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Gleiwitz: cosa insegna la storia
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Allora sarà guerra. In autunno, comunque prima di novembre. Ne dà notizia tanto l’ayatollah Khameney, quanto la informatissima agenzia israeliana Debka, quanto – più sommessamente – l’ineffabile Davide Frattini sul Corriere della Sera. L’arricchimento dell’uranio iraniano sembra continuare dopo lo stop imposto dagli attacchi informatici che avrebbero nei mesi scorsi messo fuori uso un gran numero di centrifughe e sarebbe prossimo ormai al 60%, il cosiddetto «livello bomba», il livello cioè per fare dell’uranio arricchito la base indispensabile per costruire l’atomica degli «sciiti» (Iran prepares for 60 percent uranium enrichment).

Dunque Israele ha deciso che è il momento. Poiché sin qui non è scattata la luce verde dagli USA per l’attacco contro l’Iran, il Primo Ministro israeliano è perfettamente consapevole del fatto che se vuole colpire la Repubblica islamica deve farlo prima di novembre. Infatti Obama, in piena campagna elettorale e col rischio che venga rieletto, non potrebbe esimersi dallo schierarsi al fianco dell’«alleato», anche in considerazione della potenza di fuoco non tanto della Heyl Ha’Avir (l’aeronautica israeliana), quanto delle lobby ebraiche. Il fattore tempo è a questo punto decisivo.

E se Obama non si decidesse a dare luce verde all’attacco (come sembra, visto il cattivo stato dei rapporti tra CIA e Mossad, di cui ha dato per inciso notizia anche il Corriere) le soluzioni sono due: o una decisione unilaterale da parte degli israeliani o un imprevisto, cioè la possibilità che prima di allora «il terrorismo islamico» torni a colpire.

Dove? Magari di nuovo negli States, perché – come ha suggerito qualcuno – nulla può accadere alle Olimpiadi in corso, protette come sono da «forze inespugnabili»: questo infatti starebbero ad indicare quella strana mascotte, Wenlock, (con un solo occhio, che tanto richiama il massonico «all-seeing eye» e quella stranissima luce in testa che molta ricorda il simbolo del «Genio della Rivoluzione» e molto meno la luce dei taxi londinesi di cui alla versione ufficiale), visti quegli strani compassi che perimetrano l’Olympic Stadium e quell’ancor più strano «logo» che brilla sul petto della mascotte e che davvero potrebbe criticamente sottintendere la parola ZION…







Naturalmente non sono che «strane coincidenze» e francamente un attentato vero o falso alle Olimpiadi sembra davvero improbabile e di difficilissima realizzazione, anche per i migliori Servizi del mondo... Ma qui sembra ci sia di più: ed è chiaro allora che qui non potrà accadere nulla.

Sia come sia, se da qualche altra parte il mondo precipitasse di nuovo nell’incubo del «terrorismo internazionale», lo stesso New York Times, capofila progressista dei media «lobbizzanti», sospingerebbe l’incerto Obama (ripeto: in piena campagna elettorale per le elezioni di novembre) verso quello che tornerebbe ad apparire come un «destino manifesto».

Debka, il noto sito di informazione militare legato ad ambienti israeliani, già ci informa che esperti di intelligence statunitensi e israeliani concordano non solo sul fatto che entro tre mesi l’Iran sarebbe in grado di produrre una «bomba sporca» da distriburire alle reti terroristiche gestite dalla Guardia Rivoluzionaria, braccio esterno clandestino delle Brigate Al Quds, ma che Teheran avrebbe già sponsorizzata una campagna terroristica contro Israele, di cui l’attacco del 18 luglio nella città bulgara di Burgas, in cui sono stati uccisi cinque israeliani e un bulgaro, è visto come il primo di altri attacchi le cui dimensioni si espanderanno in modo da costringere Israele a reagire.

Di tutto questo ovviamente non c’è uno straccio di prova ed anzi la semplice intelligenza basta a dimostrare che l’interesse dell’Iran sarebbe casomai quello di evitare (almeno per ora) ogni provocazione per non offrire il destro ad una reazione da parte israeliana. Ma siccome qualcuno, cioè Israele, la guerra la sta cercando ad ogni costo, è inevitabile che la guerra si faccia e... «settembre per novembre» sarebbe una tempistica perfetta. E settembre è il mese dell’attacco alle Torri Gemelle.

Proviamo a fantasticare a beneficio di tutti i «numerologi» del web su questa tempistica. Poi diremo cose più serie, dimostrando che il tempo è ormai maturo. Dobbiamo solo abituarci all’idea. Ma intanto per sdrammatizzare – proviamo a divertirci, un po’ – come abbiamo fatto per quelle strane coincidenze olimpiche.

Anzitutto settembre è il mese del «capodanno»... ebraico naturalmente, quando Elul lascia il posto al mese di Tishrei e l’11 settembre 2001 era il 23 Elul dell’anno 5761. Qualcuno potrebbe evidenziare che la somma di quei numeri (11+ 9+2+0+0+1) fa 23, aprendo tutta la «leggenda» della maledizione del numero 23: WTC, World strade Center, è composto dalla W che è la 23a lettera dell’alfabeto anglosassone, dalla T che è la 20° e dalla C che è la 3°a, dando la loro somma (20+3) ancora il numero 23. E poi 2 : 3 = 0,666, col contorno satanista del caso. Ci sono talvolta coincidenze davvero affascinanti, capaci di farci dimenticare l’insonnia e l’afa metafisica di quest’estate.

Molto si è discusso della ricorrenza del numero 11 nell’attentato delle Torri Gemelle e del pari sulla maledizione del numero 11 riguardo agli attentati dell’11 settembre e ad altre calamità. Ovunque si è letto che New York City ha 11 lettere, che il primo aereo schiantatosi contro le torri gemelle era il volo numero 11, e portava 92 passeggeri (9+2=11), che quello che si schiantò anche’esso contro le torri, portava 65 passeggeri (6+5=11), che l’attentato si verificò l’11 settembre (9/11 - 9+1+1=11), per tacere del fatto che anche a Madrid le bombe scoppiarono l’11 di marzo.

Ora il numero 11 nella Qabbalh avrebbe secondo taluni il significato di «potenza acquisita, conoscenza della propria forza, potere per chi si è elevato per i propri meriti e valori» (perfetta corrispondenza dell’Israele sionista) e corrisponderebbe alla lettera dell’alfabeto ebraico CAPH, simbolo dell’uomo (è l’iniziativa umana, non quella divina ad aver costruito lo Stato di Israele!...) che rappresenta la mano in un doppio simbolismo. Esso sta per il palmo della mano che serve da contenitore ed, allo stesso tempo, identifica la misura di quanto esso contiene. CAPH quindi definisce la produttività e la realizzazione che risultano da uno sforzo mentale o fisico.

Potremmo aggiungere che nel Rituale massonico scozzese antico e accettato l’11° grado è quello di Emerek, il supremo cavaliere eletto, la cui filosofia del grado è quella di Salomone, che fra i 15 maestri eletti inviati a Gath ne scegli 12 che mise al governo delle Tribù di Israele e che «la leggenda insegna che meritano ricompensa coloro che compiono serenamente il loro dovere, rendendosi esecutori di giuste e legali condanne emanate contro i traditori e gli oppressori» sicchè Emerek viene ricevuto e ammesso al grado «essendo stato la causa della punizione inflitta agli assassini».

Insomma tutto questo, oltre al fatto che 11 e 23 sono entrambi numeri primi, legherebbe nella maledizione di queste due cifre e sulla base di complicati calcoli che non sto a specificare qualcuno si diverte ad ipotizzare che la prossima «fessura temporale maledetta» sarebbe solo la mezzanotte tra il 10 e l’11 settembre, transito tra il 22 e il 23 di Elul del calendario ebraico. Quanto all’anno di riferimento esso è l’unico che sommando 11 all’anno dell’attentato alle torri Gemelle (il 2001) consente anche di essere anche quello che ne deriva sottraendo 11 dal 2023: il 2012 appunto...

Insomma la data maledetta per eccellenza è la mezzanotte tra martedì 10 e mercoledì 11 di settembre prossimo. Naturalmente questo è un divertissment estivo, da non prendere sul serio in un sito, invece, serio come questo. La cosa seria invece è che Israele attaccherà l’Iran. E presto pare! L’ex direttore del Mossad israeliano Ephraim Halevi ha commentato sul New York Times di giovedi 2 agosto che se fosse un iraniano sarebbe molto preoccupato nelle prossime 12 settimane: giusto giusto «settembre per novembre». (Former Mossad chief: Iran should be very fearful over next 12 weeks)

Ephraim Halevi
  Ephraim Halevi
Infatti l’Iran dopo le recenti performance delle guerre globali avrebbe deciso di fortificare i propri siti nucleari con involucri di acciaio e cemento per limitare l’impatto delle bombe perforanti (le micidiali Penetrators Massive Ordinance del peso di 30.000 libbre ognuna, in grado di penetrare 60 metri di cemento armato), giacchè nel caso di attacco lo spostamento delle infrastrutture di arricchimento dell’uranio nei tunnel della metropolitana sarebbe un’operazione estremamente rischiosa, oltrechè estremamente lenta. Dal canto suo sull’altro fronte Netanyahu è stato intervistato la scorsa settimana da diversi media israeliani, che gli hanno chiesto conto del suo nuovo programma economico di aumenti fiscali e tagli di spesa, finalizzato – pare – a dover fronteggiare nuove ingenti spese militari.

A sua volta in precedenza il capo di Stato Maggiore dell’IDF (i Servizi Militari) Lt. Gen. Benny Gantz si era molto arrabbiato per la campagna che alcuni media israeliani stavano conducendo su un attacco preventivo contro il programma nucleare iraniano. Smentendo seccamente l’insinuazione secondo cui lui stesso sarebbe stato contrario all’attacco, Gantz ha ricordato che «l’Iran è l’unico Paese al mondo che si sta dotando di armi nucleari, minacciando al tempo stesso di distruggere un altro Paese». Naturalmente Gabtz si è dimenticato di ricordare che Israele è l’unico Paese del Medio Oriente che di ordigni nucleari se ne è costruito qualche centinaio senza nessun intervento dell’AIA e non certo per realizzare fuochi pirotecnici kosher, da spararsi nella ricorrenza di Yom Kippur... In conclusione Lt. Gen. Gantz ha aggiunto: «Per me ‘tutte le opzioni sul tavolo’ non è uno slogan, ma un programma di lavoro». Consolante davvero.

Ma veniamo a noi. Ecco a parte tutto non vorrei che l’«apolide speculazione internazionale» [cioè i «signori delle Borse» Soros, Cohen Paulson (Soros, Paulson e Cohen ecco i signori che agitano le Borse | La nuova guerra di Soros contro euro e cattolici) si ostinasse a non capire «gli sforzi» che stiamo facendo per diventare «virtuosi». Mi domanderete: dov’è il nesso? Provo a spiegarmi. Quello che sta accadendo non è il frutto della mano invisibile dei mercati. Quali siano le mani che muovono i mercati è ormai ben noto da febbraio 2010, quando il nome di Soros era apparso tra i partecipanti al meeting dei principali hedge fund tenutosi a New York per scommettere sulla caduta dell’euro (Soros non lascia e non si pente. Anzi rilancia).

Che oggi sia lo stesso Soros ad invitare la Merkel ad essere più europeista non vi pare strano? Che abbia cambiato idea? Da escludersi. Singolare invece che nello stesso giorno in cui il finanziere giudeo-ungherese rimproverava alla Kanzlerin di «avere costruito un sistema bacato, scaricandone i costi sulle ‘periferie’, Grecia in testa» (
Soros spara a zero sulla Merkel: «Hai solo tre mesi per salvare l'euro» ), usciva anche la notizia della fornitura da parte della Germania ad Israele di tre sottomarini con missili da crociera a testata nucleare prodotti dai cantieri «Howaldtswerke» mentre altri tre verranno forniti entro il 2017 ed altri tre ancora sarebbero già stati ordinati (Der Spiegel: missili nucleari tedeschi su sottomarini israeliani). Davvero una strana coincidenza, direi quasi una intimazione di sfratto, nel caso di mancato adeguamento ai dettami imposti. Insomma è come se, ora che la Germania «i veri compiti a casa» li aveva fatti, cessasse la protezione dei «mercati».

La Cancelliera e i kapò della Bu.Ba hanno creduto di poter tenera alta la bandiera dello pseudonazionalismo di Weimar (perché sono quelli i colori dell’attuale bandiera tedesca e quella la pseudocultura di base) pensando, con il loro pericoloso servilismo verso Israele, di poter essere perciò esonerati dal diktat degli speculatori: cedere sovranità, cioè abdicare alla democrazia. Per capire la miopia del ragionamento bastava leggere le parole di Soros: «Non si può continuare così all’infinito», soprattutto perché la conseguenza è che i movimenti euro-scettici prendano maggior vigore nelle consultazioni elettorali provocando «l’implosione di un oggetto fantastico», cioè l’Europa di Maastricht. Quasi le stesse parole che ha usato giusto ieri Mario Monti. Movimenti euroscettici, significa nel linguaggio di legno dei finanzieri, «movimenti populisti», cioè «fascisti», quindi antisemiti. Guai se il «contagio populista» si radicasse in Europa, specie se ci fosse alle viste una guerra in Medio Oriente. L’opposizione alla guerra potrebbe diventare una bandiera politica.

Ecco il significato di quella frase sibillina pronunciata ieri nell’intervista allo Spiegel: «Se i governi si facessero vincolare del tutto dalle decisioni dei loro parlamenti, senza mantenere un proprio spazio di manovra, allora una disintegrazione dell’Europa sarebbe più probabile di un’integrazione». Come dire... cara Merkel, la ricreazione è finita: impara da noi italiani, che la democrazia l’abbiamo abolita. Non ci importa nulla delle tue preoccupazioni elettorali, ora devi adeguarti, ci aspettano giorni molto impegnativi... L’Europa, la loro Europa, ha fretta non solo di una moneta comune, ma di una politica estera e di difesa (cioè di offesa) comune: la Germania non è affidabile per lor signori, come non lo era Berlusconi e la sua pericolosa amicizia verso Putin. Altro che veline!

Non dimentichiamoci che quella Germania, che tanto ha fatto per essere eletta nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, si è astenuta sulla risoluzione dell’ONU sulla no-fly zone in Libia insieme a Brasile, Russia, India e Cina e che la sua posizione sulla Siria non è andata molto al di là della richiesta di dimissioni del presidente siriano Bashar al Assad. E non dimentichiamoci che la sua presenza nel Consiglio di Sicurezza, che scade a dicembre, è cruciale nel caso di un attacco entro dodici settimane. Dunque non si illuda la Germania: l’attacco contro l’Euro alla fine non la risparmierà, perché il mondo sta per cambiare. La fortezza tedesca è un gigante dai piedi d’argilla e fin qui ha nascosto le proprie magagne non perché è custode di rare virtù, ma perché ha recitato per conto terzi la parte di severo censore dei popoli d’Europa, consentendo alla «mano invisibile del mercato» di svuotarci non solo i portafogli, ma di rubarci anche la libertà di essere dei «falliti».

È di qualche ora fa la notizia che le banche di Wall Street si preparano a una possibile rottura dell’area euro con la potenziale uscita di un Paese e che gli istituti stanno chiedendo alle controparti e ai creditori di rivedere i contratti oppure trovare un’altra banca con cui fare affari (
Wall Street scommette contro l'euro. I big della finanza corrono a "coprirsi"). Sembra che l’ultimatum lanciato da Soros a giugno (tre mesi di tempo alla Merkel per sottomettersi al governo di emergenza sovranazionale) coincida con l’inizio delle dodici settimane che potrebbero cambiare il mondo, di cui ha parlato l’ex direttore del Mossad israeliano Ephraim Halevi sul New York Times di giovedi 2 agosto. Anche la Germania è avvisata: la neutralità in caso di guerra se la può permettere solo la Svizzera. Nemesi storica per la Germania...

C’è stato un tempo in cui era lei a parlare di Terra, di «Lebensraum» della corsa «nach Osten», dei miti della superiorità del sangue, dell’unificazione dei tedeschi, della Grande Germania. Oggi altri parlano della Terra, della stirpe di Abramo, dell’espansione verso i Territori orientali, della raccolta della Diaspora, del Grande Israele. Allora per realizzare quel progetto di conquista alla Germania serviva la guerra, ma mancava l’occasione. E l’occasione fu trovata: il famoso incidente di Gleiwitz.

Si narra che per attaccare la Polonia il 23 agosto 1939, durante una riunione del governo, Hitler avrebbe detto: «Fornirò io il pretesto. Non importa che sia plausibile o no, quando avremo vinto la guerra nessuno ci verrà a chiedere se avremo detto la verità oppure no». L’azione, concordata per il 31 agosto 1939, prevedeva che soldati tedeschi con divise polacche assaltassero la stazione radio di Gleiwitz e trasmettessero un messaggio che invitava la popolazione polacca ad imbracciare le armi contro Hitler. Alle 4.45 del mattino del giorno successivo Adolf Hitler pronunciava al Reichstag (riunito in assemblea straordinaria) un discorso tristemente memorabile: «Questa notte unità polacche sono penetrate in territorio tedesco. Da ora alle bombe verrà risposto con le bombe. Da questo momento io sono il primo soldato del Reich». Alle 6.00 del mattino i reparti della Wermacht invadevano la Polonia.

Serve sempre un pretesto per una guerra... anche allora era settembre, perbacco! Superior stabat lupus.

Domenico Savino




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