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Risposta a padre Kerr
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L’articolo  di Maurizio Blondet «Com’é cambiato il cattolicesimo» merita un’attenta riflessione a beneficio di tutti gli utenti del sito.
Si tratta certamente di un importante articolo, in particolare per quanto riguarda la smitizzazione di certi mostri sacri della cosiddetta Nouvelle Theologie, come von Balthasar.

In effetti von Balthassar, De Lubac, Rahner e soci hanno subito l’influsso di quella che Ennio Innocenti chiama magistralmente «gnosi spuria» e, per tale tramite, del cabalismo e del talmudismo (si veda in proposito l’opera di Julio Meinvielle «Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano», Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma, 1995).
Questo spiega anche i rapporti tra von Balthasar ed il rabbino Franz Rosenzweig, mediatore Karl Barth.
Certo, con questo non si vuol assolutamente negare quanto di cattolico sussista nel pensiero di tali neo-teologi: e non è poco.
Tuttavia l’inquinamento gnostico vi è stato.

Ci pare di capire che Blondet condivida, almeno in parte, la critica del domenicano Fergus Kerr al tomismo (e pensare che San Tommaso era domenicano!).
Da quanto Blondet ne riferisce, qualcosa non quadra nella critica dell’opera di padre Kerr.
Va osservato innanzitutto che se è vero che il neo-tomismo inaugurato da Leone XIII è in parte scivolato verso chiusure razionaliste, in quanto ha risentito per opposizione del positivismo ottocentesco, non credo si possa imputare né all’Aquinate né al Suarez la responsabilità di tale scivolamento, che è invece tutta da attribuire a quella epocale «perdita del Centro» o, se si vuole, «dell’Alto» che ha finito per contagiare anche i teologi neo-tomisti.
Non a caso, il maggior tomista del XX secolo, padre Cornelio Fabro, ha reagito proprio contro questa perdita dell’originaria metafisica della Trascendenza che aveva contaminato anche la
neo-scolastica.

Del tutto giustamente Blondet ha ricordato che il pensiero di San Tommaso d’Aquino è assolutamente aperto all’orizzonte trascendente della Metafisica tradizionale.
Infatti l’Aquinate non è un aristotelico sic et simpliciter, avendo tra le sue fonti non solo lo stagirita ma anche Sant’Agostino e lo Pseudo-Dionigi Aeropagita.
E’ un pensiero, quello dell’Aquinate, che, come ha ben sottolineato Blondet, trova il suo corrispondente pittorico nel Beato Angelico, con i suoi colori «metafisici», dall’oro all’azzurro, ad evidenziare la Grazia che scende dall’Alto.

Non è possibile, però, a nostro giudizio, dire (e Blondet giustamente non l’ha detto) che Suarez e la seconda scolastica del XVI secolo siano in rottura con il pensiero dell’Aquinate.
Come ha, del tutto correttamente, osservato Blondet, Suarez, stretto dalla necessità epocale di chiarificare il senso cattolico della dottrina della giustificazione, scossa dall’eresia luterana, ha certamente accentuato alcuni aspetti del pensiero tomista a scapito di altri.
Così facendo Suarez ha senza dubbio rischiato uno «sbilanciamento» rispetto all’equilibrio teologico dell’Aquinate ma non si può affermare che sia finito fuori strada.
Suarez, nell’opporre con fermezza all’irrazionalismo luterano del «sola fides» il realismo tomista del «Gratia naturam supponit, non tollit sed perficit», ha forse calcato un po’ troppo la mano sulla natura a discapito della Grazia, impelagandosi eccessivamente, come i successivi neo-scolastici del XIX secolo, nella sfera del «razionale» e perdendo un po’ di vista, ma mai del tutto, il Mistero che, per l’Aquinate, pur essendo al di là della ragione, deputata quest’ultima in primo luogo ai «preambula Fidei», non è però ad essa contrario ed è da essa in parte conoscibile.

Alla teologia dell’Aquinate si ispirò Dante: la sua guida Virgilio, che rappresenta la ragione, esaltata dalla filosofia greca e dal diritto di Roma, deve fermarsi all’ingresso del Paradiso, non potendo andare oltre perché per oltrepassare la soglia del Mistero necessita l’intervento della Grazia divina rappresentata dalla Donna ossia Beatrice.
Non si dica che Virgilio non poteva, per Dante, accedere al Paradiso perché pagano non battezzato, in quanto è di fede cattolica che Cristo scendendo agli inferi liberò tutti i giusti, anche quelli pagani, vissuti prima di Lui: Virgilio rappresenta la Ragione che giunge alla conoscenza naturale di Dio ma che abbisogna della Grazia soprannaturale per accedere, oltre se stessa (attenzione: non contro sé stessa), al Mistero.

Non so come von Balthasar abbia preso un tale granchio, ma Suarez non ha mai proclamato gnosticamente  un «Essere» superiore a Dio.
Come nell’Aquinate, anche in Suarez Dio non è un predicato o un oggetto che deriva da un
«Sovra-Essere» ma è l’Essere per essenza ed è per questo che Egli è al tempo stesso Amore (Deus Caritas est).
L’idea, di matrice gnostica, dell’essere come «preceduto» da un «sovra-essere», dal quale deriva per «decadimento» dall’originaria indistinzione, è invece - guardacaso - propria di Heidegger.
Per il filosofo tedesco, infatti, l’Essere, lungi dal rivelarsi come Dio personale, è soltanto Vuoto abissale che produce, per emanazione o frammentazione («gettità» egli diceva), l’esistenza del mondo, il quale ultimo, pertanto, è di per sé negativo.

Il mondo è in Heidegger, come negli antichi gnostici, una prigione nella quale l’uomo, per l’appunto «gettato» in esso, conduce la sua dolorosa esistenza (non è un caso che i neocon, allievi di Leo Struass, che fu influenzato anche da Heidegger, sono i sostenitori del non senso della vita da riempire illusoriamente con i miti della religione civile e di un messianismo «ateo» per governare e mobilitare le masse che di quei miti hanno bisogno come i bambini delle favole: è l’ateismo devoto che tanto piace anche a molta destra cattolica di oggi).
Per Heidegger, in fondo, l’esistenza è, nichilisticamente, da sopprimere per ritrovare, nella negazione dell’«essere», il Sovra-Essente ovvero l’Abisso Originario.

Nella critica di padre Kerr c’è, a ben vedere, un subdolo trucco: si esalta, contro l’Aquinate ed il tomismo, la radice gnostica, di tipo cabalista, dalla quale dipende molta della Nouvelle Theologie, additando tale radice come la soluzione per superare il presunto razionalismo tomista responsabile della «ellenizzazione» della fede ebraico-cristiana (proprio quella ellenizzazione che Benedetto XVI, a Ratisbona, ha al contrario ritenuto provvidenziale perché in Cristo si sono incontrate definitivamente, secondo un preciso disegno divino, Gerusalemme ed Atene/Roma).

Non solo, ma - se è così - padre Kerr è costretto a rovesciare anche l’imputazione delle responsabilità delle tragedie del XX secolo, addebitando al cattolicesimo ciò che invece è essenzialmente e storicamente da addebitarsi al nocciolo «gnostico-esoterico» della modernità.
Infatti, come Blondet non ha mancato di notare, padre Kerr, prendendo a pretesto il giovanile e passeggero tomismo di Heidegger (senza però spiegare che egli non solo fraintese la filosofia dell’Aquinate ma abbandonò ben presto il realismo tomista per l’idealismo kantiano-hegeliano prima di approdare al suo esistenzialismo nichilista), imputa in sostanza a Suarez ed, in ultima analisi, all’Aquinate la genesi dell’irrazionalismo neopagano del nazismo, in modo da accollare alla Chiesa «reazionaria», controriformista e «medioevale» la barbarie del cosiddetto olocausto, supremo sacrificio dell’Israele talmudico: vero Messia Collettivo che (e si suppone il Kerr ne gioisca) ha definitivamente sostituito, anche nella teologia neo-cattolica, l’«inutile illusione» del Sacrificio della Croce.

E’ il più plateale rovesciamento della realtà spirituale e storica: i sinedriti, mediante l’«olocausto», salgono sulla Croce spodestandovi Cristo che, nella Chiesa posta sul banco degli imputati del tribunale della storia, inscenato a Norimberga, diventa il «deicida».
Sappiamo, tuttavia, chi è il «padre della menzogna, omicida sin dall’inizio».
Tutto questo è, del resto, in perfetta linea con il progressismo reazionario della scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Habermas, Marcuse).
In tal modo, inchiodata la «cattiva» Chiesa preconciliare alle sue connivenze con la follia nazista (magari con tanto di cagnara sui presunti silenzi di Pio XII, il «Papa di Hitler»), la strada rimane aperta, apertissima, all’ingresso trionfale della gnosi spuria, nella sua forma cabalista, nell’ambito della teologia cattolica (si veda, ad esempio, quanto sostiene alle pagine 58-60 del suo libro «Inquietudini della Trascendenza», Morcellania, Brescia, 2005, Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, di formazione rahneriana, nel tentativo, alquanto maldestro, di accreditare in termini tomisti la dottrina cabalista dello «zim zum», ossia della contrazione-espansione della divinità, sorvolando con superficialità sul fatto che tale dottrina è emanazionista e sostiene che il mondo non è il frutto di un Atto di Amore creativo di Dio, che partecipa l’Essere alle sue creature traendole dal nulla, ma sarebbe il risultato della contrazione-esilio, dallo spazio cosmico, di Dio, che rende possibile l’apparire della creatura; con la conseguenza, pur vista dal Forte, egli infatti non nega la eterodossia di tale dottrina persino per il giudaismo talmudico, che laddove c’è Dio non può esserci la creatura, e viceversa, essendo Dio, in tale prospettiva, l’anticreatura, e dunque anche l’anti-uomo, e la creatura, dunque anche l’uomo, l’anti-Dio).

Per quanto riguarda, poi, il Cantico dei Cantici, un libro veterotestamentario già molto ellenistico e poco «giudaico», la lettura che padre Kerr, con tutta la Nouvelle Theologie, tende a darvi non è affatto, ci sembra, quella di una «mistica nuziale», perché se così fosse sarebbe invece conforme alla Tradizione cattolica, ma è di tipo erotico-androgino, rivelando anche qui l’origine gnostico-spuria di tale esegesi.
Il Cantico dei Cantici esalta l’amore, ad un tempo «verticale» e paritario, tra l’uomo e la donna come immagine archetipica dell’Amore mistico, sempre «verticale» e non paritario, tra Dio e l’uomo.
Per comprendere qualcosa dell’Amore tra Dio e l’uomo, secondo la mistica cattolica, si leggano le opere, in particolare «Il Castello interiore», di Santa Teresa d’Avila, dottore della Chiesa.
La neo-teologia, esaltata da padre Kerr, invece legge quel libro dell’Antico Testamento in modo analogo al «mito dell’androgino».
Mito che, si badi bene, Platone, per spiegare l’attrazione erotica, aveva desunto dall’antica religiosità panteista imperniata sul tema del «doppio contrario», maschio-femmina, arcaicamente rappresentato nelle figure mitologiche delle «deità copulanti», dalla coppia «Purusha-Prakriti» a quella «Yin-Yang», dalla coppia egizia «Iside-Osiride» alle varie coppie divine nei pantheon pagani presso le popolazioni più disparate.

Il tema mitologico del «doppio contrario» spiega la «manifestazione» nei termini di una dinamica emanazionista tra opposte polarità, dialetticamente complementari, scaturenti, per una «caduca cosmica primordiale» o per l’intervento di un «malvagio demiurgo» inteso come «dio minore», dalla comune, originaria, unità divina impersonale e senza distinzioni.
La lettura «androgina» che la neo-teologia fa, silenziosamente, del Cantico dei Cantici non è un, comunque impossibile, ritorno, in  polemica con il presunto razionalismo cattolico preconciliare, all’Antico Testamento, ossia a Gerusalemme con l’abbandono di Atene e Roma, quanto piuttosto è un attingere alla equivoca ed ambigua «mistica» gnostica.
ci sembra, in conclusione, che, stando all’ articolo di Blondet, tutta l’operazione di padre Kerr consista nel falsificare, per squalificarla, la tradizionale teologia cattolica, agostiniana, tomista, suareziana, allo scopo di accreditare, come soluzione della crisi ecclesiale in atto, la gnosi spuria che della crisi di fede della Chiesa è, invece, la causa prima.

Luigi Copertino



 
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