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Chi occulta il Segreto di Fatima? (parte III)
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Il 1917, l’anno cruciale del XX secolo

Uno dei principali processi intellettuali della rivoluzione, per mutilare la vita religiosa dei popoli, consiste nel cancellare il senso cristiano della storia.
Il nostro proposito sarà, perciò, di risvegliarlo con la luce della realtà storica dell’ora presente.
E niente può farlo meglio che il faro acceso dalla Madonna di Fatima, il più temuto dai nemici della Fede.
Parliamo, perciò, dei fatti storici delle ultime decadi per verificare il suo senso cristiano, cioè, della lotta tra il male, che impera attraverso la ribellione e la concupiscenza dell’uomo decaduto, e il bene, manifestato dal Verbo Divino che ha istituito la Sua Chiesa per salvare gli uomini di ogni epoca.
La storia si svolge nell’opposizione tra la «Città di Dio», rappresentata, nel mondo, dalla Chiesa e dalla Civiltà Cristiana, e la «Città degli uomini», ribelli a Dio, rappresentata dalla Rivoluzione che «organizza» le concupiscenze dell’avere, del dominio e della libertà dei sensi per abbattere l’ordine della Città di Dio.
Da una parte c’è la Fede unica, il Cristianesimo; dall’altra, una miriade di credenze e di ideologie umane, ma anche l’ebraismo che ha rifiutato Gesù Cristo.

Tale verifica storica dell’opposizione fondamentale tra il Cristianesimo e la Rivoluzione anti-Cristiana è intorno all’Evento di Fatima che ha, nel 1917, l’anno delle sei Apparizioni della Madonna, il suo principale riferimento, essendo questo l’anno cruciale in cui convergono i fatti cominciati nei due secoli precedenti.
Questo particolare anno ha rappresentato il momento più cruciale della Prima Guerra Mondiale che fece milioni di vittime in Europa, proprio per infrangere gli ultimi grandi baluardi della Civiltà Cristiana occidentale.
In particolare modo, esso è l’anno in cui il virus della Rivoluzione fu iniettato in Russia, aiutato dalla finanza massonica, nelle persone dei suoi capi carismatici, Lenin e Trotski.
Il primo, parti dalla Svizzera per attraversare la Germania, in un vagone sigillato, con otto milioni di sterline-oro, secondo un accordo stabilito con i tedeschi.
L’Imperatore cattolico, Carlo I d’Asburgo, si era però opposto a un tale piano degli alleati tedeschi negando il permesso a Lenin di attraversare l’Austria.
Il secondo, Trotski, raggiunse Lenin partendo dal Canada sul «Cristiania», anch’egli con consistenti finanze, con rivoluzionari addestrati e con un ingente carico d’armi.
urono fermati alla dogana, ma liberati da una chiamata telefonica da un alto loco.
Ma se questi sono i fatti storici più vistosi, se ne devono segnalare in quell’anno, altri di grande importanza per gli sviluppi futuri.

La Massoneria, cioè l’organizzazione segreta e settaria che organizza la Rivoluzione del mondo, aveva raggiunto un tale potere nel 1917 che i suoi seguaci, nel commemorare i duecento anni di fondazione e l’anniversario di Giordano Bruno, sfidarono la Chiesa nella stessa Piazza di San Pietro e sotto le finestre del Papa, con scorribande sacrileghe.
Esibivano cartelli che rappresentavano San Michele Arcangelo calpestato da Lucifero, e gridando che Satana avrebbe dovuto regnare in Vaticano facendo del Papa il suo schiavo!
Il padre Massimiliano Maria Kolbe, testimone di tale sinistro spettacolo, decise allora di fondare la «Milizia dell’immacolata» per combattere le orde massoniche e pregare per la conversione dei suoi seguaci.
Nel campo internazionale, i princìpi massonici, nella veste dei rispettabili diritti dell’uomo, si affermavano con la formazione della «Società delle Nazioni», precorritrice dell’attuale «ONU».
Anche il Sionismo ottenne una vittoria importante per la formazione dello Stato di Israele, auspicato dai sionisti, con l’avallo della dichiarazione del ministro inglese Balfour.
E ricordiamoci che il ritorno del dominio ebraico in Gerusalemme, che avvenne 50 anni dopo con la guerra dei sei giorni (1967), rievoca la fine del tempo delle nazioni, predetta da Gesù in San Luca 21, 24.
Dopo la descrizione di questi eventi politici e sociali, decisivi per la vita del mondo - e oggi sappiamo quanto essi abbiano pesato! - è doveroso per i cattolici domandarsi se ad essi non avrebbero dovuto corrispondere con altrettanti eventi, invisibili e silenziosi, nella vita della Chiesa e del Pontificato Romano.
Vedremo, poi, che una risposta indiretta a questo interrogativo la potremo trovare nell’atteggiamento ecclesiastico verso l’Apparizione della Madonna di Fatima e verso i suo messaggio di pace, che anticipò gli eventi storici descritti.
Era un aiuto celeste ma gli uomini della Chiesa non l’hanno accolto.
Perché?

Qui, vogliamo considerare come l’anno 1917 fosse cruciale per la storia del mondo, e, come, tempestivamente, la «Chiesa celeste» avvertisse la «Chiesa militante» dei grandi pericoli che incombevano con dei segnali proporzionali ad essi.
La difficoltà ad avvalersi di questi aiuti può essere la riprova di quanto le trame massoniche del mondo già avessero toccato la Chiesa e di quanto questi aiuti fossero divenuti necessari ed urgenti.

Il Papa chiese: la Madonna rispose

Il naturalismo che soffoca il senso cristiano della storia in questo secolo ha fatto dimenticare, se non addirittura ignorare, anche ai cattolici, la causa prossima delle Apparizioni della Madonna alla Cova d’Iria: l’invocazione del Papa, affinché Nostra Signora intervenisse, illuminando la via della pace nel mondo!
Nell’ora tremenda della Prima Guerra Mondiale, che versava fiumi di sangue e lacrime, senza che se ne intravedesse la fine, il Pontefice Benedetto XV volle far ricorso al Cuore di Gesù, attraverso la Sua Madre Addolorata, per ottenere al mondo la pace.
Lo fece con una lettera al suo Segretario di Stato, il cardinale Gasparri, impartendo disposizioni affinché tutta la Chiesa invocasse questo aiuto nelle sue preghiere più frequenti.

Eccone i termini: «E poiché tutte le grazie, che l’Autore d’ogni bene si degna compartire ai poveri discendenti di Adamo, vengono, per amorevole consiglio della sua divina Provvidenza, dispensate per le mani della Vergine Santissima, Noi vogliamo che alla gran Madre di Dio, in quest’ora tremenda, più che mai si volga, viva e fidente, la domanda dei suoi affilatissimi figli. Diamo quindi a Lei signor Cardinale, l’incarico di far conoscere a tutti i vescovi del mondo il Nostro ardente desiderio che si ricorra al Cuore di Gesù, trono di grazie, e che a questo trono si ricorra per mezzo di Maria. Al quale scopo Noi ordiniamo che, a cominciare dal primo del prossimo mese di giugno, resti fissata, nelle Litanie Lauretane, l’invocazione ‘Regina Pacis, ora pro nobis’! Che agli Ordinari permettemmo di aggiungervi temporaneamente col Decreto della Sacra Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, in data del 16 novembre 1915».

«Si levi, pertanto, verso Maria, che è Madre di misericordia ed onnipotente per grazia, da ogni angolo della terra, nei templi maestosi e nelle più piccole cappelle, dalle reggie e dalle ricche magioni dei grandi come dai più poveri tuguri ove alberghi un’anima fedele, dai campi e dai mari insanguinati, la pia, devota invocazione, e porti a Lei l’angoscioso grido delle madri e delle spose, il gemito dei bimbi innocenti, il sospiro di tutti i cuori ben nati: muova la sua tenera e benignissima sollecitudine ad ottenere al mondo sconvolto la bramata pace, e ricordi, poi, ai secoli venturi, l’efficacia della sua intercessione e la grandezza del beneficio da Lei compartitoci!».

La lettera fu mandata il 5 maggio 1917.
Otto giorni dopo, il 13 maggio, la Madonna apparve per la prima volta a Fatima, rispondendo all’invocazione papale con un messaggio di pace.
Esso conteneva avvisi, richieste e promesse che dimostrano che il sollecito soccorso materno veniva ad indicare la volontà di Dio per la nostra generazione, unica via per la vera pace e la salvezza di molte anime.

Nella prima Apparizione, il 13 maggio 1917, la Madonna disse: «Sono venuta a chiedervi di venire qui per sei mesi consecutivi, il giorno 13, a questa stessa ora. Poi vi ‘dirò’ chi sono e cosa voglio. Quindi, tornerò qui di nuovo una settima volta» (...) «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Lui vorrà mandarvi, in riparazione dei peccati con cui Egli è offeso, e come supplica per la conversione dei peccatori?».
«Sì, lo vogliamo!».
«Allora, dovrete soffrire molto, ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto».
(Fu nel dire queste parole: «la grazia di Dio...» «che aprì, per la prima volta, le mani, comunicandoci una luce così intensa, una specie di riflesso che ne usciva e ci penetrava nel petto e nel più intimo dell’anima, facendoci vedere noi stessi in Dio, che era quella Luce, più chiaramente di come ci vediamo nel migliore degli specchi»).
«Recitate la corona, tutti i giorni, per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra!».

Il 13 giugno, la Madonna ha confermato quanto detto nella prima Apparizione.
«Voglio che veniate qui, il 13 del prossimo mese; che diciate la corona tutti i giorni, e che impariate a leggere. Poi, vi dirò quel che voglio!».
«Vorrei chiederLe di portarci in Cielo!». «Sì! Giacinta e Francesco li porterò tra breve, ma tu resterai qui ancora per qualche tempo. Gesù vuole servirsi dite per farmi conoscere e amare. Vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato».
«Resterò qui da sola?», domandai addolorata.
«No, figlia mia!... E tu ne soffri molto? Non ti scoraggiare! lo non ti abbandonerò mai! il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ticondurrà fino a Dio!».
Nel pronunciare queste ultime parole, aprì le mani e ci comunicò, per la seconda volta, il riflesso di quella Luce immensa nella quale ci vedevamo come immersi in Dio.
Davanti alla palma della mano destra della Madonna, c’era un cuore coronato di spine, che vi sembravano confitte.
Capimmo che era il Cuore Immacolato di Maria, oltraggiato dai peccati dell'umanità, che voleva riparazione!

Il 13 luglio 1917, la Madonna ripeté di nuovo: «Voglio che veniate qui il 13 del mese prossimo; che continuate a dire la corona tutti i giorni alla Madonna del Rosario, per ottenere la pace del mondo e la fine della guerra, perché soltanto Lei vi potrà soccorrere!».
«Vorrei chiederLe di dirci Chi é; di fare un miracolo perché credano tutti che Lei ci appare!».
«Continuate a venire qui tutti i mesi. Ad ottobre dirò chi sono, quel che voglio e farò un miracolo che tutti potranno vedere bene per credere. (...) Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte, specialmente ogni volta che fate qualche sacrificio: "O Gesù, è per amor Vostro, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria!».

Dicendo queste ultime parole, apri di nuovo le mani, come nei due mesi precedenti.
Sembrò che il riflesso penetrasse la terra e vedemmo come un mare di fuoco.
Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere, o bronzee, in forma umana, che fluttuavano nell’incendio, trasportate dalle fiamme che uscivano da loro stesse, insieme a nuvole di fumo che cadevano da ogni parte, uguali al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che suscitavano orrore e facevano tremare di paura…
I demoni si distinguevano per le forme orribili e schifose di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni roventi.
Spaventati e come per chiedere aiuto, alzammo gli occhi alla Madonna, che ci disse con bontà e tristezza:
«Avete visto l’inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che dirò, molte anime si salveranno e avranno pace.
La guerra sta per finire.
Ma se non smetteranno di offendere Dio, nel Pontificato di Pio XI, ne comincerà un’altra peggiore.
Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta sappiate che è il gran segno che Dio vi dà: che punirà il mondo per i suoi delitti, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre.
Per impedirla, verrò a domandare la consacrazione della Russia al mio Cuore immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati.
Se ascolteranno le mie domande, la Russia si convertirà e ci sarà pace; se no, spargerà i suoi errori nel
mondo, suscitando guerre e persecuzioni alla Chiesa.
I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno annientate.
Alla fine, il mio Cuore immacolato trionferà!
Il Santo Padre mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo qualche tempo di pace.
In Portogallo, si conserverà sempre il dogma della Fede, ecc. (e qui segue il «Terzo Segreto»).
Questo non ditelo a nessuno.
A Francesco, sì, potete dirlo (Lucia vedeva e parlava con la Madonna, Giacinta la vedeva e la sentiva, ma Francesco la vedeva solo, senza sentirla).
Quando reciterete la corona, dopo ogni decina, dite: «O Gesù mio, perdonateci, liberatrici dal fuoco dell’inferno, portate in Cielo tutte le anime, specialmente quelle che più ne hanno bisogno!».

Il 13 agosto, a Cova d’Iria c’erano migliaia di persone (da 15 a 18 mila secondo gli appunti del canonico dottor Manuel Formigão).
Ma, proprio per impedire tale diffusione della Apparizione di Fatima, il sindaco locale, il massone e anticlericale Arturo d’Oliveira Santos, si diresse ad Aljustrel e poi alla canonica di Fatima e sequestrò i piccoli veggenti, per cui non ci fu l’Apparizione.
Giorni dopo, di ritorno, i tre bambini, nel sito chiamato Valinhos, vicino alle loro case di Aljustrel, videro la Madonna apparire sopra un leccio e la sentirono dire: «Voglio che continuiate ad andare alla Cova d’Iria, il 13; che continuiate a dire la corona tutti i giorni. Nell’ultimo mese farò il miracolo, affinché tutti credano (...). Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi si sacrifichi e interceda per loro!».

Il 13 settembre, c’era una folla di 25-30 mila persone a Cova d’Iria.
Dice Lucia nella sua quarta memoria: «Là, si vedevano tutte (le) miserie della povera umanità: alcuni gridavano perfino da sopra gli alberi e i muri, ove salivano per vederci passare. Dicendo agli uni di sì,
stringendo la mano ad altri per aiutarli a levarsi dalla polvere della terra, avanzammo adagio adagio, con l’aiuto di alcuni signori che ci aprivano il passaggio in mezzo alla folla. Adesso, quando leggo nel Nuovo Testamento quelle scene incantevoli del passaggio di Gesù nella Palestina, mi ricordo di queste a cui il Signore, benché ancor così bambina, mi fece assistere nei poveri sentieri e strade da Aljustrel a Fatima e alla Cova d’Iria. E ne ringrazio Dio, offrendo-Gli la fede del nostro buon popolo portoghese. E penso: ‘Se questa gente si prostra così davanti a tre poveri bambini, soltanto perché a loro è concessa misericordiosamente la grazia di parlare con (la) Madre di Dio, cosa non farebbero se vedessero davanti a loro Gesù Cristo stesso?’. Bene, ma questo non c’entra per niente. Qui è stata ancora una distrazione della penna, che mi è scappata dove io non volevo. Pazienza! Ancora una cosa inutile: ma non la tolgo, per non inutilizzare il quaderno. Arrivammo finalmente alla Cova d’Iria, presso il leccio, e cominciammo a recitare il Rosario insieme alla gente. Poco dopo vedemmo il riflesso della luce, e subito dopo la Madonna sopra il leccio».
«Continuate a recitare il Rosario per ottenere la fine della guerra. In ottobre verrà anche il Signore, la Madonna Addolorata, la Madonna del Carmine, San Giuseppe col Bambino Gesù, per benedire il mondo. Dio è contento dei vostri sacrifici, non vuole che dormiate con la corda, portatela soltanto di giorno (...).
In ottobre farò il miracolo, affinché tutti credano».

Il 13 ottobre c’era una folla di circa 70 mila persone.
Ecco come la veggente descrive quel momento: «Uscimmo di casa prestino, prevedendo già i ritardi del cammino. C’era una gran folla e la pioggia cadeva torrenziale. Mia madre, temendo che fosse quello l’ultimo giorno della mia vita, col cuore spezzato dall’incertezza per quanto sarebbe successo, volle accompagnarmi. Lungo il cammino, le scene del mese precedente, più numerose e commoventi. Neppure la fanghiglia dei sentieri impediva a quella gente d’inginocchiarsi nell’attitudine più umile e supplicante. Arrivati alla Cova d’Iria, presso il leccio, spinta da un istinto interiore, domandai alla gente che chiudesse gli ombrelli per recitare il Rosario. Poco dopo, vedemmo il riflesso di luce e subito la Madonna sopra il leccio. ‘Cosa vuole da me?’ ‘Voglio dirti che facciano qui una cappella in mio onore; che sono la Madonna del Rosario; che continuino sempre a dire il Rosario tutti i giorni. La guerra finirà e i soldati torneranno presto alle loro case’. ‘lo avrei molte cose da chiederLe: se cura dei malati e se converte alcuni peccatori, ecc.’. ‘Alcuni sì; altri no. Devono emendarsi; Chiedano perdono dei loro peccati!’. E prendendo un aspetto più triste: ‘Non offendano più Dio, nostro Signore, che è già molto offeso!’. E aprendo le mani, le fece riflettere nel sole; e, mentre si elevava, il riflesso della Sua stessa luce continuava a proiettarsi nella luce. (...) Ecco, monsignor vescovo, il motivo per il quale gridai che guardassero il sole. Il mio intento non era chiamare l’at-tenzione della gente su quello, visto che non avevo neppur coscienza della sua presenza. Lo feci soltanto mossa da una ispirazione interiore che a ciò mi spinse. Sparita la Madonna, nell’immensa distanza del firmamento, vedemmo, accanto al sole, San Giuseppe col Bambino e la Madonna, vestita di bianco, con un manto azzurro. San Giuseppe e il Bambino sembravano benedire il mondo, con alcuni gesti in forma di croce che facevano con la mano. Poco dopo, svanita quest’apparizione, vidi il Signore e la Madonna, che mi pareva la Madonna Addolorata. Il Signore sembrava benedire il mondo, nello stesso modo di San Giuseppe. Svanì questa visione, e mi parve di veder di nuovo la Madonna, con aspetto simile alla Madonna del Carmime. Ecco, monsignor vescovo, la storia delle apparizioni della Madonna nella Cova d’Iria, nel 1917. Ogni volta che, per qualche motivo, dovevo parlar di esse, cercavo di farlo col minimo di parole, col desiderio di conservare soltanto per me quelle parti più intime, che mi costava tanto rivelare. Ma siccome sono cose di Dio e non mie, e Lui, adesso, per mezzo vostro, monsignor vescovo, me le reclama, eccole. Restituisco ciò che non mi appartiene. Di proposito non riservo niente. Mi pare che devono mancare soltanto alcuni piccoli dettagli quanto alle richieste ch’io facevo. Siccome erano cose puramente materiali, non ci prestavo attenzione, e forse per questo non s’impressero tanto vive nel mio spirito. E poi, erano tante e tante! Forse, per la preoccupazione di ricordarmi delle innumerevoli grazie che dovevo chiedere alla Madonna, ci fu lo sbaglio di capire che la guerra sarebbe finita lo stesso giorno 13 (Lucia non affermò categoricamente che la guerra sarebbe terminata nello stesso giorno; fu spinta a dire ciò per le numerose ed insistenti domande che le fecero). Non poche persone si sono mostrate ben meravigliate della memoria che Dio si degnò concedermi. Per una bontà infinita, la mia memoria è abbastanza privilegiata, in tutti i sensi. Però, in queste cose sopran-naturali non c’è da meravigliarsene, perché s’imprimono nello spirito in modo tale che è quasi impossibile dimenticarle. Per lo meno, il senso delle cose che esse indicano non si dimentica mai, a meno che Dio stesso non lo voglia far dimenticare».

I Ministri di Cristo Re dopo il 1917

Può un fedele pensare che una domanda divina sia meno che un aiuto straordinario ed estremo?
In verità, la richiesta al re di Francia e al Papa delle consacrazioni ai Sacratissimi Cuori, per affrontare i problemi terreni, è l’offerta di un aiuto per salvare i loro popoli dall’odio, dalle guerre e dall’apostasia.
Le chiameremo quindi «domande-offerte».
Ricordiamo la frase del Signore a Suor Lucia: «Fa sapere ai miei ministri che, siccome essi hanno seguito l’esempio del re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia domanda, lo seguiranno nella disgrazia!».
Abbiamo visto quale fosse l’esempio del re di Francia e la disgrazia che si abbatté sul suo regno.
Ora, per seguire il paragone, proposto da questa preziosa comunicazione, vediamo il caso dei ministri di Cristo-Re e dei mali abbattutisi sulla Chiesa durante i pontificati di questo secolo.
E’ possibile un paragone in questi termini?
Il rapporto tra l’autorità secolare e quella divina era proclamata vistosamente dal re di Francia e ha un fondamento dottrinale.
I re erano gli «unti» del Signore e dopo la consacrazione in cattedrale ricevevano un’autorità procedente indirettamente da Dio.
Ora, l’autorità del Papa, Vicario di Cristo, procede da Dio e in modo immediato.
Quindi nel caso dell’autorità papale il paragone è ancora più applicabile.
Alla luce dei fatti riguardanti Fatima, dove è stata espressa questa volontà, vedremo sia il ritardo dell’esecuzione della domanda straordinaria portata dalla Madonna, sia l’esercizio ordinario dell’autorità secondo le finalità immutabili della Chiesa.
Pensiamo che si debba iniziare queste considerazioni dal momento in cui la domanda divina era chiaramente annunciata agli uomini, cioè dal 1917, durante il pontificato di Benedetto XV che, come si è visto, in un momento illuminato, rivolse, con tutta la Chiesa, un’invocazione al Cielo per la pace.
A prima vista, sembra che ci sia, qui, una impossibilità cronologica, visto che le richieste furono fatte solo nel 1925 per la comunione riparatrice dei 5 primi sabati e nel 1929 per la consacrazione della Russia da parte del Papa e dei vescovi.
Non solo, ma durante quel pontificato, durato fino al 1922, si doveva ancora vagliare l’autenticità delle Apparizioni di Fatima, che sembra fossero conosciute e divulgate solo in Portogallo.

Dunque, le questioni da chiarire sono:
1) se, visto il rapporto tra l’invocazione papale del 5 maggio e l’Apparizione di Fatima il 13 maggio, qualcuno la considerò come una risposta celeste;
2) se l’Evento di Fatima, a cui oggi riconosciamo la grandezza, è stato tempestivamente considerato;
3) se, ammesso che qualche ecclesiastico lo chiedesse, sarebbe stato possibile sapere subito di più sul Messaggio per accogliere le parole celesti;
4) se il 1917 dell’App arizione e della Rivoluzione Russa nel mondo ha segnato anche un corrispondente cambiamento nella Chiesa.

In tutto ciò rimane un fatto obiettivo per i fedeli: Dio aveva dato, nel 1917, per mezzo dell’Immacolata, un segno inequivocabile della Sua volontà.
All’inizio, l’Evento straordinario di Fatima rimase circoscritto alla regione, ma col passare dei giorni «è cominciato un afflusso impressionante di pellegrini molto superiore che a Lourdes nell’epoca delle Appari-zioni, e malgrado le difficoltà di accesso» (NDOC pagina 95).
Fu il canonico dottor Manuel Nunes Formigão, laureato in Teologia e Diritto Canonico all’Università Gregoriana, a registrare il corso degli eventi a Fatima.
Dai suoi appunti sappiamo che già il 13 luglio si recarono alla Cova da Iria da 4 a 5 mila persone.
E’ importante notare che, fin dalle prime Apparizioni, si sapeva che i pastorelli avevano ricevuto un segreto.
Ciò destò grande interesse nel sindaco massone di Vila Nova de Ourèm che, il 13 agosto, andò sul posto per cercare di carpirlo a Lucia e, non riuscendovi, la portò dal parroco Ferreira esigendo che egli ottenesse dalla bambina il messaggio celeste.
Ecco la risposta della Veggente: «E’ vero (ho ricevuto un segreto), ma non ve lo posso rivelare. Se vostra eccelenza vuole conoscerlo, andrò a domandare alla Signora e se Lei lo autorizzerà, allora ve lo dirò». (TSF. pagina 113).

Fu di fronte a simile fermezza che il sindaco pensò di usare uno stratagemma per portare i bimbi a Ourém dove, isolandoli minacciandoli con la morte, avrebbe riprovato ad ottenere il Segreto della Madonna.
Ma nemmeno così vi riuscì.
Come si vede, già dall’inizio si interessarono più del Messaggio di Fatima le autorità anticlericali che gli ecclesiastici.
Per questi ultimi, tali eventi erano più motivo di imbarazzo che un aiuto provvidenziale per la Chiesa, in un Paese dove essa era perseguitata.
Furono i fedeli a testimoniare l’universalità dell’Evento, accorrendo a migliaia e contro ogni difficoltà di informazione e di accesso.
Sarebbe perciò stato possibile alle autorità religiose conoscere dall’inizio il Messaggio.
Bastava che lo richiedessero ai Veggenti.
Ma, purtroppo, queste autorità non riconobbero «la benignissima sollecitudine ad ottenere al mondo sconvolto l’efficacia della Sua intercessione e la grandezza del beneficio da Lei compartitoci», secondo le parole di Benedetto XV.
Ma perché?

Certamente, nel 1917, c’erano grosse difficoltà per cui l’Evento straordinario di Fatima metteva in imbarazzo le autorità ecclesiastiche portoghesi, spesso accusate dal governo massone di sobillare il popolo con devozioni «sovversive», per tenerle sotto pressione.
Questo imbarazzo avrebbe creato prudenti riserve pure in Vaticano.
Ma non si accettava così tacitamente l’idea/accusa che tali devozioni fossero sovversive dell’ordine pubblico?
Comunque, immaginare che tali notizie non fossero arrivate al vertice della Chiesa, se non in quei mesi di guerra, subito in seguito, sarebbe illusorio.
Ci sono due indizi consistenti che Benedetto XV fosse a conoscenza dei fatti delle Apparizioni di Fatima fin dall'inizio: il ristabilimento, col Breve papale «Quo vehementius» del 17 gennaio 1918, della diocesi d Leiria, che comprende Fatima, incorporata fino dal 1881 a quella di Lisbona.
La lettera papale del 29 aprile 1918 all’episcopato portoghese, dove figura il riferimento ad «un ausilio straordinario da parte della Madre di Dio» («Sintesi Critica di Fatima» Sebastião Martins dos Reis).
La politica di avvicinamento del Vaticano verso il Portogallo repubblicano, per ristabilire i rapporti diplomatici interrotti, fu fatta nel 1919 con un appello di Benedetto XV ai cattolici portoghesi, invitandoli a sottomettersi alle autorità costituite.
Col ristabilimento della diocesi locale, il processo canonico per verificare l’autenticità delle Apparizioni avrebbe trovato nel nuovo vescovo il giudice adatto.
Purtroppo, questa nomina tardò e il titolare di allora, il cardinale patriarca di Lisbona, Mendes Belo, che fino al 1919 rimase esiliato dal governo della repubblica, ritornava da Roma imbevuto da uno spirito più diplomatico che religioso.
Ritenne quindi Fatima un motivo di conflitto e minacciò di scomunica qualsiasi sacerdote che divulgasse quei fatti straordinari.
Si noti, però, che questo fatto non può essere oggi usato dai cultori di Medjugorje come paragone alla condanna che quelle apparizioni hanno dal vescovo di Mostar, forte del vasto dossier del processo canonico durato anni.
A Fatima, tale processo non era nemmeno considerato allora, e quando iniziò sette anni dopo, non ci furono mai elementi per mettere in dubbio l’Evento o condannare le parole del Messaggio di Fatima.

Nel 1920, Benedetto XV nominò don José Alves Correia da Silva per la Diocesi di Leiria che, consacrato a luglio, assumeva la carica ad agosto di quell’anno.
Siccome, però, si confessava ignorante dell’Evento di Fatima, fece aprire il processo canonico, per certificarlo, soltanto nel maggio del 22, sotto un nuovo Papa, proprio quel Pio XI il cui nome figura nel Messaggio.
Ma il contenuto di questo messaggio della Madonna sarebbe stato divulgato solo anni dopo e il riconoscimento ufficiale della Chiesa venne solo nel 1939, 13 anni dopo il grande miracolo del sole, avvenuto «affinché tutti possano vedere bene per credere», come aveva annunziato la Santa Vergine.
Siamo così alla alla 4a questione e cioè, se il 1917, anno cruciale per tanti eventi, abbia segnato anche un cambiamento nella Chiesa.
In quell’anno fu promulgato il nuovo diritto canonico elaborato sotto San Pio X.
Il suo successore, Benedetto XV, continuò anche a condannare, a parole, il modernismo, come «collettore di tutte le eresie», che si era infiltrato nella Chiesa, come aveva visto Papa Sarto.
Ma le barriere che si ersero contro un simile male non cominciarono lentamente ad essere sguarnite?

Riguardo l’esercizio ordinario dell’autorità papale nella Chiesa, Benedetto XV succedeva a San Pio X che l’aveva usata essenzialmente nell’affermazione e difesa della Dottrina di Cristo, internamente, contro
l’infiltrazione del subdolo modernismo ed, esternamente, contro l’aperta secolarizzazione degli Stati cristiani.
Papa Sarto aveva eretto salde barriere contro il modernismo e, con severa intransigenza, obbligò gli ecclesiastici al giuramento antimodernista, promulgando la scomunica «ipso facto» dei fautori di quel traviamento che tradiva l’essenza della Fede.
Benedetto XV rinnovò l’esigenza del giuramento, ma, auspicando che ci fosse tranquillità interna alla Chiesa, con l’Enciclica «Ad beatissimi», riprovò ad alcuni cattolici il proclamarsi integrali per distinguerli da altri, liberali.
San Pio X aveva promosso quell’integrismo consistente in «instaurare omnia in Cristo».
Ora esso veniva tacitamente accusato come se ogni divisione provenisse da esso e non dalle deviazioni liberali condannate da tutti i Papi precedenti.
Quando nel 1921 un intrigo internazionale coinvolse il «Sodalitium», vera roccaforte antimodernista promossa sotto San Pio X, per evitare l’imbarazzo di una difesa ad oltranza dalle voci del mondo, Benedetto XV sol-lecitò monsignor Benigni, responsabile di tale organizzazione, conosciuta anche come «La Sapinière», a dissolverla.
Aveva con che sostituirla in quella lotta indispensabile nel campo dell’informazione?
No!

Al contrario, già all’inizio del suo pontificato aveva fatto una rischiosa apertura al «trust» dei giornali cattolici di tendenze moderniste, che erano stati esplicitamente riprovati da San Pio X (A.A.S., del 1° dicembre 1912).
Nell’ottobre 1914, Benedetto XV faceva sapere, attraverso il Segretario di Stato, cardinale Gasparri, che tali avvertimenti non avevano carattere di proibizione (confronta Enciclopedia Cattolica VI, pagina 462).
Tanto bastò perché quel giornalismo, ansioso dare il via alla Chiesa dell’aggiornamento ai tempi moderni, levasse la voce con prepotenza, sostenendo gli errori riprovati da San Pio X, ossia, il laicismo, l’interconfessionalismo, il democratismo; in una parola, il secolarismo dello Stato proposto con il nome cattolico.

Benedetto XV non poteva favorire tanto delirio, ma, propenso a soluzioni diplomatiche, evitò il problema, pensando probabilmente di risparmiare alla Chiesa l'isolamento riservato dal mondo agli «intransigenti reazionari».
Seguiva vie diplomatiche anche in materia religiosa.
Riguardo ai rapporti della Chiesa con le nazioni cattoliche, San Pio X li aveva sempre improntati sulla difesa dei Princìpi.
Per quel che attiene al Portogallo, il Papa, con l’Enciclica «Jamdudum in Lusitania» del 24 maggio 1911, aveva accusato le forze anticlericali della repubblica, rifiutando le imposizioni contrarie alla Chiesa e condannando come assurda e mostruosa la legge di separazione tra la Chiesa e lo Stato portoghese.
Questo rifiuto di accettare compromessi in materia di rapporti con la Religione, come avveniva nel 1905 verso il governo anticlericale francese, provocò le solite persecuzioni, con l’esilio di vescovi e l’imprigionamento di sacerdoti, ma, per grazia di Dio, di un notevole rafforzamento della Fede, come si vedrà poi nella resistenza all’avanzata rivoluzionaria nei giorni delle Apparizioni di Fatima.
Nel pontificato di Benedetto XV, questa posizione cambiò.

Finita la guerra, i rapporti diplomatici tra Lisbona e il Vaticano furono ristabiliti.
Nel dicembre 1919, il Papa diresse un appello ai cattolici portoghesi invitandoli a sottomettersi all’autorità della repubblica, riconosciuta come legalmente costituita, ed ad accettare anche cariche pubbliche che fossero loro offerte.
Ci fu allora la beatificazione dell’eroe nazionale Nuno Alvarez, il che doveva contribuire alla normalizzazione e cordialità dei rapporti.
La storia di Fatima dimostra, però, come le persecuzioni siano continuate anche dopo che il cardinale Mendes Belo, patriarca di Lisbona, tornato dal suo esilio romano nel 1919, in questo clima diplomatico avesse considerato inopportuna la diffusione della devozione di Fatima.
A poco servì tale «prudenza» e il 13 maggio 1920, il governo mandò due reggimenti dell’esercito alla Cova d’Iria per impedire la crescente devozione alla Madonna di Fatima.
La folla, però, rimase lì, in ginocchio, recitando il Rosario e intonando inni devoti, di modo che perfino dei soldati vi aderirono e quel cerchio intimidatorio indegno si sciolse.
Ma quelli erano solo dei piccoli problemi.
In quel periodo, la Russia era caduta sotto il governo rivoluzionario comunista che, per la prima volta nella storia, costituiva un potere «intrinsecamente perverso» e contrario a Dio.
Il processo politico dell’ateismo militante, veementemente avvertito e stigmatizzato dai Papi, aveva raggiunto il suo apice.

Nel 1846, Pio IX, con l’Enciclica «Qui plurimus», accusava: «La nefasta dottrina del cosiddetto comunismo, contraria in modo estremo proprio al diritto naturale la quale, una volta ammessa, porterebbe alla radicale sovversione del diritto, della proprietà di tutti e della stessa società umana».
Ebbene, quando nel 1917 il comunismo, così descritto, sottomise la Russia, che divenne il gigantesco flagello di tanti popoli, non venne da Roma nessun grido d’allarme e di condanna proporzionato alla tragedia, nemmeno da parte del patriarca ortodosso russo, Tichon, in mezzo alla persecuzione comunista.
Ma il Papa non ribadì quanto detto dai suoi predecessori.
Oggi si conosce la ragione: la speranza della diplomazia vaticana di stabilire un concordato con Lenin.
Che virus aveva intorpidito a tal punto la Cattolicità?
E siccome ai mali spirituali e morali seguono necessariamente quelli di ordine naturale, la Russia, sotto il governo comunista, fu vittima della più devastante fame di cui si ha notizia.
Ci furono milioni di morti.
I governi occidentali erano però incerti di come avrebbero potuto mandare soccorsi alle popolazioni senza, con questo, rinforzare il governo che era la causa di tale tragedia.
Fu Benedetto XV ad accantonare la grave questione morale proclamando, nel 1921, davanti ai governanti indecisi, «essere dovere di ogni uomo accorrere dove un altro uomo muore».
Il problema, però, era sapere se l’aiuto avrebbe, di fatto, raggiunto la gente disperata, visto che passava per le mani di quelli che avevano introdotto le ideologie alla radice di quelle e altre tragedie future, senza parlare della persecuzione religiosa.
Il fatto è che le trattative per inviare i soccorsi furono condotte col governo rivoluzionario di Lenin che, in questo modo, ebbe un esplicito riconoscimento della sua legittimità.

Nel libro «L’errore dell’Occidente», lo scrittore russo Soltzenicyn dirà di quel fatto: «Le forze occidentali si sono date da fare per rinforzare il regime sovietico con l’aiuto economico e l’appoggio diplomatico, senza il quale questo non sarebbe sopravvissuto. Mentre sei milioni di persone morivano di fame in Ucraina e nel Kuban, l’Europa ballava».
E’ inevitabile dire che tale accomodamento diplomatico, che è servito al consolidamento dell’ateismo militante, sparso poi a ferro e fuoco per il mondo, ebbe per primo, il beneplacito di Benedetto XV.
Ecco, non si potrà dire che questo Papa non abbia condannato a parole il modernismo e il consumismo, ma non certamente con parole e con atti di governo proporzionati a questi mali micidiali che, da allora, cominciarono ad avanzare anche nella Chiesa.
Alla sua morte, sintomaticamente, anche gli anarchici e comunisti si dispiacquero (Enciclopedia Cattolica, II, pagina 1.294), come avrebbero fatto anche i massoni mezzo secolo dopo alla morte di Paolo VI.

Qui, questo riepilogo dei fatti del pontificato di Benedetto XV, ancora poco conosciuti (gli archivi segreti vaticani a riguardo furono aperti solo il 2 settembre 1985) vuole servire a chiarire l’operato dei ministri del Signore che hanno avuto a che fare con la Sua richiesta di Fatima.
Si badi: i due eventi principali che continuano a condizionare in modo crescente il secolo XX ebbero luogo nel pontificato di Benedetto XV e sono strettamente collegati.
Il primo, le straordinarie Apparizioni della Madonna di Fatima a tre umili pastorelli per portare il Messaggio che avvertiva e dava i rimedi per la tragedia della Russia che avrebbe sparso i suoi errori nel mondo.
Il secondo, la sanguinaria rivoluzione comunista russa che continua a causare terrore, fame e persecuzioni, per imporre l’ateismo ai popoli.
Queste Apparizioni avvennero in seguito all’invocazione papale e subito prima dello scoppio della rivoluzione di ottobre.
Sorprende, perciò, che non risulti, nei documenti scritti di Benedetto XV, menzione esplicita di questi due eventi.
Un segno visibile della volontà divina ha un valore così inestimabile per la Chiesa, che già la devota ricerca per verificare l'’autenticità di un’apparizione può essere una grazia.
Il contrario, invece, già può essere indizio di indifferenza.
Possono i figli fedeli rimanere distratti davanti a segni della volontà del Padre?
Possono giudicarli impossibili come se l’aiuto divino potesse mancare agli uomini in circostanze così estreme?

L’umanitarismo del «Sillon» e la rivoluzione democristiana

L’idea del cristiano secondario, come lo spiega Romano Ameno, è la riduzione del cristianesimo a «mezzo» della nuova civiltà che ha per centro l’uomo.
Volere che la Chiesa sia incivilitrice, prima che santificatrice, è una riduzione, per non dire inversione, della priorità nella sua missione; ma che la Chiesa, poi, diventi essenzialmente una promotrice del bene sociale, dell’assistenza, dell’unione e della pace tra gli uomini è un errore teologico che si traduce, in seguito, in un errore sociale.
Infatti, quando gli uomini riducono il fine della vita, è come se immiserissero ogni ideale insieme alla Fede, la Speranza e la Carità trascendente.
I Santi, a questa luce, diventano inspiegabili o illusi, come ogni rinuncia, sacrificio o altruismo occulto.
Non c’è difficoltà nel dimostrare che questo addomesticamento del cristianesimo a uso sociale, quest’errore che rientra in un ampio progetto rivoluzionario, era già in atto alla fine della Prima Grande Guerra, sia per la pressione delle dottrine anticristiane, sia per la visione «sillonista» dei fautori di un partito social-cristiano.
Si sono avverate le parole di Gramsci: «Il Papato ha colpito il modernismo come tendenza riformatrice della Chiesa e della Religione Cattolica, ma ha sviluppato il popolarismo, cioè la base economico-sociale del modernismo».
Gramsci scriveva anche su Ordine Nuovo (del 2 novembre 1919), in occasione della fondazione del Partito Popolare: «Il Cattolicesimo riapparve alla luce della storia, ma quanto modificato, quanto riformato; ‘i Popolari rappresentano una fase necessaria del processo di sviluppo del proletariato italiano verso il comunismo. Il cattolicesimo democratico fa ciò che il socialismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida».
La parola d’ordine di Gramsci, araldo di una filosofia della prassi, umanitarista, era: «Coinvolgiamo i cattolici nella collaborazione con noi e poi li facciamo fuori» («Quaderni del carcere»).
Oggi, le idee che vogliono ridurre il cristianesimo a fini secondari prevalgono.

Come è stato possibile che un logoro liberalismo, un povero socialismo e il condannato democratismo del «Sillon» abbiano fatto tanta strada nel mondo e nella Chiesa, malgrado fossero stigmatizzati dai Pontefici del passato?
La risposta di questo salto di insidiosità rivoluzionaria sta, per l’inizio del secolo, nell’infiltrazione del modernismo del clero; per la seconda metà del secolo nell’infiltrazione massonica e modernista nella Gerarchia.
E come insegna il Signore nei Suoi discorsi escatologici, la persecuzione finale investirà l’aspetto di una seduzione, di una falsificazione che oggi svela il suo volto sinistro: i falsi cristi e i falsi. profeti che degradano il Cristianesimo a furia di giustizia e di pace per l’animazione di un illusoria uguaglianza sociale, sono rivestiti da un aspetto di autorità nella stessa Chiesa, «affinché quelli che non hanno accolto la verità con amore, credano nella menzogna» (II Tessalonicesi 2).
Ecco, allora, a un tempo, i termini dell’insidia mortale e finale e l’unica Via per sconfiggerla è ritrovare la Vita: l’amore alla Verità.
In una parola, amore a Nostro Signore Gesù Cristo che insegnò essere Lui stesso la Via, la Verità e la Vita.
Nessun altro Nome potrebbe, perciò, guidarci meglio nella difesa contro l’insidia rivoluzionaria culminante che viviamo, oggi, nell’ambito stesso della Chiesa: la ribellione all’autorità di Cristo, re e legislatore supremo delle anime, ma anche delle società come ci insegna Pio XI nell’Enciclica «Quas Primas».
Verità, questa, che fu accantonata da molti che si presentano come i veri cristiani impegnati per la democrazia e per la dignità e libertà dell’uomo.

San Pio X, il 25 ottobre 1910, con l’Enciclica sul «Sillon» «Notre charge apostolique», diceva: «Il Sillon ha la nobile cura della dignità umana. Ma questa dignità, esso la concepisce allo stesso modo di alcuni filosofi di cui la Chiesa non può vantarsi. Il primo elemento di questa dignità è la libertà intesa nel senso che, tranne in materia di religione, ogni uomo è autonomo».
Perfino questo «tranne...» sarà, più tardi rimosso.

Fu, questa riduzione religiosa operata dai partiti nemici della Chiesa?
No!
Era parte del piano di «matrice cristiana» della DC che, dopo la Seconda Grande Guerra e la vittoria delle democrazie e del comunismo in Europa, ha avuto il potere popolare e ha governato l’Italia per quasi  60 anni, qualificandosi come «il partito dell’unità confessionale dei cattolici».
Cioè, i «cattolici» la cui confessione di fede rimane in disparte, in un secondo piano, rispettosamente aliena della politica.
Non deve sorprendere, perciò, che con questo lungo e ondeggiante governo si sia operata in Italia, sede del Papato, una vastissima secolarizzazione nella vita sociale e, per conseguenza, nell’educazione e nelle coscienze.
E, intanto, il partito dell’unità «cristiana» non si è mai sentito a suo agio di governare da solo.
Ha stabilito ogni sorta di alleanza già da quando era maggioritario e si avviava perfino a fare un compromesso storico con i comunisti.

La DC si vantava di essere la rappresentante per eccellenza della democrazia.
E perciò, in questo senso, è stata messa alla prova: l’alleanza non c’era nell’occasione dell’approvazione della legge sull’aborto, ragion per cui, a firmare e ad applicare quella legge iniqua, fu un governo detto monocolore, in cui, dal presidente della repubblica all’ultimo dei ministri, erano tutti democristiani.
Ora, siccome in questo fatto ci sono tutti i termini della trasgressione della legge divina da parte del legiferare umano, possiamo, alla luce di quanto si è visto circa la natura e la storia della rivoluzione, parlare di una rivoluzione democristiana che mantenne il potere in nome di una vaga e ambigua ispirazione cristiana, ma pronta ad assecondare le ideologie del mondo.

Da quali forze questa azione era favorita, e giustificata da quale chiesa?
Quale rapporto ci sarebbe stato perché questa rivoluzione «in veste di agnello» avesse un rapporto con l’avviso di Fatima?
Innanzitutto, perché il partito popolare della «conciliazione cristiana» nasceva in quel periodo e, avendo l’approvazione papale, si può dire che, dal 1919, decadesse il «Non expedit»; poi, perché nel Messaggio è detto che il flagello del mondo, non ravveduto dai suoi delitti, sarebbe stato la guerra, la fame e la persecuzione alla Chiesa, tramite gli errori sparsi dalla Russia, il terrorismo e loateismo comunista, imposti con le armi e con l’inganno nel mondo.

L’Italia sembrava risparmiata da tanto male.
In verità, lo spauracchio rosso è sempre servito a mantenere la maggioranza elettorale della DC.
Ecco, perciò, che la rivoluzione della lotta di classe favoriva, suo malgrado, la rivoluzione «cristiana», appoggiata da una classe ecclesiale infettata di modernismo e ripiegata sulle proprie paure, dubbi e insufficienze dottrinali che la rendevano pronta ad ogni compromesso.
E così, negli anni ‘60, quando il terzo Segreto poteva essere conosciuto «perché le cose sarebbero state più chiare», fu intrapresa la via politica del male minore, cioè delle alleanze con i vecchi nemici della Chiesa,
con gli azionisti della secolarizzazione ad oltranza, con i laicisti dell’umanitarismo massonico, con tutti gli «antiautoritari» che avversano, per prima, l’autorità della Chiesa, della Morale e, perciò, della Legge di Dio.
Il risultato è stato la scristianizzazione, voluta dalle forze laiche e dal comunismo, effettuata proprio sotto la DC che si era presentata agli elettori come diga contro tale errore.
Quanto lontani, ormai, erano dall’insegnamento di Pio XII che diceva, nella Lettera «C’est un geste» del 10 luglio 1946: «E’ inammissibile che un cristiano si comprometta con l’errore, anche solo minimamente, sia pure per mantenere i contatti con quelli che sono nell’errore».

Ma non è finita.
La DC, divenuta collettrice di tante forme di antifascismo, anti-tridentinismo, anti-costantinismo, anti-tradizionalismo, si sarebbe addirittura avviava ad un compromesso storico con i comunisti, sospeso soltanto a causa di azioni terroristiche tragiche, culminate con l’assassinio di Moro!

Daniele Arai

(Fine terza parte)


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