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Il martirio del Papa col suo seguito: visione datata?
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In seguito all’ipotesi sull’incombente «Segno di Fatima» è d’obbligo approfondire la comprensione degli aspetti velati del segno che presenta nella visione del Terzo Segreto l’eccidio del Santo Padre col suo seguito fedele...
Il Vescovo vestito di bianco «abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce... il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c’erano due angeli ciascuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio».
E’ una scena di martirio del Papa nei nostri tempi che, a differenza dei primi tempi apostolici ovvero dell’edificazione della Città cristiana, mostra la «grande città mezza rovinata» e piena di anime morte. Certo, nella Rivelazione dei disegni di Dio appare la figura del «Pastore colpito» e dell’ostacolo all’Anticristo «tolto di mezzo» e l’autore del «colpo» permesso da Dio è sempre lo spirito del male, nemico del Signore e degli uomini.

Prima di parlare di Fatima, permettetemi, però, di ripetere che il pensiero dell’immenso mondo religioso umano di miliardi di anime, dai popoli primitivi ai più progrediti, pende e penderà sempre da ogni segno e parola che possa provenire da Dio attraverso i Suoi messi.
Ciò a causa del concetto universale dell’impero di Dio sugli uomini e sulle loro società.
Concetto alla base di ogni coscienza, che è e sarà fino alla fine del mondo il vero pegno di salvezza.
A prova che si tratta di un concetto universale, per ogni tempo e luogo, voglio ricordare qui la vecchia storia con cui Vittorio Messori descrive l’evangelizzazione del Texas della suora Maria de Agreda, autrice di un libro prodigioso nella Spagna del XVII secolo, «La mistica città di Dio», uno dei testi più straordinari e misteriosi della letteratura religiosa. («La signora in blu che convertì i pellerossa»,
Il Corriere della Sera, 5 aprile 2003, pagina 35): «C’è, qui, una delle vicende più incredibili e, al contempo, più storicamente attestate - dell’intera storia cristiana. Precisiamo subito che questi eventi hanno superato il più rigoroso e temibile degli esami: quello dell’Inquisizione spagnola che - con i suoi metodi collaudati, che provocavano il crollo psicologico di qualunque simulatore - giunse ad interrogare la religiosa per dieci ore al giorno durante molte settimane. Alla fine, quegli implacabili inquisitori si arresero, conclusero che i fatti straordinari erano veri e che, dunque, suor Maria de Jesús non doveva essere disturbata. Del resto, sono giunti alla stessa conclusione anche gli storici americani dei nostri giorni, molti dei quali protestanti, ebrei, agnostici. ‘Essi rappresentando un pool di università texane hanno organizzato un grande convegno sulla venerabile suor Maria de Jesús de Agreda, e, alla fine dei lavori, verrà proposta la firma di una petizione, già più volte rinnovata, perché la francescana sia proclamata protettrice ufficiale dello Stato del Texas’. Si noti, il convegno non è organizzato da istituzioni religiose, ma da laicissime facoltà universitarie. Successe, dunque, che all’inizio del Seicento, i francescani decisero di avanzare a nord del Messico con le loro missioni. Raggiunsero così il territorio dell’attuale Texas, ma anche quello dell’Arizona, della California, del New Mexico. Subito, dovettero fare i conti con le bellicose tribù dai nomi leggendari: apaches, navajos, comanches. Le prime spedizioni furono massacrate. Ma la resa non è nelle tradizioni francescane: così, nel 1622, partiva un nuovo gruppo, guidato da padre Alonso de Benavides. Dopo avere impiantato una missione fortificata, i frati cominciarono a ricevere visite inaspettate. Erano i capi degli Xumanas, una delle tribù più grandi e al contempo più aggressive e irriducibili. Con sbalordimento dei religiosi, quegli indiani supplicavano che venisse inviato tra loro qualche sacerdote che amministrasse il battesimo e gli altri sacramenti. Una simile richiesta, in quei luoghi, non era mai venuta prima. A domanda, gli indigeni risposero che erano stati convinti a venire da una ‘Signora vestita d’azzurro’ che da qualche tempo appariva tra loro e li esortava - non solo con parole nella loro lingua, ma anche con miracoli - a chiamare i missionari. Questi avevano alle pareti la stampa, colorata a mano, che rappresentava una santa clarissa: i capi degli Xumanas dissero che la Signora era vestita proprio in quel modo, ma che era molto più giovane e che il colore dell’abito era azzurro. Così era, in effetti, il saio della congregazione cui apparteneva suor Maria de Jesús (che allora aveva solo vent’anni). Se nel remoto Texas, i frati pensarono a lei, è perché l'arcivescovo di Città del Messico, reduce da una visita in Spagna, aveva parlato loro di una monachella di Castiglia che, pur non essendosi mai mossa dal suo convento, descriveva in certe sue lettere l’America come se le fosse familiare. Sta di fatto che, convinti dalle suppliche e pur temendo un tranello, alcuni francescani si unirono agli Xumanas nel loro viaggio di ritorno. Abbiamo numerose relazioni dell’epoca che concordano sul fatto che, ai confini del territorio della tribù, i missionari furono accolti da una grande folla disposta in processione e con enormi croci adornate con i fiori della prateria. Così, dissero, aveva insegnato loro la Dama Azúl, la Signora Azzurra che tante volte era venuta a istruirli. In effetti, i sempre più sbalorditi religiosi costatarono che, tra quegli indigeni mai avvicinati da alcun europeo, la formazione dottrinale era ormai completata: ciò che volevano erano solo i sacramenti. Ma questa non fu che la prima delle sorprese. In molti altri posti, anche in Arizona e in California, i missionari ebbero la stessa esperienza: contati, cioè, con tribù non raggiunte sino ad allora e già catechizzate da quella che gli storici americani chiameranno The Lady in blue. Nel 1631, padre Alonso de Benavides, che abbiamo visto a capo della prima missione texana, rientrò in Spagna e raggiunse Agreda, sui monti della Castiglia, incontrando nel parlatorio suor Maria de Jesús. Con molta semplicità, la monaca gli disse che sì, Dio aveva realizzato il suo desiderio di essere missionaria, concedendole di raggiungere l’America centinaia di volte. Più tardi, sotto il torchio implacabile dell’Inquisizione (nemica, più che delle eresie, di superstizioni e falsi miracoli) confermerà questi misteriosi viaggi, precisando solo di non essere in grado di stabilire ‘se fossero senza o con il corpo’. Comunque, al sempre più sbalordito padre Alonso (abbiamo l’originale della relazione), descrisse con precisione tutti i suoi confratelli, ricordò episodi missionari che egli stesso aveva dimenticato, confermò di avere catechizzato non solo gli Xumanas ma molte altre tribù, convincendole a chiedere l’intervento dei sacerdoti. La storia successiva dei territori a nord del Messico è piena di tracce di quelle misteriose missioni. Ad esempio: nel 1699, 34 anni dopo la morte della suora, una spedizione guidata dal capitano spagnolo Juan Mateo Mange risalì il Colorado, incontrando molte tribù fino ad allora sconosciute che praticavano un cristianesimo senza sacerdoti perché, dissero, ne avevano cercati senza trovarli. Alla domanda sul come avessero imparato il catechismo, gli anziani risposero che, molti anni prima, era venuta tra loro una Signora con un lungo abito azzurro. Spaventati, l’avevano bersagliata con le loro frecce, senza però riuscire a farle del male. Così, prostratisi, l’avevano ascoltata e ubbidita. E ancor oggi (è prevista, al convegno, un’apposita relazione) i ricercatori americani trovano spesso il ricordo, nelle riserva indiane, della Blue Lady. I discendenti delle tribù evangelizzate in quel modo misterioso conservano un loro coriaceo cattolicesimo. Maria di Agreda non lasciò mai il monastero in Spagna. Anche se le tribù del Texas la vedevano apparire e insegnare il catechismo Quelle due sillabe richiamano molte cose. Molte, ma non certamente una claustrale spagnola del Seicento che mai lasciò il suo monastero di Agreda, cittadina sperduta sui monti della Vecchia Castiglia’. ‘Nata nel 1602 e morta nel 1665, chiusasi a 12 anni nel monastero di clausura fondato da sua madre e nella sua stessa casa, Maria de Jesús riempì della sua fama la Chiesa barocca. Filippo IV, capo dell’impero già in declino ma su cui ancora non tramontava il sole, scambiò con lei centinaia di lettere. Dalle mura della clausura, filtravano notizie sugli straordinari carismi della religiosa, tra i quali visioni e locuzioni che la portarono a scrivere le migliaia di pagine - piene, tra l’altro, di profezie che la storia ha confermato - della mistica ciudad de Diós. E’ una sorta di biografia della Madonna diffusa in milioni di copie, in ogni lingua, ancor oggi continuamente ristampata e che conta nella Chiesa ammiratori entusiasti e detrattori accaniti. Proprio quell’opera, di insondabile profondità, pare essere l’ostacolo che ha sinora impedito che Maria de Jesús salga da venerabile a beata: l’istituzione ecclesiale, si sa, diffida dei carismatici. Come confermano, non ultimo esempio, le traversie di padre Pio. In ogni caso, possiamo risolvere - finalmente - un rompicapo per coloro che hanno doppiato in italiano innumerevoli film western, senza riuscire a capire perché molti indiani, nella versione originale, ogni tanto esclamassero: ‘Sor Maria de Agreda!’. A differenza di loro, gli sceneggiatori americani conoscevano bene le ragioni di una simile interazione».

Tornando a Fatima e alla visione del Terzo Segreto, segno per il nostro tempo l’attentato è eseguito da «un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi e frecce».
Quindi tali particolari devono avere un senso e già serve a dire che il Segreto ha un senso simbolico.
Il gruppo di soldati indica una forza istituzionale, dotata, però, non solo di armi convenzionali, ma di frecce.
Queste dal punto di vista simbolico indicano tante cose diverse: dal potere delle logge alla resistenza alla Parola di Dio; dal veleno sparato dalle ideologie e «filosofie» moderne, alle frecciate dell’eretica mentalità modernista; l’importante era eliminare per sostituire l’autorità cattolica in terra.
Soldati o chierici come forza organizzata, che colpivano la fede senza sapere cosa facevano, ma erano a servizio di un’originale «centrale del male».
Una nuova gerarchia doveva essere insediata per aggiornare la Chiesa al nuovo ordine mondiale.
Perciò la vecchia gerarchia andava soppressa.

La testimonianza dell’ex gesuita e teologo Malachi Martin

Il brillante padre gesuita e teologo Malachi Martin era stato indicato per collaborare col cardinale Agostino Bea, scelto da Giovanni XIII per operare grandi cambiamenti nella Chiesa.
Era destinato ad una brillante carriera, che non escludeva il cappello cardinalizio.
Come si è visto però, egli fu testimone di un fatto di estrema gravità, che ha cambiato la sua maniera di considerare le questioni della Chiesa e quindi anche la sua vocazione e vita ecclesiastica.
Dopo aver lasciato la Compagnia di Gesù, dove dominava un generale modernista, P. Janssens, che lui vedeva come «un nemico della Fede» per le ragioni che espose nel suo libro «I Gesuiti», Sugarco Edizioni Milano, 1988, e in altri importanti lavori.
Uno dei più importanti è «The Keys of This Blood», Simon and Schuster, NY, 1990, dove Martin tratta anche della questione del Papato (pagine 607-9).
Al capitolo 34 (pagine 661-676), intitolato «Il Complesso di Giuda», troviamo una sua acuta diagnosi dell’atteggiamento mentale che ha trasformato Giuda da apostolo in traditore ed un’approfondita analisi della situazione di tanta parte del clero attuale in cui l’autore riscontra lo stesso sintomo.
Divenuto scrittore di successo, Martin ha colto ogni occasione per testimoniare discretamente quanto ha visto e vissuto a Roma.
Lo ha fatto nel modo più indipendente possibile; ma il suo pensiero è condizionato dal mistero che non riusciva ad interpretare pienamente, quello dell’iniquità.
In questo senso ha scritto sul «complesso di Giuda» (in appendice).

Nel 1996 Martin, rinomato per i suoi libri di denuncia del nuovo corso conciliare, pubblica il suo lavoro «The windswept house», tradotto e pubblicato in Spagna nel 1998 dalla Editorial Planeta di Barcellona col titolo «El Ultimo Papa» (729 pagine).
All’inizio del libro c’è una previsione di Pio XII sul prossimo futuro: «Il giorno che la Santa Sede si assoggetterà ad una nuova Europa di politici e diplomatici, una Europa centrata su Brusselles e Parigi, in quel giorno cominceranno veramente i grandi guai per la Chiesa» (pagina 7).
Perciò Pio XII auspicava che il suo successore fosse il cardinale Siri.
Risulta e il padre gesuita Malachi Martin lo confermò, che la maggioranza dei cardinali avesse accolto questo invito e avesse votato Siri.
E’ la coraggiosa testimonianza sul conclave in cui fu eletto Montini.
Dunque Giuseppe Siri sarebbe stato eletto al soglio pontificio ma, avendo richiesto una pausa per la conferma, nel frattempo sarebbe giunto dall’esterno un biglietto che gli avrebbe fatto rifiutare il Papato.
Padre Malachi Martin, allora professore al Biblico e assistente del cardinale Bea, getta luce su quell’evento sinistro perché proprio a lui, presente come interprete in quel conclave, fu richiesto di tradurre il messaggio al cardinale eletto.
Erano delle minacce a Siri che scosso e dichiarandone la ragione («propter metum», per paura), rinunciò alla sua elezione al Papato («L’Eglise éclipsée», Edizioni Delacroix, 35800 Dinard, 1997; Daniele Arai, «L’eclisse del pensiero cattolico», edizioni Europa, Roma, 1997).

Chi può dubitare che ci sarebbero state allora pressioni interne alla Chiesa per cambiarla?
Dopo tutto ciò, si può affermare che questo conclave va capito alla luce di quello precedente, quando fu eletto Roncalli; conclave sospetto dovuto all’ingerenza di poteri contrari alla Chiesa?
Su di esso il cardinale Testa, presente al conclave, riferì che allora erano successe «cose orripilanti» (1).
Da parte sua il cardinale Siri, anni dopo, dichiarò al marchese de la Franquerie e allo scrittore Hubert Remy: «Sono tenuto al segreto. Questo segreto è orribile. Sono accadute delle cose molto gravi. Ma non posso dire nulla!» (2).
In verità il segreto del conclave esiste per la difesa della Fede e della Chiesa, mai per coprire le azioni dei suoi nemici, come è una violazione dell’elezione papale da parte di membri della massoneria.
Vero? Falso?
Il fatto è che qualcosa di molto strano è avvenuto allora, come lo testimoniarono alcuni presenti nel conclave, cioè che esso fu violato da poteri esterni alla Chiesa, per esercitate pressione per l’elezione di Montini.
Poiché questo conclave avveniva nello stesso senso rivoluzionario dell’elezione precedente di Roncalli, anche se l’equilibrio di forze era diverso allora, si pone la domanda: se Roncalli fosse rimasto indietro nello scrutinio dei voti, ci sarebbero state pressioni degli stessi poteri segreti anche nel conclave del 1958?
Poiché Roncalli ha eseguito un programma interamente intonato ai pensieri dei modernisti e dei massoni, di modo che nessuno di loro avrebbe preteso di meglio di quanto ottenuto con quell’elezione, si pone il grave quesito che attende una giusta risposta: vi furono pressioni esterne per eleggere Roncalli?
Data la sua aperta simpatia per la massoneria, aveva la sua elezione qualche legame con quel tentativo del 1903 in cui fu bocciato Rampolla? (3).
Può accadere che dove non passa un’aquila, passi un povero passero?

Martin pone l’inizio del vero disastro il 29 giugno 1963, quando fu eletto Paolo VI, nel modo indicato sopra e quando «l’angelo decaduto Lucifero si è insediato nel trono della Cittadella cattolica… il momento in cui un papa prendeva il nome dell’apostolo Paolo… da allora il sagrato dovrebbe divenire profano e il profano adorato».
La cerimonia richiedeva il rito del sacrificio satanico della verginità di una bimba, nella blasfema parodia del Sacrificio della Messa.
Alla cerimonia romana corrispondeva, contemporaneamente e concelebrata, un’altra in America, nella «cappella emittente della Carolina del Sud» (sede del palladismo di Albert Pike, «El Ultimo Papa», citato, pagina 13).
Ecco il cerimoniale massimo per la venerazione del nuovo potere: del principe del fuoco e del buio.
L’ultimo obiettivo del nemico di Dio e degli uomini «non era di annientare l’organizzazione cattolica romana… ma di omologarla e ridurla ad una grande impresa di questioni umane… Suo nome sarà chiesa universale dell’uomo» «El Ultimo Papa», citato, pagine 14, 23).
Si era parlato altre volte di messe nere e riti satanici in Vaticano.
Cosa avrebbe saputo di preciso il nostro autore?
Conoscendo a fondo le trame del nuovo Vaticano, improntò il suo libro, pubblicato solo dopo la sua morte, sul Terzo Segreto di Fatima.
In esso dimostra di aver intuito che il suo contenuto riguarda l’eccidio del Papa insieme alla sua gerarchia e seguito fedele.
Dice, infatti, che il processo revisionista del clero al nuovo ordine «esigeva spapizzare la Chiesa cattolica», «El Ultimo Papa», citato, pagina 95.

«Chi comanda il processo? Da quando sono entrato nella vita politica, alcuni mi hanno confidato in privato che gli uomini più potenti degli Stati Uniti, nel campo del commercio e dell’industria, temono qualcosa. Sanno che in qualche posto c’è un potere tanto organizzato e subdolo, tanto sorvegliante, interelazionato e penetrante, che sarebbe imprudente accusarlo pure con un sussurro… scriveva nel 1913 Woodrow Wilson, onnipotente presidente americano, lui stesso massone», «El Ultimo Papa», citato, pagina 347.
Martin nella parte finale del libro «El Ultimo Papa», dietro il titolo «Quo vadis?», descrive una Chiesa e il Papato condizionati dall’insediamento del «principe del potere ascendente», a cui un lungo elenco di cardinali si sono legati attraverso la massoneria (citato, pagina 670).
Il Papa avrebbe riconosciuto allora che «nessun papa avrebbe potuto governare la Chiesa attraverso il Vaticano, fino a quando quella intronizzazione non sarà disfatta».
Eppure l’autore lascia chiaro che il Papa è l’«ostacolo» che Dio ha messo per respingere Lucifero (pagina 720).
Nondimeno la Chiesa continuerà a subire gli effetti del deterioramento della sua struttura avvenuta con «spaventosa velocità nei 15 anni che seguirono la chiusura del Vaticano II... Era come, per esempio, se il canale di Panama si fosse svuotato in un lampo» (citato, pagina 671).

Tutte queste testimonianze sono oltremodo difficili e spesso rese incerte.
Eppure, la forza superiore di Dio finisce per rendere sempre vani gli sforzi del nemico, traendo dai più grandi mali le più straordinarie vittorie del bene.
Ma rammentiamoci, esse devono passare attraverso la fede e le opere umane. che superano le persecuzioni umane.
I Papi più recenti non avevano sempre parlato di questa persecuzione inevitabile d’ordine metafisico? Perché allora tale visione, consona alla storia della Chiesa, nata dal sangue di Gesù Cristo, è sembrata tanto aliena al pensiero cristiano dei nostri giorni, al punto da suscitare finora solo confusione e perplessità?
Resta, però, che se tali testimonianze sono oltremodo difficili, il periodo riferito è certo: dopo la morte di Pio XII.
Che senso può avere quest’eccidio simbolico dell’autorità che rappresenta Dio in terra?
La carica del Vicario di Cristo è ordinata alla difesa del Diritto divino e naturale, cui corrispondono i doveri e i diritti dei popoli.
Allora un potere armato che toglie di mezzo tale autorità può solo significare l’attentato per abbattere la stessa Autorità divina, nella Chiesa e cambiare l’ordine cristiano alterando la vita del mondo.
Non c’è modo più completo per farlo che proporzionando la scalata al Soglio pontificio di chi è pronto a seguire il piano segreto di aprire la Chiesa alla conciliazione col mondo.
Quale modo migliore per liquidare la tradizionale autorità papale con la scusa del bisogno di aggiornarla?

Fatto sta che una radicale ma velata mutazione è avvenuta nella Chiesa pari passo con la censura del Segreto che svela il martirio papale da parte di chi aborrisce la profezia di sventure, mentre stima la rivoluzione liberale.
Quale il risultato di tale mutazione clericale per il mondo civile?
Si può ignorare che una crisi profonda attanaglia la vita del mondo attuale e che, dall’intimo delle coscienze ai palazzi del potere, si avverte la precarietà crescente delle azioni umane?
Fatto sta che se non imperasse un’indefinibile frustrazione esistenziale, un grave declino del senso del male, ci sarebbe una pur minima reazione capace di segnalare la desolazione universale che incombe. Se c’è un fatto evidente questo è la montante degenerazione nella condotta delle questioni umane, nel rapporto tra le ragioni vitali e il governo dei popoli.
Si strombazzano valori che dovrebbero reggere un nuovo ordine mondiale, ma non ci si accorge che
essi, svincolati dai princìpi, sono miasmi letali.
Il risultato è inevitabile, non ci sono più voci o poteri umani capaci di contenere disordini nazionali e massacri internazionali.

Intanto, non sembra che i cristiani si ricordino che lo smarrimento della Rivelazione divina è la più grave catastrofe umana, vettore delle più nefande ingiustizie, perciò esso stesso un’ingiustizia inaudita.
Ecco la realtà che è urgente riconoscere per allora testimoniarla.
Ora, a parte l’inevitabile semplicità del resoconto infantile di una visione simbolica che finisce con l’eccidio del Papa insieme a tutto il suo seguito fedele, la doppia domanda è: cosa può rappresentare questa ecatombe cattolica se non l’eliminazione del capo e dei membri della Città cristiana?
Può tale attentato e martirio essere visto come un fatto estraneo alla storia della Chiesa?
Non va esso proprio nel senso della passione del cristianesimo sulle orme del divino Fondatore, morto in croce; la passione della Chiesa nel nostro tempo?

Il «Martirologio Romano», nelle orme del Sacrificio di Nostro Signore, conferma nella storia che «l’uomo propone e Dio dispone».
Ciò fu una realtà all’inizio del cristianesimo quando si trattava di diffondere la Verità; lo è ora che si tratta di tacerla o invertirLa nel tenebroso interregno presente del pensiero cattolico.
Nel primo caso si ha l’esempio del martirio dei primi cinquanta Papi; nel secondo, l’effetto lento ma profondo del Terzo Segreto di Fatima meditato.
Quindi, Dio «dispone» il contrario di quanto «tentato» dal Nemico, che induce gli uomini a «proporre» aggiornamenti e spergiuri per «divenire come dèi».

Esempio del primo caso è quanto avvenuto nel caso dei Papi Santissimi Marcellino e Pietro, San Damaso, il grande Papa delle catacomba e dei martini, nel tempo straordinario di San Geronimo, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, nella sua missione di tramandare la memoria di innumerevoli martiri, riferisce la narrazione sentita da lui stesso, ancora fanciullo, del carnefice dei Santissimi martiri Marcellino e Pietro.
Egli riferì di aver disposto la decapitazione dei due nel bel mezzo di un bosco, proprio per sopprimere ogni ricordo.
Perciò i due martiri dovettero spazzare loro stessi da rovi e sterpaglie l’area che doveva imbeversi del loro sangue.
Il martirio avvenne al terzo miglio dell’antica via Labicana, l’odierna Casilina, attualmente Torpignattara.
Per Damaso le «santissime membra» dei martiri rimasero occultate per qualche tempo in una «candida grotta» finché, la pia matrona Lucilla, spinta dalla devozione per i testimoni di Cristo, non diede loro una degna collocazione.
In quel luogo, che gli uomini volevano nascosto, Costantino edificò una basilica, presso la quale venne conservata, in un mausoleo purpureo, la salma di sua madre Santa Elena, prima che l’imperatore ne facesse trasportare i resti a Costantinopoli.
Nè bastò, poiché essendo stata la loro tomba violata dai Goti, Papa Virgilio la fece restaurare e introdusse i nomi dei Santissimi Marcellino e Pietro nello stesso Canone romano della Messa, assicurandone così il perpetuo ricordo e devozione da parte dei cattolici.
E là dove la moderna via Labicana incrocia via Merulana (la via che porta da San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore) sorge dal 1751 la basilica dei Santissimi Marcellino e Pietro, edificata su una base che sembra risalire alla seconda metà del secolo IV e in cui si trovava forse la dimora di uno dei due santi titolari.
La storia del martirio del presbitero Marcellino e dell’esorcista Pietro venne poi arricchita dal ricordo che Pietro e Marcellino furono rinchiusi in una prigione sotto la sorveglianza di un certo Artemio, la cui figlia Paolina era posseduta dal demonio.
Pietro, esorcista, convertì Artemio e sua moglie Candida con l’ immediata liberazione di Paolina.
Dopo qualche tempo, anche questa famigliola testimoniò Cristo col martirio: al 120 miglio della via Aurelia Artemio venne decapitato e Candida e Paolina vennero seppellite da un cumulo di pietre.

Il martirio cristiano nel Terzo Segreto di Fatima

Chi ha letto bene la descrizione della visione del Terzo Segreto di Fatima deve aver meditato sul fatto che esso racchiude un martirio.
Martirio che, nei pensieri di Maria Santissima, richiama un passo evangelico poco compreso: «una spada ti trapasserà l’anima, affinché vengano svelati i pensieri segreti di molti cuori» (Luca 2, 38).
Ebbene, questa profezia è legata al «Segno di contraddizione divino», a Gesù Cristo giudice della salvezza e perdizione di tante anime.
Veniamo alla visione del Terzo Segreto di Fatima.
L’avversione ad essa si manifesta da ogni parte, anche quella tradizionalista.
Vari autori non temono di sprofondare in oscure contraddizioni pur di negarne l’autenticità.
Eppure essa fu confermata dalla veggente Lucia e da quella somma autorità che riconoscono in Giovanni Paolo II.
Essi accettano tutto, dall’esistenza di una bugiarda sosia di Lucia concepita dal Vaticano conciliare, ad una prigionia nelle cavi vaticane di un Paolo VI convertito dai suoi abomini modernisti.
Accettano ipotesi di complotti iperbolei per falsificare e ingiallire quelle paginette negate dall’etereo Capovilla.
Ripudiano, però, con orrore che ci sia stato un virtuale eccidio dell’autorità papale quando il «Segreto sarebbe stato più chiaro, cioè nel 1960 conforme Suor Lucia affermò nel 1955 al cardinale Ottaviani».
Chissà perché queste questioni riguardanti la datazione del Segreto e quindi essenziali, sono
regolarmente evitate.
Va bene, nessuno si aspettava che nella gran testa di monsignor Bertone esse trovassero luogo e nemmeno in quella di monsignor Capovilla.
Come mai questo ineffabile, che per la sua vicinanza al «buono» per antonomasia forse sarà un giorno beatificato per osmosi, invece di dire cosa ebbe la ventura di udire nel 1959 preferisce parlare d’altro.
Insomma, è successo qualcosa di orribile nella Chiesa poco prima del 1960?

E poi Antonio Socci.
Bravo per aver usato il suo prestigio giornalistico per disseppellire quel Segreto, ma patetico per come si arrampica sugli specchi per preservare dalle giuste critiche il suo santo sùbito.
Ma non è evidente che solo a lui va imputata la grande confusione sul Segreto?
Ma tant’è, solo l’ovvio è da censurare oggi.
Ogni altra ipotesi è benvenuta nel caos democratico che senza di esse perisce.
Qui, però, sarà l’ovvio a imperare.
Non è forse ovvio che da quel lontano 1917 del Segreto la vita sulla terra fu avviata ad una vistosa mutazione e che il segno soprannaturale dato per prevenire di quell’ora cruciale divenne una pietra d’inciampo?
Eppure, già questo suo contrasto con l’andazzo del mondo invitava ad approfondirlo in vista di tempi apocalittici.
Siamo in grosso ritardo ma si deve farlo, ovvero rivedere alla luce della Rivelazione l’essenziale del «Segno di Fatima», per confrontarlo con la realtà della storia recente, del mondo, ma soprattutto della Chiesa, il cui capo fu martirizzato col suo seguito nel senso simbolico della visione del Terzo Segreto.
Quello che può preservare il nostro respiro spirituale in questa atmosfera religiosa fortemente inquinata, è la consapevolezza che tutto è stato profetizzato dal Signore, nelle parole del Vangelo e dell’Apocalisse.
Lì troviamo la descrizione di un flagello terminale che va «misurato» con l’evento dei due testimoni.
Si noti che sono due e ci sarebbe da domandare: dove è il testimone primo, il Papa?

«Mi fu data una canna, simile a verga, con questo comando: ‘Orsù, prendi le misure del tempio di Dio e dell’altare con quanti ivi fanno adorazione. Ma l’atrio esterno del tempio lascialo fuori, non lo misurare. Infatti è stato concesso ai gentili di calpestare la Città santa per quarantadue mesi. Ma io invierò i due Testimoni a esercitare il loro ministero profetico... Essi avranno potere di chiudere il cielo, in modo che non scenda la pioggia per tutto il tempo del loro ministero profetico... Una volta terminato il tempo della loro testimonianza, la bestia che sale dall’Abisso combatterà contro di loro, li vincerà e li ucciderà. Quindi i loro cadaveri rimarranno esposti nella piazza della grande città, che si chiama allegoricamente Sodoma o Egitto, proprio dove il loro Signore fu crocifisso. Contempleranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo uomini di ogni razza, popolo, lingua e nazione...  faranno festa su di loro... perché questi due profeti [di sventure] hanno tormentato gli abitanti della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo un soffio vitale, proveniente da Dio, entrò in loro e si rizzarono sui loro piedi, mentre tutti quelli che li guardavano furono presi da grande spavento. Udirono quindi una gran voce dal cielo che disse loro: ‘Salite quassù!’... allora avvenne un gran terremoto, per cui crollò la decima parte della città... I superstiti, presi dallo spavento, diedero gloria al Dio del cielo» (Apocalisse 11, 1-13).

Senza pretendere di farne l’esegesi, che spetta alla Chiesa, si può dire di sicuro che siamo invitati a misurare le condizioni della «Città santa» e testimoniare la fede dalla parte dei due testimoni, siano essi Enoch e Elia, siano i consacrati e i laici rimasti fedeli.
O si è dalla parte del Signore o dall’altra.
E dall’altra parte ci sono quanti vogliono la soppressione degli ultimi profeti di sventure che invocano penitenza nei tempi di guai e castighi, come è nel Segreto di Fatima censurato da Giovanni XXIII.
Alla buona testimonianza si deve essere pronti.
Al resto Dio provvederà.

Arai Daniele



1) Ciò fu riferito anche nel programma «Enigma», del 23 gennaio 2004.
2) Chiesa Viva, numero 198, 8/89.
3) Per chi ama il mistero si dice che Roncalli visitò Cefalù, città di Rampolla, proprio quando da essa veniva espulso Alister Crowley, che faceva rivivere in quelle terre le avventure del mitico Cagliostro, che a sua volta aveva fondato, anche lui, una sua setta magica a Londra.


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L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
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