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Un altro capitolo dell’assurda vicenda del giudice Paolo Ferraro
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Il 15 luglio 2013, il dottor Rosario Maria Ciancio, presidente della Prima Sezione bis, Tutele e Minori del Tribunale Civile di Roma, ha rigettato l’istanza che chiedeva che il giudice Paolo Ferraro fosse sottoposto ad amministrazione di sostegno da parte dell’Autorità giudiziaria.

In pratica Ferraro avrebbe dovuto, su istanza della medesima Procura i cui membri deviati aveva denunciato, essere riconosciuto incapace di poter svolgere gli atti della propria vita in maniera autonoma, ed essere affiancato da una sorta di tutore ed il giudice ha risposto picche.

E questa sarebbe una buona notizia se il giudice, chiamato a pronunciarsi , non avesse assunto il classico atteggiamento pilatesco di chi se ne lava le mani: secondo lui al soggetto in causa, non si può imporre come a qualsiasi malato, d’ufficio, la cura, mentre in assenza di pericolosità ed eccessiva prodigalità non sarebbe possibile affiancargli un tutore nominato d’ufficio dalla Magistratura. Principio in astratto giusto, ma che c'entra con Paolo Ferraro ?

Il magistrato tutelare chiamato ad esprimersi sulla vicenda, si lancia, in maniera davvero avventata, in una valutazione dei fatti alla base di tutta la vicenda stessa, (la scoperta da Parte di Paolo Ferraro di una struttura massonica e deviata che coinvolge magistrati, psichiatri, alti gradi dell’esercito ed alti funzionari dello Stato) affermando e scrivendo nel testo della sentenza: «Non possono non rilevarsi le inverosimili affermazioni, relative all'operato di una setta satanica massonica, in ambiente militare, con estensioni nel campo della magistratura, che il medesimo afferma di aver colto all'opera». Quindi quanto affermato dal giudicando costituirebbe una massa di assurde farneticanti fandonie.

E poco oltre rincara la dose accettando per buona la congiunta affermazione dei consulente e perito Francesco Bruno e Tonino Cantelmi, la quale contrasta persino la valutazione psichica sul soggetto eseguita presso l’Ospedale Sant’Andrea nel quale era stato ricoverato Paolo Ferraro dopo essere stato sottoposto ad un sequestro di persona illegale; in pratica i due «esperti» riscrivevano in maniera del tutto arbitraria un nuovo profilo adattandolo alle esigenze di far passare davvero da soggetto quantomeno «disturbato» una persona del tutto sana di mente. E ciò hanno fatto semplicemente inventandosi un vaglio scientifico, perché addirittura la diagnosi inventata e concordata non derivava de test od attività di vaglio scientifico da loro svolte!!! Sarebbe opportuno leggere per comprendere meglio i documenti e le memorie ed anche l’articolo scritto ultimamente, in materia, dal giudice Paolo Ferraro!

Questi sono i miracoli «scientifici» e laici cui un normale cittadino onesto e coscienzioso può andare incontro incappando in una magistratura che ormai segue indirizzi e logiche estranee al dettato costituzionale ed alle funzioni che essa dovrebbe svolgere.

Quindi due psichiatri (di apparato e legati a poteri e ruoli , il primo addirittura funzionario, per decenni, del SISDE), cosa assurda e scandalosa, rimodellano a loro insindacabile piacimento ipotesi e giudizi per stilare in accordo, un rapporto il quale porti alla sicura eliminazione del presunto «avversario» e lo rendano incapace di svolgere persino una qualsiasi attività economico professionale che gli permetta di provvedere, in maniera onesta, alla sopravvivenza sia sua sia dei propri figli. Questo tipo di comportamento è di natura assolutamente criminale: ma la cosa più assurda è che il magistrato giudicante cita questo comportamento come base di prova per dimostrare stati disturbati del giudice Ferraro. Siamo di fronte alla finzione logico formale più ipocrita e depistante che si possa concepire, contraddetta da una montagna di prove dirette e dati allegate a faldoni di memorie difensive.

Il magistrato valuta fatti e prove, non deve mai esternare giudizi socio antropologici o logico aprioristici. Il passo del giudice tutelare sopra riportato è una vergogna per il diritto, per la scienza, sia giuridica che per quella della investigazione. Ma non dimentichiamo di essere in Italia dove tutto è possibile che accada e dove, diceva, ridendo sornione, il Divo Giulio Andreotti: «tutto si aggiusta».

Il giudice Ciancio non tiene in alcuna considerazione persino la testimonianza chiave di Patrizia Foiani, compagna convivente nascosta e posta nel limbo appositamente: seguendo il più trito dei rituali, la vita reale di Paolo Ferraro non deve esistere perché il quadro e profilo del medesimo voluto inventare da poteri forti non è compatibile con una vita sociale, affettiva , e pubblica anche, della vittima designata . Spariscono quindi, nella valutazione bifida del giudice, centinaia di conferenze, interviste, convegni, articoli, candidature quale capolista in varie regioni nelle ultime elezioni e ovviamente la vera identità di Paolo Ferraro.

Infine, ciliegina sulla torta, e colmo dell’equilibrismo più inane e deleterio, Rosario Ciancio da una parte rigetta l’istanza di nominare «amministratore di sostegno», dall’altra accetta e fa suo quanto affermato dal CSM, che sulla base di queste prove pervertite e squallidamente false, ha sollevato (infine e come da progetto) Paolo Ferraro dal suo incarico di magistrato esercitato per anni con valentia e competenza, persino nei momenti successivamente contigui al suo sequestro e ricovero in una struttura psichiatrica pubblica, per sua fortuna l’ospedale Sant’Andrea, dove ebbe un trattamento che lo salvò dalla sua evizione mentale totale che avrebbero invece voluto ottenere, gli autori e mandanti del sequestro, attraverso farmaci in dosi e tipologie destinate a distruggergli la mente.

Il nostro Paolo Ferraro ha comunque adito la Procura della Repubblica di Firenze per poter avere un giudizio, si spera sereno, su tutta la vicenda. Quella di competenza naturale, di Perugia, non si sa come né in che modo ha perduto qualsiasi traccia del dossier che i difensori di Ferraro avevano presentato: ancora miracoli di questa tanto decantato e osannato Ordine Giudiziario.

Ma dobbiamo ancora registrare una serie di altri avvenimenti poco chiari in merito alla vicenda. Tutta una serie di esternazioni private di colleghi nei confronti di Ferraro, con alcuni che lo esortavano a lasciar perdere tutto e di rientrare nei ranghi per continuare da dentro le linee la sua battaglia. Una serie di intrighi portati avanti attraverso amicizie collaterali da suoi parenti strettissimi e da una sua ex moglie, la strumentale sottrazione delle figlie minori e il tentativo di fargliele vedere sotto incontro protetto (un metodo che consente di annichilire ed incastrare padri «attenzionati» , e ovviamente anche madri altrettanto attenzionate).

A tutto ciò si aggiunge anche una serie di informazioni e di scenari che collocano questo campione della lotta per la Verità, al centro di oscure manovre cominciate ben prima delle sue clamorose scoperte su quanto avveniva dentro le mura ovattate e protette della parte «civile» della Cecchignola, città-caserma di Roma.

Ad oggi, con molta discrezione e dimostrando comprensione ed amicizia, qualcuno, non si sa legato a cosa ed a chi, lo approccia e lo fa riflettere su scenari più complessi e gli apre orizzonti nuovi e inquietanti. In maniera che la situazione kafkiana in cui è costretto a vivere, assuma una colorazione ed una dimensione più inquietante: in buona sostanza ben da prima che tutto scoppiasse, il medesimo magistrato era nel mirino di questa cricca di deviati, satanisti ( più o meno coperti) e paramassonici individui che cercavano in tutti i modi di eliminarlo dalla scena o di cooptarlo, con lusinghe ed onori, all’interno del disegno criminale.

Lo stesso Ferraro così si esprime:

«Quando uno dei tanti più stimati amici, psicologo, persona impegnata, esperto conoscitore di vicende nazionali e criminali irrisolte, quasi criminologo ad honorem, mi ha suggerito – al mare, in una serata calda dopo una cena lauta e felice insieme ad altri – la chiave di lettura che ora indico come la “progettata costruzione di un profilo artificiale psicopatico”, risalente nel tempo, finalizzata a distruggere le mie prospettive professionali e umane, ma anche a coprire e depistare anche fatti commessi da terze persone, ho avuto in sequenza rapida vari atteggiamenti interiori. Prima scettico ed incredulo ho ridacchiato, poi rimasi attonito e quasi imbarazzato, non riuscendo ad accettare l'idea che si fosse voluto programmaticamente distruggere da lunga data una persona e un magistrato, sia pure del livello che attestano gli stessi atti della magistratura e la sua storia. Indi sono rimasto agghiacciato rielencando con lui quanto raccontato nel memoriale al CSM del 3 novembre 2012, la figura di un’avvocatessa romana che era piombata per un trimestre nella mia vita da single tra il Febbraio e il Maggio del 1995, e che era penetrata, secondo i suoi medesimi racconti, dai 23 anni in poi, ancora “bambola” laureanda, nei circuiti magistratuali della Suprema Cassazione ed a me presentatasi, nel 1995, con il buon movente che ero bello e l'innamorato di tutte le ragazze della scuola liceo che avevamo frequentato insieme. E poi varie e varie e da ultimo l’irrompere come un ciclone nella mia vita della mia ex moglie Silvia Canali che si ricollegava ad esperienze molto “off limits” mai interamente confessate e contigue, per collocazione sua nel contesto, con oscure vicende di casi giudiziari risolti e non. Infine sono rimasto attonito, considerando la surrealità della circostanza, che psichiatri legati a doppio filo ad apparati e servizi, i Magistrati deviati della Procura Romana, in cordata, con la speciale collaborazione di una ex moglie certamente legata a giri anche a me non noti, avessero potuto in qualche modo progettare un percorso a mio danno, più volte sfuggitogli di mano ( tra l'altro con le investigazioni sulla ex moglie, ad esito positivo, e da ultimo con le registrazioni-intercettazioni nella casa della Cecchignola) non solo è attendibile e verosimile ma logicamente ipotizzabile, con riscontri agevoli, da eventualmente acquisire a corredo».

Purtroppo la lotta continua per estirpare il bubbone purulento di chi, senza paura e con costanza e perseveranza, lotta incessantemente per la risoluzione e la condanna definitiva, «ex lege», di tutto questo mondo oscuro, ctonico e decisamente, sulfureamente, satanico.

Luciano Garofoli




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