Concordanze necessarie
04 Settembre 2010
«La preoccupazione che spesso ha espresso il Papa è che l’intelligenza della fede diventi intelligenza della realtà; la Chiesa dovrebbe essere il luogo in cui la bellezza è di casa, ‘la bellezza - scrive Benedetto XVI - senza la quale il mondo diventa il primo cerchio dell’inferno’. ‘Vorrei concludere le mie considerazioni con una bella parola del Mahatma Gandhi, che ho trovato una volta su un calendario - scrive il Papa - nel saggio sulla teologia della musica sacra, nel capitolo dedicato a ‘L’immagine del mondo e dell’uomo propria della liturgia’: ‘Nel mare vivono i pesci e tacciono, gli animali sulla terra gridano, ma gli uccelli, il cui spazio vitale è il cielo, cantano. Del mare è proprio il tacere, della terra il gridare e del cielo il cantare. L’uomo però partecipa di tutti e tre: porta in sé la profondità del mare, il peso della terra e l’altezza del cielo, e per questo sono sue anche tutte e tre le proprietà, il tacere, il gridare e il cantare’. Oggi, vorrei aggiungere, vediamo come all’uomo privo di trascendenza rimanga solo il gridare, perché vuole essere soltanto terra e cerca di far diventare terra anche il cielo e la profondità del mare. La liturgia giusta, la liturgia della comunione, gli restituisce la sua interezza. Essa gli insegna nuovamente il tacere e il cantare, aprendogli la profondità del mare e insegnandogli a volare, che è il modo di essere dell’angelo; elevando il suo cuore fa nuovamente risuonare in lui il canto che era stato sepolto» (1).
Auspico che le belle parole scritte dal Papa si tramutino in realtà effettiva di fronte allo sfacelo della vita religiosa dei fedeli cattolici (laici o consacrati che siano). Questo comporta certamente una revisione della teologia attualmente preponderante, ed ahimè!, presente anche presso gli alti vertici ecclesiastici. I punti nodali rispetto ai quali l’iter di ritorno – scusate il bisticcio di parole – ad una piena cattolicità dei cattolici, anche chierici, di qualunque livello o grado siano (perché la Chiesa, nonostante tutto, resta sempre la stessa, datrice di vita, immutabile ed infallibile), passa necessariamente per alcuni momenti di recupero di diversi punti fermi essenziali sui quali mi soffermerò per una breve riflessione. Riporto, a tal fine, uno scritto del noto monsignor Williamson (2).
«La devastazione operata nelle anime in tutto il mondo, negli anni 1960, dal venir meno della gran parte dei vescovi cattolici durante il Concilio Vaticano II, è incommensurabile. Per questo non si rifletterà mai abbastanza sul problema di fondo, perché esso è tuttora presente, e oggi più che mai. Esso minaccia di spedire tutte le nostre anime all’Inferno. L’anno scorso il quindicinale italiano Si Si No No (anno XXXV, numero 21, 15 dicembre 2009) ha pubblicato un articolo che riassume i principali errori di un ‘teologo’ pioniere del Vaticano II, il domenicano francese P. Marie-Dominique Chenu. Di seguito sono ulteriormente riassunti i suoi sei errori che portano al cuore del problema: collocare l’uomo al posto di Dio (ho cambiato il loro ordine - cosa che darà materia per un altro ‘Concilio Ecumenico’):
1. Volgersi all’uomo, come se fosse Dio ad aver bisogno di essere adattato all’uomo moderno, e non l’uomo moderno a Dio. Ma il continuo sforzo del cattolicesimo è di adattare l’uomo a Dio, e non viceversa.
2. Sottomettere la Rivelazione divina al modo di pensare moderno, ad esempio a Cartesio, Kant, Hegel. Non c’è più un’assoluta, oggettiva Verità. Tutte le impostazioni religiose diventano meramente relative e soggettive.
3. Sottomettere la Rivelazione divina al metodo storico, il che significa che ogni verità nasce solo nel suo contesto storico, tale che, dal momento che ogni contesto storico è cambiato o sta cambiando, nessuna verità è invariata o immutabile.
4. Credere nell’evoluzione panteista, nel senso che Dio non è più il Creatore essenzialmente distinto dalla creazione. Egli è considerato al pari delle creature, diveniente con l’evoluzione e con l’evoluzione costantemente cangiante.
5. Porre al primo posto i sentimenti in materia di religione, cioè mettere l’esperienza religiosa sentimentale al di sopra sia della Fede soprannaturale, nell’intelligenza, sia della Carità soprannaturale, nella volontà.
6. Negare la differenza tra il bene e il male, sostenendo che è la mera esistenza di un atto umano a renderlo buono. Ora, è vero che ogni atto umano che si realizza ha la bontà dell’esistente, ma esso possiede la bontà morale soltanto se è ordinato al suo fine, che in definitiva è Dio. Gli atti umani che non sono ordinati a Dio sono moralmente cattivi.
I sei errori sono ovviamente interconnessi. Se (1) la religione è centrata su di me, allora (2 e 3) devo sganciare la mia mente dalla realtà, dove la religione è centrata su Dio. Con la mente così paralizzata, poi (4) ‘niente c’è che sia’, così che tutto si evolve, e (5) i sentimenti prendono il sopravvento (dopo di che la religione, per colpa degli uomini, si femminilizza, perché l’emotività è prerogativa delle donne). Infine, quando i sentimenti sostituiscono la verità (6), crolla la morale».
Cercare di evitare gli errori del modernismo teologico nella propria vita personale può essere la prima maniera di sconfiggere l’imperante arroganza della dittatura del mutamento, obbligatoriamente imposta al cattolico. Chiaramente dovranno verificarsi, a largo raggio, delle concordanze estreme tra quello di cui parla il Pontefice e quanto delineato dal programma antimodernista; ma iniziare da sé è certo il primo passo di avvicinamento.
L’attuale crisi spirituale deriva con sicurezza, oltre che da un imbarazzante e pianificato travisamento nei contenuti della Fede, anche dall’esasperato antropocentrismo liturgico al quale assistiamo quotidianamente.
Se si vuole che il fedele arrivi a vivere la profondità del mare, occorre che sappia gustare le altezze del Mistero, che solo il senso del sacro di una liturgia con segni antichi e sempre nuovi sa dare. Il cielo è la mèta del cuore ed è necessario volare per giungervi; tuttavia questo è possibile soltanto da una preghiera assidua, pura, secondo le regole ed in conformità ad un dettato di fede ortodosso; le preghiere sono efficaci anche nella misura del loro radicamento nella retta Fede. Chiedere fuori da questo canale, oltre che faticoso, può essere inutile.
Il recupero della vera Fede e della dovuta (a Dio come diritto!, mentre all’uomo come dovere e necessità!) sacralità liturgica dipende sostanzialmente da una scelta di campo da fare, personalmente ed ora. Il resto alla Provvidenza.
Stefamo Maria Chiari
1) www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica 2) www.unavox.it/Documenti/Doc0242_Williamson_5.6.2010.html
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