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Perché Assad non si fida...
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Già: perché il regime di Damasco esita ad autorizzare gli ispettori Onu a raggiungere i luoghi dove sarebbe avvenuto il massacro chimico? Guarda caso, gli ispettori sono già in Siria, per indagare su precedenti casi di uso di armi chimiche.

Secondo quello che dicono i media, i «ribelli» garantiscono la sicurezza degli ispettori sul luogo dell’ispezione e del delitto. Damasco sembra di no. Mosca stessa – sicura che è tutta «una provocazione pianificata in anticipo» – invita Assad a consentire agli ispettori Onu di indagare, altrimenti – è sottinteso – sembra ammettere la sua colpa nel crimine.

Ake Sellstrom
  Ake Sellstrom
La risposta, forse, è nel nome del capo degli ispettori Onu arrivati a Damasco: trattasi dell’esperto svedese Ake Sellstrom. Costui ha fatto parte della selezionata banda di ispettori delle armi di distruzione di massa in Iraq. A dire il vero, lo stesso governo siriano aveva invitato lo svedese, dopo mesi di difficili trattative, ad indagare sulle vecchie accuse lanciate dai ribelli circa l’uso di gas. Ma ora le cose sono cambiate.

Giudicate un po’ voi: il team di esperti Onu è appena arrivato a Damasco, ed ecco che i «ribelli» strillano che il regime ha massacrato mille, anzi 1500 civili nel sonno – per lo più bambini bellissimi – a cinque chilometri dall’albergo (di lusso) in cui alloggiano gli ispettori. La cosa puzza persino a molti esperti: «È difficile credere che il regime di Assad lanci un'offensiva del genere in simultanea con l'arrivo a Damasco degli ispettori Onu incaricati delle indagini sulle armi chimiche. Come in ogni omicidio, l'investigatore dovrebbe chiedersi:cui prodest?», dice per esempio Gwyn Winfield, un tecnico di armi non-convenzionali intervistato da Repubblica. Persino il corrispondente della BBC, Frank Gardner, si chiede: «Perché il governo di Assad, che recentemente sta riconquistando terreno sui ribelli, dovrebbe effettuare un attacco chimico, mentre gli ispettori delle Nazioni Unite sono nel Paese?».

Anche Sellstrom, subito intervistato, dice che qualcosa «suona come sospetto», ma poi aggiunge: «qualcosa che dobbiamo esaminare». Il team non ha il mandato per questa n uova ispezione, riconosce Sellstrom: abbiamo un tempo di soli 14 giorni. Ma aggiunge: basta che uno Stato membro lo chieda al Segretario dell’Onu, e chieda che indaghiamo su questo evento. Siamo già sul posto...

Insomma, il capo-team cerca un ampliamento del mandato e prolungamento indefinito della sua missione, e suggerisce anche come fare. Immediatamente, Londra (William Hague) e Parigi (Hollande e Fabius) accettano il consiglio e chiedono quel che Sellstrom chiedeva. Anche se, dichiarano, «sanno già» che è stato il regime di Assad, contro cui invocano intervento armato di qualche tipo. La Turchia (Erdogan) s’accoda. Poi, anche Washington aderisce: «Gli esperti sono già lì...». Fortunata coincidenza.

Il tutto, mentre si scatena una campagna mediatica di proporzioni rare persino nel nuovo ordine orwelliano. Tutte le cancellerie occidentali, e l’Unione Europea, si dicono orripilati, e assumono toni di minaccia contro il regime di Damasco, sicuri che sarà lui il colpevole. Non c’è un solo Tg che non accusi Assad di «massacrare il suo stesso popolo», come avesse già la verità in tasca. L’Unicef -Unhcr (quello della Boldrini) di colpo rivela che «un milione di bambini» siriani sono rifugiati all’estero: anche se non c’entra nulla coll’avvelenamento presunto e si sapeva (dopo tre anni di guerra), sottintende che «non si può continuare così, l’Occidente deve fare qualcosa e subito». Financo a Lampedusa, i minori che arrivano sui barconi sono ribattezzati «bambini che fuggono dalla Siria». La Bonino parla di «escalation drammatica»: ma sono tre anni che la Siria è così, la sola escalation è quella mediatico-politica. A Parigi, Alain Juppé (ex ministro Esteri), Bernard Kouchner e Bernard Henry Lévy (il filosofo ebreo che si è distinto nella propaganda bellica che ha portato all’invasione della Libia) convocano conferenze stampa unificate per urlare: «Bisogna aiutare militarmente la resistenza siriana, superare i blocchi dell’Onu, con le armi chimiche Assad ha superato la ‘linea rossa’..». Chiara allusione alla promessa di Obama: Assad avrà conseguenze se supera la linea rossa. (Syrie: Juppé, BHL et Kouchner appellent à intervenir)

Obama traccheggia, esita. Ma Le Figaro strilla che già commandos americani, israeliani e giordani sono in territorio siriano, e comandano i «ribelli»: l’intervento è già cominciato, subito subito la no-fly zone... Urgenza, urgenza. Dicono tutti giornali, Tg e diplomazie.

Insomma sembra una trappola preordinata, con esito già scritto. Tanto più che già il 14 agosto – ossia sette giorni prima del presunto massacro al gas – un esponente dell’opposizione ad Assad annunciava «una bomba mediatica» imminente. Contro il regime. Si tratta di Nizar Nayyuf, che oltre ad essere un ribelle siriano è un dirigente del Centro Europeo di studi e ricerche del Medio Oriente, con sede a Londra, dove copre la funzione di direttore del dipartimento «informazione e analisi» (sic). Cosa ha detto Nayyuf il 14 agosto?

Georges Sabra
  Georges Sabra
Letteralmente questo: «Abbiamo degli scambi di corrispondenza tra dirigenti del Consiglio nazionale siriano e quelli della coalizione, specialmente Georges Sabra, che comprendono indizi e segni su come preparerebbero qualcosa di grave, una sorta di bomba mediatica che esploderebbe al momento stesso in cui la commissione internazionale arriverà in Siria». Il citato George Sabra è il presidente del Sirian National Council, la principale coalizione d’opposizione al regime, che però è messa in ombra dai qaedisti. Insomma uno che ha un interesse diretto all’intervento NATO.

L’esercito di Assad ha messo alle corde i «ribelli». «Sul piano militare, sono stati sconfitti», ha detto qualche giorno fa il generale Yahya Rahim Safavi, che è – guarda guarda – il consigliere militare supremo del presidente iraniano Ali Kamenei: «non resta che Ginevra 2», ha aggiunto.

Ginevra 2 è la trattativa che Mosca sta cercando di mettere assieme da mesi, con la collaborazione di malavoglia di Washington. Un tavolo dove si parlerebbe di una nuova Siria sì, ma con il regime avente ancora una parte e un peso, visto che militarmente ha vinto e che – in un tavolo di pace internazionale – avrebbe dalla sua Russia, Cina e Iran. Un grave ripiego per la parte occidentale, che ha sempre sostenuto: «Assad must go». Prima se ne vada lui, e poi trattiamo...

Può darsi che i «ribelli», o chi ha fornito le armi chimiche per il massacro (di bambini bellissimi) voglia silurare Ginevra 2. O che voglia semplicemente continuare il caos. Nulla è certo. Nemmeno, in fondo, che i gas chimici abbiano massacrato tanti bambini a Damasco, in un quartiere tenuto dai ribelli. I video da loro abbondantemente diffusi hanno qualcosa di strano. I bambini bellissimi, in alcuni video, sembrano dormienti. I medici che soccorrono i bambini bellissimi sono tutti dei giovanissimi, sembrano dei guerriglieri che recitano la parte di dottori.







Tutti si affannano a fare una sola cosa: cercare una vena per fare un’iniezione. Tutti portano semplici mascherine, del tutto ridicole se il gas in questione fosse il Sarin o un altro nervino bellico – che richiederebbe non solo maschere antigas, ma scafandri abc. Ci sono un paio di flebo di liquido fisiologico... I bambini sopravvissuti nemmeno vomitano. E poi: perché solo i bambini sono stati colpiti? Perché gli adulti sembrano risparmiati dalla tremenda bomba tossica che ha massacrato i piccini? Dove ha buttato la sua arma chimica, il criminale Assad: in un asilo nido? In un orfanatrofio? Insomma, magari non sono nemmeno morti, i bambini, ma messi in sonno. È la nostra speranza.

Resta il fatto che Assad dispone effettivamente di arsenali di armi chimiche. Il motivo è ovvio: difesa strategica contro Israele. Israele ha almeno 200 bombe atomiche, una forza armata decine di volte superiore a quella di Damasco, un alleato che è la sola superpotenza rimasta. Damasco ha una sola deterrenza, che è anche economica. Deterrenza significa dissuasione: se non mi attacchi, non ti attacco. Ma se mi aggredisci, posso fare gravissimi danni alla tua popolazione di 7 milioni scarsi.

È per questo motivo che Israele, incessantemente, ossessivamente, vuol mettere le mani su questi arsenali, neutralizzarli. Non è un vero pericolo, è solo un limite di principio alla totale onnipotenza israeliana. Ma la teologia di Sion non lo tollera: non è più uno Stato fra gli altri, è «Israele Eterno nella sua Casa» (la definizione è del rabbino Neusner, il corrispondente con Ratzinger) (1). Lo Stato-dio non sopporta di subire una deterrenza, rifiuta la condizione – umana prima che politica – della parità di forze, del bilanciamento, della mutua distruzione assicurata. Il popolo-dio vuole essere onnipotente, vuole la superiorità assoluta e totale, vuole l’incondizionata libertà di aggredire qualunque vicino, senza rischio.

È questo l’interesse di Israele nella storia siriana. L’interesse primario, l’interesse metafisico.




1
) Si noti che la dizione «Israele Eterno nella sua Casa» ricalca l’appellativo arcaico dei faraoni egiziani: «Amon-Ra Eterno nella sua Casa», eccetera. Denotava eternità e presenza reale, fisica e corporea, del dio Sole incarnato nell’aldiquà (magari nel bue Api, o vitello d’oro). Certo, i savi tra di loro leggono gli eventi attuali come l’avverarsi delle loro profezie: Guarda: Damasco cessa di essere una città, diverrà un cumulo di rovine» (Isaia 17). «Aizzerò lEgitto contro lEgitto, combatteranno ciascuno contro il suo fratello, contro il suo vicino, città contro città, regno contro regno (...). Consegnerò gli egiziani in balia di un duro padrone, un re crudele dominerà su di loro» (Isaia 19). «Saranno resi ciechi, leccheranno la polvere, saranno forzati a strisciare come vermi per paura di Dio e del suo popolo» (Michea 7,16).


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