicco personale: è stata «scavalcata» in una promozione che si aspettava, le è stato preferito il procuratore Greco.

Motivo tipico della casta e della burocrazia.

Il fatto è che, travolta dall’invidia, la Boccassini - che ufficialmente ha scritto una lettera di dimissioni di una riga - ha confidato le sue rabbie ad una giornalista amica, Cinzia Sasso di Repubblica.Una di quelle giornaliste amiche tanto utili nei tempi di Mani Pulite, quelle che sapevano tutti i segreti istruttori prima, chissà perché, e li sparavano in prima pagina, facendo bellissime carriere.Oggi Cinzia Sasso, l’amica, come un ventriloquo, presta alla Boccassini la sua voce.Per dire ciò che la magistrata non può dire ufficialmente.

E sentite cosa dice la Boccassini, pardon l’amica: «La carriera dei magistrati è ingessata, prigioniera di logiche di corrente, svincolata da valutazioni sulla professionalità e sul rendimento, passa chi deve passare per questioni di equilibrio interno».

«La carriera dei magistrati, pensa la Boccassini, è un mercato»; e a volte, ma solo a volte, vincono

i migliori».

Il sindacato dei magistrati, da cui la Rossa di è appena di messa, è «una corporazione ripiegata su se stessa».

Un’associazione che «non ha mai fatto autocritica», che «non ha il coraggio di guardare dentro se stessa», che non pretende da tutti «professionalità, rigore, indipendenza, autonomia».

Che fa, insomma, «come fanno i napoletani con la monnezza: la colpa è sempre degli altri, loro non centrano mai».

A questa corporazione la Boccassini, tramite la sua ventriloqua, dice: «Facciamo autocoscienza, guardiamo dentro noi stessi. Abbiamo il coraggio di dire che ci sono sacche di ignoranza, di scarsa produttività, anche di corruzione».

Anche di corruzione.

E tutto tra virgolette: le virgolette sono della ventriloqua-amica, che evidentemente vuol chiarire che lei sta solo riferendo le espressioni precise della magistrata.

 

Perché se fosse un giornalista a dire quel che dice dei suoi colleghi la Boccassini ammantata della sua immunità e impunità castale, finirebbe in galera a vita, sepolto da centinaia di querele per calunnia, diffamazione, offesa all’ordine giudiziario, lesa maestà, concorso esterno in associazione mafiosa («oggettivamente nemico del proletariato», come si diceva a Mosca), e magari negazione dell’olocausto.

Ad intentare le cause sarebbero ovviamente i magistrati che si sentono offesi - offesi per molto meno - e che quelle cause le vincono sempre contro i giornalisti: è un benefit della professione, dopotutto anche i dipendenti FIAT hanno il benefit dello sconto sull’auto.

Invece, nella sua rabbia, la Boccassini dice esattamente le cose che corrono (con prudenza) nei giornali di «destra».

Le cose che dice Berlusconi: la magistratura è politicizzata, la magistratura applica le leggi in modo diverso ad «amici» e nemici, la magistratura è piena di improduttivi («fancazzisti»), ci sono casi di corruzione, i magistrati si promuovono da sé secondo logiche di corrente e di fazione.

Se Berlusconi ha torto, perché allora la Boccassini ha ragione?

Che la magistratura sia faziosa lo riconosce la Boccassini stessa, confidandosi su Repubblica con l’amica-ventriloqua: «Se cera unattenuante, fino a qualche tempo fa, quando il governo Berlusconi aveva dichiarato guerra alla magistratura e dunque lesigenza primaria era quella di difendersi coi denti, oggi quellattenuante non vale più. Non esiste un governo amico - perché la forza della magistratura sta nella sua indipendenza - ma oggi, secondo lei, la categoria dovrebbe riprendere la battaglia anche dentro se stessa. Avere il coraggio di liberarsi dalla logica delle correnti».

Parole sue.

Della ventriloqua, voglio dire.

Comunque sia, un barlume di verità e anche di speranza: «Non esiste un governo amico» dei giudici, dice la Boccassini.

Prende le distanze dal Sekretarny e dal Kommissar?

Non speriamoci troppo: la Casta si affretterà a farle avere la promozione.

 


Note

1) Cinzia Sasso, «Lo sfogo di Ilda Boccassini  Magistrati, fate autocritica’ », Repubblica, 11gennaio 2008.


 
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