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Chi occulta il Segreto di Fatima? (parte IV)
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Il rifiuto metafisico della «testimonianza» di Fatima

La causa dell’attuale crisi, come di tutte le crisi, sta nella perdita della visione soprannaturale della vita, attraverso la Rivelazione divina di cui la Chiesa cattolica è custode.
Possiamo prendere come paradigma di questo calo della visione spirituale cattolica il ridimensionamento e anche il rifiuto della testimonianza soprannaturale di Fatima.
Un esempio?
Era stata data notizia che, per l’occasione di un Sinodo di vent’anni fa, erano pervenuti in Vaticano, specialmente alla Segreteria di Stato e al Pontificio Consiglio per la Famiglia, una valanga di lettere e petizioni riguardanti la richiesta della consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria e la rivelazione del «Terzo Segreto» di Fatima, archiviato in Vaticano.
Tempo prima, questo collegamento del Messaggio della Madonna con la Ostpolitik conciliare, fatta dalla rivista americana «Fatima Cruzader» (che aveva raggiunto la tiratura di 500 mila copie!) aveva fatto prendere posizione perfino al teologo Urs von Balthazar, che classificò come «volgarità contro la Santa Sede» la pretesa di un proditorio accordo tra Mosca e il Vaticano.
Ora, mentre non si può che essere d’accordo con questa affermazione per quanto riguarda la ripulsa verso un tale «proditorio accordo», sulla sua esistenza non siamo più nell’ordine delle opinioni ma dei fatti.
Perciò chi è animato di amore per la Santa Sede e volontà di difesa della fede e dell’onore della Chiesa che s’informi, come abbiamo fatto noi.
Curiosamente è di questo stesso teologo l’esegesi, resa pubblica, che esiste sì l’inferno, ma che forse è vuoto, contrariamente alla visione che la Madonna di Fatima aveva mostrato ai tre pastorelli di Fatima, per farli pregare e sacrificarsi per tanti peccatori che cadono nell’inganno di ignorare il supremo pericolo, perdendosi.
Non meno emblematica fu l’azione del cardinale filippino, Sin, che, prima di andare in Russia per una azione di sondaggio della ostpolitik vaticana, era stato il principale protagonista di un convegno, svoltosi nel settembre del 1986, a Fatima, in cui aveva proposto e ottenuto che ci fosse un aggiornamento dell’Apostolato mondiale di Fatima con la devozione, detta dei «Due Cuori», che tralascia la parte essenziale del Messaggio sulla necessità della conversione della Russia per ottenere al mondo la pace.
Perché?

Cerchiamo di capirne l’autenticità e il valore di questo «Messaggio».
Col Nuovo Testamento, i segni divini si sono moltiplicati, con i Santi e con grandi apparizioni mariane certificate dalla Chiesa.
Tra queste primeggia Fatima, per le dimensioni del «Miracolo del Sole» con cui il Cielo ha voluto imprimere il sigillo divino davanti a una moltitudine di decine di migliaia di persone di tutte le estrazioni culturali e anche atei.
Paolo VI, nel 1967, andando pellegrino a Fatima, parlò del «Signum Magnum» dell’Apocalisse in quell’Apparizione.
Un «dotto» ha detto: una cosa è l’Apparizione, un altra è il Messaggio, che può riflettere anche errori e illusioni dei veggenti.
Ma la risposta a questa obiezione è semplice: l’Apparizione e i segnali non hanno un fine a se stessi, ma quello di portare ed avvallare un messaggio.
Certo, questo, nulla aggiunge alla Rivelazione pubblica, conclusasi con la morte dell’ultimo Apostolo; porta, però, avvisi, richieste e promesse che lo stesso Spirito divino di Misericordia asseconda alla Rivelazione per il bene della Chiesa e perciò degli uomini.
I fatti rivelati non sono datati.
I segni divini datano quanto fu rivelato per il futuro e diventa presente.

A Fatima, si ebbero questi due fatti:

1) il miracolo del sole, predetto nell’ora e nella data precisa, affinché ci fosse una moltitudine a testimoniarlo;
2) una chiara profezia di «fatti» futuri, non per soddisfare la curiosità della gente (che potè conoscerne qualcosa solo molti anni dopo!) ma per attestarne la sua origine divina, provando che solo Dio conosce il futuro!
Ora, di questo «Terzo Segreto», anche i cardinali Ottaviani e Ratzinger, che l’avevano letto, avevano riconosciuto il suo contenuto profetico!
La nostra intenzione nel riferire questi dati è solo per stabilire una coerenza di giudizi.
Certo, è all’autorità della Chiesa che spetta riconoscere la sua autenticità, ma se questa viene accertata,come è il caso di Fatima, non si potrà più ignorarla!
Riguardo la storia della apparizioni, che culminarono in quella di Fatima, si può vedere, alla luce della storia, come esse abbiano seguito una sequenza perfettamente spiegabile.
Infatti, sia quella di Rue du Bac, a Parigi, sia quella di La Salette e di Lourdes, sono avvenute prima degli eventi storici che hanno riguardato attacchi alla Chiesa.
Quanto al 1917, sulle Apparizioni di Cova da Iria, non c’è bisogno di tornare ad elencare quanto quell’anno abbia significato un momento cruciale della nostra epoca.
Pochi aspetti della vita sociale del mondo sono rimasti gli stessi dopo il 1917, i cui eventi condizionano ancora i nostri giorni.
Riepilogate le ragioni che attestano l’autenticità e l’importanza del Messaggio di Fatima, vediamo ora quelle della sua attualità di fronte alla storia.

La storia dell’URSS dimostra che la dittatura di Stalin, tra le più terribili e feroci di ogni epoca, ebbe inizio e si affermò pienamente nel periodo di maggiore amicizia dell’Unione Sovietica con gli Stati Uniti d’America, e cioè al tempo della presidenza Roosevelt, sia prima che durante la seconda guerra mondiale.

In quel periodo, scriveva padre Alessio Ulisse Floridi S.J. in «Mosca e il Vaticano»: «I politici e gli intellettuali occidentali, accecati, non volevano nemmeno sentire parlare della vera situazione delle cose in URSS, a tal punto che Orwell, con ‘La fattoria degli animali’, non poteva essere pubblicato in Inghilterra: tutti avevano paura di offendere o anche solo urtare la potenza amica. D’altra parte vi sono parecchi esempi dell’influenza positiva esercitata dall’opinione pubblica mondiale sulla politica interna dell’URSS. Basti menzionare la campagna di protesta contro lo spaventoso terrore antireligioso che prese avvio alla fine del 1929 e che falciò centinaia di migliaia di vite e innumerevoli valori culturali. Come è noto, in risposta al terrore antireligioso, il Papa di Roma indisse il 19 marzo 1930 una giornata di preghiere per i credenti in Russia, alla quale aderirono protestanti, ortodossi ed ebrei. Da Mosca si udì ogni genere di minacce al-l’indirizzo dell’Occidente. Il capo dell’‘Unione dei senzadio’, E. Jaroslavskij, minacciò di distruggere le migliori chiese del Paese, ma Stalin, di fronte alla decisione e alla coesione dei credenti occidentali, dovette fare marcia indietro. Esattamente pochi giorni prima della giornata di preghiera indetta dal Papa, il 15 marzo 1930, il Comitato Centrale approvò una risoluzione che riconosceva le esagerazioni della politica religiosa sovietica... Non a caso Agurskij, discutendo con i suoi compagni di dissenso sul tipo di appoggio che sarebbe occorso loro ottenere dai Paesi occidentali ricordò l’appello del 1930 di Papa Pio XI, che, con la sola arma della forza dello spirito, affrontò senza timore i giganti della scena politica mondiale del suo tempo come Lenin, Hitler, Mussolini, Stalin e Franklin Delano Roosevelt. Nel trattare i problemi internazionali questo grande Papa cercò di fare tutto quanto gli era possibile per poter conservare la pace, ma la sua integrità morale gli faceva aborrire quei ‘giochi demoniaci’ di cui parlava Viadimir Maksimov nella coraggiosa lettera che scrisse a Heinrich Böll quando questi decise di modificare il testo del suo discorso per il premio Nobel, allo scopo di poter conservare determinati ‘contatti’. Fondamentalmente, infatti, le perplessità dei dissidenti in merito alla distensione derivano proprio dalla doppiezza e dall’interesse egoistico dei Paesi occidentali, cose invece completamente estranee all’animo di Papa
Pio XI. Diceva in proposito Sacharov, che ‘se si parla dell’Occidente, occorre dire che noi non capiamo se c’è un desiderio di aiutarci oppure, al contrario, si tratta di una capitolazione, di un gioco determinato dagli interessi interni, nel quale noi abbiamo semplicemente la funzione di moneta di scambio’. ‘Di fatto, quando il Papa Pio XI il 2 fehbraio 1930 rivolse il suo appello al mondo per mezzo del Vicario di Roma, cardinale Basilio Pompilj, egli si preoccupava non tanto degli interessi dell’Occidente, quanto invece delle
‘innumerevoli popolazioni della Russia, tutte care al Nostro cuore’, e parlava non soltanto a nome dei cattolici, ma anche degli ortodossi e dei credenti di qualunque denominazione, contro coloro che ‘volendo colpire la religione e Dio stesso, procurano la distruzione delle intelligenze e della medesima natura umana’. Un anno prima, l’8 aprile 1929, il governo sovietico aveva promulgato una legge globale sulle associazioni religiose che, salvo l’aggiunta di pochi emendamenti, è ancora in vigore oggigiorno; era il tentativo di conferire una certa legalità alla feroce offensiva antiecclesiale lanciata in occasione del primo piano quinquennale. Il Papa nel suo discorso segnalò gli arbitri, le atrocità e le volgarità dell’Unione dei militanti senzadio, che ‘vanno al di là e in contrasto con il testo, già di per sé abbastanza antireligioso, della costituzione rivoluzionaria’; ri-cordò anche gli ‘sforzi’ fatti, a livello diplomatico, da lui stesso e dal suo predecessore per ‘arrestare la terribile persecuzione’, biasimando le potenze occidentali che non l’avevano appoggiato ‘a causa di interessi temporali’. Che l’azione del Papa non fosse un semplice fuoco di paglia si può desumere dal suo annuncia della fondazione di un ‘Comitato speciale per la Russia’ presieduto da un cardinale, nonché dal suo conferimento all’Istituto per gli studi orientali dell’incarico di organizzare conferenze, a livello scientifico e documentario, sulla situazione in Russia. Un anno prima questo grande amico del popolo russo aveva fondato a Roma un Collegio pontificio russo (Russicum), per preparare sacerdoti per la Russia, per assistere i figli dei rifugiati e per favorire il risveglio religioso dei russi, sia in Russia sia al’estero. Coloro che sono stati allievi del Russicum hanno svolto ancora un ottimo lavoro soprattutto in Belgio, in Francia, in Germania e in Italia; i dissidenti sovietici conoscono e leggono le loro pubblicazioni. Fra gli ammiratori di Pio XI va ricordato anche il grande poeta russo Vjaceslav Ivanov che morì a Roma nel 1949. I commenti alla lettera di Pio XI sottolineaono il ‘silenzio’ e ‘l’inerzia del mondo civile’, come pure la ‘viltà’ dei politici, mascherata sotto pretesti diversi. ‘La lettera del Papa del 2 febbraio 1930 non è un’ingiusta interferenza negli affari interni del popolo russo, né un incitamento all’azione politica; è la difesa, contro un ingiusto aggressore, di uno dei più fondamentali, inalienabili e universali diritti dell’uomo, e nella sua sfera d’azione - che è lo spirituale e il soprannaturale - non differisce in alcun modo dalle precedenti azioni di protesta del Pontefice. Il governo sovietico, per sua deliberata scelta, ha fatto entrare l’aggressione in ogni casa e in ogni focolare, e ha allargato la sua politica interna fino a farla diventare una minaccia internazionale che colpisce le fondamenta stesse del mondo civile cristiano. Per ogni uomo, non importa se primo ministro, senatore o propagandista pagato, è un suicidio intellettuale distogliere gli occhi dai dati di fatto, oggigiorno così numerosi, e continuare a ripetere logori luoghi comuni sul ‘non immischiarsi in una questione puramente di politica interna’. Di fronte alla realtà di fatti comprovati diventa viltà morale il non parlare
».

Di recente uno storico inglese ha riconosciuto l’importanza dell’appello di Pio XI: al rito espiatorio celebrato dal Papa nella basilica di San Pietro intervennero 50.000 persone, tra cui molti non cattolici; ma soprattutto è indicativo il fatto che, sebbene a questo rito liturgico fossero stati invitati tutti i diplomatici accreditati presso la Santa Sede, «quelli delle nazioni che avevano già riconosciuto il governo sovietico non vi intervennero. Von Bergen, ad esempio, ricevette dal suo governo l’ordine di assentarsi, perché ‘i rapporti commerciali tedesco-sovietici non venissero messi in pericolo’... ».
Tuttavia, come ricorda Agurskij, gli sforzi fatti, fra gli altri, dal governo laburista inglese e da vari circoli liberali per boicottare la campagna indetta dal Pontefice fallirono: «La protesta dell’opinione pubblica mondiale riuscì a fermare, per un anno e mezzo, l’ondata di terrore antireligioso, finché Stalin, che aspettava appunto che la vigilanza in Occidente si allentasse, la rinnovò furiosamente, senza più trovare ostacoli».
Riferendosi a questa azione di protesta di Pio XI, «l’esperto» sovietico per gli affari vaticani, Michail M. Sejnman, la definì una «crociata antisovietica», che fu portata avanti «dagli elementi più reazionari e contribuì ad agevolare il complotto degli imperialisti per provocare lo scoppio di una guerra contro l’Unione Sovietica».

Anche se la storia ha dimostrato che quest’accusa è falsa, i sovietici e i loro alleati l’hanno ripetuta anche contro Papa Pio XII, tanto che questo slogan tipico della propaganda sovietica è stato accettato, peraltro senza senso critico, perfino da alcuni cattolici.
Ci sono stati cattolici, come quelli appartenenti al Movimento dei cristiani per il socialismo oppure all’organizzazione polacca «Pax», ecc., che insistettero perché il Vaticano non solo riconoscesse la realtà dei regimi comunisti, ma anche permettesse ai cattolici di collaborare «lealmente» con questi regimi, accettassero che essi dettassero condizioni e interferisssero nella vita della Chiesa, e infine diventasse alleato dei paesi comunisti.
Dimenticavano però che i Pontefici, fin dall’inizio della Rivoluzione bolscevica, in realtà più volte cercarono di stabilire un certo dialogo con il nuovo regime, e per questo motivo furono criticati sia dai «rossi» sia dai «bianchi» (1).
Per molti anni, comunque, il Vaticano non rinunciò a tentare di intavolare trattative con i sovietici, anche se questi ultimi miravano evidentemente a distruggere ogni chiesa e religione non soltanto a livello ideologico ufficiale bensì, e soprattutto, anche con i brutali trattamenti che venivano riservati al clero e ai fedeli.
Va notato anche che l’attività diplomatica del Vaticano era rivolta non soltanto a favore dei cattolici ma anche degli ortodossi, dei perseguitati e dei sofferenti di qualunque credo religioso.
Il Vaticano di fatto trattò con i bolscevichi, fra l’altro, soprattutto in tre principali occasioni: quando intervenne a favore dei russi ortodossi, quando inviò in Russia una missione papale di soccorso per le vittime della carestia, e quando venne convocata la conferenza di Genova per considerare la situazione delle nazioni sconfitte.
Il desiderio di Pio XI di dare assoluta precedenza ai diritti religiosi, nel trattare con le varie dittature, si rese evidente alla Conferenza di Genova, e in seguito nei concordati stipulati con Hitler e con Mussolini.
La Conferenza di Genova (1922) era il primo incontro internazionale cui era ammesso il regime bolscevico e, poiché questo non era ancora riconosciuto di diritto dalla maggior parte dei Paesi partecipanti, il governo di Mosca cercò di sfruttare l’occasione per ottenere appunto il riconoscimento da questi Stati.
Ciò spiega quindi come mai a una cena ufficiale per l’apertura della Conferenza, tenutasi il 22 aprile a bordo della nave da guerra italiana Dante Alighieri, il ministro degli Esteri sovietico Cicerin si dimostrò molto gentile con l’arcivescovo di Genova Signori, che per pura coincidenza si era trovato seduto di fronte a lui allo stesso tavolo.
Ma Cicerin diventò meno espansivo alcuni giorni più tardi, quando un inviato ufficiale vaticano, monsignor Giuseppe Pizzardo, portò ai membri della Conferenza un memorandum in cui si suggeriva che «la riammissione della Russia nella comunità dei Paesi civili» si dovesse fare a condizione che «venissero salvaguardati... gli interessi religiosi»...

lucia-marto.jpg Il cardinale Montini, prima di divenire Paolo VI, diceva riguardo all’inserimento nella Gaudium et Spes della parola evoluzione: «L’ordine verso il quale tende il cristianesimo non è statico; è un ordine in perenne evoluzione verso una forma migliore; è un equilibrio in movimento» («J. Duquesne interroge P. Chenu, pagina 187, ‘In the murky waters of Vatican II’, di A.S. Guimarães»).
Alla luce di queste brevi considerazioni, applicate alla realtà rivoluzionaria, si dovrebbe concludere che la vera rivoluzione mondiale ha avuto sempre per mira più l’ordine cristiano piuttosto che le fortezze o bastiglie dei monarchi; più il mondo delle idee che fluiscono dal pensiero religioso che i sistemi politici, gli ordinamenti sociali o le istituzioni governamentali.
E la sua avanzata solo è stata possibile occupando i vuoti di fede, di sacro,
di carità cristiana.
Ecco, allora, che non si descrive bene la storia della Rivoluzione pensando a Parigi, alla Russia o a Cuba, scordandosi del suo bersaglio più alto: Roma!

Il 15 ottobre 1890 disse il Papa Leone XIII: «Il piano delle sette che si svolge ora in Italia, specialmente nella parte che tocca la Chiesa e la religione cattolica, ha come scopo finale e notorio di ridurla, se è possibile, al niente... Questa guerra, al presente, si combatte più che altrove in Italia, dove la religione cattolica ha gettato più profonde radici, e soprattutto in Roma, dove è il centro della Cattolica Unità e la Sede del Pastore e Maestro universale della Chiesa».
E nel Vangelo: «Colpirò il Pastore, e le pecore del gregge saranno disperse!» (Matteo 26,31; Marco 14,27).
Ecco il momento notturno in cui tutti si scandalizzeranno di Gesù, Pastore e Maestro mandato da Dio.
Ma quando e come è che il Pastore è colpito?
Oggi lo sappiamo tristemente.
Quando la sua intelligenza e la sua capacità di giudizio sono oscurati al punto da ritenere possibile e perfino conveniente un’alleanza con i nemici della Chiesa.
Come avviene?
Quando è lui stesso ad allontanarsi, rinunciando alla difesa dei pascoli tradizionali, che sono occupati dai lupi che divorano il gregge.
Ecco i sussidi, derivati dalla Dottrina, cioè degli avvertimenti evangelici, dal Magistero pontificio, dal Diritto canonico, della vigilanza voluta dai Papi, e anche da messaggi mariani, per aiutare quanti vogliano affrontare la questione della presenza dell’Anticristo, che per la sua gravità trova delle resistenze invincibili nel mondo cattolico.

I sussidi sono:
A) gli avvertimenti evangelici;
B) il Magistero pontificio;
C) il Diritto canonico;
D) la vigilanza e l’esorcismo voluto dai Papi
E) i Messaggi mariani.

A) Gli avvertimenti evangelici su: «L’abominio della desolazione nel Luogo Santo».
La Madonna, alla Salette, aveva dato un messaggio sul XX secolo che fece trepidare Pio IX: «Si è spenta la vera fede e una falsa luce si è diffusa sul mondo. La Chiesa andrà soggetta a una crisi orrenda».
«Roma perderà la fede e diventerà la sede dell’Anticristo».
«La Chiesa sarà eclissata e il mondo sarà nella desolazione».
Innalzando l’uomo ad essere nei suoi giudizi «come dèi», si preclude il vero e il bene e promuove il falso e il male, preparando l’ora dell’uomo idolo, l’iniquo «che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, presentandosi come se fosse Dio» (2Tessalonicesi 2, 4).
Può sembrare che tale iniquità sia solo imputabile ad uno che, alla fine dei tempi, conculcherà apertamente la verità e l’intangibilità della Rivelazione.
In verità le Sacre Scritture e San Paolo ci dicono che dai primi tempi sono presenti tali iniqui: «Non ricordate che venivo dicendo queste cose?... Il mistero d’iniquità è già in atto...».

L’iniquo finale è al vertice di un’enorme piramide d’iniquità; altrimenti dove poggerebbe il suo potere?
Può sembrare che il suo linguaggio sarà fatto di immonde bestemmie.
In verità il peggior male è tortuoso, d’aspetto simile al bene; altrimenti come potrebbe ingannare?
Può sembrare che l’iniquo per eccellenza si presenterà come un feroce nemico pubblico della Chiesa.
Ma allora solo con la violenza esso potrebbe sedersi nel tempio di Dio; solo sotto le armi sarebbe venerato.
Invece la sua è «la potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e di prodigi menzogneri», poiché il campo fu aperto dalla decadenza generale della fede: «la grande apostasia», come avvertirono le Sacre Scritture e San Paolo.
L’abbandono della fede lo precede con «una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna...».
Non vi è quindi una vera violenza, ma complicità di «quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi..., ma hanno acconsentito all’iniquità».
Ora, visto che la verità ci è data con la Rivelazione, e il suo amore lo manifestiamo nell’accoglierla, la manifestazione dell’iniquità finale, dell’iniquo Anticristo, concerne la Parola e i segni divini.
Dove si può manifestare la suprema iniquità: la contraffazione della Parola, se non dove avrebbe dovuto esservi la somma fedeltà a Dio in terra?
Spesso si è voluto immaginare l’Anticristo come un tiranno mondiale.
In verità esso si manifesta dove vi era «quello che impedisce la sua manifestazione», ma che sarà «tolto di mezzo nella sua ora»; lasciando così il posto all’iniquo: «quello che penserà di mutare i tempi e la legge»
(Dn 7, 5).
La rivelazione del «bene dell’uomo» proviene da Colui che è «la Verità, la Via e la Vita», ma verrà quello che pontificherà sul «bene secondo i tempi».
Emblematicamente se un Messaggio divino che parla di pericoli per la fede è censurato da chierici, si applica a loro quanto disse Gesù a quanti rifiutavano il suo Vangelo: «Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste» (Giovanni 5, 43).
Ecco i chierici che seguono un’altra voce.
Quale?

Il pensiero segreto dell’autoredenzione gnostica

Esso non è altro che quello sussurrato dal tentatore originale ai primi genitori nell’alba dei tempi e che si ripresentò nei secoli.
Prospetta la fede nella divinizzazione dell’umanità attraverso un’evoluzione umana senza limiti e avversa la legge e l’ordine immutabili di Dio.
Ora, molto si è fantasticato sull’aspetto dell’Anticristo; poco sul suo linguaggio; esso non può avere un altro scopo che quello dell’originale «non serviam» dell’ingannatore primordiale.
L’iniquo dei tempi moderni assumerà certamente l’aspetto di maestro della parola sul «bene umano» e coperto da un carisma evangelico.
Cosa può essere più ingannevole che insegnare in nome di Gesù Cristo per revisionare il suo Vangelo?
Ma San Paolo ricorda che tale inganno può solo infettare la mente di chi non abbraccia la Verità con amore (2Tessalonicesi, 2, 10).
E la prima verità evangelica è l’assoluta gloria di Dio.
«Tutte le intenzioni, opere e meriti dei Santi riguardano la gloria e la lode di Dio, a chi può solo piacere quanto Lui stesso suscita» (Concilio di Efeso, capitolo V).
Ogni esegesi che non sia centrata nel solo e assoluto Bene divino, può ripetere ogni pia parola e nome santo, ma svela essere l’esegesi dell’Anticristo.
I fedeli sono protetti dall’inganno attraverso il carisma dell’infallibilità attiva nell’insegnamento della fede, in docendo, propria della Gerarchia.
Ma ad essa corrisponde l’infallibilità passiva, in credendo, propria dei fedeli nel riconoscimento della parola di fede, della voce stessa di Dio. «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono Me» (Giovanni 10, 14).
Se così non fosse, San Paolo non avrebbe potuto insegnare: «Anche se noi stessi o un angelo del cielo venisse ad annunziarvi un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia egli anatema» (Galati 1, 8); per cui il fedele deve rifiutare e anatemizzare chi porta un nuovo vangelo, «anche se noi stessi».
Il Papa ricorda ai fedeli che, guidati dalla fede, sono liberi di aderire solo alle vere autorità della Chiesa.
La Fede è la ragione per cui il fedele obbedisce all’autorità della Chiesa, ma è anche il fondamento di tale autorità.
San Giovanni, il più mite degli apostoli, subito dopo aver parlato del comando della carità, insegnava riguardo a quelli che non portano la retta dottrina: «Se qualcuno viene a voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere perverse» (2Giovanni 10).

B) Il Magistero pontificio
Passiamo quindi a quanto insegna su questa desolazione nel Luogo Santo lo stesso Magistero pontificio; la sua esegesi sul significato della voce dal cielo che dice: «Uscite, popolo mio, da Babilonia per non partecipare ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli» (Apocalisse, 18, 4).
La Bolla «Cum ex Apostolatus» di Paolo IV (15 febbraio 1559) è insegnamento papale sulla tremenda questione della decadenza dei potenti deviati dalla fede, il mistero dell’iniquità.
Vediamo un sommario di ciò che insegna sul dovere del Papa e sulla possibilità di un falso papa.
Il Papa è tenuto a segnalare e respingere i nemici della Fede; «A causa della carica di Apostolato affidataci da Dio per la cura generale del gregge del Signore, incombe su di noi il dovere di vigilare assiduamente e provvedere attentamente alla sua custodia fedele e salvifica direzione affinché coloro che insorgono contro la Fede e pervertono l’interpretazione delle Sacre Scritture, operando per scindere l’unità della Chiesa e la tunica inconsutile del Signore, siano respinti dall’ovile di Cristo e coloro che sdegnano di essere discepoli della verità non possano continuare a insegnare l’errore
».

E dato che più alto il pervertitore della fede maggiore il pericolo: «La questione è talmente grave e pericolosa che lo stesso Pontefice Romano - che come Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo ha piena potestà in terra, e giudica tutti senza che nessuno possa giudicarlo - qualora sia riconosciuto deviato dalla Fede possa essere accusato. E, dato che dove si vede il maggior pericolo tanto più deciso dev’essere il provvedimento per impedire che dei falsi profeti possano irretire le anime semplici e perciò trascinare con loro alla perdizione gli innumerevoli popoli affidati alle loro cure e affinché non accada di vedere nel Luogo Santo l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, ricorriamo all’aiuto di Dio per compiere il nostro impegno pastorale di sgominare le volpi intente a devastare la vigna del Signore e tener lontani i lupi dagli ovili. [perciò…] Noi, con Apostolica Autorità, decretiamo la privazione ipso facto di ogni carica ecclesiale per eresia o scisma, considerando che coloro che non si astengono dal male per amore della virtù devono esserne distolti per timore delle pene e che le Autorità ecclesiastiche - che hanno il grave dovere di istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede Cattolica - se prevaricano peccano più gravemente degli altri in quanto dannano non solo se stesse ma trascinano con sé alla perdizione i popoli loro affidati, Noi, con l’assenso dei Cardinali, con questa nostra Costituzione, valida in perpetuo, contro crimine così grande - il più grave e pernicioso possibile nella Chiesa di Dio - nella pienezza della potestà Apostolica, sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo che permangano nella loro forza ed efficacia le predette sentenze e censure e pene, e producano i loro effetti, per tutte e ciascuna delle autorità suddette, che fino ad ora siano insorte o in futuro insorgano contro la Fede; poiché tali crimini le rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e pene suddette, per il fatto stesso e senza bisogno di alcuna altra procedura di diritto o di fatto, esse siano anche interamente private in perpetuo delle loro cariche e dignità, come di ogni voce attiva e passiva e di qualsiasi autorità».

«Nullità di ogni promozioni o elevazioni di deviati dalla fede: Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere che un Vescovo, anche in funzione di Arcivescovo o di Patriarca o di Primate, o un Cardinale in funzione di Legato, o eletto Pontefice Romano, che, prima della sua promozione al cardinalato o della sua elevazione al Pontificato, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in eresia o fosse incorso in uno scisma o lo avesse suscitato, la sua promozione o elevazione è nulla, invalida e senza alcun valore, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali - neppure si potrà dire che essa sia o sarà convalidata dall’intronizzazione o ‘adorazione’ del Romano Pontefice, col ricevimento della carica, con la consacrazione, o in virtù dell’obbedienza a lui prestata da tutti, o per il decorso di un lasso di tempo nel detto esercizio della carica. I fedeli non devono ubbidire, ma evitare tali pervertitori della fede: sia lecito negare in qualsiasi tempo obbedienza e devozione a quelli così promossi ed elevati, evitandoli quali maghi, pagani, pubblicani e eresiarchi; fermo restando l’obbligo di prestare fedeltà ed obbedienza al futuro Pontefice e Autorità canonicamente subentranti».

C) Il Diritto Canonico

Quanto è insegnato dal Magistero sull’ordinamento della Chiesa è ripreso dal Codice Canonico fondato sulla Dottrina cattolica.
Prendiamo il Codice del 1917, canone 188:
«A causa di rinuncia tacita, qualsiasi ufficio si rende vacante ipso facto, senza necessità della relativa dichiarazione, qualora il chierico:

4) Abbia pubblicamente disertato dalla fede cattolica.
Esso ammette dunque l’incompatibilità assoluta tra giurisdizione cattolica ed eresia; fatto talmente evidente alla Fede cattolica che non richiede dichiarazione.
Per non parlare della logica giuridica: «Non può essere capo chi non è membro» (San Roberto Bellarmino).
Il giuramento antimodernista è una professione di fede voluta da San Pio X. Se il consacrato infrange uno solo degli articoli su cui ha giurato fedeltà, non solo è spergiuro, ma ha rinunciato alla fede ed è ipso facto scomunicato dalla Santa Chiesa.
Ora, per un modernista che vuole cambiare la fede della Chiesa dal suo interno, questo giuramento è una «pietra d’inciampo» da rimuovere.
E’ il primo cambiamento che deve operare per agire indisturbato.
La rimozione di una professione di fede della Chiesa per i nostri tempi è già un cambiamento della fede.
«Dai loro frutti li conoscerete».
Ebbene, i papi conciliari hanno fatto cadere la professione di fede antimodernista.
Ciò implica un’autoscomunica.
San Paolo insegna ai fedeli: «Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l’iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre?».
L’Idea cattolica e quella modernista possono sembrare simili, ma si escludono, come la realtà esclude l’utopia.
Sembra che convivano, ma si contrappongono.
«Quale intesa tra Cristo e Belial, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele?».
Parimenti non vi è comunanza tra la Città di Dio Uno e Trino e il villaggio globale in cui tutte le religioni del mondo sono pronte a diluirsi, nella nuova era dell’acquario, per rivendicare pari dignità e diritti nella spartizione delle coscienze.
«Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, che ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e riparatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro».
L’autorità della Religione rivelata rimane, anche per chi non crede, nella Profezia.
Tutto era stato a suo tempo profetizzato da Chi tutto conosce.
Ecco la forza dei fedeli.

«Nel tesoro della Rivelazione vi sono punti essenziali che ogni cristiano, per il fatto stesso d’esserlo, deve conoscere e necessariamente custodire». («Le sens chrétien de l’histoire», Dom Guéranger).
«Vi è una grazia legata alla confessione piena e intera della Fede. Ci dice l’Apostolo che questa confessione è la salvezza di quelli che la fanno e l’esperienza mostra che essa è la salvezza di quelli che la intendono» (ibidem).
E’ scritto che Dio non fa niente senza farlo conoscere ai suoi profeti (Amos 3, 7).
Infatti è stata la voce della Madre di Dio a rivelare a La Salette: «Roma perderà la fede e diverrà la sede dell’Anticristo».
Il problema è abissale perché si tratta della presenza del massimo ingannatore, di fronte al quale perfino la confusione degli eletti, dimentichi del «dai frutti li conoscerete», è possibile; che dire di una massa apostata ormai incapace di distinguere la realtà dalle apparenze, la fede dai sentimenti, una assemblea di sviati innovatori dal Cenacolo della Pentecoste?
Ma c’era questo pericolo nel nostro secolo?

Sembra proprio di sì: «Abbiamo bisogno di un Concilio e di un Papa che lo convochi» già lo diceva Steiner nel 1910 (arcivescovo Rudolf Graber, «Athanasius», pagina 43).
Aveva in vista la Pentecoste cristiana descritta come una rinnovata rivelazione, un eterno ritorno, il serpente che si morde la coda, i cicli secolari del progresso umano indefinito.
Ed ecco che questo «balzo in avanti», che finalmente ha concretizzato la rivelazione del «sarete come dèi» per il terzo millennio, sarà commemorato sul Sinai, nell’unione di Gerusalemme e Roma, «nella grande città, che si chiama spiritualmente Sodoma ed Egitto, dove anche il Signore di loro [due testimoni] fu crocefisso» (Apocalisse 14, 8).
Siamo davanti ad una realtà oscura, al mistero d’iniquità elevato alla sua massima potenza: non si trova più un’autorità spirituale capace di trattenere questo processo che imperversa nel Luogo Santo della Chiesa (Tessalonicesi 2, 2).
Colpito il Pastore, le pecore si disperdono.

Il revisionismo del «nuovo Avvento» e della «nuova Pentecoste», applicato alla Parola divina, alla Chiesa di Gesù Cristo, ai Sacramenti e alla Dottrina cattolica ha per risultato non un’impossibile variazione della Religione, secondo i bisogni umani, ma una rottura.
Tale rottura non concerne la stessa Religione, cavo di soccorso offerto da Dio all’uomo decaduto, ma la struttura della cordata umana che, per ricollegarsi a Dio è retta dal Suo potere: Alleanza che ci viene dal passato, attraverso la Tradizione, i Padri, la perfezione del Corpo mistico nella sua gerarchia e continuità d’ordine divino.
Le aggiunte umane non possono cambiare quest’ordine, ma solo costituire una logora ed estranea alternativa: retta da cosa?
Dalla superbia e dalla ignoranza umana associata a chi attira l’umanità ai suoi abissi?
Esso è quell’altro spirito previsto da Gesù (Giovanni 5, 43): «Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?».

D) La vigilanza e l’esorcismo voluto dai Papi

Il Papa Pio IX all’epoca del Concilio Vaticano I, aveva visto il pericolo (27 novembre 1871): «Oggi non è più l’eresia, non è più il martirio di sangue che si fa incontro alla Chiesa per combatterla, ma è, dirò così, il martirio intellettuale e morale. Oggi non si fa più guerra a una parte della Chiesa, a un lato della sua fede, a qualcheduno dei suoi dommi... Oggi sta contro la Chiesa 1’Incredulità, l’Ateismo, il Materialismo. Oggi non è più da lottare (giova ripeterlo) con eresie, che non hanno importanza alcuna; ma con la indifferenza, con l’empietà, che mira a schiantare dal cuore di ogni Cattolico la fede; mira a ruinar dalle fondamenta la Chiesa di Gesù Cristo, e questa Città, fatta preziosa dal sangue di tanti Martiri, a gittar di nuovo nel lezzo dell’antica corruzione, riducendola come sotto i Neroni, o più veramente come sotto i Giuliani Apostati. Sicché Roma, sede venerata della verità, diventerebbe insomma un’altra volta, centro di tutti gli errori».
Si voleva la conciliazione della Chiesa e del Papa con il mondo moderno.
Ora, il Sillabo nel suo ultimo articolo condanna l’asserzione: «che il Romano Pontefice possa e debba riconciliarsi e andare d’accordo con il progresso, con il liberalismo e con la civiltà moderna»...
Scriveva Leone XIII (15 ottobre 1890) a proposito della Rivoluzione a Roma: «Il piano delle sette che si svolge ora in Italia, specialmente nella parte che tocca la Chiesa e la religione cattolica, ha come scopo finale e notorio di ridurla, se è possibile, al niente... Questa guerra, al presente, si combatte più che altrove in Italia dove la religione cattolica ha gettato più profonde radici, e soprattutto in Roma, dove è il centro dell’Unità Cattolica e la Sede del Pastore e Maestro universale della Chiesa».

Papa Leone XIII, che concedeva in Francia quel «ralliement» che sapeva di dover negare nella «Questione Romana», era combattuto tra il bisogno di una pace civile e il «fumo di Satana» nella Chiesa di Dio.
Si racconta di una sua visione sul tentativo di distruzione della Chiesa in questo secolo, ragion per cui ha redatto un esorcismo per chiedere l’aiuto di San Michele Arcangelo.
Ecco il brano, che fu poi misteriosamente soppresso nelle edizioni seguenti: «Le orde astuziosissime hanno riempito di amarezza la Chiesa, Sposa immacolata dell’Agnello, e l’hanno inebriata con l’assenzio; si sono messi in opera per realizzare tutti i loro empi disegni. Là, dove è costituita la Sede del Beatissimo Pietro e Cattedra della Verità per illuminare i popoli, là, hanno collocato il trono del-l’abominazione della loro empietà, affinché, ferito il Pastore, le pecore fossero disperse!».

E’ ancora occulto dove si manifesterà il mistero dell’iniquità?

Il fatto era oscuro nella Chiesa, ma non era un segreto occulto che sarebbe avvenuto nella Chiesa e in rapporto a chi ha il potere per impedirlo, ma sarebbe stato tolto di mezzo (2Tesalonicesi, 2).
L’assenza di chi ha il potere delle chiavi per impedire l’azione dell’empio Anticristo corrisponde alla sua presenza.
Un’assenza corrispondente ad una presenza indica uno stesso luogo, trono, potere; apparenti, ma coincidenti per quanti non persevereranno tenacemente nella fede.
La ribellione finale contro l’autorità di Dio si manifesta dove è costituita la Sua opera di redenzione dalla prima ribellione: nella Sua Chiesa.
Ecco il mistero dell’iniquità, che era trattenuto dal potere divino del Papato.
Il modernismo, con la sua democrazia clericale, arrivando al punto di umanizzare l’autorità divina della Chiesa ha rimosso la sua suprema difesa.
Lo spirito di umanizzazione può oggi operare nel silenzio dell’apostasia poiché procede da un vertice ecclesiale; la sua manifestazione coincide con l’assenza del supremo difensore della Fede.
Il vero problema riguarda l’autorità.

Gli errori delle ideologie umane vanno oltre l’ateismo, insinuano l’idea come Dio dev’essere, per il bene, per la pace, per la libertà e la dignità umana nella religione della nuova umanità.
E la diffusione di tali errori, con le loro spaventose implicazioni sociali, non viene trattenuta ma promossa dallo «spirito conciliare» che impedisce ai fedeli di accogliere integralmente la Parola ed i segni divini: se essi disturbano li si cambia o sopprime.
Il potere che impediva l’iniquità è ormai usato per promuoverla.
L’ingannatore primordiale è riuscito a varcare la soglia della Chiesa e formare nell’inganno la sua pastorale e i suoi pastori in nome del «bene» e del «sarete come dèi» e... proprio dove è la sede di Pietro e la Cattedra della verità... hanno eretto il trono della loro abominazione e scelleratezza affinché colpito il pastore possano disperdere anche il gregge (Leone XIII, esorcismo invocando San Michele Arcangelo).
Pio XII vedeva, già allora, il processo così avanzato da ritenere vano «di andargli incontro per fermarlo e impedirgli di seminare la rovina e la morte», ma che si doveva «vigilare... affinché il lupo non finisca col penetrare nell’ovile per rapire e disperdere il gregge».

L’8 febbraio 1960, un comunicato stampa del Vaticano informava che il «Segreto» non sarebbe stato mai divulgato.
Era una notizia tanto anonima quanto incoerente, che sollevò perfino il sospetto sulla sincerità di suor Lucia, per screditare Fatima.
Da allora il Terzo Segreto è stato messo in un «pozzo profondo», come dichiarò il cardinale Ottaviani nel 1967, specificando però che dal 1960 la sua comprensione era più chiara.
Sembra che Paolo VI l’abbia letto, ma non ne diede alcun segno.
Nel 1977, il cardinale Luciani parlò con suor Lucia e tornò a Roma sconvolto.
Anche Giovanni Paolo II l’aveva conosciuto, prima di recarsi in pellegrinaggio di ringraziamento a Fatima.
Così come Ratzinger, da cardinale, aveva fatto sapere di conoscerlo.
Se fosse un semplice invito alla preghiera e penitenza, perché tanta segretezza?
Se fosse espressione dell’ottimismo conciliare, perché nasconderlo?
Infine, se fosse l’annunzio della fine del mondo, non finirebbe assicurando il trionfo dell’Immacolato Cuore ed un periodo di pace per il mondo?

La Madonna rispose. Quando sarà ascoltata?

Il naturalismo, in cui questo secolo sta annegando, ha fatto dimenticare e anche ignorare il fatto che sta all’origine delle Apparizioni della Madonna alla Cova di Iria: l’invocazione del Papa affinché Nostra Signora intervenisse, indicando la via della pace nel mondo.
La lettera di Benedetto XV al suo Segretario di Stato, con la quale impartiva disposizioni affinché tutti i vescovi del mondo invocassero quest’aiuto nelle loro preghiere, è del 5 maggio 1917.
Ebbene, otto giorni dopo, il 13 maggio, la Madonna apparve per la prima volta a Fatima.
Veniva, come un arcobaleno di grazie, a rispondere all’angoscioso appello degli uomini, allontanatisi dalle vie della salvezza e della pace.
Sono passati più di novant’anni e il Messaggio di Fatima per la salvezza e la pace è stato comunicato ai fedeli in modo a dir poco inconprensibile ed incoerente; persiste quindi il «Segreto».
Ma potrà durare ancora a lungo il Segreto di Fatima?
Sono ancora attuali queste parole dopo oltre novant’anni anni?

Ebbene, prima di tutto: non è stato fatto quanto richiesto dalla Madonna, e cioè: la devozione personale e la consacrazione della Russia da parte del Papa, insieme a tutti i vescovi.
Poi: la Russia non si è convertita.
Da qui, quella spaventosa «Seconda Guerra Mondiale» che ha fatto spargere con ancora più forza i suoi errori nel mondo; e la falsa pace del 1945, che portò ad una avanzata del comunismo e a nuove guerre locali, in tutto il mondo.
Sono già oltre150, con 30 milioni di morti!

Riguardo alla previsione di guerre atomiche e di stragi nucleari, queste, paventate come effetto di politiche sbagliate nel mondo, si rivelano - secondo una dichiarazione del 1984 fatta dal vescovo di allora, di Leiria, monsignor Cosme do Amaral, una astuzia per mascherare e nascondere, ossia negare, la grave crisi della Fede in atto.
Non lo avrebbe fatto senza averlo sentito da suor Lucia.
In certo modo, anche le parole di Ratzinger, da cardinale, hanno confermato questa crisi che, nel Vangelo, è annunziata come la grande apostasia, causata dalle deviazioni e negligenze della gerarchia della Chiesa.
«In Portogallo si conservano sempre i Dogmi della Fede», è detto prima del Segreto, e certamente si riferisce alla perdita della Fede in interi continenti, con grave responsabilità dei pastori cattolici.
Ecco perché è stato così duro per Lucia scriverlo e rivelarlo ai capi!
E’ ormai la lotta di satana contro la Vergine, di cui la Veggente ha parlato nel 1957.
E’ chiaro che la Madonna è venuta ad avvertire il mondo e la Chiesa dei tradimenti ed inganni perpetrati nella stessa Chiesa e questo corrisponde agli avvertimenti del Vangelo e dell’Apocalisse.

Arai Daniele



1) «Alla fine della guerra civile, come una sua naturale conseguenza, ci fu l’inaudita carestia nelle regioni del Volga... la fame giunse fino al cannibalismo... Nacque allora un’idea brillante... siano i pope a dar da mangiare agli affamati del Volga... Se rifiutano, daremo la colpa della carestia a loro e sbaraglieremo la Chiesa; se acconsentono, vuoteremo le chiese; e in ogni caso aumenteremo le riserve valutarie». Soltzenicyn continua minuziosamente a raccontare come il patriarca allora acconsentì a consegnare gli oggetti preziosi del culto, opponendosi però a una loro confisca forzata; ma poi, riferendosi ad alcuni scritti di Lenin, conclude dicendo che «l’importante (per i comunisti) non era nutrire gli affamati, ma stroncare la Chiesa sfruttando quel momento propizio». In un’altra lettera segreta indirizzata a Molotov, Lenin, in merito a un brutale attacco lanciato contro i fedeli della città di Suja, ordinò espressamente di impiegare, contro la Chiesa, il terrorismo. Questa lettera conferma, al di là di ogni possibile dubbio, le conclusioni cui è arrivato Soltzenicyn. In quei giorni il Vaticano ebbe ancora occasione di intercedere per Tichon in una lettera del 14 maggio 1922 firmata da monsignor Pizzardo, in cui si affermava la disponibilità del Papa a pagare il riscatto per gli oggetti del culto confiscati dal governo. «Il 17 maggio Cicerin accusò ricevuta di questo avviso e disse che sarebbe stato inoltrato a Mosca. Per questa proposta, infatti, non c’era pronta una risposta; e questa non venne neppure dopo, quando Gasparri inviò direttamente un altro telegramma a Lenin il 7 giugno».
Solzenicyn ricorda ancora che «il patriarca si rivolse per aiuti (agli affamati) al Papa, all’arcivescovo di Canterbury, ma anche per questo egli fu ripreso in base al principio che solo le autorità sovietiche avevano il diritto di svolgere trattative con gli stranieri». Pochi giorni dopo, il 5 agosto 1921, Benedetto XV scriveva al cardinale Gasparri: «Siamo in presenza di uno dei più terribili disastri della storia. Dal bacino del Volga al mar Nero, decine di migliaia di esseri umani destinati alla morte più atroce invocano aiuto». Il Papa si offrì immediatamente di inviare una missione pontificia di soccorso còn cibo e vestiti, e quando morì, sul finire del gennaio 1922, le trattative per questa missione tra il cardinale Gasparri e il rappresentante sovietico Vorovskij continuavano ancora. Finalmente, il 29 settembre, la missione poté sbarcare a Odessa, ma le fu fatto divieto di impegnarsi in attività apostoliche. «Il generoso aiuto del Pontefice non impedì comunque alla Chiesa cattolica di venire sottoposta allo stesso trattamento che veniva riservato a tutti i gruppi religiosi». Come scrive Solzvenicyn, «En passant furono sgominati e arrestati i cosiddetti ‘cattolici orientali’ (seguaci di Vladimir Solov’èv) come pure il gruppo di A. I. Abrikosova. E finivano per andare dentro, come parte del normale corso degli eventi, anche semplici cattolici, i sacerdoti polacchi, ecc». Nel marzo-aprile 1923 quindici sacerdoti cattolici furono processati a Mosca; l’arcivescovo I. Cieplak e monsignor Konstantin Budkiewicz furono condannati a morte, l’esarca Leonid Fedorov e gli altri furono condannati invece al
carcere per periodi varianti dai tre ai dieci anni. Mentre monsignor Budltiewicz venne giustiziato subito, l’arcivescovo Cieplak nell’aprile 1924 poté abbandonare la Russia e mori, nel febbraio 1926, a Passaic nel New Jersey. «Per ordine di Roma la missione pontificia non fu richiamata e rimase in Russia fino al settembre 1924. Pio XI voleva infatti che continuasse, non soltanto perché le vittime della carestia ne avevano bisogno, ma anche per difendere e affermare i diritti civili e religiosi della popolazione: ‘l’inviolabilità di questi diritti - diceva il Pontefice - costituirà sempre una linea invalicabile per noi, pur sempre desiderosi come siamo di essere in pace con tutti e di cooperare alla pacificazione universale; sempre disposti come siamo, dove sia possibile, a fare tutte le concessioni necessarie per conseguire ovunque per la Chiesa condizioni di vita meno disagiate, e allo stesso tempo la pacificazione delle menti». Per questo motivo i negoziati per la nomina di un delegato apostolico a Mosca (il padre gesuita Giulio Roj, che era membro della missione pontificia) vennero interrotti, e la missione stessa fu richiamata a Roma.
La «separazione» tra Chiesa e Stato, promulgata dai sovietici il 23 gennaio 1918, «era interpretata dallo Stato - scrive Soltzenicyn – nel senso che le chiese con tutto quanto vi era appeso... passavano allo Stato e alla Chiesa rimaneva solo ciò che è contenuto ‘nell’intimo del cuore’, secondo le Sacre Scritture. Nel 1918, quando la vittoria politica sembrava già riportata, più rapidamente e con maggiore facilità del previsto, ebbero quindi inizio le confische dei beni ecclesiastici. Ma la razzia suscitò un’indignazione popolare troppo grande. In piena guerra civile era irragionevole creare anche un fronte interno contro i credenti. Si dovette posporre per il momento il dialogo tra comunisti e cristiani». L’arcivescovo cattolico di Mohilev, Edoardo de Ropp, fu una delle prime vittime del decreto del 1918 sulla «separazione della Chiesa dallo Stato». Sul finire dell’agosto di quell’anno egli protestò contro il decreto, e in seguito organizzò «commissioni» parrocchiali e diocesane per la difesa della chiesa. Per questo il 19 aprile 1919 fu posto agli arresti domiciliari, e soltanto in novembre, in seguito alle trattative intercorse tra il nunzio apostolico Ratti e il commissario per l’estero Cicerin, fu rilasciato e mandato in esilio in Polonia. Nello stesso periodo milioni di ortodossi venivano perseguitati, e la vita stessa del patriarca Tichon era in pericolo; il 12 marzo 1919 il cardinale Gasparri, segretario di Stato di Benedetto XV, inviò a Lenin un telegramma di protesta. Ma «in compenso ottenne una lunga risposta dal ministro degli Esteri sovietico, in cui questi con ironia sottolineava lo speciale interesse del Papa per ‘una religione considerata da Roma come scismatica ed eretica’; secondo Cicerin il Papa avrebbe fatto meglio a rivolgere il proprio interesse per l’umanità a favore degli amici dei bolscevichi che combattevano per l’umanità e che da parte dei ‘bianchi’ subivano brutali trattamenti. Il patriarca Tichon, in una lettera all’arcivescovo de Ropp del 22 luglio 1919, ringraziò il Pontefice per questo gesto».


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