>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
store.jpg
Prede e cacciatori
Stampa
  Text size
In questo periodo in cui si sta discutendo molto sullo smaltimento dei rifiuti mi è venuta alla mente un’associazione di idee con il capitalismo mondiale, che progressivamente sta portando alla generazione di altre tipologie di scarti nei Paesi post industriali, quelli umani.
In un mio articolo ho evidenziato come uno dei problemi maggiori, oltre ai fattori speculativi ben noti, è che ci troviamo di fronte ad un empasse della capacità evolutiva della tecnologia, in altre parole non stiamo più riuscendo ad evolvere, a provocare una frattura innovativa nel nostro modo di concepire il progresso.
Questo ha portato a rendere progressivamente l’uomo, produttore dei propri beni di consumo, superfluo alla produzione del proprio benessere ed anche il modo di concepire il nucleo vitale dell’individuo, che era direttamente collegato al luogo di produzione di questi beni sta cambiando.
Infatti si sta assistendo nelle ex aree ad alta intensità industriale allo smantellamento di quegli enormi edifici che racchiudevano altrettanti enormi macchinari necessari per la produzioni di questi beni per far posto a centri commerciali o, nelle migliori delle ipotesi, a loculi abitativi che si affacciano su piazze artefatte in cui si dovrebbero incontrare gli abitanti di questi «borghi» consumistici.

Negli anni precedenti la globalizzazione l’«hardware» produttivo era costituito da una  cultura che legava anche territorialmente la persona alla fabbrica.
Ed intorno a questo nucleo sorgevano altre attività di supporto o di servizio.
Ancora oggi in alcuni paesi si notano vecchi edifici ormai in disuso come l’ospedale, le scuole, stazioni ferroviarie, ecc.
Era un ambiente chiuso nella mentalità ma rassicurante dal punto di vista personale. Ora invece l’essere umano è stato catapultato al di fuori di questo circolo protezionistico e, almeno in apparenza, sembra essersi modernizzato, aprendosi a nuove esperienze e capacità relazionali, a nuove culture.
Le attività produttive, per contro, sono diventate di tipo «software», basate sui servizi, spesso rivolti alla persona, che dovrebbero aiutarlo nel suo vivere quotidiano.
Eppure l’uomo prova sempre più un senso di inadeguatezza, è sempre più solo e lasciato in balia delle forze del mercato e dei propri istinti, spesso animaleschi.
Questi radicali cambi nel modus vivendi hanno portato l’essere umano ad essere ripensato come fruitore di questi bisogni, bestia da consumo e non come protagonista.
E’ l’uomo che subisce ciò che produce e così facendo l’oggetto è diventato il feticcio di ciò che non riesce ad esprimere con le sue risorse interne.
La conseguenza più immediata è quella di essere diventato, come dice Blondet, un selvaggio con l’oggetto di ultima trovata tecnologica appeso al collo.
Esattamente come gli antenati degli uomini facevano con i resti delle belve che riuscivano ad abbattere per sfamarsi.

Un lettore mi sollecitava in un suo intervento delle proposte per uscire dalla situazione attuale in cui si è caduti.
La risposta è che non ce ne sono.
E’ come se una persona lanciata con la propria automobile a 300 all’ora contro un muro senza freni mi chiedesse come fare a non farsi male.
Posso solo dire che il destino che attende l’uomo non può essere radioso perché l’essere umano non vorrà mai neppure prendere in considerazione di arrestarsi nel suo progresso tecnologico che lo porterà alla sua distruzione.
Bisognerebbe pensare invece a programmare una decrescita al posto di espansioni del benessere.
In queste condizioni non resta che tornare ad apprezzare le cose che possono riempire questo vuoto: la fede, il pensiero classico, il pensiero scientifico, l’arte.

E’ vero, dice una lettrice, che non si mangia con questi principi.
Si tenga presente però che se il buon Dio avesse voluto creare l’uomo solo per il cibo non lo avrebbe dotato di uno stomaco grande come due pugni chiusi, di volume inferiore alla sua capacità cranica.
Seneca diceva: all’uomo quando nasce basta una coperta, quando muore neppure il più grande dei regni.
E’ un’epoca in cui si è messi di fronte a se stessi, in cui bisogna investire in cose che restano dentro e che ci possono, con tutti i loro limiti, dare delle piccole risposte o spiegazioni al nostro modo di essere e di esistere.
Mi vengono in mente le parole dello scrittore S. Mrozek: «Nei tempi antichi, quando ci sentivamo felici, accusavamo Dio, che all’epoca era il manager del pianeta; ritenevamo che non gestisse a dovere l’azienda. Perciò lo licenziammo e ci autoproponemmo come nuovi amministratori».
Ma le cose, a quanto sembra, non sono migliorate perché quando il sogno e la speranza di una vita migliore si concentrano interamente sul nostro ego e si riducono ad armeggiare con il nostro corpo e la nostra anima «non c’è più limite alla nostra ambizione e alla tentazione di far crescere quell’ego sempre più».

Oggi il nostro mondo consumista ha portato all’esaltazione del concetto cacciatore e preda.
Ognuno di noi nel nostro piccolo cerca di restare cacciatore perché sa che il diventare preda anche per un breve periodo gli può risultare fatale.
Stiamo andando incontro ad una progressiva incapacità di prevedere il nostro destino, di rimpossessarci degli strumenti che ci hanno portato dove siamo.
Le nostre prospettive si fanno sempre più instabili, come sono instabili i posti di lavoro e i sogni degli imprenditori, piccoli o grandi che siano.
Il progresso tecnologico che una volta era manifestazione di ottimismo ora viene vissuto come minaccia; ogni cambiamento non fa che togliere sicurezze che pensavamo scontate.

Come scrive Calvino nelle «città invisibili»: «L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare, e dargli spazio».

Anche in queste parole chi si riconoscerà cacciatore non potrà che compiacersi degli attimi di cattura della propria preda, che cacciato non potrà che rimarcare la propria paura e frustrazione.

Ingegner Polastri Ludovico

Home  >  Costume & Società                                                                             Back to top


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità