>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
I polacchi complici dell’Olocausto (la «narrativa» si allarga)
Stampa
  Text size
È accaduto il 29 maggio scorso. Il presidente Barak Obama tributa una medaglia postuma a Jan Karski, un eroe della resistenza polacca, per aver salvato molti ebrei durante l’occupazione nazista. In quell’occasione, parla dei «campi di sterminio polacchi» invece che «nazisti» (i più famosi lager erano in Polonia): una gaffe, un lapsus o forse ignoranza. Il governo di Varsavia si irrita, Obama fa le scuse, il governo polacco non le ritiene sufficienti... Questo è l’antefatto. tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt ttttttttttttttttt ttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt ttttttttttttttttt ttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt


Il giorno dopo Debbie Schlussel (J), una molto ritoccata giornalista-superstar dell’impero Murdoch, che scrive per il Wall Street Journal e New York Post, pubblica un articolo furente dove, con la bava alla bocca, sostiene, anzi urla: «I polacchi sono stati complici nell’Olocausto» (Poles were complicit in Holocaust: Outrage over Obama Gaffe is Fraudulent, Ignorant).

Debbie Schlussel
  Debbie Schlussel
«I polacchi hanno assassinato milioni di ebrei», scrive letteralmente la Schlussel, «hanno gestito diversi campi di sterminio, hanno spazzato via entrambi i rami della mia famiglia, insieme a centinaia di migliaia di altre famiglie ebree».

Erano ben contenti di lavorare per Hitler nel dare sfogo al loro antisemitismo, «rastrellando gli ebrei con le SS». Difatti: «C’è un motivo per cui la Polonia è stata così facilmente occupata dalla Germania», insinua la Schlussel.

Sorvolando sul fatto che la Polonia fu tanto facilmente occupata nel settembre 1939 perchè, mentre da un lato la invadevano i tedeschi, dall’altro – in base al Patto Ribbentrop-Molotov, che prevedeva la spartizione del Paese – l’invadeva l’Armata Rossa di Stalin. Accolta da manifestazioni di entusiasmo e sventolio di bandiere rosse dagli ebrei polacchi, quinta colonna del potere sovietico.

Perchè a Varsavia, il 65% dei membri del partito comunista erano ebrei. Nel 1930, «gli ebrei costituivano il 51% della Unione Comunista della Gioventù Polacca, mentre i polacchi etnici erano solo il 19% (gli altri erano bielorussi e ucraini)» [Jaff Schatz, The Generation: The Rise and Fall of the Jewish Communists of Poland, Uni. Of California Press, Berkeley, 1991. Schatz è stato il direttore dello Institute for Jewish Culture, Lunds University, Svezia].

Il commentatore ebreo Aleksander Smolnar ha scritto: «L’evidenza è schiacciante: grandi quantità di ebrei salutarono l’invasione sovietica, piantando nella memoria polacca l’immagine delle folle ebraiche che festeggiano l’Armata Rossa come loro liberatrice».

E non si limitarono a festeggiare i sovietici. Il sociologo Tadeusz Piotrowski: «Migliaia di testimonianze di sopravvissuti polacchi, memorie e ricerche storiche, parlano delle vessazioni di ebrei contro i polacchi, del collaborazionismo ebraico (delazioni, cacce all’uomo, retate di polacchi per la deportazione), della brutalità ebraica e delle esecuzioni a sangue freddo commesse da comitati e milizie di cittadini ebraici pro-sovietici , oltre che dell’alto numero di ebrei negli organi sovietici di oppressione dopo l’invasione sovietica del 1939» [Tadeusz Piotrowski, «Polands Holocaust», pagine 50-51. Piotrowski è oggi riparato in USA, dove insegna sociologia all’università del New Hampshire].

È il caso di ricordare che l’eccidio di Katyn, 22 mila ufficiali e dirigenti polacchi uccisi col colpo alla nuca e gettati in fosse comuni, avvenne in questo contesto, nella zona sotto controllo sovietico ed ebraico.

Si rievocano questi dati storici perchè c’è da temere che l’urlo d’odio della Schlussel sia solo l’inizio di un processo di revisione della «narrativa» sulla Shoah, fatta in modo da comprendere anche i polacchi nella «colpa collettiva» dell’annichilimento degli ebrei, che già pesa sui tedeschi. Il comportamento che tengono contro i polacchi gli studenti israeliani spediti a charter interi a visitare i santuari della Shoah come Auschwitz (distruzioni di suppellettili negli alberghi, ingiurie sui muri, insolenza e rabbia ostentata contro la gente, eccetera) fanno ritenere che questa «narrativa» già venga trasmessa ai giovanotti ebrei. Sta nascendo una letteratura che accusa i polacchi di complicità nella Shoah: l’università dello Iowa ha pubblicato un saggio di uno studente di storia, Jacon Flaws, dal titolo: «Bystanders, Blackmailers, and perpetrators: Polish complicity during the Holocaust» («Assistenti, ricattatori e perpetratori: la complicità polacca durante l’Olocausto»).

Del resto la mutazione di «narrativa» ha una convenienza politica: i rapporti di Israele con la Germania complice e sottomessa sono ottimi (visto che le fornisce praticamente gratis gli avanzatissimi sottomarini che possono portare testate atomiche), e sempre più israeliani si trasferiscono a vivere là, è comodo trovare un nuovo Colpevole Collettivo a cui, con gli anni, finire per attribuire l’Olocausto.

La Schlussel compie proprio questa operazione, sostenendo ripetutamente che entrambi i rami della sua famiglia furono massacrati «dai polacchi», collettivamente e senza distinzione. Va giù pesante nelle descrizioni dell’orrore:

«La mia nonna paterna aveva undici fratelli e sorelle. Solo uno sopravvisse all’Olocausto dopo che i polacchi massacrarono tutti gli altri insieme ai loro genitori, dopo che i polacchi s’erano impadroniti della sua fattoria. La mia nonna materna aveva solo una sorella e fratello (sic: erano due?) sopravvissuti, di dieci. Tutto gli altri e i loro genitori furono trucidati dai polacchi. L’intera famiglia del mio nonno materno fu spazzata via dai polacchi. Il padre di nonno Isaac era sindaco della città (quale? ndr.) e possedeva un negozio di ferramenta. Si nascose in un fienile di un polacco che gli doveva del denaro... ma mio nonno fuggì, e fu da ultimo preso e mandato nei campi, quando sentì il polacco dire ai vicini che voleva vendere mio nonno ai nazisti in cambio di una bottiglia di whisk» (Quel whisky di cui, come si sa, le truppe d’occupazione naziste erano dotate come genere di conforto: scozzese? Canadese? Gli storici sono divisi su questo particolare).

«La mia famiglia» – prosegue la narratrice – «e i milioni di ebrei spazzati via in Polonia non si sono mai sentiti polacchi perchè i polacchi non li hanno mai trattati come tali. Furono soggetti a secoli di pogrom e di antisemitismo estremo...» .

Qui si può confermare che, nella narratrice, la narrativa prende il sopravvento sulla realtà storica. Non solo nessuno storico ha mai saputo nulla di «milioni di ebrei» sterminati dai polacchi. Come ha ricostruito Israel Shahak (nato e cresciuto nel ghetto di Varsavia) anche i «secoli di pogrom» in Polonia sono una delle note fantasie ebraiche di persecuzione: in realtà, erano i contadini polacchi ad essere angariati, per secoli, da esattori ebrei dei latifondisti; la nobiltà polacca usava gli ebrei proprio perchè estranei alla popolazione e senza alcuna simpatia verso di essa (nemmeno parlavano il polacco, ma solo lo yiddish), erano spietati nelle esazioni. I contadini dovevano chiedere persino la chiave della chiesetta locale (proprietà del nobile) all’esattore ebreo, che la teneva e la cedeva a pagamento, per celebrare funerali e funzioni. Qualche sentimento di rancore e qualche reazione alle angherie da parte dei contadini, difficilmente si potè concretare in veri pogrom, anche perchè gli esattori ebrei erano armati.

Per contro, sono centinaia gli episodi comprovati in cui, durante l’occupazione nazista, comuni cittadini polacchi, e spesso proprio i contadini, nascosero e salvarono degli ebrei a rischio della propria vita. Niente, la Schlussel nega anche questo: «Anche nella resistenza clandestina polacco, l’odio per gli ebrei era legione. Il mio pro-zio era nella resistenza clandestina polacca, fino a quando gli tagliarono la gola mentre dormiva perchè, un giorno, il capo polacco della rete clandestina volle una pulizia anche dei suoi ebrei».

Posto che questa non sia pura «narrativa» (1) in via di formazione (mancano nomi, date, luoghi, ogni particolare sulla orrenda fine dell’anonimo pro-zio), è anche possibile che la resistenza polacca avesse qualche speciale motivo di diffidare di ebrei nelle loro file, poichè erano quasi tutti comunisti e filo-sovietici – cioè servivano l’occupante di metà della madrepatria. Fatti del genere sono accaduti nella Seconda Guerra Mondiale in qualunque formazione combattente – compresi gli eroici partigiani italiani che ammazzarono altri partigiani, perché «bianchi» ossia cristiani, e non rossi.

Diffidenza più che giustificata perchè, dopo la sconfitta del Terzo Reich e la vittoria dell’URSS, i polacchi videro i fuoriusciti comunisti tornare per instaurare il regime del terrore nel loro Paese. Arrivarono sui carri armati con la stella rossa. Ed erano ebrei. La Schlussel non fa nomi; invece, i nomi degli agenti del terrore rosso sono ben noti. Il principale si chiamava Jacob Berman.

Jacob Berman
  Jacob Berman
«Scelto da Stalin per attuare il piano di controllo totale della Polonia», ha scritto Stepan Korbanski (1901-1989), uno dei capi della resistenza anti-nazista e anti-sovietica (fu insignito del titolo di Giusto fra le Nazioni dallo Yad Vashem). «La scelta di Berman era dovuta alle sue origini ebraiche, che lo esentava da sospetto di patriottismo polacco (...). Lo strumento principale del potere di Berman fu il suo totale controllo del Ministero della Sicurezza dello Stato, che cominciò, sotto istruzioni di Stalin, a (...) assassinare puramente e semplicemente le persone anche solo sospette di volere l’indipendenza della Polonia».

«Il gruppo messo insieme da Berman all’inizio del suo potere era interamente composto da ebrei. Il vice-ministro Natan Grunsapau-Kikiel (Roman Romkowski) ed altri alti ufficiali, come il generale Julius Hibner (David Schwartz), Anatol Fejgin, il capo della Polizia politica Joseph Swiatlo, Joseph Rozanski (Goldberg), il colonnello Czaplicki e Zygmut Okret (...). Non furono i soli dirigenti ebrei che oppressero i polacchi nel nome del comunismo (...). Tutti i direttori di dipartimento del ministero della Sicurezza dello Stato erano ebrei».

Korbanski ebbe modo di conoscerne alcuni: uno di loro, il nominato Natan Grunsapau-Kikiel (alias Roman Romkowski), lo sottopose ad interrogatorio, ossia a tortura. Jacek Rozanski, figlio di un noto giornalista del giornale jiddish Haint, «fu descritto da tutti i detenuti come un sadico psicopatico che amava torturare i prigionieri senza necessità», come ha scritto lo storico ebraico Michael Checinski. «Tutti e tre i capi comunisti che dominarono la Polonia tra il 1948 e il 1956, Berman, Boleslav Bierut, ed Hilary Minc, erano ebrei» (2).

Nella Polonia comunista, secondo Pinek Maka (ebreo) che era segretario alla Sicurezza della Slesia, il numero di ufficiali ebrei del temutissimo OSS (la polizia segreta) era di 150 su 225 (dunque il 75% del totale, ndr) solo nella sua giurisdizione. Un altro ufficiale ebreo dell’OSS, Barek Edelstein, stimava che «il 90% degli ebrei di Kattowitz si erano celati sotto nomi polacchi».

Questi individui instaurarono un vero regno del terrore. Anzi un programma di sterminio. Scrive Korbanski: «Le loro vittime nei primi dieci anni si contano a migliaia. Quasi tutti erano polacchi che avevano combattuto i tedeschi nel movimento di resistenza. I comunisti valutavano, giustamente, che costoro sarebbero stati i più probabili oppositori del dominio sovietico e dovevano dunque essere sterminati. Il compito fu assegnato agli ebrei perchè ritenuti liberi dal patriottismo polacco, che era il vero nemico».

Secondo lo storico ebreo Cechinski, erano i russi che facevano apposta a mettere ebrei nei posti di gestione dell’oppressione... «Ebrei, e specialmente quelli con nomi ebraici e fattezze clamorosamente semitiche, erano piazzati nei posti più controversi (per esempio, a tenere i rapporti con la Chiesa o nelle campagne contro la resistenza clandestina), e così deflettere i sentimenti anti-regime in anti-semitismo». Poveretti, gli ebrei dovevano torturare, perchè loro sono le vittime...

L’orrore e il terrore di quel decennio deve ancora essere raccontato, almeno nel libero Occidente. Nel 1992, nel nuovo clima, si incominciarono ad aprire inchieste su singoli personaggi di quel passato; Shlomo Morel fu chiamato dai giudici polacchi che volevano vederci chiaro nella sua posizione di direttore di un campo di concentramento dove erano internati tedeschi e polacchi nazionalisti.

Shlomo Morel
  Shlomo Morel
«Shlomo tornò a casa, scrisse ad un cugino in Israele, gli chiese 490 dollari, e il mese seguente, gennaio 1992, prese il primo aereo per Tel Aviv». La sua storia l’ha raccontata il giornalista ebreo John Sack, che intervistò lui e altri 22 dirigenti comunisti ebrei polacchi riparati in Israele. Il giornalista aveva letto le testimonianze concordi dei prigionieri del lager comunista: «Il comandante era Morel, un Unno in forma umana». «....Il comandante Morel arrivò: lo vidi coi miei occhi ammazzare diversi miei compagni di prigionia..». Sacks voleva far luce su quelle storie. Shlomo Morel lo sconsigliò vivamente di scrivere la vera storia dell’OSS e delle sue brutalità «perché», disse, «questo aizzerebbe l’antisemitismo».

Nel 1994, Marcel Reinich Ranicki, un polacco divenuto in Germania un critico letterario di successo, fu costretto ad ammettere il suo operato come torturatore nlla Polizia segreta polacca tra il 1944 e il 1950 dopo che il suo nome apparve su un giornale di Varsavia, perchè il suo nome come dirigente era emerso dall’apertura degli archivi del passato regime. Ancora nel 1999, le autorità polacche ricercavano per sottoporla a giudizio una ebrea, Helena Brus, che aveva ricoperto la carica di pubblica accusatrice nella procura militare comunista. La Brus era ricercata per la sua parte decisiva nel processo ed esecuzione di un eroe della resistenza polacca, il generale Emil Fielfdorf: questo fiero anticomunista fu sottoposto ad un processo di un giorno ed immediatamente impiccato nel 1953. La Brus risultò vivere tranquilla in Inghilterra, ed ha sempre rifiutato l’estradizione.

Nel 1967, dopo la vittoria folgorante di Israele nella guerra dei Sei Giorni, le lealtà dei comunisti ebrei polacchi e russi cominciò a volgersi verso la nuova terra promessa del giudaismo (1). Contemporaneamente, il Cremlino cominciò a diffidare dell’elemento ebraico nel Partito e promosse alcune purghe, anche nei Paesi satelliti. In Polonia, già dal 1957 alcuni dei peggiori criminali che avevano tenuto il potere col terrore erano già stati epurati ed alcuni processati. Ma nessuno ebbe gravi conseguenze. Il boia-capo Jacob Berman fu intervistato dalla giornalista Teresa Toranska nel 1984, quando si godeva pacificamente la pensione di dirigente del PC. Berman accusò i polacchi di antisemitismo. «Ero contrario alla concentrazione di ebrei in certe istituzioni, ma era un male necessario, perchè la intelligentsia polacca ci boicottava...».

Significativa l’esasperata risposta della giornalista: «Nel 1948-49 lei ha arrestato i membri del Consiglio per l’Aiuto agli Ebrei dell’Armata Nazionale, signor Berman! I servizi di sicurezza, che erano quasi tutti ebraici, arrestarono quei polacchi perchè avevano salvato degli ebrei durante loccupazione (nazista), e lei dice che i polacchi sono antisemiti!».

Berman farfugliò: «Fu sbagliato quel che accadde, certo che fu sbagliato... era un piccolissimo gruppo ma molto dedicato, prese enormi rischi per assistere ebrei durante la guerra».

Da un simile testimone, ecco un briciolo di verità sulla stortura dell’anima giudaica e contro la «narrativa» che sta prendendo piede. Gli ebrei, in Polonia, furono i persecutori. Di quelli stessi che li avevano salvati.




1) Gilad Atzmon sostiene: «La religione dell’olocausto è probabilmente vecchia quanto gli ebrei stessi», e ne rintraccia il quadro psicologico già nell’Esodo (gli ebrei minacciati di genocidio dagli egiziani, fuggono con l’argenteria di detti egizi, dopo che 'angeli' ne avevano ammazzato i figli primogeniti), e nel Libro di Ester (un ipotetico complotto per sterminare gli ebrei è sventato dall’ebrea Ester, la favorita di Assuero, che scatena la vendetta sterminando i nemici). Atzmon considera questo un vero disturbo psichico, a cui ha dato il nome di «Disordine da Stress Pre-Traumatico». Contrariamente al Disordine da Stress Post-Traumatico che colpisce i soldati che hanno subito un trauma in zona d’operazioni (e dunque si riferisce ad un evento accaduto davvero nel passato), lo stress pre-traumatico si fonda su un evento futuro e ipotetico o mai avvenuto; il terrore provato preventivamente per il pericolo immaginario di annichilimento futuro, giustifica negli ebrei le reazioni più feroci, come lo sterminio dei palestinesi e – se possibile – degli iraniani.
2) Negli anni '70, i figli e i nipoti di questa classe privilegiata svilupparono una forma di opposizione al regime comunista che li accusò, significativamente, di essere «trotzkisti sionisti» che guardavano ormai con speranza ad Israele e non più alla realizzazione del socialismo. Alcuni di loro crearono un’associazione «a difesa degli operai» (KOR) che si integrò nel movimento di massa cattolico Solidarnosc, come dirigenti e manovratori: fu la loro presenza a suscitare la simpatia e l’attenzione degli Stati Initi, e il flusso di fondi giunti a Solidarnosc dalla CIA e dal sindacato AFL-CIO. Uno dei maggiori esponenti del KOR, già giovane comunista, fu Jacek Kuron. Un altro fu Adam Michnik, il cui vero nome è Aaron Szechter: nome che trovò opportuno abbandonare, visto che suo padre, Uzia Szechter, era stato un comunista troppo noto, primo segretario del PC nella zona orientale dell’Ucraina, e grande peresecutore. Nel 2003 Michnik, ormai riciclatosi come democratico progressista, e direttore della «Gazeta Wyborcza», pubblicò un articolo sul giornale a favore dell’intervento americano in Iraq.

 

L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.   


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità