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Il federalismo ci rovinerà
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Ricevo questa lettera:

«Non serve a chi ha gli occhi aperti e guarda la vita di un uomo, non gli episodi e la banalità:
1. E’ stato il primo a denunciare il problema dell’immigrazione incontrollata quando si inneggiava il decreto Martelli negli anni ottanta; ora il problema è esploso, risusciremo a  risolverlo a questo punto?
2. Vorrebbe difendere le tradizioni della sua regione. Perchè un siciliano o un calabrese può dire di essere fiero di essere tale e considerare di essere migliore degli altri in questa o quella cosa e un lombardo no, neanche per scherzo, è un argomento tabù. Se lo fa è un razzista?
3. Denuncia da sempre gli sprechi di Roma e del Sud (mi viene come esempio quello dei forestali calabresi o degli spazzini a Napoli) quando gli altri invece ne convivono apertamente e non se ne fanno un problema, tanto meno si impegnano a risolerli.
Da 26 anni si prende le accuse di essere ignorante, volgare e razzista, ma lui va avanti; dopo 26 anno si sono accorti tutti che l’immigrazione è un problema, che gli sprechi in tempi di crisi riducono i nostri redditi a causa della elevata pressione fiscale.
Ora sta chiedendo con tutte le sue forze il federalismo, una riforma che può permetterci di sopravvivere e responsabilizzare quella parte della popolazione che sopravvive solo grazie ai sussidi di quell’altra.
Spero di non dover aspettare 26 anni; vedrei questa nazione affondare.

Saluti Blondet,
con stima comunque, lei ha le sue opinioni.
Walter
»

Grazie per la stima, Walter. Rispondo:

1. Adesso  Bossi è al governo. Dove non basta «denunciare l’immigrazione incontrollata», ma si ha il dovere, se lo si ritiene giusto, di «controllarla». La cosa è impossibile a Bossi, che non ha alcuna capacità realizzatrice, ed è impossibile in generale, visto che gli stessi piccoli imprenditori del Nord, quelli stessi che votano Lega magari, assumono a manbassa africani, serbi e romeni, di preferenza i clandestini perchè possono farli lavorare in nero. La politica della «denuncia» utopica e in malafede, senza nè volontà nè capacità di arrivare a una soluzione, è demagogia del tipo più basso, l’appello in malafede degli umori incivili italioti. Il dito alzato non è una soluzione, serve solo per eccitare le ridicole tifoserie valligiane.

2
.
Non ho mai detto che Bossi è un razzista; dico che è un pirla inconcludente e un bauscia parolaio, ossia un tipico «italiota». Quanto alle tradizioni della sua regione, scusi, è anche la mia: io sono nato e cresciuto a Milano, da genitori «nordici», e ci ho lavorato sempre. La «tradizione» di Milano sta nella sua storica apertura, nell’essere stata fin dalla romanità un centro di strade e commerci con Francia, Svizzera ed Austria, e di scambi di idee; ha avuto la prima classe possidente in Italia che ha trasformato le sue tenute agricole in industrie (il baco da seta e le filande, e le risiere); già dall’ottocento ha avuto la grande industria avanzata, in collegamento permanente con le novità dei politecnici tedeschi ed elvetici.

Mi sa dire che cosa c’entra tutto questo con «la Padania», il «rito celtico», l’ampolla sacra del Po, ed altre coglionate da quattro soldi sui prati? Queste sono «tradizioni» da film di serie B, tipo Conan il Barbaro, e del tutto inventate. Per di più, Milano è gravemente peggiorata, in iniziativa e in idee e cultura, in coincidenza con il trionfo del «regionalismo» e con l’andata al potere della Lega; nei comuni di provincia ci sono buoni sindaci leghisti ma, appunto, provinciali: danno il meglio di sè nella dimensione paesana. Milano non era provinciale. Ora lo è.

La Regione prolifera come il cancro sulla società, è quasi la sola attività economica rimasta, tutte le attività private dipendono dalla Regione più o meno direttamente... Milano è diventata, in questo, come una città del Sud, dove appunto gli uffici pubblici sono i massimi datori di lavoro.

Infine: se un individuo siciliano o un calabrese sostengono di essere migliori dei lombardi o dei piemontesi, non me la prendo; ciò indica solo che sono provinciali, di vedute ristrette e non conoscono il mondo. Ora lei vuole che i lombardi diventino parimenti provinciali e ristretti... non vedo il progresso. Come  milanese, mi vergogno di poter essere rappresentato, da Bossi e dai suoi yes-men di strapaese.

bossi_parolaio.jpg3. Ancora una volta: denunciare «Roma ladrona» è facile, il difficile porre rimedio agli sprechi. Bossi non sa nemmeno da che parte cominciare (per questo offre ai suoi fan qualche soddisfazione, tipo il dito alzato o il gesto dell’ombrello: gli costa poco, è il suo genere). Detronizzare le caste parassitarie, super-difese dai giudici come dai sindacati e dai partiti di sinistra, esige carattere (i famosi coglioni), volontà e organizzazione. E’ una lotta dura, che richiede azioni e non qualche gestaccio - ma la platea lumbard si eccita per i gestacci, sapendo che sono commedia... i fucili, i proiettili e tutto il resto. Nessuna capacità di usarli, del resto. Solo chiacchiere da osteria, fra ubriachi.

E veniamo un attimo al «federalismo»: si è sparsa la illusione, tra i leghisti, che esso consista e si riduca nel fatto che le regioni del Nord potranno tenersi la gran parte delle tasse che pagano e che vanno nel  buco senza fondo del Sud, alle «Regioni» che sono sotto il dominio di mafia, camorra, n’drangheta e Sacra Corona.

Invece, tanto per cominciare, il vero federalismo richiede una profonda riforma - da fare contro gli interessi costituiti e forti dei parassiti - delle Regioni stesse. Le Regioni attuali, non so se se n’è accorto, sono in pratica aziende sanitarie, perchè alla Sanità dedicano il 90% dei loro introiti. Furono i democristo-comunisti dell’epoca a volerle così: costretti dalla Massoneria internazionale (rappresentata in Italia dal Partito repubblicano di Ugo La Malfa) a dare allo Stato un assetto regionale - la Massoneria sta distruggendo gli Stati nazionali che aveva creato, insieme al nazionalismo, per distruggere gli imperi europei - i furbi democristi hanno ingolfato le Regioni di compiti sanitari, con l’idea seguente: gli ospedali e le siringhe le terranno occupate al cento per cento, non avranno tempo di esercitare più ampie autonomie.

Le classi regionali al potere le autonomie se le sono prese, come tutte le burocrazie, «allargandosi»  in compiti  indebiti, «condizionando» la società a poco a poco, rendendola dipendente. Coi risultati che vediamo. Le Regioni sono un disastro e un buco nero della spesa pubblica e della corruzione, si vede da come gestiscono la sanità. Un vero federalismo dovrebbe dunque rifondarle radicalmente, farle divenire piccoli Stati (non s’è mai visto uno Stato costituto essenzialmente da un solo ministero la Sanità): e senza alcuna rete di salvataggio «pubblica» per le malversazioni e gli sprechi.

In California, stante la recessione, il governatore - il vero Conan - ha ridotto le paghe dei 200 mila dipendenti pubblici a 4 euro l’ora: le pare una cosa che si possa fare in Italia, senza una lotta durissima? Ma no, visto che non si riesce nemmeno ad abolire una provincia sola, anzi ne nascono sempre nuove. E lei crede che il Nord potrà cessare i suoi contributi fiscali al Sud ufficiale e malavitoso? Non so cosa si fumi sulle rive celtiche del Po...

bossi_parolaio_1.jpg Il vero federalismo dovrebbe porsi come primo compito l’otturazione di almeno alcuni dei mille buchi di questo colabrodo che è l’ordinamento statale-regional-provinciale e comunale italiota. L’abolizione delle provincie. L’accorpamento in tre macro-regioni, magari. La Sanità restituita alla nazione, come dice il suo nome falso (servizio sanitario «nazionale», e invece così diverso in Calabria e in Lombardia). E non già la privatizzazione e flessibilizzazione dei pubblici impiegati, anzi il contrario: la privatizzazione dei dirigenti pubblici, ministeriali e regionali, li ha resi dipendenti più di prima dai politici (se non glielo leccano, si sognano il rinnovo del contratto triennale...).

La vera soluzione è la garanzia del posto di lavoro pubblico, ma compensata dalla mobilità (là dove servono, non dove piace a loro) e dalla possibile riduzione degli stipendi  per necessità di bilancio, specie per quelli altissimi. In California si fa; chissà perchè, invece, da noi il modello proposto è non so quale Celtia preistorica o da fiction, mai la California.
Sono solo alcune idee, buttate lì alla rinfusa. Non mi risulta che Bossi e i pensatori della Lega abbiano nemmeno accennato a queste necessarie riforme «federaliste». Nemmeno ad una. Solo l’idea: ci teniamo i soldi, «padroni a casa nostra» e via cazzeggiando.

Guardi, non è che non lo sappiano. Solo che sono ben conscienti che la lotta per il federalismo sarebbe durissima, contro quelle forze che, contrariamente ai baùscia leghisti, i «fucili» e i «proiettili» li hanno eccome (camorra, n’drangteta, per non parlare di Carabinieri e Polizia); che hanno capi di poche parole e parchi di gesti inutili, e tutti gli appoggi politici che contano, e i grumi di interesse da non sfidare. Sfidarli richiede coraggio civile.

Volete capire, voi leghisti, che i sudisti sussidiati non solo la secessione l’hanno già fatta, ma che sono anche i più forti e i più criminalmente decisi a mantenere i loro poteri e i loro (nostri) soldi? Ci vuol altro che il dito alzato. Ma i Bossi e soci lo sanno benissimo.

Guardi la famosa e giusta proposta di prendere le impronte digitali ai bambini Rom: Caritas e Massoneria unite hanno gridato al razzismo, e si sono rimangiati tutto. Anzi, le impronte le devono dare tutti i cittadini onesti (meno i rom). Lo sanno benissimo, di non avere le palle, e che gli urlacci e i gestacci non sono un sostituto delle palle. Sanno che faranno un pasticcio, aggiungendo una concrezione in più ai mostri giuridico-politici che sono le Regioni, il che sboccherà in un aumento generale della spesa pubblica e della tassazione.

Infatti Tremonti sta cercando di metter da parte un tesoretto, dalle dissanguate finanze dello Stato più corrotto e inefficiente d’Europa, per accontentare Bossi: perchè, «il federalismo» dovrebbe ridurre la spesa? Quanto ci costerà alla fine?

La «cultura» della inciviltà e della rozzezza, o il culto della maleducazione, mi creda, non portano a nulla di buono. Solo ad altra inciviltà, altro disordine, altro spreco. Ne abbiamo già abbastanza, grazie.


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