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Papa Francesco, e la dissonanza cognitiva
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Riprendiamo la recente lettera di un lettore perché merita una trattazione più ampia:

Signor direttore,

senza la pretesa che Lei si cimenti nell’estensione di un altro articolo (so che è molto impegnato e anche afflitto da problemi di salute), desidererei che mi comunicasse il Suo pensiero riguardo il recente viaggio di Sua Santità in Brasile per partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù. Se posso dire apertamente quali sono le mie sensazioni, ebbene percepisco tali manifestazioni come delle indecorose carnevalate, delle pagliacciate che offendono la Cattolicità, che mi pare fatta di silenzio e raccoglimento: Papa Francesco non riesce a capire? Ed i Suoi ultimi predecessori, non si rendevano conto dei colpi mortali che stavano infliggendo al Cattolicesimo? (Ricorda Papa Giovanni Paolo II sul palco assieme ad un cantante rock?). Credo Lei sappia chi fu l’ideatore di siffatti artifizi come, appunto, la proclamazione di giornate mondiali, la raccolta firme di «intellettuali» e simili marchingegni propagandistici: si chiamava Mùnzenberg, un giudeo spartachista che ideò tali tecniche per plagiare la massa anonima, inconsapevole, e sfruttarla per gli scopi che si intuiscono. Una cosa per me è certa: quando, in Italia, entro in una chiesa, specie se opera di architetti d’oggi, e la vedo coperta di ridicoli manifesti scritti in un pessimo italiano dai giovinastri che danno del tu al parroco, strimpellano le chitarre e che partecipano agli «eventi» del Cattolicesimo da televisione, sento solo irritazione, fastidio e non più Presenze soprannaturali.

Con sincera stima

Manfred Riemann


«Come non essere d’accordo?», è stato il primo pensiero qui in redazione. E sono infatti, tristemente, d’accordo con lei. Adesso altri mi chiedono di articolare meglio – e c’è di mezzo la punizione ai Francescani dell’Immacolata – ed io, confesso, non ho la capacità di dire la mia.

A Rio, ci sono stati i vescovi Gangnam style sull’altare del Sacrificio. Ma non so se prima o dopo il loro flashmob, a questi vescovi Papa Francesco ha rivolto queste parole: «Non è la creatività pastorale, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, ma l’essere fedeli a Gesù, che ci dice con insistenza: “Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4) (…) Lasciatemi dire, che dovremmo essere quasi ossessivi in questo senso. Non vogliamo essere presuntuosi, imponendo “le nostre verità”. Ciò che ci guida è l’umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla (cfr Lc 24,13-35)».

Sono io che soffro di disconnessione cognitiva? Francesco non s’è lasciato illudere per i vantati 3 milioni di «giovani», visto che proprio a quei vescovi ha parlato dei milioni che dalla Chiesa si sono allontanati. La Chiesa «forse è apparsa troppo debole, forse troppo lontana dai loro bisogni, forse troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti, forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi, forse il mondo sembra aver reso la Chiesa un relitto del passato, insufficiente per le nuove domande; forse la Chiesa aveva risposte per l’infanzia dell’uomo ma non per la sua età adulta. Il fatto è che oggi ci sono molti che sono come i due discepoli di Emmaus; (...) ma anche coloro che sembrano ormai senza Dio sia nella teoria che nella pratica».

Bella quest’evocazione dei due che se ne vanno sulla strada di Emmaus, convinti che Gesù sia morto, e a cui si unisce il Viandante che non riconoscono.

«Serve una Chiesa che non abbia paura di uscire nella loro notte – ha continuato – Serve una Chiesa capace di intercettare la loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione (...) una Chiesa “in grado di far compagnia”, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme; una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c’è chi si allontana contengono già in se stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio. Serve una Chiesa capace di riscoprire le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia c’è poco da fare oggi per inserirsi in un mondo di feriti che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore».

Ciò è bello ed anche commovente, per la sottile angoscia (o sono io a leggerla) che spira da queste parole, in ogni caso ben consapevoli che la Chiesa sta per essere non solo senza fedeli, ma senza sacerdoti , e dunque senza il Sacrificio. Però non mi si scalda il cuore, e so perché: son già quattro i Pontefici che sento porsi queste domande. A cominciare da Paolo VI , con la sua indimenticabile frase sul «fumo di Satana» entrato «per qualche fessura». Disse: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza...». Chissà come mai, si chiedeva il Santo Padre; eppure proprio lui aveva dovuto apporre d’urgenza la «Nota previa esplicativa» alla fine del documento conciliare Lumen Gentium, con cui i teologi conciliari stavano per abolire il primato di Pietro. Da lui in poi, praticamente ogni Papa s’è domandato, in un modo o nell’altro: se la missione pastorale del Concilio mirava a conquistare il mondo a Cristo, come mai invece il mondo s’è sempre più scristianizzato, e non solo; persino il mondo cattolico è in profonda crisi e in via d’estinzione?

Per me, che sono rozzo, la risposta non era poi così difficile. Dopo il Concilio, qualcosa come 50 mila e più preti, suore e religiosi avevano gettato la veste alle ortiche. Quelli, sicuramente, avevano interpretato la «lezione del Concilio» nel senso della «rottura» e non della «continuità». Non ci vuole molto, secondo me, per riconoscere: Post hoc, ergo propter hoc.

Però sono ormai quattro i Papi che si tengono lontani da questa, per me ovvia, conclusione, e insistono a dire che il Concilio è stato la nuova Pentecoste, rovinata da Satana e più precisamente (secondo Benedetto XVI) dai giornalisti suoi agenti. Quattro Pontefici quattro. E siccome sono quattro santi, in perfetta buona fede e per di più immensamente competenti sui documenti conciliari; e inoltre infallibili in materia così grave, devo concluderne che ho torto io. O che questo oscuramento e questa crisi sono volontà imperscrutabile del Signore.

Personalmente, non ho più voglia di ribattere e di combattere, di ripetere le stesse cose tradizionaliste perennemente inascoltate, di farmi straziare dai Gangnam-Bishops e dal Tabernacolo messo a lato e dalle Messe istupidite; non ho tempo, sono vecchio, devo salvarmi l’anima con quel che c’è, essere sereno e dunque sforzarmi di non dubitare dell’autorità.

Se loro vogliono così, così sia. So (l’ho già detto) che fra tremila anni gli archeologi del futuro potranno dedurre che negli anni ’60 del XX° secolo, il cattolicesimo attraversò una crisi spaventosa, solo da come sono state costruite le chiese da allora in poi: prima, per due mila anni, stili coerenti espressione di rigoroso amore; poi, l’arbitrio e la bruttezza dozzinale o pretenziosa. Prima, il tabernacolo al centro ottico del tempio; poi, deliberatamente decentrato, o nascosto in una cappella laterale. Sono sintomi, vogliono pur dire qualcosa. Ma i Papi lo sanno, e sono già quattro a non voler cambiare.

E adesso Papa Bergoglio ha vietato ai Francescani dell’Immacolata di celebrare la Messa in latino secondo il vetus ordo, imposto un commissario all’Ordine, togliendone la guida a colui che l’ha fondato, lui vivente, padre Manelli: un fatto enorme, come se il Vaticano avesse tolto don Giussani a CL, o monsignor Escrivà all’Opus Dei. Secondo i giornali, il motivo della rimozione umiliante sarebbe che «padre Stefano Manelli, aveva imposto a tutte le comunità dei francescani dell’Immacolata l’uso esclusivo della forma straordinaria della liturgia, cioè il rito antico». Un’accusa che l’Ordine, mitemente, respinge. Mentre nell’atto stesso, insieme a padre Manelli, dichiara la più pronta e devota obbedienza al Santo Padre. Prendendo anche qualche distanza da certi tradizionalisti accorsi a sua difesa, che possono essere difensori dannosi.

Non so abbastanza per impancarmi di questa faccenda. So che quello è il solo Ordine in tumultuosa crescita, con un migliaio di suore e frati, novizie, nuove case, conventi rimasti deserti di nuovo riaperti e riabitati. Vocazioni attratte dal vetus ordo? Post hoc ergo propter hoc? Non so. Io non sono come il ben noto neocon Massimo Introvigne che ha detto la sua, dicendosi in un articolo «in possesso di informazioni riservate che altri non hanno» (certe volte le prende dal Mossad). Lo invidio. Capisco che ci sono state tensioni interne, «in un primo momento con lettere anonime, poi coi torbidi, infine coi cavilli canonici», a quanto lego in un blog. «Un gruppo minoritario dei nostri frati non voleva più la messa antica», ha confermato al vaticanista Tornielli il procuratore generale dell’Ordine, padre Apollonio. Secondo l’amico Mario Palmaro, la disposizione punitiva è stata presentata alla firma del Papa in modo irrituale, a lui direttamente senza passare per la Segnatura apostolica – dove sarebbe stata cassata . Il fatto è che Papa Bergoglio, firmandola in fretta, ha reso inappellabile il provvedimento.

Sembra sprigionarsi un certo fumo di Satana.

Per fortuna provvidenziale e post-conciliare, le dimissioni di Benedetto hanno aiutato a relativizzare la figura del Papa. Adesso possiamo dire serenamente che i Papi a volte sbagliano, se male informati. Papa Bergoglio ha recentemente commesso un errore, mettendo alla poltrona massima dello IOR monsignor Ricca, il suo oste della residenza Santa Marta, e solo dopo ha saputo che questo personaggio è un omosessuale scandaloso, che nel 1999, diplomatico in Uruguay, conviveva more uxorio col suo amante – un ufficiale svizzero – all’interno stesso della sede diplomatica vaticana. A detta de L’Espresso «l’intimità di rapporti tra Ricca e Haari (lo svizzero) era così scoperta da scandalizzare numerosi vescovi, preti e laici di quel piccolo Paese sudamericano, non ultime le suore che accudivano alla nunziatura». È dunque possibile che papa Francesco concluda, ad un esame più approfondito, che anche la repressione dell’Ordine dell’Immacolata sia stata un errore, dovuto come il primo alla fretta e all’inesperienza delle cose romane, e dei veleni vaticani, e vi ponga rimedio.

In questo aiuta l’immediata obbedienza di padre Manelli alla propria umiliazione, e dei suoi nuovi francescani. Anzi, nella dolorosa vicenda vedo un segno forte di conferma della loro santità; e persino una profezia di vittoria per la Messa in latino. È noto che i più grandi santi sono stati perseguitati e proprio dal Vaticano o dalle gerarchie ecclesiastiche, per essere poi – dopo morti – beatificati e riconosciuti. Tipico il caso, terribile, di padre Pio: trattato da impostore e simulatore delle stigmate, calunniato di viziose relazioni con le pie donne, privato della Messa con il popolo e del confessionale, segregato, spiato con microfoni nel confessionale, spregiato nientemeno che dal Papa «Buono» – (solo le rivelazioni de Il Borghese – rendendo diffusamente note le persecuzioni che si producevano in segreto, profittando dell’obbedienza di padre Pio, allentarono la stretta della Chiesa sul martire cappuccino).

Ebbene: oggi non solo il Vaticano ha beatificato Padre Pio, ma l’ha definito dottore della Chiesa, come Tommaso d’Aquino e Santa Caterina. Il che significa che la verità cattolica ortodossa e piena si trova in padre Pio, nei suoi scritti ed insegnamenti alberga la più profonda ed esemplare sapienza teologica.

Sicché mi consolo pensando non occorre, per dirsi cattolici, conoscere Congar, Hans Kung, Carl Rahner; e nemmeno i faticosi testi del coltissimo Ratzinger; né i «periti conciliari» e i loro «documenti», né i 40 milioni e 700 mila pagine che ogni anno emanano dalle Conferenze Episcopali del mondo. Basta regolarsi su Padre Pio.

Ora, padre Pio continuò a dire la Messa in latino ed anche dando le spalle al popolo, anche dopo il Concilio; ebbe una dispensa, non se la chiese lui, ma la ebbe. Secondo quel che ho potuto capire da parole di molti vescovi, essi osteggiano nel Vetus Ordo il carattere troppo pronunciato di «sacrificio», l’accento eccessivo sulla della Croce e la Passione; vogliono la Messa nuova perché pone l’accenno sulla Resurrezione, sulla «festa pasquale». A qualche fedele che chiedeva il permesso di far celebrare Messa antica, un vescovo del Nord ha detto: «Sia chiaro che la Messa è una mensa». Al che il fedele si rivoltò ricordandogli che in quella mensa, era la Pietanza ad essere speciale... Guadagnandosi il mancato permesso alla messa antica.

Le messe di padre Pio sono rimaste memorabili, duravano ore, facevano impressione, sconvolgevano i presenti. Padre Pio, quando diceva Messa, pensava al Sacrificio o alla Festa? Non parlò mai molto di quel che viveva sull’altare; ma anime «picchiose» (come le chiamava lui) gli tirarono fuori qualche parola. Mi limito a riportarle; nell’insieme, formano una teologia della Messa che è istruttivo apprendere.

«Padre che cos’è la vostra Messa?» «Un sacro miscuglio con la passione di Gesù. La mia responsabilità è unica al mondo». «Cosa devo leggere nella vostra santa Messa?» «Tutto quello che ha sofferto Gesù nella sua passione, indegnamente, lo soffro anchio, per quanto è possibile a creatura umana». «Agonizzate, Padre, come Gesù nell’orto?» «Sicuramente». «Viene pure a voi l’angelo a confortarvi?» «». «Quale fiat pronunziate?» «Di soffrire per i fratelli desilio e per il suo divin regno». «Diceste pure: “e grideranno, crucifige, crucifige”. Chi griderà?» «I figli degli uomini e proprio i beneficati». «Come restò Gesù, dopo la flagellazione, Padre?» «Il profeta lo dice: diventò una sola piaga, diventò un lebbroso». «E allora anche voi siete tutto una piaga, dalla testa ai piedi?» «E non è questa la nostra gloria? E se non ci sarà spazio, per fare altre piaghe nel corpo, faremo piaga su piaga». «Padre quando siete flagellato, siete solo o vi assiste qualcuno? » «Mi assiste la Vergine santa, è presente tutto il paradiso». «Padre, Gesù mi ha fatto sentire che voi soffrite la coronazione di spine». «Altrimenti limmolazione non sarebbe completa». «Le spine le avete sulla fronte o intorno al capo?» «Intorno a tutto il capo». «Padre, i peccatori vi tirano i capelli, come a Gesù?» «Mi tirano pure le ossa». «Padre, quanto soffrite nella santa Messa » «Non te ne incaricare: nella Messa è tutto un crescendo, fino alla fine».

«Padre, nel divin sacrificio, prendete su di voi le nostre iniquità?» «Non si può fare diversamente, perché fa parte del divin sacrificio... la condanna del peccatore cade su di me». «Padre, vi ho visto tremare, mentre salivate i gradini dell’altare, perché? Per quello che dovevate soffrire?» «Non per quello che dovevo soffrire, ma per quello che dovevo offrire». «Padre, perché piangete, quando leggete il Vangelo, nella Messa?» «E ti par poco un Dio che conversi con le sue creature? E che sia da loro contraddetto? E che sia continuamente ferito dalla loro ingratitudine e crudeltà?».

«Padre, perché piangete all’offertorio?» «Vorresti strapparmi il segreto? E sia pure. Allora è il momento in cui lanima viene separata dal profano».

L’anima separata dal profano. L’entrata nel sacrum.

«Ditemelo, Padre, perché soffrite tanto nella consacrazione?» «Perché è proprio lì che avviene una nuova mirabile distruzione e creazione».

Il mondo, l’umanità vengono distrutti e creati nella Messa? In ogni Messa?

«Padre come vi reggete in piedi, sull’altare?» «Come si reggeva Gesù sulla croce». «Padre, i carnefici capovolsero la croce di Gesù, per ribattere i chiodi?» «E come!». «Pure a voi la capovolgono?» «Sì, ma non aver paura».

«Padre, la santissima Vergine assiste alla vostra Messa?» «E tu credi che la Madonna non si interessi del Figlio?». «E gli angeli assistono, Padre?» «A torme».

«Padre, recitate pure voi le sette parole che Gesù proferì sulla croce?» «Sì, indegnamente, le recito pure io». «E a chi dite “Donna ecco tuo figlio”?» «Dico a Lei: Ecco i figli del tuo figlio». «Soffrite la sete e l’abbandono di Gesù?» «». «Gesù crocifisso aveva le viscere consumate?» «Dì, piuttosto bruciate». «Che faceva la Vergine ai piedi di Gesù crocefisso?» «Soffriva nel veder soffrire suo figlio. Offriva le sue pene e i dolori di Gesù al Padre celeste per la nostra salvezza».

«Padre, come dobbiamo ascoltare la s. Messa?» «Come vi assistettero la Santissima Vergine e le pie donne. Come assistette san Giovanni al sacrificio eucaristico e a quello cruento della croce». «Padre, che benefici riceviamo ascoltando la s. Messa?» «Non si possono enumerare. Li vedrete in Paradiso».

«Padre, che cos’è la santa Comunione?» «È tutta una misericordia interna ed esterna, tutto un amplesso. Pregate pure che Gesù si faccia sentire sensibilmente». «Dopo la comunione continuano le sofferenze?» «Sì, sofferenze amorose».

«Nella santa Messa morite anche voi, Padre?» «Misticamente nella santa comunione». «È per veemenza di amore o di dolore che subite la morte?» «Per l’uno e per l’altro: ma più per amore». «Dove posò l’ultimo sguardo Gesù morente?» «Sulla Madre sua». «E voi dove lo posate?» «Sui fratelli d’esilio». «Padre avete detto che nella comunione la vittima muore. Nelle braccia della Madonna vi depongono?» «Di san Francesco».

Commovente epilogo. Ebbene signori, da quando ho letto queste confessioni strappate al caro padre del Gargano, mi sforzo di partecipare alla Messa vedendola così. Anche la Messa nuova e prosaica, anche fra le chitarre, sono sicuro che avviene questo. In qualche modo, mi sento più vicino al Gesù nascosto che, nel suo tabernacolo laterale, è umiliato e messo da parte da benintenzionati, ma continua a venire.

Sì, lo so che il 90% dei cattolici americani non crede più alla Presenza Reale (come molti teologi di grido, del resto); so che il 69% dei giovani italiani cattolici non sentono come peccato i rapporti prematrimoniali; lo so e mi dispiace. Mi dispiace per loro, anche perché sono stato anch’io come loro – e so che è in pericolo la loro anima, in eterno. Perché questa è la fede delle Apparizioni, delle grazie ricevute, delle acque che guariscono, delle immaginette dettate dall’alto, dei padre Pio, dei pastorelli a cui la Vergine chiede di sacrificarsi per i peccatori, dei miracoli chiesti e delle guarigioni ottenute; questa è – soprattutto – la fede dei miracoli eucaristici. Il che significa che nel tabernacolo anche messo a lato, continua ad esserci quel povero Cuore che stilla sangue, e che insiste ad offrirsi a noi quel Cuore intensamente sofferente che ha subito il colpo mortale.

Immaginette, apparizioni e acque miracolose significano che il Figlio di Dio continua ad essere qui fra noi, ad aiutarci con miracoli e prodigi, e a richiamarci in ogni modo a tornare a Lui. E che non c’è altra religione dove Dio sia così coinvolto, così direttamente presente, e che continuamente – e mai deluso nonostante tutto – ci invita: «Restate in Me ed io in voi».

E cosa volete; tutte le volte che, sforzandomi, riesco ad intuire anche un millesimo di quel che viveva nella Messa padre Pio, cesso di appassionarmi alle polemiche, anche giustissime, che travagliano questa Chiesa oscurata e in crisi. Mi pare che il fumo di Satana, per quanto invada e puzzi e sia denso, è dopotutto solo fumo. Senza che noi ce ne accorgiamo, svanirà e forse sta già svanendo. E forse proprio la persecuzione dei Francescani dell’Immacolata è un’alba, e non un tramonto.



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