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Quando i cattolici sapevano additare l’Anticristo (parte II)
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Nel precedente articolo abbiamo visto come il periodico La Croix indicava, già nel 1880, il silenzioso ma massiccio ritorno di «pellegrini» ebrei a Gerusalemme, che poi vi acquistavano case e terreni per restarvi. Additava l’antica volontà ebraica di realizzare lo Stato israelita, e di come questo progetto rischiasse di realizzarsi; progetto che il periodico cattolico definiva senza ambagi «lo Stato dell’anticristo per eccellenza». E indicava che il solo ostacolo alla realizzazione dello Stato ebraico in Gerusalemme era di natura religiosa: l’avversione del Sultano – che allora aveva la Palestina – di abbandonare la moschea di Omar, il luogo più sacro ai musulmani dopo la Mecca.

Ma questo pilastro può essere aggirato? Pagina 447: «Si considerino da una parte l’immensa ricchezza del giudeo, le sue banche senza numero, il suo credito illimitato, la sua vasta intelligenza degli affari, la sua abilità politica. Già i suoi banchieri, armati del loro terribile grimaldello (finanziario, ndr) cercano di irretire la Sublime Porta al fine di entrare attraverso di essa nel pieno possesso del retaggio dei loro padri». Per ora, l’impero ottomano resiste. È il solo ostacolo serio.

«Basta considerare la condizione politico-sociale elevata a cui è arrivato il popolo ebraico e il posto che ha conquistato. Le difficoltà politiche sono molto minori». Anzi al contrario – si legge nel periodico – «la politica attualmente in uso è fatta per favorirla. Non ha essa iscritto nel suo diritto internazionale, e con fiumi di sangue nei campi di battaglia, il famoso ‘principio di nazionalità’? Si riconosce ai popoli della stessa lingua o della stessa origine il diritto di unirsi insieme sotto la stessa potenza, o il ‘diritto’ per i più forti di strapparli ai loro sovrani legittimi sotto pretesto di restituirli alla loro nazionalità: chi più della nazione ebraica avrebbe il diritto di beneficiare di questo principio?».

Oltretutto, gli ebrei «porterebbero per la loro scomparsa dal mezzo dei popoli in cui esercitano la loro sordida usura, un grande sollievo. I popoli, lungi dal lagnarsi della loro dipartita, benedirebbero il nuovo esodo come un immenso beneficio, dovessero pure accollarsi le spese del trasloco».

Oggi «quale Faraone moderno oserebbe ostacolare quelli dei suoi sudditi composti dei figli di Jacob, opporsi alla loro uscita d’Egitto per emigrare alla loro terra promessa, se un giorno si levassero al richiamo di qualche falso profeta? Oggi la macchina dello Stato non è più messa in moto che da due leve: l’opinione e l’interesse... ».

Da qui, La Croix segue con due capitoli intitolati: «Le Juif et la presse» (l’Ebreo e la stampa) e «Le Juif et largent».

Quanto alla stampa: «La prima delle due leve, l’opinione, è mossa a sua volta solo dalla stampa; con l’eccezione di un piccolo gruppo di fogli cattolici o indipendenti, è intera, o almeno la sua componente più potente, in mano degli ebrei. Il personale di questi organi non è più che il servo moderno legato alla gleba della pagina; passa con la proprietà del giornale a qualche signore individuale o collettivo della finanza, che novanta volte su cento, è l’ebreo, o in persona o in denaro».

Quanto all’argent: «L’altra leva, il prestito ad interesse, è non meno nelle mani ebraiche. Succhiata dall’usura, non si può negare che la miglior parte della ricchezza del mondo, il suo oro più bello, è nella banca ebraica. È a questo nuovo altare del Vitello d’Oro che (...) le società e gli Stati, sempre vergognosamente a corto di denaro, vanno a prosternarsi con i loro libri di preghiere in mano, ossia il loro bilancio in deficit».

«E il Gran Sacerdote della finanza aderendo ai loro desideri e sfruttando con consumata abilità i bisogni imperiosi degli uni e degli altri, le loro necessità presenti, i loro problemi o anche i loro disastri finanziari, estrae dal suo portafoglio una larga benedizione che li salva dalla bancarotta accrescendo però il loro debito futuro, e li strappa dal pantano per affondarceli più avanti. Ecco perché questi pii fedeli escono dal tempio della Fortuna sempre più impegnati dalla ‘riconoscenza concreta’... che hanno lasciato con le loro firme e loro libertà nella mani dello ierofante».

Vedete con quanta lucidità e senza riguardi «politicamente corretti» si poteva ancora, nel 1880, rivelare i meccanismi della finanza usuraria e la sua intenzione più profonda: schiavizzare le comunità indebitandole sempre più. Viene in mente il motto di Ezra Pound: «Un popolo che non s’indebita fa rabbia agli usurai».

Continuiamo la lettura di La Croix:

«Ma non ci si può lusingare di conoscere il proprio ebreo, né l’estensione della potenza politica che esercita sugli Stati, della sua influenza morale sulla società, se per comprendere il posto che occupa oggi nel mondo e la parte che gli spetta negli eventi che ne hanno cambiato la faccia, ci si limita a considerare il lato giornalistico o finanziario. Bisogna vederlo nel profilo che tiene accuratamente nell’ombra, dove si rivelano i suoi tratti veritieri. Noi proietteremo qualche raggio di luce per mostrarlo nel suo vero aspetto: ossia del Giudeo massone, il grande promotore e gestore della rivolta delle nazioni contro il Signore e contro Cristo».

E qui principia il capitolo dal titolo illuminante: «La giudaizzazione dei popoli moderni».

La Croix ricorda ancora che «il segreto della conservazione mirabile del popolo ebraico nonostante la sua dispersione durata tanti secoli è la fede incrollabile nel loro futuro messia e nel destino futuro che tale messia darà al suo popolo», ossia «di sottomettere tutte le nazioni e far di esse un immenso popolo di schiavi impiegati a servire unicamente i giudei e ingozzarli di ricchezze e di piaceri. Il pudore impedisce di entrare nei dettagli dei piaceri promessi dal Talmud ai giudei di quel futuro felice. È tutta lì, in fondo, la felicità messianica che desideravano i loro padri, ed è per questo che rifiutarono il vero Messia venuto per riformare i loro cuori e condurli, attraverso il distacco dei beni presenti, all’acquisizione dei beni celesti».

Oggi, spiega il foglio cattolico, vige un ebraismo «filosofico», che «conserva la fede in un messia ideale o collettivo, un messia-nazione: ossia al ruolo dominatore che la loro nazione, secondo loro, è chiamata a prendere alla fine sulla scena del mondo (...). Egli ha l’ambizione di succedere nel mondo nientemeno che all’impero romano, anzi in un senso più profondo e intenso, il popolo-re e il popolo-papa. Uno di loro, Levy Bimj (Archives Israelites, 1864) ha scritto: “È necessario vedere presto il popolo ebraico costituito in tribunale supremo, giudice d’ultima istanza dei conflitti tra nazioni, e la cui parola faccia legge. E questa parola, è la parola che Dio pronuncia attraverso i suoi figli maggiori, gli ebrei, e davanti alla quale devono inchinarsi con rispetto i figli minori, ossia
l’universalità degli uomini”. Dunque gli ebrei filosofi e gli ebrei credenti, portati da una stessa intenzione, tendono allo stesso fine e operano alla medesima opera».

Per i lettori increduli che proprio questo sia il progetto ebraico, oggi possiamo citare ciò che disse David Ben Gurion (nato David Gruen), capo del primo governo di Israele, alla rivista americana Look, e che la rivista pubblicò il 6 gennaio 1962. A vari uomini politici Look aveva chiesto di immaginare il futuro. Ben Gurion rispose fra l’altro, profeticamente ispirato: «... Tutti gli eserciti saranno aboliti e non ci saranno più guerre. In Gerusalemme, le Nazioni Unite (veramente ‘Unite’) edificheranno un Tempio dei profeti per celebrare l’unione federata di tutti i continenti: questa sarà la Corte Suprema dell’Umanità per comporre le controversie tra i continenti federati, come profetizzato da Isaia... ». Come si vede, il massimo esponente del sionismo «socialista» e laico della sua epoca, condivideva il sogno e progetto del rabbino Levy: non creare uno Stato fra gli altri, laicamente alla pari, ma il mistico Regno mondiale e messianico di Israele, a cui tutti i popoli sarebbero stati soggetti.

Molto spesso personalità ebraiche di spicco si sono fatte sfuggire particolari del progetto. Nel secondo Congresso Sionista, tenuto a Basilea nel 1896, il delegato Mandelstamm di Kiev proclamò: «Gli ebrei respingono energicamente l’idea di fondersi con le altre nazioni, ed aderiscono strettamente alla loro storica speranza: l’impero mondiale». Al Congresso Ebraico Mondiale del 1903, Nahum Sokolof, rilevante esponente sionista, esclamò: «Gerusalemme diverrà un giorno la capitale della pace mondiale». Questa «pace mondiale» imposta dal Tribunale Rabbinico dell’umanità, il quale (come disse Ben Gurion a Look) «avrà a sua disposizione una forza di Polizia internazionale», quella che doveva essere l’ONU quale la voleva Bernard Baruch, il finanziere e consulente di sei presidenti americani, che infatti voleva chiamare la Società della Nazioni «League to enforce Peace», Lega per Imporre la Pace. Il progetto di fare dell’ONU il nucleo del governo mondiale sembra per ora rallentato, avendone preso il sopravvento popoli del Terzo Mondo. Ma non mai accantonato. «Che vi piaccia o no, avremo un governo mondiale; o col consenso, o con la forza»: così il banchiere James Warburg davanti alla Commissione Esteri del Senato USA, il 17 febbraio 1950. Warburg era membro del Council on Foreign Relations. Come consigliere ed intimo del presidente Roosevelt, dopo la guerra aveva raccomandato la castrazione dei maschi tedeschi, colpevoli di aver fatto la guerra al popolo ebraico.

Riprendiamo a leggere La Croix del 31 ottobre 1880:

«Fintanto che è sussistita tra i popoli d’Europa la grande unità cattolica, l’ebreo era come ridotto all’impotenza (...) ma i tempi sono cambiati. La grande rivolta contro la Chiesa, inaugurata da Lutero, ha rotto questa unità e fatto pullulare dalle rovine innumerevoli sette, da cui dovevano nascere, come conseguenza logica e inevitabile, l’incredulità e l’ateismo moderni. Fu allora che il giudeo, con la perspicacia di cui è dotato, giudicò che arrivava l’era nuova, l’era che lui chiama ‘emancipazione’, l’ora suonava per al parte sovrana che egli sogna.

Uscendo dal suo Talmud e dalle sue banche, comincia con la perfida abilità e il proselitismo ardente che lo caratterizzano, a sfruttare le divisioni religiose dei popoli cristiani e ad inaugurare la ‘giudaizzazione’».

«Giudaizzarli significa de-cristianizzarli politicamente, socialmente ed individualmente, e con ciò abbassare tutte le barriere delle leggi cristiane che lo tenevano lontano dalle cariche, dagli impieghi e dai poteri pubblici; e dopo avere corrotto, diviso, sbriciolato le società umane, dominarle e dirigerle segretamente al compimento dei loro disegni, aprirsi in mezzo ad esse una via senza ostacoli per cogliere l’obbiettivo delle sue eterne speranze; e prepararsi, in mezzo ai popoli materializzati e istupiditi, i complici e gli utili idioti del suo trionfo.

Per giungere a questa conquista giudaica, bisognava formare delle armate attive, ben addestrate e fortemente disciplinate.

La Massoneria sarà la scuola e il campo di manovra dove si prepareranno, nel mistero, le armate anticristiane. Il nome di questa scuola è moderno, ma in realtà è antica: essa ha la sua origine nella Kabala ebraica (...) cominciata all’ombra del Tempio contro la persona di Cristo (...). Questa associazione cabalistica l’abbiamo vista apparire di colpo nel mondo al momento in cui il protestantesimo, questa insurrezione dei popoli cristiani contro la Chiesa, è venuto a spezzare l’unità religiosa delle nazioni e preparare la loro apostasia.

Questa società occulta, prima Chiesa di Satana, (...) ha chiamato nel suo seno tutti i nemici di Dio e del Cristo; ha reclutato i malcontenti di tutti i culti, teso le braccia a tutte le rivolte e gli odi antireligiosi e a tutte le ambizioni malsane».

Dopo aver descritto le profanazioni dell’Eucarestia avvenute al suo tempo per opera di massoni (o meglio di donne istruite dalla Massoneria a ricevere l’Ostia per poi sottoporla «alle più abominevoli dissacrazioni»), La Croix dà conto di un fatto:

«Il maggior numero di logge è fatto da cristiani, e sono state tenute a lungo a conservare questa fisionomia escludendo l’ebreo dal loro seno (...). Oggi il giudeo non è escluso però da alcuna loggia. Per contro, esistono logge da cui il non-ebreo non ha alcun accesso.

A Londra, dove si trova come si sa il focolaio della Rivoluzione, esistono due logge giudaiche che non hanno mai visto un cristiano passare la loro soglia. È lì che si concentrano e si organizzano tutti gli elementi rivoluzionari che covano e fanno sbocciare nelle logge cristiane. Una loggia simile, composta esclusivamente di giudei, è anche stabilita a Roma, dove ella è il supremo tribunale della Rivoluzione. Da là sono dirette le altre logge come da capi segreti, di modo che, come ha ammesso un giudeo stesso, ‘la maggior parte dei rivoluzionari non sono che delle marionette messe in moto dagli ebrei per mezzo del mistero’» (Le Monde, 5 novembre 1862).

Una conferma sull’esistenza di questa loggia romana esclusivamente ebraica è indirettamente stata confermata dal massimo studioso del messianismo ebraico, Gershom Scholem (Sabbatai Sevi, The Mystical Messiah, 1973). Grazie a ciò, sappiamo oggi che già attorno al 1666 Nathan di Gaza, lo studente rabbinico che si fece promotore del falso messia Sabbatai Zevi propagandandone la dottrina (secondo cui nell’era messianica «Dio permette ciò che è vietato», e la salvezza si ottiene peccando), viaggiò molto a questo scopo presso le comunità ebraiche del Mediterraneo. Fu anche a Venezia e a Roma – dove tra l’altro, attesta Gershom Scholem, «partecipò ad una cerimonia cabbalistica per accelerare la fine del Papato». La loggia ebraica di Roma esisteva dunque già.

(Continua)


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