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Israele, Stato divino o Bestia dell’Apocalisse? (parte III)
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Israele è l’entità statuale cui – come abbiamo visto – meglio potrebbe attagliarsi la descrizione biblica della Bestia, di cui è detto in Apocalisse che «era, ma non è più, salirà dallAbisso, ma per andare in perdizione (Apocalisse 17,8)» Infatti Israele fu un regno prima del 95 dopo Cristo (anno presunto di redazione dell’Apocalisse), non lo era più a quella data (specie dopo il sacco di Gerusalemme e la distruzione del Tempio ad opera delle legioni di Tito), ma tornerà ad esserlo XIX secoli dopo, nel 1948.

Ci sono altri elementi che ci consentono di guardare ad Israele come alla Bestia dell’Apocalisse? Sì, più d’uno, anche se ogni considerazione che segue vogliamo sia presa con molta prudenza spirituale.

La presente è solo un’ipotesi interpretativa, che nulla vuole aggiungere al testo, poiché – come è scritto «a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dellalbero della vita e della città santa, descritti in questo libro».

Quindi – come si dice – astenersi perditempo e fanatici: Apocalisse, sia chiaro, non riguarda solo gli ebrei, riguarda in primo luogo noi, la conversione del nostro cuore, la purezza della nostra Fede, da intendersi essenzialmente come rapporto intimo col Signore e solo consequenzialmente come strumento di intelligibilità della storia e di possibile comprensione dei disegni della Provvidenza.

Occorre dunque che l’Israele spirituale, che è la Chiesa (quindi anche ognuno di noi) si converta sempre più e continuamente, per essere degno di quella salvezza che Nostro Signore offre e garantisce a coloro che sapranno meritarla con le buone opere che sono chiamati a compiere.

Ciò premesso occorre allora chiarire una cosa: Apocalisse delinea con estrema chiarezza i tratti della teologia della sostituzione, il fatto cioè che non più l’Israele carnale è l’eletto del Signore, ma «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua», certo insieme ai «centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli dIsraele». Quest’ultima è la primizia del tronco di Israele, quella che ha riconosciuto Cristo, che è pienezza (nel numero dei 144.000) della Rivelazione e dell’Israele di Dio, perché su di essa si è innestata la pienezza delle genti, cui la Buona novella è stata annunciata: è il nuovo Popolo di Dio, la Chiesa santa e cattolica (cioè universale), dopo che il Vangelo è stato predicato fino agli estremi confini della terra.

L’antico Israele carnale non è più il vero Israele. Il vero Israele, cioè il vero popolo di Dio è quello che adora il Signore (come disse Gesù alla samaritana presso il pozzo) in Spirito (che discenderà sugli Apostoli nella Pentecoste e nel Battesimo) e Verità (che è il Cristo stesso).

Contrapposti al nuovo e cattolico (cioè universale) popolo di Dio stanno «quelli che si proclamano giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana», quelli cioè «che si dicono giudei, ma mentono, perché non lo sono». Questo riferimento (piaccia o meno ai cultori del dialogo ebraico-cristiano) si trova nei capitoli 2 e 3 di Apocalisse e precisamente nelle lettere rivolte alla chiesa di Smirne e a quella di Filadelfia. Dunque chi appartiene all’antica sinagoga, divenuta la sinagoga di satana, è estraneo al vero Israele, che è oramai divenuto a sua volta come i pagani.

Teniamo presente questo aspetto (i giudei sono cioè divenuti come i pagani) se più avanti vogliamo intendere un passo, l’unico, in cui l’Apocalisse parla appunto dei pagani.

Dico queste cose senza alcun fanatismo, né alcuna intenzione di fare il controcanto a quello dei telepredicatori a stelle e strisce (che su questo, al contrario di noi, ci campano e pure lautamente) ed avvertendo che riprenderò nel filo di questo ragionamento alcune riflessioni, che è possibile trovare talvolta anche in rete. Seguendo l’insegnamento di San Paolo «esaminate ogni cosa, trattenete ciò che è buono», ho trovato alcune di queste riflessioni come stimolanti, ma ciò esclusivamente in relazione alla possibilità di approfondire il senso essenzialmente anticristico del progetto sionista. Ciò, vedremo più avanti, anche tenendo in debito conto le riflessioni presenti nel mondo ebraico e il dibattito accesissimo sviluppatosi tra i rabbini già a partire dal risveglio nazionale degli inizi del XIX secolo.

Nessuna pretesa, quindi, da parte mia di avere trovato la chiave dell’Apocalisse, né alcun ammiccamento o meno ancora adesione a pseudo-rivelazioni private, tra il resto del tutto inconciliabili con la fede cattolica. Resto un cattolico integrale, con occhi attenti e critici verso ciò che si muove intorno a me, ma senza alcuno scivolamento verso forme sincretistiche, né mistico-pneumatiche o meno che mai verso ermeneutiche soggettive da cattolico-adulto.

Ma ora torniamo alla prima Bestia: essa compare per la prima volta e improvvisamente nel capitolo 11, per uccidere i due testimoni misteriosi vestiti di sacco, che il Signore ha inviato per compiere la loro testimonianza profetica (ne parleremo). E’ scritto. «Quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dallAbisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà». Prima del capitolo 11 non c’è traccia di bestia alcuna nel libro.

Essa ricompare poi altrettanto repentinamente nel capitolo 13, all’interno della descrizione del terzo guai (forse meglio sarebbe la traduzione ahi!), cioè del terzo e ultimo lamento o ammonimento agli abitanti della terra (annunciato da uno squillo di tromba) per ciò che deve accadere.

La visione della bestia torna a manifestarsi a Giovanni subito dopo aver contemplato la guerra nel cielo, ove Michele e i suoi angeli precipitano sulla terra Lucifero e i suoi angeli. E’ in seguito a ciò che Satana cerca di divorare il figlio appena partorito della donna vestita di sole (con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle), che era incinta e che gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora Dio rapisce il figlio della donna appena partorito verso il trono del cielo, per sottrarlo alle fauci della bestia e prepara per lei un rifugio nel deserto.

E’ questa evidentemente la descrizione della lotta metastorica prima e storica poi tra Satana da un lato e Dio dall’altro: Cristo, il figlio di Maria, rapito al cielo, è stato strappato al potere della Morte, mentre alla Donna (immagine di Maria e della Chiesa) è preparato un rifugio nel deserto, contro cui nulla (non prevalebunt) possono le potenze demoniache (le acque vomitate dalla bocca del drago), il quale allora -– come è scritto – «se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si fermò sulla spiaggia del mare».

E’ interessante il fatto che nel fare guerra alla discendenza della donna il drago si fermi sulla spiaggia del mare. E’ un cambio di strategia: il drago sembra non voler più operare in prima persona. Nella guerra contro le creature di Dio, egli scatena scimmiescamente la sua creatura. E infatti ora entra in scena la Bestia che dal drago riceve «la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande». Il drago dunque non recita più in prima persona, ma per procura: è la bestia a sostituirlo.

Vediamo le caratteristiche della bestia in rapporto al dragone:

Il drago rosso ha:

- sette teste e sulle teste sette diademi
- dieci corna

La bestia per contro ha:

- sette teste e su ciascuna testa un titolo blasfemo.
- dieci corna e su ogni corno ha un diadema

Si noti che il diadema, segno di sovranità, nel drago sta direttamente sulle sette teste, mentre nella bestia esso sta sulle corna. Dunque la sovranità del drago, il serpente antico, il satana è una sovranità diretta e per così dire autocefala.

Nella bestia, per contro, la sovranità non è diretta, ma delegata, mediata attraverso il potere delle corna: vedremo che si tratta di dieci re, diversi dalla bestia, che regneranno insieme con la bestia.

Invece «su ciascuna testa della bestia» vi è un titolo blasfemo: sembrerebbe dunque che la bestia tutta intera, in tutte le sue teste pensi in maniera blasfema, pensi cioè come satana, come l’avversario di Dio. Viene in mente il capitolo 16 del Vangelo di Matteo o il capitolo 8 di quello di Marco, allorché Gesù comincia a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. E’ allora che Pietro lo trae in disparte e comincia a protestare, dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma Gesù, voltandosi, dice a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Il rifiuto della croce da parte di Pietro corrisponde esattamente al non serviam di Lucifero ed in questo la croce accomuna la mente demoniaca di pagani e giudei: per gli uni - come dice Paolo - è stoltezza, per gli altri scandalo. E per questo Pietro è a sua volta di scandalo, cioè d’inciampo, a Gesù.

Pietro pensava esattamente da giudeo: il Messia, il liberatore di Israele, non poteva morire, doveva vincere in questo mondo, doveva restaurare il Regno di Israele. Pietro, quando tenta Gesù, pensa esattamente come il principe del Mondo, come Satana: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la dò a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo. Gli rispose Gesù: ‘Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai».

Proprio la volontà di restaurare Israele nella sua dimensione politica e territoriale, di farsi da sé il Regno di Dio, spingerà alla realizzazione del sogno sionista, un sogno che verrà perseguito con ogni mezzo.

Già ho accennato al fatto che la Bestia sale dal mare (il Mar Grande di Daniele) e già ho illustrato il suo significato simbolico, reso palese da un passo del capitolo 17 in cui, riferendosi alla prostituta che siede sulla Bestia, viene chiarito che «le acque che hai viste, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, genti e lingue».

Questa Bestia, dunque, sembrerebbe un’entità politica che esce (anzi sale) dai popoli in cui era immersa e, mentre «sale», una delle sue teste viene «colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita».

Ora Aliyah (ebraico: עליה, salita) è il termine con cui si indicano le ripetute ondate migratorie che a partire dal 1882 soprattutto dall’Europa portarono gli ebrei in Israele. Il termine deriva da Aliyah laReghel (עליה לרגל), che significa pellegrinaggio, per via della salita che si doveva compiere per raggiungere Gerusalemme durante i tre pellegrinaggi prescritti per le festività di Pesach, Shavuot, Sukkot.

Saranno sette, badate sette, le salite che porteranno alla ricostituzione dello Stato di Israele nel 1948:

1) quella del 1882-1903, in seguito ai pogrom del 1880-1882;
2) quella del 1904-1914, in seguito a quelli del 1903-1906;
3) quella del 1919-1923, a causa della rivoluzione russa e la successiva guerra civile;
4) quella del 1924-1929, in conseguenza del crescere del nazionalismo antisemita dopo la Prima Guerra Mondiale;
5) quella del 1929-1938/39, in conseguenza dell’ascesa del nazismo, delle leggi di Norimberga, della Kristallnacht e delle restrizioni per l’immigrazione negli Stati Uniti dopo la crisi del ‘29 e la Grande depressione;
6) quella del 1939-1942, durante la Seconda Guerra Mondiale;
7) quella del 1945/1948, dopo la shoah.

Queste due ultime Aliyot, vengono chiamate Haapala Aliyot, o salite clandestine, a causa delle modalità in cui avvennero, delle difficoltà conseguenti agli eventi bellici, alle persecuzioni e ai contrasti conseguenti alla ridefinizione geo-politica postbellica dei territori mediorientali. Tutte queste Aliyot sono oramai indirizzate a realizzare il sogno sionista, che è venuto acquisendo sempre maggiore consenso in seno alla Diaspora ed è sostenuto nella sua apparente logicità dall’evidenza delle persecuzioni antisemite (1).

Si può dire che per sette volte la testa di Israele ha pensato secondo un Logos, che è diverso da quello di Dio? Si può dire che attraverso le Alyiot Israele ha forzato la Fine, andando anche contro la propria stessa fede, anche contro il divieto talmudico di non scalare il Muro, cioè di non intraprendere da sé l’impresa di restaurare il Regno di Israele?

Drammaticamente la risposta viene dall’Admor di Satmar Yoel Moshè Teitelbaum (1887-1979), il più agguerrito dei discepoli dell’Admor di Munkacs nella condanna del Sionismo, il quale a proposito della shoah scrisse cose terribili:

«E per i nostri molti peccati che abbiamo patito tribolazioni numerose e amare come lassenzio, che mai Israele ha sopportato da quando è nazione (…). Molti si sono dedicati a questimpresa (la ricostruzione dello stato di Israele, nda) e da ultimo quasi la maggioranza ha sostenuto in diversi modi le loro (cioè dei sionisti, nda) attività che portano a violare i giuramenti. Queste sette (cioè i sionisti nda) hanno continuato in questa idea corrotta di erigersi uno Stato prima del tempo e senza Torah e hanno attratto i figli di Israele in una eresia e apostasia terribile, di cui non cè simile dal giorno in cui fu fondata la terra () e non cè da stupirsi dellardore dellira uscita dalla presenza del Signore, come la scrittura ammonisce nella sezione di nittzavim (Deuteronomio 29,9 - 30,20). Nel momento della distruzione furono uccisi anche dei fedeli dellAltissimo per la colpa dei peccatori e dei corruttori e lardore dellira».

Fu proprio durante la sesta salita che sembrano compiersi con gli eventi della shoah le parole del libro dell’Apocalisse: «Una delle sue teste viene colpita a morte, ma la sua ferita mortale fu guarita». La piaga mortale (pleghè, dal verbo plesso, colpire) non è una malattia o un’ulcera (élkos di cui al capitolo 16, 2), è una ferita vera e propria. E’ un colpo subito durante un combattimento, durante uno scontro bellico: così almeno lascerebbe intendere il successivo versetto 14, ove si dice che la bestia è rimasta «ferita dalla spada». Dunque non è insensato pensare che lo scenario sia quello di una guerra, quella forse in cui si consumò la tragedia della shoah.

L’espressione ferita mortale già aveva trovato un accenno in Geremia: anche allora falsi profeti avevano rassicurato Israele circa il proprio agire, come successe con i sionisti che non vollero tenere conto del divieto di scalare il muro:

«I profeti che predicono in mio nome, senza che io li abbia inviati, e affermano: Spada e fame non ci saranno in questo paese, questi profeti finiranno di spada e di fame. Gli uomini ai quali essi predicono saranno gettati per le strade di Gerusalemme in seguito alla fame e alla spada e nessuno seppellirà loro, le loro donne, i loro figli e le loro figlie. Io rovescerò su di essi la loro malvagità». Tu riferirai questa parola: «I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare. Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Perché ci hai colpito, e non cè rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non cè alcun bene, lora della salvezza ed ecco il terrore! Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità, liniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te. Ma per il tuo nome non abbandonarci, non render spregevole il trono della tua gloria. Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi».

Ma quando la piaga mortale fu guarita Israele – casomai fosse possibile riferire alla seconda metà del secolo trascorso ciò che è scritto in Apocalisse – si è scordato nuovamente di quanto sia pericolosa la Terra di Israele e sembra essersi inebriato ancor più del proprio sangue, di quello dei vivi e di quello dei morti.

Dopo di ciò sembra davvero di trovare un’anticipazione di ciò che è accaduto: la latria tributata al popolo olocaustico, la secolarizzazione della morale, l’apostasia e la scristianizzazione dei popoli di antica fede e tradizione cristiana, il timore nei confronti di un lobby divenuta via via sempre più potente, le accuse e le calunnie nei confronti della Chiesa, il carcere per chi osa mettere solo in dubbio la religione della shoah, il soffocamento del popolo palestinese, gli omicidi mirati ed impuniti contro gli oppositori del disegno sionista.

Leggiamo: «Allora la terra intera presa dammirazione, andò dietro alla bestia e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: ‘Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?’. Alla bestia fu data una bocca per proferire parole dorgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. Ladorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dellAgnello immolato. Chi ha orecchi, ascolti: Colui che deve andare in prigionia, andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada di spada sia ucciso. In questo sta la costanza e la fede dei santi».

E’ dunque Israele la prima bestia dell’Apocalisse? O invece sono più esatte le note che si trovano  in calce a molte edizioni della Bibbia, secondo cui l’autore dell’Apocalisse parlando della Bestia voleva fare riferimento all’Impero Romano, il «666», numero della Bestia, starebbe ad indicare Nerone e la città dei sette monti (che corrispondono alle sette teste) sarebbe Roma?

Lo vedremo la prossima volta.

(continua)

Domenico Savino

Articoli correlati:

Israele, Stato divino o Bestia dell’Apocalisse? (parte prima)
Israele, Stato divino o Bestia dell’Apocalisse? (parte seconda)




1) Seguirà, dopo la proclamazione dello Stato di Israele un’altra Aliya, il Kibbutz Galuyot (1948-1950), ossia il rientro degli esiliati e poi altre e altre ancora, ma quando oramai il sogno sionista si è già realizzato.


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