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Beppe Grillo costituente - Pagina 2
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Qualcuno (Montezomolo, Casini…) nei giorni scorsi ha buttato là l’auspicio che la prossima sia «una legislatura costituente».
L’idea, ammesso che fosse un’idea, appare di nuovo sepolta nel frenetico nullismo della «politica», in vista delle elezioni anticipate.
Invece è l’idea giusta.

L’idea rivoluzionaria: non una vaga «legislatura costituente», bensì una vera e propria Assemblea Costituente, come quella del 1946 che scrisse la Costituzione oggi decrepita.
Su questo dobbiamo mobilitare il popolo di internet.
Se qualcuno conosce Beppe Grillo, glielo gridi: Beppe, è questa la tua battaglia!
Raccogli le firme per la nuova Costituente!
Sicuramente sarebbe eletto lui e le persone che indicherà.
La «gente» potrebbe eleggere per una volta persone non indicate dai partiti, per cambiare davvero le cose.

Perché questo, pensateci, sarebbe rivoluzionario: per i 18-24 mesi della sua esistenza, l’Assemblea Costituente sarebbe un organo eletto antagonista del Parlamento partitico, e più legittimo di esso.  Con possibilità straordinarie in funzione anti-Casta.
Perché più legittima?

La sua maggiore legittimità dipenderebbe dalla maggiore indipendenza dei costituenti dai partiti. Ovviamente, i partiti presenteranno i «loro» candidati, che proporranno ai loro elettorati-robot: se avessero pieno successo, la Costituente sarebbe la fotocopia del marcio parlamento, ci troveremmo Mastella padre della costituzione nuova.
Nulla di rivoluzionario.
Per contrastare questo, occorrono due provvedimenti.

Primo: elezione dei candidati non per circoscrizioni (che producono solo delegati che sono espressioni delle clientele locali, ossia della corruzione di Casta), bensì per collegio unico nazionale: in questo modo, sarebbero elette personalità con idee.
Sarebbe eletto sicuramente Grillo e le persone da lui indicate.
Sarebbero eletti opinion leader, personalità note per i loro scritti e pensieri (buoni o cattivi, importa meno), note sul piano nazionale, non manovratori di denaro pubblico a Ceppaloni.
Sarei forse eletto persino io, modesto sottoscritto: che forse ho 200 mila voti tra chi mi conosce nell’intera Italia, ma ben pochi in una sola circoscrizione, non avendo foraggiato clientele nè potuto distribuire favori e posti.

Secondo provvedimento necessario: i candidati alla Costituente devono essere esclusi da ogni altra futura candidatura.
Se eletti, lavoreranno per 18-24 mesi a correggere la Costituzione attuale vecchia e marcia, poi tutta a casa.
Per sempre.
Mai più potranno candidarsi deputati o consiglieri regionali o comunali.
E’ facile capire che, con questo limite, i politici professionali, da Mastella a Casini, da D’Alema ad Alfredo Biondi (che due giorni fa ha detto «il parlamento è casa mia») non avranno nessun interesse a farsi costituenti, perché poi non potrebbe fare il loro lucroso mestiere di politici a vita, non sapendo fare altro.

Una attenuazione di questa misura sarebbe: i candidati s’impegnano con giuramento a non presentarsi ad elezioni, né politiche né amministrative,  prima di cinque anni dalla chiusura dei lavori della Costituente.
Anche così, i Mastella e D’Alema non  si candiderebbero a questa assemblea, perché non riuscirebbero a stare lontani dall’altra – quella del malaffare e dello stipendio  – per cinque anni.
Sarebbero così eletti costituenti dei cittadini che, dopo aver reso questo servizio alla patria, se ne tornano a casa da normali privati.

Già questa è una selezione: di persone disinteressate, più onorevoli degli «onorevoli».
E questo aumenta la loro legittimità rispetto al parlamento.
Pensate: per uno-due anni, un’assemblea di questo genere esisterebbe a fianco del Parlamento, più legittimata delle Camere.
Un organo legislativo supremo più onorabile e potente del cosiddetto «potere legislativo».
Le occasioni rivoluzionarie di una simile assemblea sarebbero molte e straordinarie, a cominciare da un effettivo «controllo» delle peggiori magagne del legislativo, fino ad interventi imprevedibili: esattamente come nel 1789 gli Stati Generali (l’assemblea convocata dal re rovinato dai debiti, per chiedere i soldi al popolo) si autoproclamò Assemblea Nazionale costituente, e cominciò la Révolution.

S’intende che una Costituente non si occupa della politica giorno-per-giorno.
Si occupa di correggere la vecchia Costituzione là dove (come ha detto abbastanza precisamente Montezemolo) essa «non tiene conto dei problemi veri del paese», e copre una «politica sempre più lontana dalla realtà».
Questo significa che, di per sé, la Costituente si erge contro la Casta.

Perché infatti, come la prima Costituente del 1946 si preccupò di formulare una Costituzione che impedisse il ritorno improbabile del fascismo, della «oppresione» e della «dittatura», è chiaro che oggi, per questa generazione, il nemico della democrazia non è il fascismo, bensì la Casta.
Quella Costituzione si volle «antifascista».
Questa, deve volersi «anti-castista».
Deve studiare e promulgare una Costituzione che debelli la Casta e ne impedisca durevolmente il ritorno al potere.
Come?

Questo lo stabilirà la Costituente stessa, nel pubblico aperto dibattito.
Certo occorrerà studiare bene tutti gli uncini, i tentacoli e le ventose con cui la Casta si aggrappa al potere reale – alla cassa del denaro pubblico – onde strapparglieli ad uno ad uno.
In questo senso, la proposta di Grillo – di escludere dalle cariche elettive i condannati penali, anche in primo grado – segna una via praticabile.
E così l’altra proposta, quella di vietare di ripresentarsi dopo due mandati.
Si vede bene che Grillo ha un animo costituente, che sta cercando di spezzare la politica come mestiere lucroso, di sbatter fuori i deputati che sono deputati da 60 anni.
Grillo costituente!

Ma quelle sono solo prime indicazioni, che devono trovare posto in un quadro complessivo e coerente.
Butto giù un paio di idee, da esporre al giudizio e al dibattito.


Lo scopo essenziale di una nuova Costituzione deve essere quello di ricreare il sano antagonismo tra «camere» e «governo» (tra legislativo ed esecutivo) che presiedette alla nascita dei parlamenti.
I primi parlamenti non nacquero per sfornare leggi a capocchia, come oggi.
Nacquero come controllori, a nome del popolo, delle eccessive spese pubbliche del re (il governo), e quindi dell’eccessivo peso tributario imposto ai cittadini.
I parlamenti erano dunque «contro» il governo.
Assemblee di cittadini elette da cittadini per tenere sotto controllo l’esecutivo, e vietargli di imporre troppe tasse.
Discutendo ad uno ad uno, gelosamente, occhiutamente, i progetti di spesa: un’altra guerra?
Non sia mai!
Un nuovo fastoso Palazzo di Versailles?
Pagatelo tu!

Oggi, accade il contrario.
I governi sono espressione del parlamento, ossia dei partiti e dei politici di mestiere.
Se c’è un governo di «sinistra», è perché il parlamento ha una maggioranza di sinistra, interessata a partecipare alle malefatte del governo e a coprirne le ruberie e gli sbagli o le iniquità.
Lo stesso vale per la «destra».
Non c’è da stupirsi se la spesa pubblica è aumentata mostruosamente.
Nessuno controlla la spesa pubblica.
Né il legislativo né il «suo» esecutivo hanno interesse a frenarla.
Governo e parlamento sono pappa e ciccia.
Ed è qui il cancro, la malattia centrale della democrazia.

La Costituente dovrà concentrarsi dunque sui metodi legali, da inserire nella Costituzione, per impedire il pappa e ciccia.
Come?
Secondo me, c’è un solo modo.
Separare per Costituzione il modo di formazione del governo dal modo di formazione delle Camere.

Per esempio: il popolo vota per suffragio universale e diretto il capo del governo.
Questo è obbligato a scegliere i suoi ministri fra i non-parlamentari, né quelli in carica (soprattutto) né quelli passati.
Deve scegliere dei tecnici non eletti, che rispondono a lui (e possono essere chiamati dal parlamento per essere interrogati),  ma di cui lui è essenzialmente il solo chiaro responsabile politico.
Il capo del governo (che può essere anche capo dello stato come in USA, oppure no) è votato dal «popolo» in quanto tale, e si offre al giudizio del popolo perché esprima un parere sul suo primo mandato di governo, con un secondo mandato. 
Anche il parlamento viene eletto dal »popolo», sia pure organizzato in fazioni, in partiti, in categorie,  in clientele.
Questo allo stato attuale è probabilmente inevitabile.
Come evitare il pappa-e-ciccia?

Facile e già applicato in vari paesi: con la sfasatura nel tempo delle elezioni parlamentari e di quelle del capo del governo.
In tal modo, almeno nel secondo mandato, il capo si trova generalmente un parlamento d’opposizione.
Come Bush repubblicano, che ha un congresso democratico.
Naturalmente questo mezzo non è risolutivo, come dimostra i caso americano: il Congresso democratico è servilissimo verso Bush repubblicano disastroso.
L’ideale sarebbe che i cittadini votassero per ceti (gli «stati» della Francia), e più precisamente per categorie socio-fiscali: lavoratori dipendenti privati tassati alla fonte, dipendenti pubblici, lavoratori autonomi, professionisti, capitalisti.
Invece di «far politica» i rappresentanti di ogni categoria fiscale controllerebbero non solo la spesa del governo, ma le altre categorie fiscali, le loro elusioni e i privilegi loro accordati eventualmente dal governo a danno delle altre categorie.
Sarebbe un bel parlamento, che «tiene conto dei problemi veri del paese», litigioso all’interno (com’è l’Italia fino nelle riunioni di condominio) ed apolitico.
Ma mi rendo conto di proporre un’utopia.

L’altra utopia – ma la propongo alla discussione – sarebbe: per Costituzione, il parlamento si riunisce in due sessioni, di un mese ciascuna, per approvare o respingere il bilancio di previsione e per approvare o respingere il consuntivo del governo.
Per dieci mesi all’anno, a casa a lavorare da privati: ancora una volta, l’elezione andrebbe trasformata in una corvèe, in un sacrificio al servizio del paese, non in un lucroso mestiere.
E ciò limiterebbe la proliferazione legislativa, attività malefica dell’attuale parlamento.
Precise norme costituzionali dovrebbero «vietare» la proposizione di leggine a scopo clientelare, e in generale limitare il numero di nuove leggi a non più di due all’anno per fazione o partito.

Nell’antica Roma, in 500 anni furono promulgate 300 leggi, e per lo più pessime: liste di proscrizione, «non licet esse christianos» eccetera.
La società non ha bisogna di leggi, ma di codici e giurisprudenza.
E ovviamente, la Costituente dovrebbe stabilire con estrema precisione restrittiva le «incompatibilità».
Non solo fra cariche locali e nazionali; anche i magistrati dovrebbero essere non-eleggibili se non dopo cinque anni dall’aver lasciato la toga
 I funzionari pubblici d’alto livello, i grand commis (come Prodi e Ciampi e Draghi), dovrebbero essere parimenti ineleggibili; e così i giornalisti della Rai, per esempio.

Parimenti occhiuta, minuziosa e gelosa dovrebbe essere la definizione dei «conflitti d’interesse», che non sono solo quelli di Berlusconi.
Se Prodi mette ai posti del sottogoverno i suoi ex-dipendenti di Nomisma, anche quello è un conflitto d’interessi di prima grandezza.

La faccio finita, per non essere noioso.
Ho buttato giù in fretta due idee.
Ma l’idea centrale è: ci vuole una Costituente, e questo sarebbe già un atto rivoluzionario, anti-Casta.
Qualcuno lo dica a Beppe Grillo, che ha i mezzi per raccogliere le firme: è la nostra ultima speranza.

 
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