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Farsa triste e indegna
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Non so se avete notato: non si riesce nemmeno più a indignarsi.
De Mita che è stato al potere più di Fidel, e dopo 44 anni, a 83 d’età, offeso perché Weltroni non lo ricandida, va a ricreare la DC (n’ata vota…, dicono a Napoli) con le altre schegge, Tabacci Follini Casini e forse Mastella, tutti gli spezzoni della corruzione «bianca-meridionale» - basta ricordare che la maggior parte dei voti che Casini riceve vengono da Cuffaro.

Fra l’altro, va notato come questi signori non rispondano ad alcuna volontà popolare di avere una Dc.
Questi non vogliono rappresentare gli elettori, non provano nemmeno ad ascoltare ciò che chiede la cittadinanza; vogliono rappresentare la malversazione in quanto tale.
De Mita porta una dote di potenti clientele.

Voglio ricordare che la sua gestione dei benefici per il terremoto dell’Irpinia costò ai contribuenti quasi quanto la Missione Apollo (sbarco sulla Luna) costò agli americani.
Non avessimo avuto De Mita, saremmo una potenza spaziale e satellitare: il particolarismo provinciale, benchè meschino, non ha nemmeno il pregio di costar meno della grandi imprese.
Ma non si riesce a indignarsi.
Troppo sollecitate, le ghiandole velenifere restano a secco.
Forse è a questo che mirano, ad assuefarci alla loro farsa indegna.

E Pannella?
Per stare con la «sinistra» esige 3 milioni di euro, otto deputati e la Bonino ministro.
E Veltroni che lo paga (da dove vengono quei tre milioni? Dalle nostre tasche? Come mai Veltroni ne dispone?), riuscendo a mantenere per giunta l’aria di superiorità morale su Berlusconi, poco prima accusato di «comprare» deputati dell’altra parte.
Weltroni ha anche imbarcato una quantità di cattolici, alcuni persino perbene (non parlo di Rosy Bindi), che si troveranno con la Bonino e Veronesi, il decrepito re dell’eutanasia, come ministri: evidentemente il loro posto non è da quella parte, ma non possono andare dall’altra perché c’è Berlusconi al comando.

E così Di Pietro: destra populista ruspante quale mai l’Italia ha avuto da mezzo secolo, sta «a sinistra» perché Berlusconi regna sull’altra parte.
La ricomposizione del quadro politico, che Di Pietro auspicava qualche settimana fa, non è avvenuta.
Ancora una volta chi vota «sinistra» voterà anche spezzoni di «destra», Binetti e massoneria, aborto e anti-aborto, «solidarietà» e liberismo dogmatico, komunismo di ritorno e progressismo della dissoluzione, intinti nel centrismo di Obama.
Copiato fin nel suo slogan (we can), tanto Veltroni è privo di idee sue persino in pubblicità: solo che la traduzione tradisce, «we can» diventa un romanesco «se po’ ffà»… il motto della Casta.

Sì, ma non si riesce a indignarsi.
Le surrenali non reagiscono più.
L’adrenalina non monta nel sangue inducendoci ad afferrare armi proprie e improprie.
E la faccenda dell’età?
Berlusconi è «vecchio», cantano in coro veltroniani e dalemiani; noi non ricandidiamo De Mita.
Però candidano Veronesi, stessa età di De Mita, «venerato maestro» del conformismo di sinistra, furbo businessman del cancro, una fortuna colossale accumulata a forza di interventi mutilanti, bombardamenti radiologici che creano più tumori di quelli che guariscono, chemioterapie omicide, cure vecchie e abbandonate altrove (dove si usano approssimazioni del Metodo Di Bella, qui osteggiate dal dottor Cancro).

Però Veltroni tira fuori una «giovane».
Una «economista di 27 anni», una ragazza qualunque, venuta dalla «società civile», un genio ancora misconosciuto.
Strano, chi si occupa di economia mai ha sentito o letto niente di questa «economista» di 27 anni. mai un articolo, mai un «paper» scientifico.
In compenso, questa rossa molto piacente è stata scoperta - non è una metafora - da Giulio Napolitano di cui è stata «fidanzatina»: e Giulio Napolitano è il figlio del presidente, oggi docente di diritto all’università della Tuscia, una università creata apposta per dare un posto ai figli di papà della Casta, e infatti disertata dagli studenti.

La rossa sexy-economista - Marianna Madia è il suo nome votato alla carriera di Venerata Maestra - è per giunta una raccomandata di Enrico Letta (il prodiano-democristo) che l’ha piazzata all’Arel, il centro-studi economici democristo fondato da Andreatta: entità altera, dove non accolgono che superlaureati, ma la rossa sexy l’hanno accolta prima della laurea.
Per di più, la Marianna fa la conduttrice alla TV di Stato, in un programma creato apposta per lei dall’ala protettrice di Minoli, uno dei capi-bastone della RAI.
Insomma una ragazza che s’è fatta da sé, senza l’aiuto di nessuno.
Alle giovani disoccupate laureate, con questa candidatura, Veltroni manda un chiaro messaggio: frequentate assiduamente, ma solo i figli di papà, i vecchi giusti.
Della Casta.

Indignarsi?
Macchè, non ci si riesce.
Come la vipera a primavera, le ghiandole del veleno non schizzano l’indispensabile tossina.
Non reagiscono nemmeno alla candidatura di un’altra che s’è fatta da sé, Bianca Berlinguer, da un secolo lettrice di notizie altrui al TG3 e perciò incautamente definita "giornalista".
E dall’altra parte?

Berlusconi conferma la sua nomea di Salame.
Alla prima uscita pubblica televisiva, dice che farà la grande coalizione con Veltroni: con ciò rivelando anzitempo il progetto che sta dietro tutta questa farsa triste e indecente, tanto da costringere il suo finto avversario e vero complice (il Uòlter) ad attaccarlo e smentirlo.
Come un comico rincretinito, ha fatto da spalla a Uòlter, gli ha porto la battuta facile: «Non è più sicuro di vincere».
In verità non ci prova nemmeno.
Tanto è deciso, sarà grande coalizione.

Il Salame si auto-smentisce il giorno dopo, finalmente conscio che con quella battuta ha reso inutile la sua campagna elettorale: «Siamo qui per vincere».
Già, proprio.
Con la Brambilla - l’omologa della «economista» di 27 anni.
Con la Nirenstein, la frenetica sragionante likudnik.
E con Gasparri, e la Santanchè, e Storace, l’attacchino malversatore della Regione Lazio.
Per fortuna la Yaspica ha detto no, la soubrettona non vuole stare in quella compagnia.
Anche l’avanspettacolo ha un limite.
Anche lei ha una sua morale.

Noi elettori dunque lo sappiamo: se votiamo Uòlter, votiamo comunque «anche» a destra.
Se votiamo il Salame, votiamo anche a sinistra.
Comunque votiamo, votiamo per le «larghe intese».
Ha ragione Beppe Grillo.
Che ha solo il torto di invitare a non votare.

No, bisogna andare al seggio, e - come ha suggerito un lettore - far mettere a verbale che non si ritira la scheda.
O almeno, entrare in cabina e scrivere sulla scheda l’insulto che la situazione ci consiglierà al momento.
Purchè le ghiandole velenifere si risveglino, perché sono stanche di iniettare a vuoto.

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