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Stupri. Anche della ragione.
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Due violenze carnali in un giorno, e i «grandi» giornali ci fanno i titoli di prima pagina: ovvio, i «grandi» media hanno interpretato il voto, soprattutto alla Lega, come una richiesta di «sicurezza», e partecipano - come sempre - alla nuova aria che tira. I politici ci fanno la politica, sugli stupri.

Alemanno conta di vincere il ballottaggio contro Rutelli grazie alla ragazza accoltellata a Roma, i leghisti la menano sul clandestino violentatore e sono molto rispettosamente ascoltati dai grandi giornali. Del resto anche Fassino dà la linea: «Subito il dialogo col Carroccio».

Un super-sindacalista FIOM chiama la Lega: gli ultimi comunisti. Inteso, per lui, come elogio.

La sinistra - perdente - osserva, come sempre, che «ben altro è il discorso»: la «legalità» deve colpire i falsi in bilancio (sottinteso: Previti, Dell’Utri, Berlusconi), non solo i rom.

Il ministro dell’Interno ancora in carica, Amato, nota che gli stupri sono diminuiti del 12%, che non c’è nessuna emergenza-sicurezza. Grazie a Prodi.

Sono diminuite le «denunce» per violenza, non le violenze. E anche quelle denunciate, dite voi se vi sembran poche: 13 al giorno. Su dieci, 4 sono compiute da extranei o extracomunitari, sei da italiani, spesso parenti stretti della violentata.

Accuratamente taciuto - è naturale - uno dei motivi primari dello stupro diffuso: la diffusione capillare e la accessibilità della pornografia. Internet, telefonini, DVD, genitori «tolleranti» e aperti hanno messo la pornografia alla portata dei  dodicenni.

Sento, distrattamente da un TG, che una tredicenne è violentata in gruppo dai compagnuzzi di scuola, ripresa coi telefonini, e i ragazzi sono a piede libero perchè, secondo il magistrato, «lei era consenziente».

Mi piacerebbe sapere se un giorno questo Paese sarà disposto a inserire i pre-adolescenti nelle «fasce deboli».  I ragazzini sono deboli in maturità, in educazione, in personalità, in influenzabilità. La loro stupidità stessa va protetta.

L’accesso incontrastato alla pornografia è direttamente responsabile dell’immagine degradata che questi hanno della donna: facile, oggetto, oggetto-merce. La donna è spregevole, assatanata, vogliosa, nei videoporno. Perchè non quella che si «lascia andare» in discoteca, che «si mette in mostra» alla fermata del tram, che «la dà» al suo amichetto? Se «la dà già», perchè resiste a darla a dieci compagni?

Per gente ammorbata dalla pornografia, la donna è carne. Non ha diritti. Se resiste, una coltellata.

Fascia debole è anche l’emigrato: per lo più giovane maschio, proveniente da Paesi di forte ritegno («repressione», la chiamano) sessuale, ridotto alla miseria sessuale solitaria (magari lontano dalla moglie per mesi e anni), circondato da pornografia accessibile e dall’atmosfera «porno-soft» (così la chiamano) che emana da ogni cartellone pubblicitario, da ogni spettacolino TV: offerte di bocche semiaperte, di scollature abissali, bellezze («sexy», le chiamano) incredibilmente provocanti introvabili nella vita reale, che si espongono, si «offrono» per vendere un pannolino, un dopobarba, un orologio, o per presentare una lotteria scema con «ricchi premi».

Che cosa deve pensare l’immigrato delle ragazze «libere» che si vede attorno?

La «sinistra» che «difende» gli immigrati, da questo veleno non li difende. E’ ovvio: la «sinistra» ha dato alla pornografia uno status  istituzionale, la volta scorsa ha mandato in parlamento il maturo Vladimir Luxuria, professionale di quel mondo.

In ciò, in piena consonanza con la borghesia «liberale» e illuminata: che a difesa del porno parla di «libertà di opinione», di stampa e del pensiero.

Mi piacerebbe capire in che cosa la ripresa video di coiti plurimi è espressione di un «pensiero», o almeno di una «opinione». E questo, in un Paese che condanna decine di opinioni e pensieri minoritari, e in qualunque modo non-conformisti.
Un professore di Torino, Renato Pallavidini, è stato messo sotto inchiesta per aver risposto - a domanda di una sua studentessa - che secondo lui Israele strumentalizza l’olocausto per coprire le sue atrocità contro i palestinesi.

Un presidente di Cassazione di Palermo, Giuseppe Prinzivalli, si vide arrivare un avviso di garanzia con tanto di perquisizione domiciliare «per aver negato in una sentenza il carattere verticistico di Cosa Nostra»; con ciò, secondo i procuratori che lo incriminarono, «aiutando a dissimularne la struttura». Quindi: concorso esterno in associazione mafiosa (come Contrada).

Come nota Mauro Mellini, avvocato radicale, (1) da cui traggo i suddetti esempi, il codice fascista stesso non perseguiva le opinioni antifasciste in sè - cosa possibile solo a una psicopolizia capace di penetrare nei cervelli e di spiare tutte le conversaizioni - ma la loro «propaganda», la loro «espressione collettiva e organizzata» volta a creare un «movimento».

Invece, l’Italia democratica - come si vede - colpisce le opinioni in sè, il pensiero: il giudice di Palermo è colpito per aver espresso l’opinione motivata che, secondo lui cosa Nostra non è una organizzazione gerarchica e monolitica.

Invece, la pornografia è un «pensiero» ammesso e depenalizzato.

La legge Mancino colpisce (tre anni di galera) chi «diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale ed etnico». Notate le parole: «in qualsiasi modo». Non solo con una scritta sui muri, ma in una lezione universitaria (com’è il caso di Claudio Moffa che invitò Faurisson).

Colpisce specificamente, nominandole, le «idee», non «atti» di discriminazione. Colpisce tali idee indipendentemente dal pericolo sociale che possono rappresentare, anche se non ne rappresentano nessuno.

Poi, s’intende, la legge di censura è selettiva: Oriana Fallaci, Magdi Allam possono ingiuriare l’Islam e i musulmani come «inferiori», e vengono applauditi. La Fallaci e la Nirenstein possono esprimere l’odio razziale come e quando vogliono, e non come argomento razionale, bensì «incitante» ad azioni poliziesche di odio razziale, espulsioni, censure, controllo delle moschee.

La pornografia non potrebbe entrare nella Legge Mancino? Dopotutto, incita ad una «idea» degradante della donna, che incita al suo spregio e al suo uso ed abuso. Ma no. Anzi, Luxuria in Parlamento.

Anche questo mi sembra - insieme - stupro e pornografia. Con il sospetto che le leggi fasciste forse difendevano meglio le idee, e meno la pornografia (che era clandestina, difficilmente accessibile).




1) Mauro Mellini, «Delitti d’opinione ed opinioni delittuose», in Autori Vari, «La storia imbavagliata», a cura di Claudio Moffa, Teramo, 2007, pagina 35.


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