>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
Il convitato di pietra (parte III ed ultima)
Stampa
  Text size
Le realtà cui abbiamo accennato fin qui e che non costituiscono un elenco che sarebbe peraltro largamente incompleto, hanno in comune un medesimo denominatore: detengono poteri reali consistenti poco o del tutto non visibili e capaci di alterare anche i poteri attribuiti alle funzioni legislativa, esecutiva e giudiziaria nelle quali si sostanzia lo Stato borghese di diritto cui abbiamo fatto riferimento nella prima parte.
Le forme associative che sono capaci di esprimere poteri tanto forti sono state da noi ricomprese fra quelle «presenze silenziose ed incombenti che evocano qualcuno o qualcosa che tutti conoscono ma di cui nessuno parla», cioè, sotto la specie della figura del convitato di pietra.

image_tri.jpgGiacinto Auriti, che aveva ben presente la direttrice di una filosofia dualista sistematizzata da Christian F. Wolf, secondo cui le sostanze materiali sono ben distinte da quelle spirituali, ha ripetuto in ambito societario il medesimo schema: lo strumento (societario) resta distinto da colui che lo utilizza.Il convitato di pietra (parte III ed ultima)
Se quest'ultimo è anch'esso una società, darà vita alla contrapposizione esistente fra «società strumentalizzante» e «società strumentalizzata» (1).
Fra gli esempi riportati dall'autore è contemplato quello che prevede, da una parte lo Stato costituzionale e dall'altra la Massoneria (2); nel ruolo di società strumentalizzata, il primo, e di società strumentalizzante, la seconda.
L'impianto è certamente proiettabile su piani e realtà diverse ma, per quello che ci riguarda, ci limitiamo ad utilizzare l'esempio auritiano in termini paradigmatici, nei termini, cioè, di un apparato istituzionale pienamente legittimato dal mandato elettorale - riconducibile alla asserita sovranità popolare che esprime la prerogativa fondamentale dell'attività politica - che viene distratto, o invalidato o riconvertito a beneficio di interessi e beni diversi e contrari al bene comune mediante l'attraversamento dell'esercizio da parte di un potere illegittimo.
Per brevità e semplicità espositiva facciamo ideale riferimento alla sola fratellanza massonica anche se ciò che diremo potrà essere riferito anche ad altre organizzazioni e ad altri poteri che preferiscono esprimersi in attività riservate o coperte.

Siamo in presenza di un' associazione privata, composta da individui, non legittimata da derivazioni originarie sue proprie, organizzata sul piano internazionale, portatrice di un progetto di trasformazione individuale e sociale che risponde ad un «modello élitario scarsamente interessato al coinvolgimento di larghi strati di cittadini» - si ricordi che questa è la parziale definizione che Crouc dà della liberaldemocrazia - e dunque un modello chiaramente non pubblico, impolitico e certamente non democratico anche se partecipa attivamente e «per facta» alla vita pubblica, democratica e politica.
Va aggiunta una costante che accompagna sia questa che le altre forme associative «convitati di pietra»; si tratta del doppio patto di fedeltà che lega simultaneamente i singoli partecipanti, gli iniziati, alle istituzioni pubbliche (nel caso, ad esempio, della burocrazia) e all'associazione privata sia essa massonica (in cui il legame associativo è quello del giuramento) o lobbistica o di progetto mondialista e così via.

Dal confronto fra organizzazione pubblica tesa al perseguimento del bene comune ed un'organizzazione privata diretta al mutuo soccorso interindividuale fra associati, in genere, ad uscirne perdente sono la parte politica ed il bene comune.
La realizzazione di tale bene è sempre meno sottoposta a controlli pubblici amministrativi laddove il controllo, interno all'associazione, sull'operato del singolo è quanto mai stringente per via del fatto che lo stato di soggezione - nella versione che ne dà lo Ehrlich (3) - cui l'affiliato è sottoposto è massimo. In realtà il dramma vissuto - pensiamo, ad esempio, ad alcuni magistrati - da chi ha stretto un doppio patto di fedeltà, è certamente molto profondo poiché doppio sarà anche lo stato di «soggezione» cui sarà sottoposto - nel nostro caso, alla legge ed alla associazione.
Da questa ragione discende il pericolo più grave che corre l'istituzione pubblica o un suo ufficio od un organo: l'isolamento, il mancato affiancamento di altre istituzioni o uffici integri che sostengano l'attività legittima.
Invocare in casi del genere il rispetto delle regole di «deontologia» significa pretendere di fronteggiare con mezzi ordinari, situazioni di emergenza.
Perché di questo si tratta, purtroppo; di un'emergenza istituzionale che ha assunto i caratteri della cronicità.

Quando, infatti, il PM De Magistris si è difeso sostenendo che l'attenzione eccessiva prestata dalla pubblica opinione alla sua vicenda costituiva il segno di una grave disarmonia da cogliersi non tanto nel coinvolgimento dei comuni cittadini quanto nel fatto che si fossero create le condizioni – «che non si sarebbero dovute verificare» - tali per cui un magistrato viene indotto da accadimenti anomali a rispondere diffusamente alle domande della stampa, allora significa che quella funzione (la giudiziaria, ad esempio) versa in uno stato di sofferenza tale da trovare difficoltà nello svolgere la sua ordinaria attività.
In termini diversi si vuol dire che se le tre funzioni riescono ad operare correttamente, muovendosi nell'ambito delle norme di legge, non si costituirebbe la ragione, in via «preliminare», perché le stesse funzioni si involgano in coinvolgimenti innaturali.
Bene lo sanno i magistrati quando i loro poteri entrano in conflitto con i poteri privati che siedono nel negozio legittimativo come occhiuti convitati di pietra.

La fonte del potere, il popolo, quello stesso di cui le massonerie si servirono per scalzare vescovi e re, è oggi relegato al ruolo di mero votante, muto e consensualmente indifferente (può percepire la presenza del potere altro ma non parlarne più del concesso).              
In buona sostanza la ragione è più o meno condivisa, più o meno percepita: l'élite del potere si arrogano la potestà di perseguire la realizzazione del bene comune «nonostante» la volontà popolare ovvero contro una volontà popolare che resta anodina, inconsapevole del suo stesso bene e certamente priva degli strumenti per perseguirlo.
Le oligarchie sarebbero così «costrette» a fare il bene del popolo del quale il ben noto «uomo medio» non conosce né le forme né la sostanza.
Interessanti sono le pagine scritte a tal proposito dal Niebuhr (4).

Il patto di fedeltà che legava le élite al popolo, è da gran tempo rotto - e per volontà delle élite - le traiettorie del bene comune e della «volontà di potenza» iniziatica divergono ogni giorno di più.
Di qui l'appello che rivolgiamo a quanti, avendo a cuore la dignità mortificata del nostro popolo, decidano di esigere dai mezzi di informazione la limpidezza dovuta a quello stesso popolo così caro a tutti «prima» delle elezioni politiche o amministrative.
L'appello è diretto a sollecitare i media, che offrono all'intelligenza ed alla credulità popolare la manifestazione del potere delle istituzioni (ci riferiamo in particolare ad esponenti della funzione legislativa esecutiva e giudiziaria), affinché, allo stesso modo, offrano alla conoscenza dei cittadini la «consistenza» fisica e quella ideologica di quei poteri evidentemente tanto forti da influenzare o limitare o addirittura sostituire i poteri legittimi.
Insomma, occorre esigere dai media «che il convitato smetta di essere di pietra e diventi uno dei convitati attori».
Auspichiamo per questa via che, un giorno, accanto ad esponenti legittimi delle istituzioni segga, ad esempio, un esponente nazionale della Massoneria o quello dei lobbisti nazionali e comunitari che distraggono il politico dal perseguimento del bene pubblico a beneficio degli interessi privati; o anche, che accanto all'esponente della comunità ebraica, sieda un portavoce degli eccelsi gruppi imprenditoriali presenti all'ultima sessione del Bilderberg o della Trilateral e lì venga illustrata la posizione che questa o quella associazione che rappresentano assumerà circa un determinato problema. Si porrebbe finalmente fine all'interminabile serie degli attraversamenti fatali che i poteri occulti pongono in atto nei confronti di questo o quel magistrato, ministro o senatore; alle mezze verità ed agli insabbiamenti.

Si potrebbe infine rispondere esaurientemente allo straniero che ci chiede «chi comanda in Italia» ed esimersi dal doverlo chiedere a lui, al Kissinger di turno.
Se questo non dovesse essere possibile, e non ci meraviglieremmo, il media di turno potrebbe essere boicottato dal cittadino.
D'altra parte, se si può fare lo sciopero della spesa o della benzina, si potrà pure o non partecipare ad un talk show o penalizzarlo nelle puntate successive.   
Insomma, dovrà pure esistere un rimedio che consenta di portare a soluzione l'esistenza illegittima di una «democrazia parallela» e i rapporti che essa intrattiene con la democrazia legittima.
Il cittadino non può pensare di potere attendere supinamente che la illegittima finisca di soppiantare la democrazia legittima perché finalmente quella mostri il suo peggiore volto oligarchico.
I tempi attuali, difficilissimi per la gran parte di noi, non ammettono sconti di alcun genere, concessioni circa «presenze» più o meno silenziose o evocazioni ectoplasmatiche di qualcuno o qualcosa che tutti conoscono ma di cui nessuno parla, mentre, «per facta» viene stilato l'atto di morte per noi, per i nostri figli e ipotecata la vita dei nostri nipoti.

L'esasperarsi della «società del rischio», la particolare aggressività del capitalismo «senile», il liberal-liberismo mai tanto arrogante come oggi, responsabile, fra il molto altro, di aver modificato il valore espresso dalla sua unità di misura e di esser riuscito a stabilizzare il potere d'acquisto su prezzi raddoppiati o triplicati, legittima il cittadino alla difesa dalle élite «del» potere e dalle élite «nel» potere, come le definisce C.W. Mills.
E' bene, insomma, che la cittadinanza venga ridefinita perfino in assenza del politico e, per sé e per altri, venga riaffermata l'accettazione del sistema di regole giuridiche comuni in un tempo in cui queste sembrano disfarsi insieme alla democrazia, allo Stato di diritto ed alla politica.

Giuliano Rodelli


Note

1) Giacinto Auriti, «Il valore del diritto», Zolfanelli, 1998 pagina 17.
2) Ivi.
3) Eugen Ehrlich, «I fondamenti della sociologia del diritto», Giuffré. 1976.
4) Reinold Niebuhr, «Figli della luce e figli delle tenebre», Gangemi, 2002.

 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità