I cristiani in Iraq
24 Novembre 2008
Un lettore scrive:
«Gentile Direttore,
leggo spesso i suoi articoli (la seguo da quando scriveva per Avvenire) e vorrei che Lei, che spesso appoggia le posizioni più estremiste dell’islam, rispondesse a questo: ‘Non è una concessione ma un dovere dell’Iraq difendere i cristiani che sono stati i primi ad arrivare in questo Paese’, ha tuonato il primo ministro iracheno Nuri Al Maliki. E fin qui non ci piove (per le nostre deboli speranze!). Poi, come per incanto, dopo che Al Maliki ha riaffermato il dovere di difendere i cristiani, il ministro degli Esteri di Baghdad Hoshyar Zebari ha platealmente negato che in Iraq vi siano persecuzioni ai danni dei cristiani. Ha detto che ‘in Iraq non c’è nessuna persecuzione di minoranze, soprattutto di quella cristiana che partecipa a tutte le attività del Paese’. Ora, a parte l’evidente disordine nelle parti, è mai possibile che l’Italia (e l’Europa tutta) si debba accontentare della parola data da due personaggi simili? Affermare che i cristiani in Iraq non sono perseguitati è una falsità incredibile, specie di fronte alle evidenze. In una dichiarazione raccolta da Avvenire il 13 giugno 2007, il vescovo ausiliare di Bagdad, monsignor Shlemon Warduni, denunciò che ‘i cristiani non stanno facendo nulla mentre qui si muore, si viene rapiti, costretti a convertirsi all’islam o a pagare per ottenere protezione, a cedere le proprie figlie a dei delinquenti per evitare ritorsioni o a fuggire lasciando tutto il lavoro di una vita. Dagli USA e dall’Europa solo silenzio’. Il nunzio apostolico in Iraq e in Giordania fino al 2006, monsignor Fernando Filoni, in un’intervista a Tracce si era detto pessimista: ‘Fin quando durano la guerriglia e gli attentati c’è poco da fare. Solo la pace potrà riportare la speranza’. Non solo, nel maggio 2007 sul sito http://iraqichristians.ne/petitionir.php era stato lanciato un vibrante appello alla comunità internazionale per porre fine alla ‘più feroce campagna di assassinii, sequestri, esproprio di beni e case, cacciata e dispersione, liquidazione dei diritti religiosi e civili da parte di gruppi estremisti religiosi per il semplice fatto che non siamo musulmani’. E questo è l’Islam! Che Lei spesso decanta! Oppure è una congiura delle potenti lobby ebraiche? Mi scusi per il tono e, se Le è parso, non volevo nella maniera più assoluta sembrare scontroso. Io cerco solo una risposta. La ringrazio per il tempo dedicatomi.
Enrico»
I lettori converranno con me sul fatto che, quando comandava Saddam Hussein, i cristiani non erano perseguitati. Era un cristiano il ministro degli Esteri Tarek Aziz, che è tutt’ora in prigione e presto affronterà l’impiccagione (non si sa per quali colpe), nel silenzio totale dei «cristiani» americani, degli europei e anche di quelli vaticani.
I massacri di cristiani in corso in Kurdistan entrano nella pulizia etnica operata dai curdi, onde arrivare ad un prossimo referendum libero da moleste minoranze, dove una indebita maggioranza curda sancirà la propria «autonomia», o indipendenza.
Anche gli arabi, lì, vengono minacciati e uccisi. E le autorità musulmane religiose hanno dichiarato la loro estraneità ai massacri di cristiani. In generale, le angherie che subiscono i cristiani sono state precedute da massacri, per esempio, di docenti universitari iracheni di qualunque religione, e di medici, tecnici di alto livello eccetera.
Dubito che questo tipo di uccisioni mirate siano opera di terroristi musulmani; ho ragione di ritenere che siano stati compiuti da «qualcuno» che ha interesse a liquidare la classe dirigente irachena più moderna, onde rendere impossibile un ritorno del Paese alle condizioni di un tempo di unità e di (relativo) avanzamento tecnologico-sociale.
La minoranza cristiana era in questo senso la più moderna e avanzata, e proprio per questo Saddam - il modernizzatore - se la teneva cara.
Chi è quel qualcuno? Mi spiace ripetermi.
Ma ripeto: nel 1992 la rivista Kivunim («Direttive»), organo ufficiale del Congresso Sionista Mondiale, pubblicò un lungo saggio, «Strategie per Israele negli anni ‘80», in cui si diceva: «Israele deve puntare allo smembramento degli Stati islamici vicini secondo linee etniche e religiose». E specificava che l’Iraq era il candidato ideale allo smembramento, perchè la minoranza sunnita dominava la maggioranza sciita, e nel Nord la componente curda.
Questo articolo era firmato da Oded Yinon, un analista militare israeliano. Era in ebraico; lo tradusse in inglese, per farlo conoscere al mondo, il grande dissidente israeliano Israel Shahak.
Vedo che nonostante tutto, questo articolo - una vera e propria direttiva, applicata anche in tutti i Paesi con minoranze, di cui «qualcuno» rinfocola le discordie - ancora non è noto a gente come un lettore che mi legge da anni, evidentemente una vittima del progetto di Rabin - anch’esso rivelato da Shahak (Washington Report, Marzo 1995) - di spingere «l’Occidente a una crociata anti-islamica guidata da Israele».
La cosa è perfettamente riuscita con i «cristiani rinati» americani, e con una non piccola componente di cristiani-cattolici italiani.
Il testo di Kivunim è ampiamente citato in internet; i lettori lo vadano a cercare.
Infine, è opportuno tener presente che massacri e persecuzioni avvengono mentre il Paese è occupato militarmente dagli americani; non riesco a credere, i lettori mi scusino, che un esercito di occupazione non sia in grado di controllare fino a questo punto il territorio, nè di proteggere le minoranze da vari terroristi.
In ogni caso, la responsabilità del mantenimento dell’ordine è dell’occupante, anche secondo le Convenzioni di Ginevra.
Il lettore poi dovrebbe spiegarmi per favore quali «posizioni più estremiste» dell’Islam io sosterrei.
Sostengo il diritto dell’Iran a darsi una tecnologia nucleare, come gli è consentito dai trattati che ha firmato.
Sostengo il diritto dei palestinesi a non subire il genocidio che subiscono a Gaza, per il solo fatto che hanno votato Hamas.
Sostengo il diritto di Siria e di Libano di non soffrire incursioni che violano la loro sovranità dal vicino mille volte più armato di loro.
Qualunque sia la religione e il governo delle vittime di queste violazioni e atrocità.
Mi pare di richiamare soltanto il diritto internazionale.
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