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Ratzinger ebreo? Il complottismo per inferiorità
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«Volevo chiedere al Direttore cosa ne pensava di questa genealogia ebraica di Ratzinger.

Potrebbe essere affidabile
?

Grazie

frank10
»


Che cosa vuole che ne sappia, caro lettore. Oppure immagina che io voli in Germania e mi seppellisca in polverosi archivi teutonici per controllare l’ebraicità di Ratzinger? Ammetto che il documento è piccante. Ma è noto che un simile albero genealogico fu stilato per Adolf Hitler («Hitler era ebreo») ed io ho sempre pensato: e allora? Cosa vuol dire?

Se si vuol insinuare che sia la razza a determinare comportamenti malvagi e doppiezze morali, come se ci fosse «qualcosa» nel DNA che la porta a questo, mi ribello. Il male che fanno gli ebrei (e lo fanno) non è dovuto a «qualcosa» nel loro DNA, bensì alla loro educazione, alla cultura che ogni ebreo riceve dai genitori e dai rabbini: è quella cultura che instilla l’odio per l’altro genere umano, il disprezzo assoluto («goym animali parlanti») e il vittimismo come falsa coscienza, da cui si sentono autorizzati «per difendersi», a comportarsi con fondamentale slealtà verso il prossimo.

Non è la loro razza, è la loro cultura. Il che, se ci pensa, è un’accusa peggiore contro di loro. Perché uno non ha colpa della propria razza; ma è colpevole della cultura che ha adottato e a cui aderisce, se porta a delitti. Per di più, uno non può cambiare la propria razza; ma può cambiare la propria educazione, ideologia di superiorità razziale, e di vittimismo falso, insomma la «cultura» ebraica; anzi deve cambiarla, visto che è così pericolosa e dannosa per il resto dell’umanità che deve convivere con l’ebraismo.

Così, in fondo, non mi pare decisivo, per spiegare gli atti del Pontefice attuale, il suo DNA. La tragedia fondamentale della Chiesa d’oggi è sì il suo essere giudaizzante, il suo considerarsi solo un pollone anomalo dell’ebraismo e quasi a volervi ritornare.

Ma San Paolo era un ebreo integrale, e che cosa fa in tutte le sue lettere? Una cosa che la Chiesa d’oggi mette tra parentesi: combattere instancabilmente, rudemente, contro le tendenze giudaizzanti, forti nella Chiesa nascente. E San Giovanni, l’ebreo così profondamente intriso di mentalità giudaica da scrivere l’Apocalisse come una discesa dal cielo di Gerusalemme celeste, e dove vede i martiri cristiani come agnelli sgozzati sotto l’altare del tempio ebraico? Ebbene: il Vangelo di Giovanni l’ebreo spiaceva al cardinal Martini, lo trovava troppo «antisemita», come del resto trovava San Paolo «influenzato dagli ambienti antisemiti».

Gilad Atzmon: andate a ricercare il suo albero genealogico, e troverete solo ebrei; eppure chi più di lui deride il vittimismo israeliano come copertura della ferocia ebraica? Atzmon spiega bene cosa ha fatto: s’è spogliato della «cultura» tribale che lo legava alla «solidarietà» giudaica, e s’è trovato benissimo. Chi più ebreo di Israele Shahak? È diventato cristiano ortodosso, dice: ho abbandonato la religione dell’odio per quella dell’amore. Ho avuto un amico di origini ebraiche recenti, Samek Lodovici: firmerei per essere un centesimo cattolico coraggioso e intransigente, limpido e chiaro come lui.

Chiaro? Non chiedete la razza; chiedete quale «cultura» fa agire gli uomini così come agiscono.

Ma il quadro genealogico che lei mi invia, caro lettore, vede nella salita di Woytila (che aveva sicuramente sangue ebraico) e di Ratzinger al soglio di Pietro, un secolare complotto per mettere ebrei tribali, guadagnati al disegno di distruzione universale, al vertice della Chiesa. La citazione di Shebet Naftali di Praga risalente a quasi due secoli fa, è di fatto straordinariamente significativa: ha detto: «Non accettare mai posizioni subordinate. Della massima importanza per noi è la Giustizia e la Difesa (i ministeri, ndr). Ci dà l’opportunità di conoscere la posizione dei nostri nemici e il loro potere reale. Abbiamo già avuto in molti Stati ministri delle Finanze e anche ministri della Giustizia. Il nostro obiettivo è di essere al ministero del culto (Clero cattolico e Papato, naturalmente, ndr). Dobbiamo conseguirlo esigendo parità ed uguaglianza civile...».

In altri tempi mi sarei gettato con gioia su questo sostanzioso indizio del complotto. Da tutta la vita mi occupo di svelare cospirazioni, mi sono imbattuto in cospirazioni durante la mia carriera di giornalista, ho scritto un volume dal titolo Complotti...

Adesso però trovo una crescente ripugnanza ad incoraggiare il complottismo di certi dei miei lettori. E sapete perché? Perché c’è un complottismo di cattiva lega, oggi dominante in Italia: evocare complotti come scusa per la propria impotenza, inettitudine, insufficienza italiota. E come giustificazione per continuare a non far nulla per cambiare.

Si è arrivati al punto che un lettore del Nord dice che,

«La Lega è stata creata da Roma con lo scopo di controllare e bidonare qualsiasi tentativo di sollevare la testa. Tutto è studiato e controllato nei minimi dettagli per far sì che nessunaltro movimento possa soppiantare questo partito di traditori».

Questo mi pare portare troppo oltre il complottismo: Lega creata da «Roma»? Perfetto. Ciò serve ottimamente per assolvere i milioni di italioti che hanno acclamato come loro mistico capo Bossi, mettendosi in testa nei grandi momenti le corna di cartapesta di celti immaginari. E perché l’hanno acclamato? Esattamente perché era «uno come noi», uno che invece di argomentare fa gestacci, che invece di replicare fa pernacchie e scorregge... Uno come noi, non c’è dubbio. Chi non faceva pernacchie era già meno idolatrato, era sentito lontano, «non uno dei nostri». Ecco perché non avremo mai una classe dirigente.

Un altro lettore:

«Sarò complottista ma secondo me Berlusconi sta facendo il gioco che Monti e compari vogliono e cioè commissariare LItalia».

No, non c’è bisogno di immaginare un complotto (1): basta la stupidità, superficialità e facilismo del Cavaliere a spiegare tutto.

Berlusconi sta già usando ed abusando di questa tendenza italiana ad accusare «complotti» per assolvere se stessi: un complotto l’ha sbattuto fuori dal governo, un complotto sta facendo crescere lo spread, un complotto fa sì che tutti i giornali esteri lo deridano come «La Mummia». Come se non fosse stato lui a portarci in «questa» Europa, ad accettarne le condizioni più odiose e strangolatrici; oltreché ad aumentare le tasse e la spesa pubblica; e nei consessi internazionali a comportarsi con la tipica, caricaturale maleducazione italiota, che lo ha fatto detestare e disprezzare dai partner con cui doveva sedersi al tavolo delle trattative.

E pazienza se la portinaia e il meccanico credano che in Europa c’è un complotto contro di lui. Ma se lo dice Berlusconi, confessa solo la sua inadeguatezza e nullità: c’eri tu a quei tavoli, ti avevamo votato, dovevi battere il pugno, importi, smascherare il complotto.

Ah già, ma il lettore dice che Berlusconi «fa parte del complotto»: a questo punto, lo studioso professionale di complotti si deve arrendere. Non riesce a seguirvi in questo complottismo doppio carpiato con avvitamento.

No, non voglio dare argomenti a questo tipo di complottismo. Né incoraggiarlo, né condonarlo. Già il furbastro Cavaliere lo sta agitando a suo vantaggio. E ciò sta producendo in questa plebe che non è né popolo né classe dirigente un fenomeno ben noto, che allega i denti: il nazionalismo cialtrone italiota.

I giornali francesi ridono del ritorno di Berlusconi in politica? Ho già sentito italiani che telefonano alle radio: «La Francia guardi ai suoi problemi, che ne ha di peggiori!». «I tedeschi? Quegli stronzi!». È il tipo di «patriottismo» che si esprime non già nel migliorarsi individualmente per far onore alla patria, bensì esclusivamente nelle tribune calcistiche, quando gioca la Nazionale: urla, berci, disordini, violenze e «pancia». Non crediate che tale nazionalismo da straccioni sia innocuo: certe volte, finisce per portarci in guerra in Russia con le scarpe di cartone.

Da vent’anni, personalmente, documento cospirazioni internazionali e grandi disegni occulti che ci passano sulla testa: se qualche politico avesse letto qualche mio libro, forse avrebbe evitato qualche castroneria; almeno, avrebbe capito qualche gioco. Invece, solo adesso che è perdente, il politico tira fuori i complotti. Troppo tardi, Cavaliere.

Troppo tardi, italiani. È tardi, caro lettore, anche per indagare se Ratzinger ha sangue ebraico. Io a suo tempo, quando appena eletto Pontefice andò in pellegrinaggio ad Auschwitz, scrissi: ecco, anche lui va a bruciare il grano d’incenso all’unica religione rimasta, l’unica per cui è ancora richiesto un culto pubblico obbligatorio, a cui si deve professare una fede senza eccezioni (niente «libertà di coscienza», qui): la religione dell’olocausto. Che è poi il culto in cui il popolo deicida rappresenta se stesso come Messia, prima ucciso innocente, oggi risorto e trionfante: insomma una parodia blasfema del vero Cristo.

Non è un’accusa già grave? Da imporre qualche riflessione in alto loco? Il fatto che sia eventualmente un ebreo non aggiunge molto.

Noi oggi reagiamo alla crisi in cui siamo con un tardivo «nazionalismo d’inferiorità» che converge perfettamente con il «complottismo d’inferiorità»: entrambi sono espedienti psicanalitici intesi a negare il proprio (giustificatissimo) complesso d’inferiorità da ultimi della classe.

Oggi, dunque, mi sembra molto più urgente questa domanda: come mai siamo gli ultimi della classe in Europa? Come mai siamo caduti come pere cotte vittime di complotti da quattro soldi da Berlino e da Bruxelles, lasciando legare la nostra capacità produttiva alla moneta «tedesca»? E per giunta agitando giulivi le bandierine del nostro «europeismo» facilista e cretino? Sono dieci anni che la nostra produttività cala, insieme con la nostra capacità di reagire e farci rispettare, di leggere gli avvenimenti, di reggerci con dignità sulla scena del mondo.

La domanda finale è dunque assai sgradevole: Come convincere un popolo intero che è poco intelligente, e che non si salverà fino a quando non se ne convinca? Sì, perché si può e deve criticare il mondo moderno; ma un popolo non può reggersi nel mondo moderno, maneggiarne in modo adeguato, con finezza ed elevatezza, la complessità richiesta nell’amministrazione pubblica, nella scienza, nelle concezioni del mondo, nella «lettura» del reale, se ha rinunciato ad esercitare le funzioni intellettive. Questo è quanto succede a noi italiani. Infatti decadiamo. Cosa volete fare, con una nazione di cui l’80% non comprende un testo scritto? Metà della quale non ha nemmeno il titolo di terza media? E che nella quasi totalità non legge più un libro da allora? Gli analfabeti non abitano più in Europa da tempo; non è certo un caso, o un complotto esterno che ci fa scivolare verso le Afriche. Siamo noi il complotto contro noi stessi.

«La democrazia vive se c’è un buon livello di cultura diffusa... Quanti di noi hanno la possibilità di ragionare sui dati di fatto, partecipando alle scelte collettive e documentandosi sul senso di quelle scelte?» Tullio De Mauro, Analfabeti d’Italia.



La stupidità raggiunge vertici addirittura comici fra chi ha il potere. Avete presente i procuratori di Palermo: quelli che cercano di provare che c’è stata una trattativa tra Stato e Mafia? Che hanno intercettato il Capo dello Stato e si tengono le intercettazioni? La Corte Costituzionale, come saprete, ha dato ragione a Napolitano e torto a loro. E loro, l’Ingroia El Guatemalo, come protesta?

«È stata una sentenza politica». E manco si accorge, El Guatemalo, che usa lo stesso identico argomento di Berlusconi che lui odia; che quindi gli sta dando ragione (sì, la magistratura è politicizzata); e che infine, trascina nel fango la funzione della giustizia più ancora di Berlusconi, essendo lui un togato, mica un imputato. Addirittura, due sostituti di Palermo si sono dimessi per protesta. Protesta anche contro i colleghi: «L’Associazione Nazionale Magistrati ci ha lasciati soli». L’Associazione Nazionale Magistrati è il sindacato dei giudici – che già non dovrebbe esistere, perché i magistrati non sono lavoratori dipendenti: lo Stato li paga (purtroppo), ma non può dar loro istruzioni su cosa e come fare. Ma soprattutto, cosa suppongono i due sostituti di Palermo? Che il loro sindacato faccia qualche pressione, qualche telefonata aum-aum ai giudici costituzionali, per «aggiustare» la causa? Ma si rendono conto? Sono esattamente come Berlusconi. Stessa pasta. E soprattutto, infinitamente stupidi, ignoranti e irresponsabili.

Sono figli nostri. Siamo così stupidi come collettività, che persino i nostri «tecnici» che ci hanno messo sopra dall’estero, si sono rivelati degli incompetenti, ignoranti della complicata realtà italiana; ed hanno finito per stroncarne le ultime capacità produttive anziché rilanciarle. E una quantità di italiani, per odio al Cavaliere, implorano che questi tecnici incapaci restino a governare, e compiere le ultime rovine.

Del resto, sappiamo cosa aspettarci dal governo Bersani. Lo ha scritto su La Stampa Luca Ricolfi:

«Bersani, portando in parlamento 300 o 400 uomini e donne a lui più o meno fedeli, sarà costretto ad occuparsi a tempo pieno degli affari interni del centro-sinistra: come tener buona la CGIL, come agganciare Casini, come non farlo litigare con Vendola, come dare a tutte le sigle che confluiranno nel carrozzone del centro sinistra onori, posti, poltrone e strapuntini (...). Di governare no, non ci sarà il tempo, lenergia e la possibilità per nessuno, chiunque vinca».

E allora, non c’è da stupirsi se ci governino al posto nostro dall’estero, nel loro interesse, gente che non abbiamo eletto: quelli che eleggiamo sono così, non hanno tempo di governare. Né gli interessa: per loro, «fare politica» consiste nella spartizione di poltrone e strapuntini. E in ciò si esaurisce.

Ma allora non c’è speranza, direte voi. Ma certo che c’è speranza. Basta imparare o re-imparare ad usare l’intelletto. Anzitutto bisogna studiare; ma non solo a scuola. Bisogna conquistare l’atteggiamento di studente permanente, fino alla quarta età; porsi davanti ai fatti con lo spirito di chi vuol apprendere la lezione dai fatti, ricavarne conclusioni sensate; capire gli argomenti degli altri, anche dell’avversario (mai sottovalutarlo); ascoltare chi sa di più, rispettarlo un poco, sforzarsi di superare la «pancia». Insomma porre a se stessi come popolo, un programma di miglioramento reale, una cultura che seleziona i migliori e li mette ai posti che competono loro, dove possono rendere di più. Imparare l’umiltà, che significa il riconoscimento della propria inadeguatezza rispetto al mondo contemporaneo; imparare a vergognarsi di non essere all’altezza... Ma qui rischio di ripetermi.

Vi sembra un programma impossibile? È invece possibilissimo, basta volerlo. Come gli ebrei non sono malvagi e astuti per razza, così noi non siamo stupidi per razza; ci siamo resi stupidi a forza di mala-educaciòn. Possiamo cambiare. Tanto più che avremo davanti anni ed anni di tempo – la Grande Depressione (2) – per riflettere, leggere, pensare, ascoltare chi sa di più: niente più vacanze a Malindi, né settimane bianche, non più domeniche di shopping al centro commerciale, niente più cene fuori... dopotutto, nel Gulag c’era la fame, ma la cultura e la conversazione erano vivaci, visto che in galera c’erano gli scrittori e gli scienziati, i filosofi, insomma i creativi e i perbene, e i criminali erano fuori, anzi al potere. Come oggi, e ancor più domani.

Se vi sembra troppo sforzo, allora non so che dirvi...

Finisco, come illustrazione, con l’intervento di una cara lettrice meridionale. Siccome avevo scritto che «Il Nord non è stato capace di esprimere una classe dirigente, non ha saputo approfittare dell’occasione storica irripetibile. Non solo ha mostrato di non essere all’altezza di governare l’Italia, ma di non essere capace di governare se stesso».

Lei replica: «Costatato ciò, chiedo la secessione dal nord, da questo ‘cancro purulento’ che sta trascinando l’Italia verso il baratro e la totale dissoluzione! Davanti a tali scempi ci vuole l’amputazione drastica e senza tentennamenti! O no?)».

Naturalmente, sta scherzando; replica polemicamente alla mia proposta fatta qualche tempo fa, di amputare dall’Italia tre o quattro regioni del Sud, ormai cancrenose. Ma quanta inadeguatezza mostra anche questo scherzo!

Il ragionamento della cara lettrice, se avesse esercitato l’intelletto avrebbe dovuto essere più o meno questo: guarda, questo Blondet che ha fatto una diagnosi spietata (e irritante) del Meridione e dello spirito meridionale, sta facendo una diagnosi ugualmente spietata anche del Nord e dei settentrionali; vuoi vedere che il Blondet non è spinto dalla «pancia», da cieco odio leghista e razzista contro calabri e siculi, bensì da un doloroso e spassionato esame della situazione reale? Al Sud come al Nord?

Più o meno così. Non è molto magari, ma è l’inizio: si chiama «imparare» da quel che si legge, sforzarsi di capirlo. Però non se la prenda, la cara lettrice. Ingroia è molto peggio.





1) La regola prima del complottista professionale dice: quando evochi una cospirazione, devi darne indizi numerosi, se non addirittura le prove. Documentare il tutto citando le fonti. Il lettore convinto che «Roma abbia creato la Lega» per affossare le speranze secessioniste del Nord, scrive: «... ci sono state delle morti strane». Leghisti ammazzati da chi? Da «Roma»? E chi è Roma, precisamente? Quali morti strane? Dica nomi e cognomi. Siamo tutt’orecchi. Sennò, è una chiacchiera da osteria. E al lettore che sospetta un complotto di Berlusconi complice di Monti per far commissariare l’Italia dalla Culona Inscopabile: sono disposto a crederci, ma mi documenti un tantino l’asserzione. Il complottismo, come il giornalismo e l’equitazione, è quella cosa che tutti credono di poter fare senza bisogno d’imparare: ma il cavallo, almeno, si difende.
2) Stiamo imparando sulla nostra pelle che un Paese di analfabeti (5%), semi-analfabeti (38%) e analfabeti di ritorno (30%) non può aspirare a prosperità di tipo europeo. E quindi nemmeno ad un sistema sanitario, a una magistratura, a buone pensioni, a governanti, ad una Polizia di livello europeo. Lentamente, ci rendiamo conto (con molto ritardo) che non siamo più tanto ricchi da poterci permettere sprechi e lussi scandalosi di una classe parassitaria eccessivamente pletorica; e che per troppi anni abbiamo vissuto da ricchi senza merito, chiedendo a prestito le centinaia di miliardi che hanno finanziato il nostro benessere. Il nostro debito pubblico nasce da qui. È tipico dell’uomo-massa imparare soltanto sulla propria pelle.


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