I volonterosi carnefici di Blitz
05 Gennaio 2009
Quando menzogne così disonorevoli, sputi sulle vittime, vengono scritte
sui giornali autorevoli da autorevoli commentatori, chi ha un po’ di
esperienza storica sa che qualcosa è successo.
Gli vengono a mente i precedenti: per mezzo secolo, finchè il comunismo
sovietico ebbe il favore della intellettualità ebraica, questo tipo di
menzogne di sapore inequivocabile – aperte violazioni della verità
evidente – erano pane quotidiano sui giornali non solo comunisti, ma
progressisti e delle borghesie illuminate d’Europa.
Nel 1932-33, mentre Lazar Moiseyevich Kaganovich, numero 2 del Partito,
procedeva alla requisione forzata dei grani in Ucraina, con
fucilazioni dei contadini e provocando la morte per fame di 7 milioni
di esseri umani, non era raro trovare articoli dove si gettava la colpa
sui «kulaki», come «sabotatori» che «sottraevano il grano all’ammasso».
Fior di scrittori tornavano dall’URSS magnificando, in articoli
estasiati, la felicità e l’abbondanza che il sistema sovietico aveva
regalato ai russi.
L’assoluta maggioranza degli intellettuali, non solo comunisti,
insorgeva se qualche (rara) voce si alzava a rivelare che in URSS
vigeva il Terrore poliziesco e milioni di esseri umani innocenti
stavano scomparendo nel vasto arcipelago Gulag, gestito dal capo
supremo della repressione, Genrich Yagoda, e da 500 mila ebrei
comunisti che avevano trovato un ben pagato lavoro nella Ghepeù, poi
NKVD, poi KGB: erano tutte «calunnie» contro lo «Stato dei lavoratori»
che aveva «liberato il proletariato»; per adesso in un solo Paese, ma
gli intellettuali aperti e progressisti auspicavano che il paradiso
sovietico arrivasse al più presto a liberare anche noi.
Solo dopo la denuncia ufficiale di Kruscev lo stesso Corriere osò
ammettere i «crimini di Stalin». I crimini di Lazar Moiseyevich
Kaganovich non sono mai stati evocati, anche se è stato pari grado di
Stalin, l’autore non solo dell’holodmor, del genocidio ucraino, ma
della eradicazione del cristianesimo in Russia.
Solo il 26 settembre 1995 il New York Times ha rievocato il commissario
Kaganovich mentre, in piedi fra le macerie della cattedrale di Cristo
Salvatore a Mosca, la principale delle chiese che fece distruggere,
esclamava ebbro di stupro: «Abbiamo umiliato la Madre Russia; le
abbiamo strappato la gonna».
Kaganovich, figlio di ciabattino ebreo, è morto nel 1991 nel suo letto,
mai molestato, con la ricca pensione dell’alto funzionario sovietico.
Solo nel 2003 Simon Sebag Montefiore ha rievocato il sadidsmo
massacratore di Yagoda, il capo supremo dei Gulag; e di come, dopo
aver fatto trucidare Zinov’ev e Kamenev, avesse fatto recuperare i
proiettili dal loro cranio per conservarli, puliti e incastonati su
piedistalli, insieme alla sua ricca collezione di 3900 foto e 11 film
pornografici, 165 pipe e portasigarette ornate di immagini oscene,
falli di gomma e montagne di biancheria intima femminile.
Ma nel 1935, quando Yagoda era all’apice del potere, lo scrittore ebreo
francese Romain Rolland , premio Nobel, scrisse un inno in lode ed
esaltazione del mostro.
Ecco, qualcosa del genere succede adesso. Con Angelo Panebianco e suoi
compari nei panni dei Rolland, degli Aragon e dei Sartre, o dei Moravia
& C. La sola differenza è che chi diceva la verità allora, era
bollato come reazionario e fascista, ridotto allo stato di non-persona;
oggi, come anti-semita e criminalizzato. Ma il clima è lo stesso, lo
stesso il «sapore» della difesa dello stesso potere, con la stessa
impronta.
Solo così si spiega che un Panebianco possa scrivere frasi come:
«Richard Falk, il relatore speciale sulla situazione dei diritti umani
nei territori palestinesi, rappresentante dell’Human Right Council alle
Nazioni Unite, sta usando la sua carica e la sponsorizzazione dell’ONU
per fare propaganda pro-Hamas e anti-israeliana». (ebreo americano,
docente di diritto internazionale a Princeton, Falk è stato respinto
alla frontiera da Israele perchè non fosse testimone della verità).
Questo tipo di frasi, per uno della mia età, suona molto «sovietico» .
Vuol dire che simili frasi sono state, diciamo, autorizzate.
Quindi solo a futura memoria, non certo per convincere Panebianco (che
è ben pagato per fare quello che fa) traduco qui alcune citazioni di
capo sionisti famosi, che ci dicono quanto valore essi diano alla vita
umana, non solo dei goym, ma anche dei loro ebrei.
David Ben Gurion, durante la guerra: «
Se io sapessi che è
possibile salvare tutti i figli (ebrei) di Germania trasferendoli in
Inghilterra, e solo metà di loro trasferendoli nella terra di Israele,
sceglierei la seconda possibilità; perchè di fronte a noi non abbiamo
solo il numero di questi figli, ma il progetto storico del popolo di
Israele» (Shabtai Teveth, «Ben Gurion», 1988,).
«
Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la
confisca dei terreni e il taglio di tutti i servizi sociali per
liberare la Galilea dalla sua popolazione araba» (David Ben-Gurion,
maggio 1948, to the General Staff. Da «Ben-Gurion, A Biography», di y
Michael Ben-Zohar, Delacorte, New York 1978).
«
Dobbiamo espellere arabi e prendere i loro posti» –(David Ben Gurion, 1937, «Ben Gurion and the Palestine Arabs» Shabtai Teveth, Oxford University Press, 1985).
«
Non esiste qualcosa come un popolo palestinese. Non è che
siamo venuti, li abbiamo buttati fuori e abbiamo preso il loro paese.
Essi non esistevano» (Golda Meir,dichiarazione al The Sunday Times, 15 giugno 1969).
«C
ome possiamo restituire I territor occupati? Non c’è nessuno a cui restituirli» ( Golda Meir, marzo, 1969).
«
...Uscimmo fuori, e Ben Gurion ci accompagnò sulla porta.
Allon ripetè la sua domanda: cosa si deve fare con la popolazione
palestinese? Ben Gurion scosse la mano con un gesto che diceva:
cacciarli fuori». (Yitzhak Rabin,è un passo censurato delle memorie di Rabin, rivelato dal New York Times, 23 ottobrer 1979)
«
Saranno create, nel corso dei 10 o 20 anni prossimi,
condizioni tali da attrarre la naturale e volontaria emigrazione dei
rifugiati da Gaza e dalla Cisgiordania verso la Giordania. Per ottenere
questo dobbiamo accordarci con re Hussein e non con Yasser Arafat». (Yitzhak Rabin, citato dn David Shipler sul New York Times, 04/04/1983)
«
I palestinesi sono bestie con due zampe» (Menachem
Begin,primo ministro di Israele 1977-83, davanti alla Knesset, citato
da Amnon Kapeliouk, "Begin and the Beasts", New Statesman, June 25,
1982.)
«
La partizione della Palestina è illegale. Non sarà mai
riconosciuta... Gerusalenne fu e sarà per sempre la nostra capitale.
Eretz Israel sarà restaurato per il popolo d’Israele; tutto e per sempre» (Menachem Begin, il giorno dopo il voto all’Onu per la partizione della Palestina).
«
I palestinesi saranno schiacciati come cavallette... le teste spaccate contro le rocce e i muri» ( Yitzhak Shamir, primo ministro in carica, in un discorso ai «coloni» ebraici, New York Times 1 aprile, 1988).
«
Israele doveva sfruttare la repressione delle dimostrazioni in Cina (nei giorni di Tienanmen, ndr.)
quando l’attenzione del mondo era concentrata su quel paese, per procedere alle espulsioni di massa degli arabi dei territori
(occupati)» (Benyamin Netanyahu, all’epoca vice-ministro degli esteri,
già primo ministro, davanti agli studenti della t Bar Ilan University;
citazione tratta dal giornale isrealiano Hotam, 24 novembre 1989).
«
I palestinesi sono come coccodrilli, più carne gli dai e più ne vogliono» (Ehud Barak, primo ministro all’epoca, 28 agosto 2000. Riportato dal Jerusalem Post 30 agosto 2000).
«
Se pensassimo che anzichè 200 morti palestinesi, 2 mila morti
ponessero fine alla guerriglia in un colpo solo, useremmo molto più
forza…» (Ehud Barak, primo ministro, citato dalla Associated Press, 16 novembre 2000).
«
Mi sarei arruolato in una organizzazione terroristica»:
(risposta di - Ehud Barak a Gideon Levy, il noto giornalista di
Ha'aretz che gli aveva domandato cosa avrebbe fatto se fosse nato
palestinese)
«C’è un abisso tra noi (ebrei)
e i nostri nemici: non solo in
capacità ma in moralità, cultura, decenza di vita e coscienza. Sono i
nostri vicini, ma è come se non appartenessero al nostro continente, al
nostro mondo, ma a una diversa galassia» (Moshe Katsav, presidente
di Israele, al Jerusalem Post, 10 maggio 2001. Katsav ha poi dovuto
dimettersi per molestie sessuali alle sue segretarie).
«
Noi dichiariamo apertamente che gli arabi non hanno alcun
diritto di abitare anche in un centimetro di Eretz Israel... Capiscono
solo la forza. Noi useremo la forza senza limiti finchè i palestinesi
non vengano strisciando a noi» (Rafael Eitan, capo dello stato maggiore di Tsahal, citato da Gad Becker in «Yedioth Ahronot», 13 aprile 1983).
«
E’ dovere dei leader israeliani spiegare all’opinione
pubblica, con chiarezza e coraggio, alcuni fatti che col tempo sono
stati dimenticati. Il primo è: non c’è sionismo, colonizzazione o stato
ebraico senza l’espulsione degli arabi e la confisca delle loro terre»
(Ariel Sharon, allora ministro degli esteri, ad un discorso tenuto
davanti ai militanti del partito di estrema destra Tsomet – Agence
France Presse, 15 novembre 1998).
«
Ciascuno deve darsi una mossa, correre e arraffare quante più
alture possibile per espandere gli insediamenti (ebraici), perchè tutto
ciò che prendiamo adesso rimarrà nostro... Tutto ciò che non arraffiamo
andrà a loro» (Ariel Sharon, stesso discorso di cui sopra).
«
Israele ha il diritto di processare altri, ma nessuno ha il
diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato di
Israele» (Sharon, primo ministro, 25 marzo 2001, BBC Online).
Queste citazioni sono sufficienti a capire qual è lo scopo delle
incursioni in corso, e qual è lo scopo di Israele in generale: la
pulizia etnica e l’espulsione forzata, a forza di massacri, dei
palestinesi dalla «terra santa».
Negli anni ’30, si sarebbero potute estrarre identiche affermazioni (a
favore del «socialismo mondiale») dai discorsi di Kaganovic, di Yagoda,
di Trotsky-Bronstein; ciò non avrebbe indotto i Panebianco dell’epoca a
un ripensamento.
A quell’epoca, gli ebrei erano per il socialismo, e dunque la menzogna
più plateale era autorizzata; oggi che sono per il sionismo armato, è
autorizzata la menzogna sionista.
Quando Panebianco esalta il superiore «valore della vita» umana che gli
ebrei nutrirebbero rispetto ad Hamas, non fa che riecheggiare i
discorsi della propaganda ebraica.
Per esempio la replica del rabbino Levi Brackman a Sarah Roy, una
docente di Harvard che sul Christian Science Monitor si è chiesta
angosciata di fronte ai bombardamenti spietati: «
Abbiamo
ancora la tradizione etica ebraica? La promessa di santità, così
centrale alla nostra esistenza, è oggi oltre la nostra capacità di
perseguirla?».
Risponde rabbi Brackman
(1): «
Sarah
Roy scrive che essere ebrei significa ‘testimoniare, sollevarsi davanti
all’ingiustizia e rifiutare di tacere. Significa compassione,
tolleranza, e soccorso. In assenza di questi imperativi, cessiamo di
essere ebrei’. Ma una più profonda lettura dell’ebraismo mostra che sì,
gli ebrei sono un popolo definito dalla loro capacità di compassione e
tolleranza; ma ci sono momenti in cui ci è vietato di agire secondo
questi sentimenti perchè tali azioni sarebbero distruttive. E’
importante sentire compassione per i residenti di Gaza, ma questo
sentimento di preoccupazione e simpatia non deve esere confuso con la
chiarezza etica e morale. Al contrario, decidere di non montare una
difesa contro terroristi omicidi per compassione, non è solo immorale,
è anti-ebraico, idiota e profondamente irresponsabile».
Bel discorso, no? Ma anche rabbi Beckman non è l’autore di questo civile ragionamento. Ecco l’originale:
«
…Dobbiamo essere onesti, decenti, leali e membri camerateschi
verso la nostra stirpe e nessun altro.... Non dobbiamo mai essere duri
e spietati quando non è necessario, questo è chiaro. Noi tedeschi, che
siamo il solo popolo del mondo che ha un atteggiamento morale verso gli
animali, dobbiamo avere un atteggiamento morale anche verso questi
animali umani. Ma è un delitto contro il nostro sangue preoccuparsi di
loro, se questo causa problemi ai nostri figli e nipoti. Quando
qualcuno viene da me e mi dice, “Non posso scavare la trincea anticarro
usando donne e bambini, è inumano, li espone alla morte’, io rispondo:
‘Tu sei un assassino del tuo stesso sangue, perchè se la trincea
anticarro non è scavata, moriranno soldati tedeschi, e sono figli di
madri tedesche, sono il nostro sangue”».
Chi parla? Heinrich Himmler, nel celebre discorso di Posen (Poznan)
agli alti ufficiali SS (SS-Gruppenfueher) pronunciato il 4 ottobre
1943
(2).
Si è detto che tutti coloro che in Germania non si opposero al Reich, e
magari ne celebrarono le lodi, erano «volonterosi carnefici di
Hitler».
Oggi, sul Corriere vantano la superiore moralità ebraica altrettanti
volontari carnefici; poichè solo la deplorazione e l’indignazione
pubblica, sui media, potrebbe frenare il massacro degli inermi, il
pubblico applauso corale dei media occidentali, al contrario,
incoreaggia nuove e peggiori imprese SS (soldati sionisti).
E poichè la lode corale va all’attuale ministro della difesa Ehud
Barak, converrà ricordare che «Barak» non è il suo vero nome, è un nome
di battaglia: significa «Fulmine». In tedesco, Blitz.
Maurizio Blondet
(articolo pubblicato il 5 gennaio 2009)
1) Rabbi Levi Brackman, «Jewish critics of the Gaza operation», http://levibrackman.com/, 2 gennaio 2009.
2) Il discorso fu audio-registrato. La trascrizione in tedesco è al sito
www.nizkor.org/hweb/people/h/himmler-heinrich/
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