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Le banche contro l’Ungheria
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Secondo le notizie ufficiali, il Fondo Monetario ha troncato ogni negoziato per il «salvataggio» dell’Ungheria perchè il nuovo governo magiaro (dominato dal movimento Fidesz, dipinto come «populista» e un po’ antisemita) ha rifiutato i programmi d’austerità proposti dal Fondo.

L’Ungheria come la Grecia, strillano i media; l’Ungheria non potrà pagare i suoi debiti colossali per un Paese piccolo (il debito pubblico è all’80% del PIL, e quello verso l’estero al 135%). L’austerità è difficile da vendere in democrazia, filosofeggia il Telegraph (dunque, presto, un «free-market Stalin»).

La realtà è un’altra. Il Fondo Monetario, agente pignoratore della finanza speculativa, ha troncato le trattative perchè il governo magiaro sta cercando di elevare una tassa dello 0,45% sull’attivo netto delle banche, contando con ciò di raccogliere 650 milioni di euro.

Immediatamente, le maggiori banche dell’Europa Occidentale hanno scritto al FMI minacciando di ritirare i loro investimentid all’Ungheria, ciò che provocherebbe il collasso del Paese. Non possono sopportare un prelievo dello 0,45% sui profitti, povere banche. Hanno tutta la comprensione di noi cittadini che sopportiamo prelievi del 45-65%: anche se della nostra comprensione non hanno bisogno, perchè godono della solidarietà del FMI.

Vale la pena elencare questi istituti finanziari pronti a rovinare una popolazione intera (e ad effetto-domino tutto l’Est europeo) per difendere la loro esenzione fiscale permanente: due sono italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo, due austriache (Raiffeisen International e Erste Group Bank), una tedesca (Bayern LB) e una belga, KBC.

Sono le stesse banche che, approfittando dell’ingenuità dei governi ungheresi ignari delle bellezze del capitalismo terminale, hanno indebitato gli ungheresi proponendo loro mutui convenientissimi... in franchi svizzeri. Ci hanno fatto profitti enormi; oggi poi hanno il coltello dalla parte del manico, perchè l’Ungheria – che ha ancora la  sua moneta nazionale – grazie a quei debiti non può svalutare. Infatti, il 63% dei prestiti che le famiglie e le imprese magiare hanno contratto in questi anni, mutui e fidi di ogni genere, sono in franchi svizzeri; e il franco svizzero già sale anche troppo rispetto alla valuta nazionale. Una svalutazione, poniamo, del 20%, schiaccerebbe famiglie e imprese, perchè il franco svizzero aumenterebbe del 20%, e dunque aumenterebbero del pari i debiti da pagare.

In altri tempi, governi populisti e forse un tantino antisemiti ricorsero alla confisca- nazionalizzazione delle banche, trattandone i dirigenti e gli azionisti da quel che erano: criminali.

Christoph Rosenberg
   Christoph Rosenberg
Oggi non è più possibile – l’Ungheria è stata privata della sua sovranità monetaria benchè abbia ancora la sua moneta, come abbiamo visto sopra. Non è più nemmeno possibile chiedersi ad alta voce come mai il capo supremo del FMI debba per forza essere uno che si chiama Strauss Khan e il capo di missione del FMI in Ungheria, uno di nome Rosenberg.

Resta da constatare il fallimento del sogno venduto e perseguito dai poteri fortissimi globali all’Est: voi trasformate le materie prime vendute a basso costo da Russia e Ucraina – le industrie occidentali delocalizzeranno in massa i lavori in Ungheria, Polonia, Romania e Bulgaria perchè avete salari concorrenziali – ed esportate i prodotti finiti verso i Paesi dell’Europa occidentale. Tutti ci guadagnano, vedete com’è facile: avete bisogno di capitali? Eccoli in franchi svizzeri. Pagherete con comode rate.

S’intende che, per creare un ambiente «favorevole al business» (business friendly) occorre abbassare le tasse ai ricchi, esentare i profitti delle banche, smantellare ogni regolamentazione interna. «Meno stato e più mercato», come si dice.

Quando poi il sogno finisce, a pagare sono i cittadini. Perchè non hanno più uno Stato capace di proteggerli contro i saccheggiatori privati, stranieri appoggiatio da entità internazionali onnipotenti che non sono Stati. Potete votare anche in massa Fidesz, ungheresi, ma non servirà.

Post Scriptum: la consapevolezza che oggi occorra «più Stato» pone un problema per l’Italia, e non solo. Oggi, «più Stato» significherebbe affidare le banche nazionalizzate ai Gasparri, ai Fini, ai Verdini, insomma a gente che si è messa al riparo della «competitività» internazionale assegnandosi stipendi pubblici venti volte superiori alla paga media (calante) del popolo lavoratore. E che per giunta si sono abituati all’irresponsabilità più totale, e il cui solo scopo è mantenersi nell’area del «pubblico» che li fa ricchi. Gente che l’irresponsabilità e gli emolumewnti enormi e non guadagnati hanno reso corrotti fino al midollo.Ci vorrebbero altri statisti, che si sentissero parte della comunità storica nazionale e ne fossero responsabili, prima di affidar loro il «più Stato».

Dunque, signori, austerità per voi, e niente tasse alla banche.



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