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Putin è cattivo, s’è difeso dai Rothschild
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Non solo tutte le cancellerie occidentali hanno fortemente protestato. Anche i media italiani (che di rado si occupano di cose estere) hanno sparso lacrime su Mikhail Khodorkovski, l’oligarca ricondannato in Russia per riciclaggi ed evasione: poverino, vittima di Putin. Ciò non stupisce, evidentemente anche i TG italiani sono istruiti su quale messaggio diffondere riguardo a questa faccenda. La povera vittima ha potenti protettori internazionali.

Attivista del Komsomol (la gioventù comunista sovietica), il giovane ebreo Khodorkovski ha cominciato la sua brillante carriera di businessman e miliardario già poco prima della caduta dell’URSS. Da venditore di computer in una cooperativa, nel 1990 appare miracolosamente come il padrone e fondatore di una banca, Menatep Banking Group. Con questo strumento di credito, Mikhail – insieme ad un’altra ventina di oligarchi saliti dall’ombra sovietica – si pone nella miglior posizione per profittare delle privatizzazioni, ossia della svendita del patrimonio industriale e minerario dell’URSS.

Nel 1995 compra la Yukos – quella che oggi è sostanzialmente la Gazprom, il colosso petrolifero ed uno dei più grandi conglomerati del mondo – per 350 milioni di dollari; il cui valore, come risulterà dalla sua quotazione in Borsa, è di 15 miliardi di dollari, ossia 42 volte il suo prezzo d’acquisto. Persino il Wall Street Journal (quando non era ancora proprietà di Murdoch), al momento dell’arresto di Khodorkovski, paragonò l’affare a quello di uno che compra un autentico Rolex di platino per 50 dollari in una piazzola autostradale; non si chiama più acquisto, ma ricettazione.

Tuttavia, anche 350 milioni di dollari non sono pochi per un giovane come Mikhail. Chi glieli aveva dati?

I Rothschild di Londra. Al proposito, c’è stata più di una recisa smentita da Casa Rothschild. Gli indizi contrari tuttavia non mancano.

- Nel febbraio del 2004, in occasione dell’arresto di Khodorkovski, fu rivelato che la sua Menatep Bank aveva come sede l’isola di Man, noto paradiso fiscale britannico.

- La stampa britannica rivelò che il pacchetto azionario nella Yukos in possesso di Khodorkovski era stato passato a Jacob Rothschild poco prima dell’arresto dell’oligarca, «in base a un accordo stretto preventivamente» (dopotutto, era roba del Lord, visto che aveva fornito i soldi per comprarla). Un accordo a quanto pare automatico: in caso di guai a Mikhail, le sue azioni diventavano di Jacob, onde Mosca non potesse sequestrarle. Lord Rothschild, scrisse il Sunday Times, «controlla adesso diritti di voto nella Yukos per quasi 13,5 miliardi di dollari» (1) (Arrested oil tycoon passed shares to banker).

- Nella sua smentita, Casa Rothschild sostenne che i soli legami di Lord Jacob con la Menatep erano dovuti al comune interesse nella Open Russia Foundation, una fondazione culturale almeno ispirata da George Soros (sul modello della sua Open Society, che promuove la democrazia nell’Est europeo), nel cui comitato dei garanti siede Henry Kissinger; la fondazione era stata creata come emanazione della Yukos, e possedeva media e giornali, con cui Khodorkovski esercitava le sue ambizioni politiche: ad un certo punto, s’era infatti messo in concorrenza contro Vladimir Putin, ovviamente per fare della nuova Russia una società aperta sul modello preferito da Soros e da tutte le rivoluzioni colorate seguenti. Khodorkovski ha speso milioni di dollari contro lo sforzo di Putin di riunificare la Russia politicamente e culturalmente, finanziando partiti riformatori democratici ostili a Putin. Si può aggiungere che la Menatep era in società d’affari con il noto gruppo Carlyle, la finanziaria dei Bush (2). (Biollionarie industrialist)

- La Menatep Bank dall’isola di Man offrì a Putin personalmente grosse quote azionarie della Yukos, in cambio della liberazione di Khodorkovski; forse credendo che il nuovo capo del Cremlino fosse della stessa pasta della famiglia Eltsin, di cui era parte. (Rothschild tries to bribe Putin?). Ma la corruzione non servì. Putin ha (ri)nazionalizzato la Yukos poco dopo l’offerta Menatep, restituendola al Paese; oggi è la Gazprom.

La finanza internazionale però riteneva di avere in mano il nuovo potere russo come aveva in mano Eltsin: grazie al debito. Proprio in base a un programma prestiti contro proprietà (pubbliche) la ventina di oligarchi, forniti di liquidità, s’erano accaparrati i tesori russi. Nel 2000, quando Putin fu eletto presidente, la Russia doveva 16,6 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale egemonizzato dagli anglo-americani, e più del doppio (36 miliardi) al Club di Parigi, meglio detto Club dei Creditori di Parigi e Londra, i banchieri privati prestatori agli Stati, egemonizzato dai Rohtschild.

Ma il rincaro dei prezzi petroliferi ha consentito a Putin di dirigere una parte dei profitti di Gazprom (ex-Yukos) per estinguere anticipatamente i debiti nazionali; nel 2006 l’estinzione del debito verso i Rothschild era completa. La dipendenza finanziaria di Mosca dai banchieri esteri, quelli che tengono tutti i nostri Stati alla loro mercè coi loro prestiti, era finita (Putin’s Plan).

E’ ovvio che i Rothschild non perdonino Vladimir Putin: gli ha fatto perdere soldi, gli ha fatto perdere il favoloso affare Yukos, gli ha fatto perdere il suo uomo. Li rivogliono.

Così ora sappiamo perchè i nostri grandi e liberi media spargono lacrime sul triste destino di Khodorkovski, e sul sistema giudiziario russo così perverso. Piangono lacrime per conto terzi. Come le prefiche.





1) Il socio principale di Khodorkovski nella Yukos, Leonid Nevzlin, nel novembre 2003 si è sottratto all’arresto riparando in Israele, dove gli è stata immediatamente data la cittadinanza, benchè Nevzlin non soddisfi completamente i requisiti di ebraicità richiesti. Anche Lord Jacob Rothschild ha preso ultimamente la cittadinanza israeliana.
2)
Oltre che nel Carlyle Group, Khodorkovski aveva (e probabilmente ha ancora) interessi e quote nel colosso americano dell’assicurazone (AIG Capital Partners) e in altre ditte d’investimento transnazionali, Global Asset Management e Blackstone Group attraverso la Menatep e le sue branche Trust Investment Bank e Menatep International Financial Alliance. Inoltre possiede la compagnia di tecnologia informatica Sibintek, un grosso gruppo di operatori telecom, MKS, Macomnet, Metrocom, Rascom, Magistral Telecom; e attraverso la sua Open Russia Foundation, una quantità di pubblicazioni, radio, TV e giornali.


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