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Occhio alla «scienza»
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Lo scientismo (che Blondet, giustamente, identifica come una delle poche religioni rimaste) costituisce una vera e propria teoria filosofica, basata sull’«orientamento di pensiero sorto in Francia nella seconda metà del XIX secolo, secondo il quale l’unica vera base della conoscenza è costituita dai principi e dai procedimenti delle scienze logico-matematiche o empiriche (...); l’atteggiamento di chi pretende di applicare i metodi della scienza a qualsiasi aspetto della realtà umana». (1)
Il limite notevole di tale approccio conoscitivo consiste in una effettiva e specifica mutilazione dell’oggetto dell’indagine prefissa; recisione determinata da un preliminare pregiudizio per il quale è la metodologia (per definizione, limitata, perché usa strumenti umani, a sua volta limitati) a determinare la conoscibilità (nonché, alle estreme conseguenze di tali premesse, anche la medesima realtà) dell’oggetto esaminato e non viceversa (come vorrebbe buon senso ed obiettività: è il metodo che deve cercare di essere sempre più affinato e capace di comprendere il reale circostante). Se affermo conoscibile soltanto quello che rientra nell’orizzonte del mio sguardo, sono davvero da commiserare come affetto da seria patologia.
Qualora si trattasse di una mera infermità di onnipotenza (perché a ben vedere, si tratta di una sorta di «impossessamento delle chiavi del sapere», a guisa di pratica magica, brutalmente asservita ad una visione materialistica) la cui diffusione resti circoscritta alle menti malate di alcuni sedicenti iniziati, non staremmo neanche a scriverne.
Il punto dolente è che il lavorio annoso dei media (intesi in senso lato, come divulgatori non tanto di notizie, quanto dell’idea che si debba avere di un certo fatto reso noto (2)) è riuscito a formare una vera e propria weltanshaung diffusamente rinvenibile un po’ a tutti i livelli culturali della nostra società; la scienza è capace di conoscere!

Fuori delle sue «prove», nulla è conoscibile, di tutto si può, anzi si deve (nel falso buon senso mutilato ed importato nel ragionare comune) dubitare.
Conclusioni ridicole di postulati ancora più risibili, ma questo è un fatto; si crede più al professore universitario (magari ignorante e raccomandato) che ad un santo parroco di campagna.
C’era Chi sosteneva che l’albero si conosce dai frutti; ed allora vediamo qualche prelibato frutto di questo bel sistema.
Debbo tuttavia fare una premessa.
La scienza che non accetti di essere sindacata (3) (con metodi alternativi) nella verità relativa (concernente l’ambito del suo sapere) e tanto più Verità assoluta (alla quale pretende di giungere (4) senza essere capace di occuparsene), è facilmente manovrabile da quegli interessi che prestino il fianco alle proprie ideologie: chi si lascia corrompere, accettando un pregiudizio iniziale, a giustificazione della propria condotta di vita, sarà propenso a navigare seguendo sempre il vento in poppa (favorevole, senza fatica) e non necessariamente la giusta rotta che lo porti alla prefissa destinazione (questa è una verità spirituale, sempre valida, perché concerne l’essere e l’operare dell’uomo in sé e non il suo esterno atteggiarsi agli eventi della vita).
Andiamo a saggiare dunque uno di questi frutti.
Se ne è già parlato, ma merita, forse un nuovo accenno.

Il Ritalin, discusso farmaco per bambini a base anfetaminica, sarà disponibile in commercio, così come deliberato dal ministero della Salute.
Il Tar del Lazio ha infatti respinto la richiesta dell’associazione «Giù le mani dai bambini» di sospendere il provvedimento con il quale il ministero ha approvato l’immissione in commercio del farmaco (...).
Dall’introduzione del Ritalin, sono stati documentati ben 160 casi di morte da assunzione del farmaco, 2.993 casi di reazioni avverse anche gravi e centinaia di migliaia di casi di dipendenza in tutto assimilabile a quella da anfetamine.
Alcuni studi hanno anche ipotizzato un forte potenziale cancerogeno della sostanza (...)
I bambini dalla sindrome ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ovvero «sindrome da iperattività») sono iperattivi, deconcentrati, assumono comportamenti che il genitore fa difficoltà a gestire.
Occorre però prestare attenzione al fatto che non si tratta di una malattia in senso stretto ma di una serie di comportamenti che sono etichettati come sindrome da iperattività.
In sintesi, l’ADHD è un disturbo psichiatrico caratterizzato da deficit di attenzione, impulsività e iperattività.
Secondo i ricercatori il disturbo può avere una causa genetica, anche se tale tesi è smentita dal fatto che ad oggi non è stato individuato alcun fenotipo per l’ADHD.
In molti casi si registra una remissione spontanea dei sintomi con l’avanzare dell’età del soggetto, anche in pazienti non sottoposti a terapia.

Secondo altri ricercatori, semplicemente, la sindrome da iperattività non è una malattia.  (...)
Lo psichiatria Peter Breggin riferisce infatti i seguenti effetti collaterali da Ritalin: funzioni cardiovascolari: palpitazioni - tachicardia - ipertensione - aritmia cardiaca - dolori al petto - arresto cardiaco. Funzione cerebrali e mentali: mania, psicosi, allucinazioni - agitazione, ansia, nervosismo - insonnia - irritabilità, ostilità, aggressione - depressione, ipersensibilità emozionale, pianto facile, introversione - riflessi ridotti - confusione - perdita di spontaneità emozionale - convulsioni - comparsa di tic nervosi. Funzioni gastrointestinali: anoressia - nausea e vomito - mal di stomaco, crampi - bocca arida - costipazione, diarrea. Funzioni endocrine e metaboliche: disfunzione della ghiandola pituitaria, alterazione della produzione dell’ormone della crescita e della prolattina - perdita di peso - arresto o ritardo della crescita. Altre funzioni: visione sfumata - mal di testa - insonnia - depressione - iperattività e irritabilità - peggioramento dei sintomi caratteristici dell’ ADHD - ridotta capacità di comunicare e socializzare - aumento del gioco solitario e diminuzione del periodo complessivo di gioco - tendenza ad essere socialmente inibito, passivo e sottomesso - piattezza emozionale. (5)

Ammesso e non concesso che la iperattività sia da annoverarsi tra le patologie infantili, non si può nascondere l’errore grossolano celato nelle pieghe di questa mentalità distruttiva: forse, se proprio di iperattività si deve parlare, dovremmo cercare le origini di tale male in una falsa educazione, in responsabilità serie di genitori troppo lontani fisicamente e mentalmente (poco dediti) ai loro figli, abbandonati spesso davanti ad una televisione subdolamente compulsiva dai messaggi devastanti la personalità e la crescita, o alla frequentazione indiscriminata di qualunque compagnia anche corrotta, e dovremmo, al contempo, ritornare ai valori di un cristianesimo dimenticato (educazione seria ed amorosa; esempio encomiabile dei genitori; preghiere in famiglia; affetti autentici e non doppi; catechismo semplice ma veritiero; vigilanza sui luoghi e le amicizie dei piccoli), che - al contrario della «scienza» con pretese onnipotenti di curare anche ciò che non è conclamata malattia (perché questo si sposa bene con certi finanziamenti? Il vento in poppa di cui sopra?) - è in grado di sanare l’uomo tutto intero, di portarlo oltre le verità relative, alla Verità assoluta, che non ha metodi di indagine, se non quelli eternamente di là dal confine dell’umano sapere, persi nell’infinita ricchezza della Rivelazione.

Stefano Maria Chiari


1) tratto da http://www.demauroparavia.it/103641
2) il fenomeno concerne non soltanto giornali, riviste, radio, tv ed internet, ma chiaramente anche facoltà universitarie, libri di testo, scuole dell’obbligo e via dicendo.
3) Esempi significativi di tale insindacabilità? L’evoluzionismo, le terapie alternative al cancro, ecc..«E’ uno dei risultati più significativi di sempre ottenuto in sperimentazioni ufficiali. Forse però non ne sentirete nemmeno parlare in quanto non apparirà nelle riviste più prestigiose. Perlomeno la nuova ricerca è stata pubblicizzata l’8 giugno 2007 nell’American Journal of Clinical Nutrition indicando che l’di vitamina D può ridurre dal 60 al 77 percento il rischio di cancro. integrazione "Il nostro studio mostra che con una quantità adeguata di vitamina D, si può prevenire il cancro – o almeno lo si può prevenire in buona parte", ha detto Joan Lappe, professore di medicina nella Creighton University, capo dello studio. "Si tratta del primo studio che indica, all’interno di una sperimentazione clinica controllata, che livelli adeguati di vitamina D possono ridurre il rischio di cancro." Non è un caso se il prof. Lappe ripete due volte «quantità adeguata». Nel passato il dr. Jacques Rossouw del National Institutes of Health condusse, infatti, uno studio anche più lungo e corposo ma impiegando un dosaggio (400 UI) pari a meno della metà di quello impiegato nel nuovo studio (1100 UI). La nuova ricerca è durata tre anni e ha coinvolto 1179 donne post-menopausa.» (tratto da http://www.disinformazione.it/vitaminaD_cancro.htm)
4) Celebri le conclamate e numerose posizioni di «grandi professori» universitari, dai blasonati titoli accademici, che si dichiarano esplicitamente «atei».
5) Tratto da http://www.prontoconsumatore.it/ArchivioArticoli/tabid/72/ItemID/1354/View/Details/Default.aspx

 
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